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Autore: Nolowende    30/05/2021    0 recensioni
Ricordare troppo a lungo quegli istanti la ucciderà.
Ricordare troppo a lungo la felicità passata non servirà a restituirgliela.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anairë, Figli di Fingolfin, Fingolfin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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All of my memories keep you near
In silent moments, imagining you here
All of my memories keep you near
In silent whispers, silent tears
(Memories, Within temptation)
Dopo tutto il tempo che è passato, avrebbe dovuto dimenticare. A volte lo desidera.
Ma l'oblio è un lusso che al suo popolo non è concesso, e ormai non sente più lo scorrere degli anni.
A Valinor sembra che tutto sia bloccato nel tempo. Da quando è rinata è rimasta immutata, immortale, come sarebbe dovuta essere. Ma per quanto i Valar si siano sforzati di nasconderlo - di colmare il crepaccio che ormai ha spaccato il loro mondo - è tutto cambiato. La luce che riempie il cielo non è la stessa che ha segnato i giorni in cui la pace esisteva davvero, il mare che ha lavato il sangue versato a Alqualondë non ha potuto restituire la vita ai corpi che vi sono stati affidati, Tirion ha lo stesso splendore di un tempo, ma le sue strade sono più vuote e talvolta risuonano di pianti che nessun Elda sarebbe dovuto essere destinato a udire.
E lei è sola.
Anche se ogni cosa è stata ricostruita, nulla potrà ricomporre le famiglie e le anime che sono state strappate. Nulla potrà guarire coloro che soffrono ancora per le ferite di Aman come se le avessero subite sulla propria pelle, e coloro che sono stati traditi dai propri fratelli. Né coloro che sono stati costretti a dire addio alla propria gente e non avranno mai il diritto di piangere la perdita.
Per quelli come lei non resta altra consolazione che i ricordi, come se potessero essere abbastanza. Come se esistesse un modo di cancellare il dolore che celano.
Nessuno osa ammetterlo apertamente, ma Anairë sa fin troppo bene che quella è la verità. Ormai non ricorda più quante volte abbia desiderato l'oblio - non è ancora certa di essere disposta a continuare a vivere con le sue memorie, ora che sono tutto ciò che le resta.
Ormai è troppo tardi per rivedere la sua famiglia. Può cercare di negarlo, aggrapparsi a una speranza costruita su sogni crudeli e sulle rovine della luce, finché potrà permetterle di respirare, ma non servirà a nulla. Mandos non lo permetterà, non prima che sia passato troppo tempo, e Estë non potrà proteggerla dalla verità fino ad allora.
Sarei dovuta andare con loro. È un pensiero che ha respinto fin dal primo istante, e ormai non può più andare oltre il mare, per quante volte l'abbia desiderato. Ma nel silenzio della sua casa vuota il suo suono è troppo vivido.
La notte in cui ha sentito all'improvviso, con implacabile certezza, che la vita di Arakáno[1] era stata sacrificata all'oscurità, lei non c'era. Mentre il gelo penetrava nella sua anima, non abbastanza da uccidere anche lei, mentre sapeva di essere troppo lontana dall'Helcaraxë per poterlo salvare, troppo lontana da Mandos per poterlo rivedere, quello era l'unico pensiero che la sua mente riuscisse a formulare chiaramente nell'istante in cui ha compreso di essere condannata quando tutti gli altri.
Quando il suono troppo reale dell'ultimo respiro di Irissë[2] è penetrato nei suoi sogni, la consapevolezza di non essere stata a fianco di sua figlia nemmeno per darle conforto nei suoi ultimi istanti è bastata a farle desiderare di poter smettere di respirare a sua volta.
E quando solo per un istante ha sentito l'odore l'odore del sangue di Nolofinwë[3], e le parole che avrebbe voluto rivolgergli, il desiderio di chiedergli perdono per non averlo fermato, sono rimaste intrappolate dentro di lei e l'hanno soffocata...
Ricordare troppo a lungo quegli istanti la ucciderà.
Ricordare troppo a lungo la felicità passata non servirà a restituirgliela.
