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Autore: Yume No Akuma    31/05/2021    0 recensioni
Titolo messo un po’ a caso per una fanfiction scritta altrettanto a caso, giusto per soddisfare un po’ la fangirl ancora sepolta dentro di me.

“ Anche in quel momento, uno qualsiasi di una sera qualsiasi mentre lui se ne stava disteso sul sofà per alleviare il dolore alle gambe che lo accompagnava da una vita, stava osservando proprio quel quadro. Ritraeva il soggiorno dove si trovava anche ora, al cui centro si ergeva in maniera inverosimilmente composta una versione più giovane di sé stesso, più giovane di almeno dieci anni. L’attenzione di tutti però ricadeva sul gigantesco e quanto più evidente punto interrogativo che lo percorreva per tutta la sua altezza, uno sfregio realizzato con una vernice spray verde; a compiere quell’infantile gesto di sdegno era stata la seconda figura ritratta sulla tela, un altro giovane uomo che nella scena rappresenta spuntava da una porta laterale. Edward Nygma, Ed, Eddie, “L’Enigmi—” NO, Oswald non avrebbe pronunciato quel nome nemmeno nella sua mente. ”
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Edward Nygma, Oswald Cobblepot
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Gotham era una città tutt’altro che accogliente o rassicurante, soprattutto agli occhi di chi non ci viveva, anche se erano davvero poche le persone che osavano addentrarsi entro i suoi confini se non per estrema necessità e per il minor tempo possibile. Gotham era spesso grigia, il suo skyline lugubre, le sue strade troppo spesso macchiate di rosso, ma per i suoi abitanti Gotham era semplicemente “casa”. Da quando quell’atipico cavaliere in nero, il giustiziere della notte, “Batman”, aveva cominciato la sua “attività” la città era diventata ancora più... peculiare. Gotham - però - non sarebbe mai cambiata davvero e forse era proprio questo il pensiero che più rassicurava Oswald Cobblepot, “Il Pinguino”.

 

Gli anni erano passati in fretta, eppure così come Gotham anche lui sentiva di non essere cambiato poi così tanto, o forse quella era semplicemente una convinzione che lo allontanava dalle classiche paranoie degli uomini di mezza età. Da quando Batman si divertiva a saltare da un tetto all’altro erano stati gli affari, piuttosto, a cambiare. Il business degli omicidi su commissione era via via diminuito, così come quello delle rapine, i criminali di Gotham preferivano concentrarsi su malefatte meno “evidenti”, come frodi, truffe e solo occasionalmente dei rapimenti per chiedere un riscatto. Tutti avevano paura di essere sbattuti a Blackgate dal “cavaliere oscuro”, o ancora peggio di essere condannati all’inferno che era l’Arkham Asylum, anche se si trattava di un lusso per pochi elitari. Pinguino era uno di questi, anche se teneva il tuo certificato di sanità mentale ben in vista su una parete di casa, tra un ritratto della madre e... quel quadro.

Anche in quel momento, uno qualsiasi di una sera qualsiasi mentre lui se ne stava disteso sul sofà per alleviare il dolore alle gambe che lo accompagnava da una vita, stava osservando proprio quel quadro. Ritraeva il soggiorno dove si trovava anche ora, al cui centro si ergeva in maniera inverosimilmente composta una versione più giovane di sé stesso, più giovane di almeno dieci anni. L’attenzione di tutti però ricadeva sul gigantesco e quanto più evidente punto interrogativo che lo percorreva per tutta la sua altezza, uno sfregio realizzato con una vernice spray verde; a compiere quell’infantile gesto di sdegno era stata la seconda figura ritratta sulla tela, un altro giovane uomo che nella scena rappresenta spuntava da una porta laterale. Edward Nygma, Ed, Eddie, “L’Enigmi—” NO, Oswald non avrebbe pronunciato quel nome nemmeno nella sua mente.

