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Autore: I_love_villains    01/06/2021    0 recensioni
Raccolta di racconti horror. Spero di riuscire a provocarvi qualche brivido.
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Non potrò mai dimenticare la prima volta che vidi James Duval. Eravamo in piena epoca vittoriana, come è stato soprannominato quel periodo, a un ballo; non ricordo per che evento fosse stato organizzato, ma si teneva nella magione di James, che si trovava nella campagna londinese.
Lui era un leader vampiro definito anziano dai suoi simili poiché avente più di cinquecento anni. Eppure, non una ruga solcava il suo viso, non un capello incanutiva la sua nuca. Appariva come un uomo di circa quarant’anni particolarmente sano e gioviale, dai lineamenti gradevoli. Le sue riserve di sangue dovevano essere veramente notevoli se riuscivano a conferirgli un aspetto così autentico di uomo vivente. Indossava un impeccabile abito blu scuro – tutti i suoi simili indossavano qualcosa di scuro, specialmente di nero – che si intonava con i suoi occhi. I capelli e la barba erano castani e cangianti: man mano che si spostava, mi apparivano ramati, mogano, cioccolato, nocciola, cenere... a seconda che l’illuminazione provenisse dal camino, da una lampada, non ci fosse affatto oppure giungesse con una specifica inclinazione e intensità.
Presenziava al ballo gente che contava qualcosa a quei tempi, almeno in apparenza. Da perfetto padrone di casa, James si intratteneva con i vari ospiti, passando da un gruppetto all’altro, raramente si dedicava a una singola persona. Assorto com’ero nel studiarlo, notai che la sua espressione variava leggermente, a seconda che l’ospite in questione fosse un vampiro o un umano. Sembrava una seccatura per lui avere a che fare con questi ultimi: il sorriso diventava stereotipato, indifferente, gli occhi si spostavano più frequentemente per la sala ed esprimevano una sorta di paziente rassegnazione, come se parlare con gli umani fosse un’incombenza alla quale non poteva sottrarsi.
Io lo osservavo appoggiato al bracciolo di una poltrona, sorseggiando un bicchiere di brandy, circondato da tre giovani umani che conversavano fra loro e credevano fossi coinvolto nella loro conversazione. A me gli umani non dispiacevano, anzi, e nemmeno i vampiri. Non ho mai avuto problemi a mescolarmi tra loro, come in quell’occasione.
Gli umani, ingenui, così razionali, erano privi di ogni sospetto su di me. Mi consideravano un eccentrico uomo d’affari. La cosa buffa è che non ho mai concluso un accordo in vita mia. Comprai un ufficio, sì, per salvare le apparenze, ma non ci lavorai mai: lo arredai e ingaggiai qualche impiegato, tutto qui. Il denaro che accumulai fino ad allora lo sottrassi alla loro specie, piccole somme che insieme costituirono la mia fortuna. Ne vado ancora fiero. Me la ero pur sempre guadagnata, la mia ricchezza, avevo lavorato sodo per ottenerla, mi ero ingegnato, e nel frattempo mi ero anche divertito. Sono ricordi piacevoli, in cui mi piace indugiare.
Ai vampiri non ho mai sottratto nulla, nemmeno una preda, eppure, anche durante quella serata di festa, non potevano fare a meno di guardarmi con scherno, disgusto, diffidenza, talvolta con aperto odio e malcelata paura. Con loro ero sempre all’erta, ma cercavo di essere amichevole, addirittura spiritoso. Mi chiedevo se fosse il loro istinto che li portasse a temere i licantropi. Tale pensiero mi faceva perdonare le loro occhiate e i loro bisbigli, di cui riuscivo a percepire le parole, se erano abbastanza vicini. Inutile dire che non si trattasse di commenti lusinghieri, ma erano banali, ripetitivi, e mi risultavano noiosi piuttosto che fastidiosi. Specialmente durante quel ballo, in cui la mia attenzione era completamente assorbita da James.