Ma non può impedire alla sua mente di cercare una via di fuga dall'oscurità, dalla certezza che ormai i canti di Findekáno[4] sono diventati lamenti e che la luce dell'innocenza non splende più negli occhi di Itarillë[5].
Un tempo il primo respiro di Finno[4] era il suono più dolce che avesse mai conosciuto, gli istanti in cui per la prima volta ha intrecciato l'oro tra i suoi capelli così colmi di pace da farla piangere, il sorriso del suo primogenito una luce per tutta Aman. Ha visto quel sorriso affievolirsi quando la minaccia che Curufinwë[6] stava lanciando sulla sua casa sembrava sconfitta, lo ha visto spegnersi nell'oscurità, e non è riuscita a restituirglielo in tempo da convincerlo a non andarsene. Ha visto il modo in cui si è rifiutato di guardarla mentre respingeva le sue preghiere di restare con lei. A volte maledice ancora Nelyafinwë[7] per averlo trascinato con sé nella rovina.
Un tempo è stata fiera della saggezza di Turukáno[8], e guardarlo ascoltare gli insegnamenti del padre la riempiva d'orgoglio. Stringere tra le braccia Itarillë e sapere che la sua famiglia sarebbe cresciuta e avrebbe portato altra luce nel mondo, e vedere la gioia negli occhi di suo figlio mentre le mostrava per la prima volta la sua bambina, aveva portato un calore che a volte torna ancora a portarle conforto. Nemmeno il fato di sua figlia lo ha convinto a restare. Una parte di lei si pente ancora per non avere almeno sottratto sua nipote al buio in cui si stavano gettando.
Un tempo ha visto Irissë crescere e diventare bella e forte come una betulla, e si è specchiata in lei. Ha tollerato di vederla cacciare con Turkafinwë[9] pur di non perdere i suoi occhi sempre sorridenti, la sua forza prorompente e la sua risata cristallina. L'ha cresciuta perché non fosse meno fiera e coraggiosa dei suoi fratelli. Vorrebbe che quel coraggio non l'avesse spinta verso la terra al di là del mare - e verso la morte. Ha scelto il suo nome perché prosperasse e avesse una vita felice. Forse avrebbe potuto assicurarsi che fosse così - avrebbe potuto lottare per lei - se non l'avesse lasciata sola.
Un tempo pensare a Arakáno non le ricordava il gelo e la morte, né l'ultimo paio di occhi volto verso di lei a dirle addio e il desiderio di poterlo chiamare, di trattenere almeno lui con sé. Solo uno sguardo luminoso, un sorriso fin troppo sfrontato, e un'apprensione materna che non aveva ancora motivo di esistere. Per quanto giovane fosse, allora non c'era ancora l'ombra a minacciarlo. Non c'era niente che potesse portarglielo via così presto.
Non pensa che ci sarà mai una fine ai giorni che passerà a piangerli. Non dovrebbe piangere anche colui che glieli ha portati via.
Ma il passare degli anni non l'ha abituata al freddo del suo letto, ora che Nolofinwë non è più al suo fianco, né ha reso meno vividi i ricordi di ciò che hanno condiviso.
La prima visione del suo sorriso benevolo e della fierezza nei suoi occhi, e il modo in cui l'avevano ammaliata. Le notti insonni trascorse a versare lacrime nascoste anche a se stessa, nella consapevolezza che mai il figlio del Noldóran avrebbe potuto accorgersi di lei e del modo in cui lo guardava.
Forse sarebbe stata più felice se i suoi desideri non si fossero avverati. Se non avesse avuto niente di ciò che la loro vita insieme aveva portato, non avrebbe dovuto perderlo.
Ma allora nessuno di loro sapeva anche del buio. Allora venire a conoscenza del fatto che le parole di conforto che offriva a lui e a sua madre di fronte alle fiamme avvelenate di Curufinwë l'avevano resa cara all'uomo che amava le aveva procurato solo gioia.
Il rimbombo dei battiti del suo cuore nell'istante in cui lui le aveva dichiarato amore, il primo bacio esitante, scambiato in segreto, lo splendore di Laurelin il giorno del loro matrimonio, il calore della loro prima notte. La gioia travolgente del giorno in cui Findekáno aveva sussultato la prima volta nel suo ventre, le braccia di Nolofinwë a stringerla quando un'altra vita nasceva tra di loro, ogni volta con lo stesso calore. Sguardi orgogliosi scambiati in silenzio di fronte alla famiglia che insieme hanno generato.