Lasciò andare un profondo e malinconico sospiro, mentre si appoggiava  in maniera più scomposta sul sofà. Non poteva fare a meno di pensare ai tanti “se”, ai bivi e vicoli ciechi davanti ai quali si era trovato negli anni. Se non avesse mai tradito Fish Mooney - più di una volta, se non avesse mai conosciuto suo padre e la sua “famiglia”, che lo avevano spinto nuovamente in quella spirale di follia, odio e sangue, se... non avesse mai amato Ed. Forse sarebbe effettivamente stato tutto diverso, forse sarebbe stato una persona migliore di quella che era diventata, ma era consapevole del fatto che rimuginare sui “se” non lo avrebbero mai aiutato a riprendere il pieno controllo di Gotham.

 

Il suo flusso di pensieri venne interrotto dal rumore di qualcuno che bussava pesantemente e con molta insistenza contro la porta - qualcuno che evidentemente aveva avuto la masochista idea di disturbarlo a quell’ora della notte.

 

“Olga! Controlla chi è alla p—”

 

Ma prima che potesse concludere quella frase per dare istruzioni alla sua governante, nonché unica vera amica da almeno un decennio, qualcosa - o per meglio dire qualcuno - fece esplodere la serratura della porta, che si aprì istantaneamente mentre fumo e puzza invadevano l’ingresso e parte del soggiorno.

Oswald scattò in piedi: erano molti i criminali che volevano prendere il suo posto, così come erano molti i nemici che lo volevano morto per un motivo o per un altro, tra cui quell’impiccione e del tutto indiscreto commissario Jim Gordon. Eppure, la figura che si trovò dinnanzi era ancora più... famigliare.

 

“Buonasera Oswald!”

 

Quella voce squillante risuonò nella mente del padrone di casa come un campanellino fastidioso, proprio per tutte le conseguenze che essa portava con sé.

 

“Ed. Cosa. Ci fai. Qui? Anzi, riformulo: per quale diavolo di motivo hai fatto esplodere la porta di casa mia?!

 

“Erano già passati 15 secondi da quando ho bussato, ho pensavo che fosse successo qualcosa! Potevi essere riverso sul pavimento in una pozza di sangue!”

 

Ubriaco, è decisamente ubriaco pensò Oswald. Solitamente riusciva a predirre le motivazioni di Edward, dopotutto lui era estremamente prevedibile visto che si limitava a seguire la sua logica e la sua mente, ignorando ogni sua parte emotiva, ma questa volta non riusciva proprio a capire cosa gli passasse per la testa. Se non era ubriaco, allora doveva chiedergli un favore, forse un aiuto per uno dei suoi soliti piani contro Batman - tutti fallimentari fino a quel momento.

 

“Appurato il fatto che sono vivo e vegeto, vuoi dirmi perché sei piombato in casa mia così?”

 

Ed, a quel punto, incrociò le braccia al petto con la stizza di chi si sentiva preso in giro. Ironico, piuttosto ironico davvero.

 

“È così assurdo che io voglia semplicemente fare visita ad un vecchio amico?”

 

Sì, lo era. Edward Nygma era un uomo pragmatico, non più serio come una volta, ma sicuramente non era solito fare quelle cose, nemmeno da ubriaco. Se Oswald sapeva qualcosa per certo di lui era che solo una cosa poteva metterlo in crisi: l’imprevedibilità e irrazionalità dei sentimenti. C’era qualcosa che gli frullava in testa e se si trovava lì era per chiedere, in maniera consapevole o meno, una mano a chi sapeva essere più “esperto”. Più di una volta aveva lui stesso fatto notare quanto Oswald sapesse essere emotivamente più intelligente e anche manipolatorio di lui. Ma ora la sfida era capire il motivo scatenante di ciò.

Pinguino prese il suo bastone e si mise davanti all’altro, così da poterlo guardare faccia-a-faccia.

 

“D’accordo, ti ascolto. È un lusso che concedo a pochi ormai quindi parla, in fretta!”