Come avevo previsto che sarebbe accaduto, il leader vampiro congedò con qualche frase di circostanza i tre umani e mi rivolse la parola. Attendevo con ansia che lo facesse. Naturalmente, doveva essersi accorto della mia presenza da tempo, forse da quando avevo messo piede nella sua dimora, ma non aveva dato alcun segno di avermi notato. Ragionai che se fosse stato infastidito dalla partecipazione di un licantropo a un suo evento, lo avrebbe fatto cacciare molto prima.
Con mio gran sollievo – lo provai allora almeno, oggi provo un miscuglio di emozioni che non riesco a decifrare – mi trattò con gentilezza. Era incuriosito da me. Mi domandò se mi aggradava seguirlo in biblioteca, dove avremmo potuto conversare in privato. Esitai per un breve istante, ma poi annuii e lo seguii. Tornerei indietro, se potessi? Non credo... Seguii James, ma soprattutto seguii il mio istinto, cosa che ho sempre fatto e che mai mi ha tradito. Lo assecondo sempre, nel bene e nel male, perché so che mi procurerà un vantaggio prima o poi, e perché naturalmente ne ricavo piacere.
Sono molto affezionato al mio lato selvaggio. Lo lascio libero di agire ad ogni luna piena... è un’emozione appagante correre libero nella natura, cacciare un essere vivente, bagnarmi il muso nel suo sangue e saziarmi delle sue carni... e poi ululare alla luna e riprendere la folle corsa.
Non sono un mostro, non ho mai ucciso esseri senzienti, solo animali, selvatici per di più. Tuttavia, la mia attrazione per la vita spericolata, per gli eccessi, per quelli che la mia specie considera tabù, ha fatto in modo che fossi espulso dal branco, per la sua sicurezza. Non capivo all’epoca, ovviamente, ero così giovane... vedevo solo che gli umani ridevano di buffonate che il branco considerava scandali, facevo scalpore nella loro società e ciò mi compiaceva. Non capivo come potessi mettere a rischio gli altri solo perché mi ubriacavo a qualche festicciola o mi appartavo con qualche fanciulla. Decisi che non mi importava se i miei simili non mi volevano. Sbagliavano a considerarmi incosciente e pericoloso, erano codardi e scialbi...
Raccontai tutto a James, concludendo la storia rivelandogli il mio nome: David Rymer. Lui non tradì alcuna emozione di repulsione, mi trattava con rispetto, mi capiva. Non fingeva, come sospettai inizialmente. Alla fine del mio racconto rimase in silenzio, ed io lo fissavo dubbioso, chiedendomi cosa volesse da me. Ma mi aveva già detto cosa voleva: parlare, semplicemente. Forse grazie alla sua lunghissima esperienza, aveva intuito che ci saremmo trovati in sintonia. Mi disse che apprezzava il mio carattere. Anche lui non si faceva problemi a infrangere regole e convenzioni. A differenza di me, si basava sulla ragione, ma le nostre conclusioni non differivano molto. Chiacchierammo a lungo quella notte, diventammo amici. Per me era rilassante tacere e fissare gli occhi lucenti e acuti di James. Ne ero affascinato... mi sembrava di intravedere il suo animo attraverso di essi. Sorrisi apertamente quando mi invitò a tornare a casa sua la settimana successiva ed io ricambiai l’invito con prontezza, lieto che mi fosse toccata una simile fortuna.
Iniziammo dunque a frequentarci, a farci visita sempre più spesso, finché diventammo inseparabili. Fedeli alle nostre idee, non nascondemmo la nostra relazione. Sinceramente, io neppure pensai se fosse il caso. Niente o nessuno mi aveva mai reso tanto felice, sapevo solo questo, e la mia gioia cresceva ogni secondo che trascorrevo con James. Mi era impossibile tollerare che qualcuno giudicasse sbagliato il mio sentimento, o addirittura falso. Sono certo che se me lo avessero detto direttamente, avrei sbranato il latore di tale calunnia.
