SEND ME AN ANGEL
Prima parte
Wise man said just raise your hand
And reach out for the spell
Find the door to the promised land
Just believe in yourself
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
The way out of the dark
Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star...
(“Send me an angel” – Scorpions)
Era giunto il momento
atteso e temuto. Erik Olsson sapeva di dover agire quella notte o non avrebbe
avuto altre possibilità. Sarebbe dovuto essere lesto, invisibile, ardito,
forte… e convincente, pure. Non era da tutti scalare la Torre di Londra con lo
scopo di liberare un prigioniero illustre, ma lui era nato vichingo e riteneva
che nulla fosse impossibile… oltre tutto, aveva ricevuto ordini precisi dal suo
signore, Sir Richard Pole, e in modo particolare da sua moglie Margaret.
E, come se tutto ciò
non bastasse, lui stesso provava un affetto intenso che non aveva fatto che
crescere in quei mesi in cui aveva accompagnato Lady Margaret a far visita al
fratello minore rinchiuso in quella Torre. Sapeva che era assurdo, impossibile,
sbagliato anche, ma non riusciva a smettere di pensare al Principe Edward e, ad
ogni modo, niente poteva essere tanto assurdo e sbagliato quanto ciò che
avevano fatto a lui e ciò che gli avrebbero fatto il mattino seguente,
all’alba, se lui non avesse compiuto al meglio la sua missione.
Erik si arrotolò la
corda sotto il braccio e iniziò la sua ascesa alla Torre, come se stesse
scalando una montagna ghiacciata, cosa che era solito fare durante la sua
infanzia e adolescenza in Norvegia, con i suoi fratelli e gli amici. Nessun
altro avrebbe potuto compiere una missione tanto difficile e per questo Sir
Richard Pole si era rivolto proprio a lui, oltre che per il fatto che era il
suo uomo più fedele.
Qualche giorno prima,
mentre scortava Lady Margaret in visita al fratello Edward, Erik aveva iniziato
a camminare con una certa nonchalance,
come se stesse perlustrando il perimetro o qualcosa del genere visto che non
aveva di meglio da fare… ma in realtà stava prendendo mentalmente nota delle
finestre e dei loro eventuali punti deboli che gli avrebbero permesso di
entrare nella prigione. Aveva visto una finestrella che, diversamente dalle
altre, era priva di inferriate, si era avvicinato e l’aveva aperta come per
curiosità: si era accorto che era difettosa, non chiudeva bene e, oltre tutto,
dava sul fossato, a circa trenta piedi di altezza. Nessuno aveva pensato di riparare
la finestra e rimettere le inferriate perché non era pensabile che un
prigioniero, a meno che non fosse affetto da manie suicide, cercasse di fuggire
da lì, si sarebbe spezzato l’osso del collo.
Chiunque altro,
certo, ma non lui, Erik Olsson, che aveva visto in quella finestrella la strada
maestra per penetrare nella prigione e liberare il Principe.
Così l’uomo iniziò a
scalare la Torre dove nessuna delle guardie poteva scorgerlo (e, del resto, chi
mai si sarebbe aspettato che un pazzo si arrampicasse sulla White Tower?) e,
mentre saliva, continuava a pensare a ciò che era accaduto il giorno prima,
l’episodio che aveva scatenato tutto e richiesto l’immediata liberazione di
Edward ad ogni costo. Lady Margaret era stata arrestata e rinchiusa anche lei
in una delle prigioni della Torre, accusata di complotto e tradimento, mentre
la Regina Elizabeth… Erik fremeva di rabbia quando ci pensava, avrebbe voluto
torcerle il collo con le sue stesse mani… la Regina aveva indotto con l’inganno
il Principe a firmare un foglio, che poi era risultato essere una piena
confessione di congiura ai danni di Re Henry VII insieme a Perkin Warbeck, che
dichiarava di essere il fratello sopravvissuto di Elizabeth, Richard. Davanti a
queste presunte prove schiaccianti,
il Re aveva ordinato che Edward e il sedicente Richard fossero giustiziati la
mattina seguente.
Ecco perché Erik era
lì, adesso, a scalare la White Tower con la sola forza delle braccia… e ad ogni
spanna che guadagnava il suo pensiero era solo per Edward, il ragazzo ingenuo e
fiducioso che sarebbe stato decapitato poche ore dopo.