 

C’era tensione nell’aria, Olga lo aveva capito e per questo si era messa in disparte. Cobblepot era chiaramente arrabbiato e Nygma non ne capiva le ragioni, la porta poteva essere tranquillamente sistemata. No, non era così semplice, nemmeno per chi era più propenso a comprendere i sentimenti altrui, perché quella rabbia era totalmente inaspettata ed irrazionale, dovuta a tante cose che ormai si erano ormai perse nel tempo.

Oswald si chiedeva perché Ed si fosse presentato a casa sua proprio in quel momento, proprio quando era l’ultima persona che voleva vedere. In un’occasione diversa sicuramente non avrebbe avuto quella reazione, anzi forse sarebbe stato più che felice di incontrare il suo ex-collega, ex-subordinato, ex... qualsiasi cosa erano stati per un brevissimo arco di tempo. Forse quella rabbia aveva fatto le radici nella sera di molti anni prima, quando “Ozzie” aveva preparato una tavola imbandita di cibo e illuminata solo da candele, una cena pensata solo e appositamente per poter dichiarare i suoi sentimenti all’uomo che, ora diritto davanti a lui, lo aveva completamente abbandonato per una donnetta da due soldi.

Ma il passato era passato e nessuno poteva cambiarlo, era la cosa più rassicurante di esso dopotutto.

 

“Un uomo vive in completa solitudine in un luogo piuttosto isolato. Da tempo nessuno va più a fargli visita e l'uomo, grazie anche al lavoro che svolge, non esce mai dalla propria abitazione se non per acquistare provviste. L'isolamento dell'uomo lo conduce progressivamente alla follia. Finché, un giorno come un altro, spenta luce e gas, l'uomo scompare per non tornare mai più. La scomparsa dell'uomo provoca la morte di decine di persone. Come mai?”

 

“Guarda che se non esco più da questa casa se non per recarmi al club la colpa è solo tua, idiota! Hai sfidato Batman fin troppe volte e i tuoi falimentari tentativi di ucciderlo hanno solo reso il mio lavoro ancora più difficile!”

 

“L'uomo era il custode di un faro molto lontano da località abitate! Lo spegnimento delle luci ha causato il naufragio di alcune barche e navi.”

 

Oswald stava per scoppiare dalla rabbia, quella era una conversazione totalmente a senso unico: lui cercava di capire cosa Ed volesse e quest’ultimo pensava solo ai suoi enigmi del tutto fuori contesto... a meno che non fosse il suo modo per evitare la vergogna di una richiesta più esplicita.

 

“... fammi indovinare: io sono l’uomo e tu sei una delle barche. Ho ragione? Mi lusinga in effetti che tu ammetta di avere bisogno di me, ma se mi stai chiedendo di tornare ad assecondare i tuoi stupidi giochi la risposta è no! Non finirò di nuovo a Blackgate, o peggio ad Arkham, per causa tua!”

 

“Veramente questo dovrei dirlo io.”

 

Oswald inspirò profondamente e sorrise in maniera infastidita, il suo solito modo per mantenere almeno la parvenza di calma. Almeno adesso sapeva che Edward era effettivamente accorso a chiedergli aiuto, come un bambino che non riesce più a cavarsela da solo. Insolito, visto che “L’Enigmista” aveva sempre voluto affermare la sua totale indipendenza, soprattutto nei suoi confronti, ma non si poteva di certo dire che fosse ricco o influente nella cerchia di criminali di Gotham, soprattutto dopo aver passato diversi anni in manicomio. Per quanto infastidito, Pinguino decise di non buttare fuori a calci quello stramboide vestito di verde e piuttosto decise di concedergli giusto qualche minuto del suo tempo. Anche dopo tutto quel tempo nonnsapeva resistere a quello sguardo vispo e quel sorrisetto malizioso, ma si ripromise che quella sarebbe stata davvero l’ultima volta. Ma niente alcool, non voleva peggiorare la situazione.