Negli anni a venire ho avuto dubbi sulla mia condotta passata, ho provato vergogna per aver abbandonato il mio branco solo per conseguire qualche effimero piacere, ma non mi sono mai pentito di aver amato James. Su questo, gli altri sbagliavano, sul serio stavolta. Se mai vi siete innamorati, mi capirete. Non esistono giusto e sbagliato in amore. È come entrare in un mondo spirituale in cui perdono ogni significato le concezioni terrene; non contano più la specie, il sesso, lo status sociale, la nazionalità ed altre quisquilie del genere. Qualcuno potrebbe obiettare che tra me e James non è finita bene, affatto; tuttavia, nessuno di questi fattori è stato la causa del nostro fallimento.
Restammo insieme per tre paradisiaci anni. Tutto mi sembrava perfetto, e nulla mi lasciava sospettare che non lo fosse anche per James. Tuttavia, qualcosa doveva pur mancargli... o forse si era soltanto stancato di me. Quanto dura l’intrattenimento di un essere potenzialmente immortale? Magari, ciò che a me appariva nuovo e stupefacente era già storia vecchia per James. Se ci furono segnali antecedenti alla tragedia, io non li notai, altrimenti è assai probabile che avrei agito diversamente... l’amore rende ciechi, sì, talvolta pazzi, però ciò che concerne l’amato diventa il nostro mondo: sarebbe difficile mancare segni di un cambiamento nelle parole, nell’atteggiamento, nello sguardo...
Pertanto, la mia sorpresa fu totale quando, andandolo a trovare quella che poi fu la nostra ultima notte, gli sentii addosso l’odore di qualcun altro. James si rese subito conto che non ero capace di seguire il suo discorso e risalì correttamente alla causa. Sospirò, mi parve per la prima volta a disagio, iniziò a intavolare quelle che dovevano essere scuse, oppure una giustificazione. Ma io, avuto conferma dei miei sospetti, non lo stavo più ascoltando. La mia mente era ricolma di un ringhio di puro furore.
Nella mia specie, siamo soliti dedicarci esclusivamente a un partner per tutta la nostra vita. Non dico che anche tra i licantropi non manchino i tradimenti, individui promiscui, o, al contrario, gli asceti, ma costituiscono delle eccezioni. Nella maggior parte dei casi, una volta trovato il partner ideale, è quasi impensabile stare lontano da lui, recargli offesa, farlo soffrire, perché staremmo male anche noi, tanto forte è il legame che unisce le due anime.
James aveva reciso quel legame non appena aveva scelto di tradirmi piuttosto che di lasciarmi con garbo. Ne avrei sicuramente sofferto, ma mi avrebbe dimostrato il rispetto e la fiducia che mi aveva attribuito da sempre. In tal modo, invece, mi tradì anche come amico, sentivo che aveva violato qualsiasi cosa di buono ci fosse stato tra noi e per me era intollerabile. Andava punito ad ogni costo.
I licantropi possono trasformarsi completamente solo nelle notti di luna piena, ma siamo in grado di assumere un aspetto a metà fra il lupesco e l’umano nei casi di necessità: le mie unghie divennero artigli; i miei denti si allungarono e rafforzarono; i miei muscoli si irrobustirono, conferendomi forza e agilità; finalmente emessi il ringhio che segnava la sua condanna a morte. La trasformazione avvenne con rapidità, perciò James si trovò impreparato. I secondi di shock furono la sua fine: gli fui addosso all’istante e cominciai a lacerare, mordere, sbranare... persi il controllo, vedevo rosso davanti a me. Quando la furia mi abbandonò, mi lasciò solo, disperato, con il cuore a pezzi... ululai, cercando di liberarmi del dolore straziante che mi stava lacerando.
Lo sbattere di porte e il suono delle voci dei domestici di James mi ricordò che il mondo esisteva ancora. Ancora una vola, seguii l’istinto, e fuggii. Tutte le bestie fuggono, e se sono alle strette lottano, pur di non finire ingabbiate o uccise. Corsi a lungo quella notte, senza una meta, finché mi addormentai sfinito in una radura.