Momenti che hanno scelto entrambi di perdere.
Aveva capito di averlo perso anche prima di vedere il suo sguardo, quella sera. Lo aveva compreso già quando aveva saputo della sua scelta di perdonare Curufinwë, quando, mentre lo stringeva a sé dopo la fine del Noldóran, aveva visto nei suoi occhi un fuoco troppo simile a quello di suo fratello. Aveva già presagito che supplicarlo non sarebbe servito a farlo restare.
Lui sapeva l'errore che stava compiendo. Lo sapevano entrambi.
Sarebbe potuta andare, pur di non rimanere indietro da sola, uno dei tanti relitti di un'epoca perduta. Forse sarebbe riuscita a salvarli, se non a fermarli. Ma forse allora non ci sarebbe stato nessuno a salvare Eärwen.
Avrebbe potuto lottare di più per sottrarre almeno i loro figli allo stesso fato, trattenerli con la forza e accettare di vederli soffrire pur di saperli vivi. Forse anche Nolofinwë si sarebbe fermato, allora.
È troppo tardi per fare un'altra scelta.
Non aveva pianto nel dirgli addio. Non prima di vederlo andarsene. Le lacrime non sarebbero servite a fargli cambiare idea.
Per un istante, aveva anche pensato che non le meritasse, dopo avere deciso di abbandonarla.
Eppure conserva ancora la memoria del loro ultimo bacio. È stato l'ultimo istante di vero calore nella sua esistenza.
Troppe volte le maledizioni che gli ha lanciato per avere distrutto la loro famiglia sono diventate frecce che ha rivolto contro se stessa per non avere avuto il coraggio di andare. Anche nella follia, sarebbero rimasti insieme.
Almeno avrebbe potuto sentirli al suo fianco fino alla fine.
Indis ha portato il suo dolore tra i Vanyar, dove nessuno può comprendere la perdita che ha subito. Gli occhi di Eärwen sono ancora velati dall'ombra del sangue versato dalla stirpe a cui si è unita. Nerdanel si è chiusa in un giardino di statue mai abbastanza vere, come se bastasse a mettere a tacere le voci che la chiamano moglie e madre di mostri. E lei è rimasta prigioniera di una casa troppo vuota, una dei tanti resti di un popolo diviso, destinata alla pietà di coloro che sanno che il suo sposo l'ha abbandonata per seguire un fratello traditore.
Tutti coloro che non se ne sono andati condividono lo stesso destino, ma questo non basta ad alleviare la solitudine. Per quello ci sono solo i ricordi.
I ricordi sono il suo ultimo rifugio. La sua ultima possibilità di sentire di nuovo cosa fossero la pace e la luce degli alberi. Una nuova occasione di pentirsi di ciò a cui ha rinunciato - come se il pentimento bastasse a riportarli indietro. Di risentire la voce di Finno e rivedere il modo in cui gli occhi di Turno brillavano nel guardare Elenwë, di udire gli zoccoli del cavallo di Irissë calpestare il terreno, sempre più vicini, e sentire il cuore accelerare al pensiero di riabbracciare sua figlia, e di percepire di nuovo l'orgoglio bruciare dentro di sé nell'osservare Arakáno crescere. 
L'unico modo che le resta di sentire di nuovo la voce di Nolofinwë, di perdersi di nuovo nei suoi occhi e rifugiarsi ancora tra le sue braccia.
Per ora, tutto ciò che può fare è aggrapparsi ai ricordi e pregare che Nienna abbia pietà delle sue lacrime. Forse un giorno i Valar esaudiranno le sue preghiere.
Forse potranno tornare, un giorno. Potranno tornare tutti.
Allora non li lascerà di nuovo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'autrice:
[1]: Argon
[2]: Aredhel
[3]: Fingolfin
[4]: Fingon
[5]: Idril
[6]: Fëanor
[7]: Maedhros
[8]: Turgon
[9]: Celegorm
 
   
 
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