 

I due si sedettero sul sofà, Ed si era tolto quel ridicolo cappello e aveva riposto il bastone, che nel suo caso usava solo per fare un po’ di scena. Oswald lo trovava davvero fastidioso il più delle volte, quando ripensava alla prima volta che lo aveva visto in televisione rideva a crepapelle proprio come la prima volta. Olga aveva preparato un po’ di tè e dei biscotti per entrambi prima di ritirarsi nella sua stanza, terminati i lavoretti serali. Il padrone di casa stava per prendere uno dei dolcetti, ma la mano dell’altro lo picchiettò immediatamente sul palmo.

 

“Ti ho già fatto notare che hai messo su fin troppo peso negli ultimi dieci anni, sai che questo è solo peggio per le tue gambe? Non vorrai mica finire su una sedia a rotelle!”

 

Oswald lo fulminò con lo sguardo, solo sua madre poteva parlargli in quel modo! E no, non gli interessava se Ed lo aveva salvato una volta e si era preso cura di lui, non aveva bisogno di un altro medico che gli dicesse cosa fare, soprattutto perché quello che diceva non era affatto vero! ... ma decise comunque di rinunciare al suo spuntino di mezzanotte e si limitò a sorseggiare la bevanda calda, mentre quell’altro si mangiava tutti i biscotti del vassoio. Si soffermò a guardarlo con la coda dell’occhio: Edward Nygma non era cambiato affatto, almeno nell’aspetto; non una ruga solcava il suo viso, nè il suo sguardo si era fatto meno intenso, nè le sue movenze meno aggraziato. Il suo fascino era innegabile, la prova erano le tante “fan” che negli anni erano fatte avanti per cercare di farlo uscire da Arkham. Eppure quel fascino sembrava essere stato macchiato da qualcosa ormai, c’era come qualcosa fuori posto nella sua figura, nei suoi occhi. Un uomo vive in completa solitudine in un luogo piuttosto isolato. Solo, forse Edward si sentiva solo! Ecco perché si era presentato a quell’orario improponibile a casa sua, aveva fatto tutto solo e solamente per ricevere quel semplice invito. Forse non era stato un pensiero razionale, sicuramente Edward non lo avrebbe ammesso in ogni caso, ma era così.

Raggiungere quella conclusione, però, aprì come una vecchia ferita nel cuore di Oswald: era lui la causa della solitudine dell’uomo seduto al suo fianco. Era stato lui a portarlo dalla sua parte, era stato lui a uccidere la donna che amava, era stato lui che per molto tempo lo aveva trattato come una sua proprietà, più che come una persona. E tutto in nome di cosa?

 

“Non posso essere comprato, ma posso essere rubato con un solo sguardo. Non ho valore per uno, ma sono inestimabile per due...”

 

Questa volta fu Nygma a voltarsi, mentre lo sguardo di Cobblepot si era perso a fissare le fiamme che ardevano nel caminetto e che evidenziavano il suo profilo. In una situazione diversa avrebbe ribattuto che quell’enigma non aveva più valore, ma sarebbe stata un’enorme bugia. Certo, quando lo aveva rivolto al suo collega non intendeva quel tipo di amore, ma ora come ora... le cose erano cambiate. Certo, non avrebbe mai davvero dimenticato quanto successo a Isabella, o di quando Oswald aveva deciso di congelarlo ed esporlo come una scultura nella sala centrale del suo club, o ancora di quando aveva risvegliato L’Enigmista solo per il proprio tornaconto, ma durante gli anni passati in manicomio si era fin troppo spesso ritrovato a pensare ai suoi “se”. Se avesse capito sin da subito cosa l’altro aveva iniziato a provare per lui, se avesse poi deciso di assecondare quei sentimenti e provare a farli propri, se avesse provato a perdonarlo prima e in maniera completa, così da poter recuperare quel bizzarro rapporto che avevano avuto da quando lo aveva salvato da morte certa. Si era chiesto diverse volte se le sue scelte fossero state le migliori, ma quando aveva rivisto Pinguino subito dopo essere uscito dal manicomio ecco che aveva dimenticato tutto, almeno per un po’. Il sollievo e la gioia che aveva provato rivedendolo gli avevano ridato vigore, tanto che sin da subito avevano ripreso i loro piani di conquista di Gotham, come se non fossero affatto passati dieci anni. Eppure dopo qualche settimana e dopo tanti tentativi falliti, la presenza di Batman si era fatta fin troppo insistente e Oswald si era rinchiuso nella sua abitazione, lasciando ancora una volta Edward da solo. Per i primi tempi l’aveva vissuto come un nuovo tradimento, poi era sopraggiunta una domanda: come era possibile sentirsi traditi da una persona verso la quale non si provava nulla, se non una semplice complicità? Gelosia, tradimento, tutti sentimenti che si erano annidati nella mente di Nygma come corvi gracchianti, sentimenti ai quali per diverso tempo aveva cercato di dare risposta, finendo però per alimentarli soltanto. Non era stata semplice solitudine a spingerlo di nuovo di quell’appartamento, su quel divano, con quella persona.