Non ero capace di pensare a niente che non fosse la mia storia d’amore infranta... bevevo, mangiavo poco, dormivo molto e mi commiseravo. Durò per una settimana, credo, forse anche più. Anche se non ci pensavo coscientemente, sapevo che mi stavo nascondendo dalla vendetta dei vampiri. James era stato uno dei loro leader, uno degli anziani, peraltro. La sua morte non sarebbe passata inosservata, avrebbe suscitato scalpore, rabbia, sete di sangue, del mio sangue. Era certo che, se mi avessero trovato, mi avrebbero sottoposto a torture inimmaginabili per punirmi e ammonire altri licantropi dal guardarsi bene dal far del male ai loro simili.
Fortunatamente, fu un gruppo di licantropi a trovarmi. Mi accolsero come un loro fratello, dissero che sapevano ciò che avevo fatto. Non feci caso alle loro parole, mi accodai a loro perché avevo bisogno di compagnia. Mi ci vollero parecchi mesi per guarire... ero taciturno e solitario, ma facevo la mia parte nel branco. Mi avevano riammesso a causa di un equivoco, un equivoco che non corressi perché immagino fossi ancora troppo scosso. Mi sentivo stanco, indifferente, permettevo agli eventi di susseguirsi senza protestare. Il mio istinto si era assopito? O mi indicava che mi occorrevano inattività e calma prima di ritornare me stesso?
Perché, per quanto possa sembrare incredibile nel momento del dolore, esso passa, come quasi tutte le cose terrene. Non di colpo, una quantità infinitesimale per volta, impossibile da percepire, ma passa e un giorno ci sentiamo meglio, ci sorprendiamo a provare allegria, a sorridere, fino a che si torna a una nuova normalità.
Tornai me stesso, ma un me stesso che aveva vissuto un’esperienza in più, che aveva imparato una lezione. Ero felice di essere nel branco, però provavo dei sensi di colpa per l’equivoco non corretto per tempo e mi domandavo se avesse senso parlarne dopo che la vicenda si era conclusa, almeno per tutti gli altri.
Come avevo appreso, la stessa notte in cui uccisi James, il gruppo di licantropi che mi trovò uccise un altro leader vampiro, anch’egli anziano. Loro avevano voluto dimostrare che non siamo bestie a malapena civilizzate: siamo capaci di elaborare acuti piani e restare impuniti dopo aver arrecato a una specie superiore una gravissima offesa. Credettero che in qualche modo io fossi a conoscenza del piano e avessi deciso di agire in solitaria per emularli e combattere le disparità che subivamo a causa dei vampiri al loro fianco.
Non raccontai a nessuno come andarono realmente le cose. Lo sto scrivendo qui per la prima volta, con la speranza che i giovani – giovani licantropi, vampiri, umani o di qualsiasi altra creatura a cui interessi leggere le memorie di un vecchio – siano messi a parte delle esperienze dei più anziani e possano risparmiarsi le sofferenze da noi vissute, evitare di commettere i nostri stessi errori.
Ogni nostra decisione ha delle ripercussioni anche sugli altri, ecco cosa non capivo quando il branco mi esiliò. Volenti o nolenti, abbiamo legami col mondo che ci circonda; la nostra individualità è importante, va preservata, ma anche correlata alla vita altrui, perché le nostre azioni sono in grado di influenzarla, talvolta in modi inimmaginabili. Ponderate con cura e saggezza quando vale la pena perseguire un obiettivo e quando invece occorre non rinunciarvi, bensì ridefinirlo al fine di non arrecare danno alcuno.
Con la speranza che le mie parole vi possano giovare,
David Rymer.



***Angolo Autrice***

Forse questo racconto non è completamente horror, ma va be'.
Bisognava scrivere un racconto di max 2500 parole, ambientato nella Londra vittoriana, con protagonista un lupo mannaro e ispirato dalla seguente frase di Underworld: “Benché io non sappia prevedere il futuro, le conseguenze di questa notte echeggeranno nelle sale dei più grandi casati per molti anni a venire. Due anziani vampiri sono stati uccisi, uno di loro per mano mia.”
   
 
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