 

“... posso essere distrutto dall’egoismo e morire per sempre.”

 

Proprio mentre Ed stava concludendo il suo flusso di pensieri, Ozzie concluse con un suo tocco personale l’enigma che aveva sentito tanti anni prima rivolto a lui. Il suono di quelle parole stonava con il resto, dopotutto lui non era affatto un maestro degli enigmi, ma era quanto di più vero potesse esserci in quel momento.

Egoista, menefreghista e crudele, tutti appellativi che Oswald si era sentito ripetere più e più volte, tanto da accettarli in maniera passiva. Era stata quella parte di lui a distruggere qualsiasi cosa lui avesse mai amato, da sua madre al rapporto che aveva costruito con l’unico vero amico che avesse mai avuto, l’unico che aveva provato ad accettarlo per come era davvero.

 

“Stai parlando di Isabella o... di me?”

 

“Quale sarebbe la differenza? Se non mi fossi lasciato accecare dall’egoismo e dalla gelosia, almeno uno dei due sarebbe stato felice... sarebbe stato abbastanza.”

 

“La differenza è che... uno dei due può ancora essere salvato, forse.”

 

A sentire quelle parole, Oswald si voltò di scatto, solo per trovarsi Edward che lo guardava in maniera seria, composta, imperscrutabile. Dal canto suo, lui era invece diventato paonazzo senza nemmeno rendersene conto. Anche dopo tanti anni bastava una sola parole di Edward per fargli perdere del tutto il lume della ragione, ma in questo caso era più che giustificato. A meno che non fossero ricominciati gli assurdi esperimenti iniziati dal dottor Hugo Strange e Isabella fosse tornata in vita - come se già Oswald non pensasse che fosse lei stessa con clone della prima fidanzata di Nygma, non poteva di sicuro riferirsi a lei. Stava quindi parlando... del loro amore? Un sentimento destinsto a morire ancora prima di sbocciare e che aveva portato entrambi ad odiarsi a vicenda e odiare sé stessi? Quell’affermazione lo aveva lasciato letteralmente senza parole, tanto che non riusciva a porsi l’unica domanda importante in quel momento: era disposto a fidarsi ancora di un sentimento tanto insidioso come l’amore? Il suo cuore era sempre stata la sua più grande debolezza e sapeva che questa volta lo avrebbe potuto distruggere completamente.

 

“Ed- Edward, insomma... cosa stai dicendo?! Sto iniziando a pensare che tu abbia assunto qualche strana sostanza, non avrai mica accettato qualcosa da Ivy, vero?”

 

“Smettila di pensare che io non sia in me, Oswald! Sono lucido e pienamente in grado di intedere e volere! E non sto nemmeno scherzando, sono serissimo!”

 

“Perdonami, ma ero convinto che fossi stato proprio TU a rendere ben chiara la natura del nostro rapporto, più di una volta se non ricordo male!”

 

Non aveva tutti i torti, tra i due era sempre stato Ed a mettere ben in chiaro il fatto che quel sentimento da parte di Cobblepot fosse a senso unico, tanto che più di una volta aveva visto i suoi occhi diventare lucidi nello sbattere contro quella barriera emotiva. Per molto, molto tempo si era divertito a colpirlo proprio in quel punto così esposto e ancora sanguinante, ma adesso iniziava a pentirsene.

 

“Forse, e con forse intendo dire che le probabilità sono minime ma non inesistenti, all’epoca erano ancora la rabbia e il risentimento a parlare per me. Al di là di ciò, gli anni passati ad Arkham e queste ultime settimane mi hanno fatto vedere la situazione da una prospettiva... inaspettata. Hai ragione, se non avessi ucciso Isabella perché speravi che senza di lei tra i piedi io avrei scelto di stare con te, forse - in questo caso le probabilità sono più alte - adesso sarei felice e L’Enigmista non sarebbe mai nato. Oppure sarebbe andata come avevi detto tu, avrei ucciso anche Isabella e sarei sprofondato in una spirale di odio, autocommiserazione e follia ancora peggiore di quello in cui mi hai gettato tu. Sono tutte supposizioni e la vita non è un enigma fatto di “se”, ma di risposte certe.”

 

Tutto quel discorso mandò ancora più in confusione la già debole psiche di Oswald, che stentava a credere alle sue orecchie. Forse si sarebbe dovuto arrabbiare, cacciare Edward dalla sua casa e venderlo a Batman in cambio di una tregua, ma il suo sguardo magnetico e malinconico gli impediva di fare qualsiasi cosa che non fosse rimanere lì seduto a guardarlo. Sotto gli occhiali da vista di quell’ex scienziato forense si celavano due occhi che avrebbero paralizzato chiunque, ma che adesso stavano guardando solo e solamente lui, Oswald Cobblepot. Non aveva la forza di urlare, sbraitare contro l’altro, non aveva la forza di respingere quello sguardo, forse perché per fin troppo tempo non aveva desiderato altro.

Dieci anni di silenzio e rimpianti si erano adesso trasformati in pochi centimetri che li separavano, mentre la compostezza di entrambi veniva meno. Mentre Ozzie restava nel suo posto, limitandosi a perdere rigidità e fermezza, Ed si era avvicinato così tanto che i loro respiri adesso si stavano mischiando. Non avevano più vent’anni, anche se all’epoca nemmeno si conoscevano, eppure entrambi si stavano lasciando andare con l’incertezza tipica di due adolescenti. Fu però in quel momento, a pochissimi respiri l’uno dall’altro, che gli occhi di Oswald che divennero ancora una volta lucidi e si confiarono di lacrime, così da spezzare quell’incantesimo che lo sguardo di Edward aveva lanciato e permettergli di fuggire. Trovò un po’ di spazio per fuggire e scattò in piedi, il cuore sembrava volergli scappare dal petto e il suo respiro era irregolare. Eccolo, un infarto, alla fine Ed era riuscito a fargli venire un infarto - o almeno era quello che sperava.

 

“N-non posso! So cosa vuoi fare, questo è un altro dei tuoi crudeli trucchi, forse dei addirittura alleato con quel pipistrello per incastrarmi! Cederò alle tue parole e al momento giusto tu mi colpirai alle spalle, ne sono sicuro!”

 

Un’altra affermazione con delle basi di verità, ma questo non significava che sarebbe successo di nuovo. Il castano si alzò a sua volta in piedi, paziente, e raggiunse il moro che gli stava effettivamente volgendo le spalle, ma si limitò ad abbracciarlo da dietro. Le sue braccia erano abbastanza lunghe da circondarlo ed era abbastanza alto da poter appoggiare la sua testa sulla sua spalla, raggiungendo con la guancia la sua. Era una posizione innaturale per entrambi, ma estremamente confortevole.

 

“Potrei farlo, non hai tutti i torti, ma non voglio. Non ti sto prendendo in giro, non voglio ingannarti o ferirti ancora. Ci sei solo tu adesso. Nessuna signorina Kringle, nessuna Isabella, nessuna Lee Thompkins. Non hai molto in comune con nessuna di loro, ma forse è meglio così.”

 

Oswald stava cercando di contenersi come meglio poteva. Non poteva fermare le lacrime che avevano iniziato a solcargli il viso, ma doveva in tutti i modi cercare di tenere ben rinchiusi nella sua mente i pensieri che gli frullavano in testa. Avrebbe voluto urlare, sì, urlare a Ed che era da quando lui lo aveva salvato che provava qualcosa, che lo aveva amato nonostante tutti gli anni trascorsi a negarlo, che non c’era stato nessuno che prima o dopo di lui lo avesse fatto sentire diverso, diverso dallo spietato quanto patetico boss quale era considerato da tutti, diverso da come lui stesso si vedeva. Ed non gli avrebbe mai chiesto scusa per averlo abbandonato e tradito più di una volta, ma il pensiero che anche nella sua mente fosse cambiato qualcosa era già abbastanza per lui. Se quello era un sogno desiderava solo non svegliarsi mai più.

 

“Q-questa non è una delle allucinazioni provocate dai funghi di Ivy, vero? O forse è un sogno, s-sono steso nel mio letto e sto sognando...”

 

“No, non lo è. Se vuoi posso darti un pizzicotto.”

 

“No, va bene così... non è così male.”

 

“... puoi dirlo se vuoi, non fuggirò di nuovo.”

 

A quel punto Oswald riuscì a voltarsi, sebbene rimase avvolto dalle braccia dell’altro, e rivolse i suoi occhi azzurri - beh, almeno uno lo era davvero - verso l’alto. Quando la distanza fra i loro volti si fece nuovamente esigua non si ritrasse, ma poco prima che le loro labbra si incontrassero inevitabilmente riuscì a sussurrare un incerto “ti amo”, così flebile che anche nel silenzio della notte solo loro due potevano udirlo, mentre il fuoco del camino cominciava a spegnersi. Nessuno avrebbe potuto interrompere quel momento, nessun cavaliere oscuro e nessun commissario Gordon; nessun ricordo spiacevole e nessun rimpianto. Erano solo due anime ormai segnate dal tempo e dagli scontri che si lasciavano finalmente andare.

 

 

La mattina dopo il Sole decise di farsi finalmente vedere ai cittadini di Gotham, come a preannunciare un lieto evento. Quello che nessuno poteva immaginare era che, forse, quella gioia era riservata proprio a Pinguino, la persona che - secondo molti - era l’ultima a meritarsela. I primi tenui raggi colpirono solo una parte del suo viso, come se ci fosse qualcosa a fargli ombra, ma furono abbastanza per svegliarlo. Ancora prima di aprire gli occhi capì che c’era qualcosa di insolito, ma era troppo stanco e frastornato per ricordare immediatamente il motivo. La sera prima era in casa da solo, quando Edward Nygma era letteralmente piombato nel suo soggiorno. Giusto, Ed gli aveva fatto visita, ma adesso si trovava nel proprio letto quindi...? Oswald aprì lentamente gli occhi, notando subito che la sua mano si trovava sotto quella di un’altra persona e le loro dita erano intrecciate, sentiva un peso sul fianco e si rese conto che era provocato dal braccio di quella stessa persona, percepiva anche qualcosa premere contro la sua schiena con un ritmo placido, accompagnato dal respiro di qualcuno sul suo collo.

 

“Buongiorno, era ora.”

 

La voce di Edward lo riportò completamente alla realtà. Dopo la loro chiacchierata e il loro primo bacio, avevano entrambi concordato sul fatto che fosse tardi e che per quanto dispiaciuti quella serata doveva concludersi. Oswald non aveva avuto il coraggio di mandarlo via, soprattutto dopo quello che era successo, così lo aveva invitato di sopra e senza rendersene conto, fra un indovinello scemo e un bacio, i due erano finiti nello stesso letto, anche se entrambi ben vestiti.

 

“Allora sei ancora qui, ero convinto che ti fossi pentito di ogni cosa e fossi fuggito prima del mio risveglio...”

 

“Dovresti saperlo che non mi pento mai di niente, - quasi - tutte le mie decisioni sono calcolate e non ammettono ripensamenti. Nonostante ciò ammetto di non aver riposato molto questa notte, guardarti dormire è uno spettacolo più interessante del previsto.”

 

Il moro si lasciò scappare una risatina nervosa, mentre Ed si metteva seduto sul letto. Aveva utilizzato come pigiama uno di quelli di Ozzie, che però era evidentemente largo e corto per lui. Appoggiò placidamente la testa sulla mano, il gomito sul ginocchio, in una posa che richiamava vagamente una statua greca. Sicuramente la bellezza e il fascino a lui non mancavano.

 

“Sei interessante, sai? Quel colore di occhi con quel colore di capelli sono un mix genetico davvero raro. Non ci avevo mai fatto molto caso.”

 

Oswald si sentì il viso caldo. Aveva ormai superato i quaranta eppure sentire un semplice complimento lo faceva impazzire. Forse perché non era un semplice apprezzamento, ma era un complimento che veniva da Edward, il suo Edward. Ancora non poteva crederci che dopo anni interi passati a rimuginare sul loro rapporto alla fine le cose erano effettivamente andate come sperava. Meglio tardi che mai, supponeva. Ed mise a tacere i suoi pensieri con un altro bacio, al quale Pinguino rispose portando gli occhi al cielo; non si sarebbe fatto totalmente abbindolare da quell’atipico Don Giovanni, solo quanto bastava per essere felice, supponeva. Perché lui era felice adesso, giusto?

 

Dopo una ventina di minuti i due scesero nuovamente in soggiorno, dove Olga aveva già iniziato le faccende del mattino. L’uno era vestito con il suo solito e ormai antiquato completo verde, l’altro aveva deciso di tornare a vestirsi di viola; era una cosa che aveva smesso di fare da un po’, ma Ed aveva sempre detto che quel colore gli donava e così aveva deciso di ritentare, solo per farlo contento. Olga fissò entrambi mentre scendevano le scale e si sedevano al tavolo, apparecchiato solo per uno.

 

“Dormito anche lei qui?”

 

Da!”

 

“Era ora.”

 

Edward rispose subito con l’entusiasmo di un ragazzino, facendo per l’ennesima volta desiderare a Oswald di essere invisibile. Forse erano solo l’uno troppo ingenuo e l’altro troppo paranoico. Mentre Olga apparecchiava un posto in più anche per Nygma, quest’ultimo si mise a fare origami con dei fogli che aveva trovato sul tavolo, ignorando completamente la loro possibile utilità; Cobblepot si trovò ben presto una decina di pinguini di carta davanti a sè e sapeva benissimo che li avrebbe conservati tutti con estrema cura.

 

“Oggi devo andare al club, tu stai qui: c’è più di una persona che ti vuole ad Arkham o peggio morto. Poi... domani potremo pensare ad un modo per mettere fuori gioco Batman una volta per tutte e magari anche quell’idiota di Jim Gordon. A volte si presenta persino al club, che coraggio!”

 

“Domani?”

 

“Domani.”

 

“Ad una condizione però: se uno dei due venisse catturato l’altro dovrà trovare un modo per farlo evadere!”

 

“Vuoi dire che se tu venissi catturato di nuovo, io dovrei spendere soldi ed energie per farti uscire da quella fogna di manicomio.”

 

I due scoppiarono a ridere come due - ormai non più così giovani - ragazzini. Se quella sarebbe stata la vita da quel momento in poi, be’, non sembrava neppure così tanto male. Dopotutto era da tempo che sapevano di essere fatti l’uno per l’altro.

  
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