Nella prigione della
Torre tutto taceva: Edward dormiva tranquillo, rannicchiato nel giaciglio che
si era ricavato sotto una delle finestre; Richard (lo chiamerò così d’ora in
poi per amore di semplicità, senza farmi troppi problemi sul fatto che fosse o
no il vero erede al trono!) era sveglio e stava disteso sul letto a fissare il
soffitto. Quando udì un rumore provenire dalla finestrella difettosa balzò in
piedi e, nel tempo che gli occorse per accendere una candela, si trovò davanti
Erik.
“Chi sei? Che cosa
fai qui?” domandò, illuminando l’intruso con la luce debole della candela.
Erik non si scompose
più di tanto.
“Abbassa la voce” gli
intimò. “Non ci sono sentinelle di guardia alla porta, ma non sfidiamo troppo
la fortuna. Sono qui per liberare il Principe Edward e anche te, se lo vorrai,
su ordine di sir Richard Pole.”
Richard rimase
sbigottito.
“Sir Richard ti ha
mandato a liberarci? Perché? E perché proprio ora?” chiese ancora, fissando
l’uomo con sospetto.
“Perché, se non vi
libero stanotte, domattina all’alba sarete entrambi giustiziati” replicò Erik
senza tanti complimenti. Il tono pareva calmo, ma la rabbia che provava
trapelava dai suoi occhi.
“Ne sei certo? Domani
mattina? Ma… cosa è accaduto? E tu che ne sai di tutto questo?”
“La Regina Elizabeth,
ieri, ha estorto con l’inganno una firma al Principe e l’ha mostrata al Re in
calce ad una confessione secondo la quale siete entrambi coinvolti nel complotto
contro di lui. Re Henry non ha potuto far altro che firmare la condanna a morte
per entrambi e lo ha riferito al mio signore, che è protettore di suo figlio
Arthur. Saputo ciò, Sir Richard mi ha immediatamente affidato questa missione,
alla quale stavamo comunque lavorando da tempo” rispose Erik con una voce
gelida che lasciava trasparire tutto il suo odio e disprezzo.
Lo sguardo di
entrambi corse verso il Principe ignaro e addormentato, che non aveva sentito
niente neanche del colloquio fra i due e continuava a dormire pacifico e
sereno, ignorando il terribile inganno di cui era stato vittima.
“E’ stata Elizabeth,
dunque, non il Re… è sempre stata lei… è lei la vera malvagia in tutta questa
faccenda e io mi ero fidato…” mormorò Richard, sconvolto.
“Stanotte rimedieremo
a questo abominio” tagliò corto Erik. “Vuoi svegliare tu il Principe? Non
possiamo attardarci troppo.”
Richard annuì e si
avvicinò al ragazzo, scuotendolo con delicatezza per svegliarlo senza
spaventarlo.
Erik fissava Edward
con intensità, nel suo cuore desiderava soltanto prenderlo in braccio e
portarlo via, il più lontano possibile da quel mondo corrotto e marcio, fatto
di intrighi e crudeltà. Nel frattempo si domandava come fosse cominciato quel
sentimento così insolito e anomalo: era arrivato a trentotto anni senza mai
avere il desiderio di un amore o di una famiglia, legato solo al nobile signore
che gli aveva salvato la vita e poi… poi aveva iniziato a nutrire pensieri
sconvenienti sul giovane Principe prigioniero, ventiquattro anni di età ma…
beh, in parecchi momenti sembrava veramente che gran parte del suo sviluppo
mentale si fosse fermato nel momento traumatico in cui era stato arrestato e
rinchiuso in quella prigione, ormai quattordici anni prima. Eppure era stata
forse quella sua ingenuità, quel suo candore, la capacità di trovare la
felicità nelle piccole cose ad attrarlo. Un ragazzo che aveva trascorso buona
parte dell’infanzia e dell’adolescenza rinchiuso nella Torre continuava a
mostrare fiducia e affetto a chiunque gli si avvicinasse e non aveva mai
perduto la speranza di tornare a casa, un giorno. Non si era incattivito,
depresso, non cercava vendette.
Erik riteneva di
essersi innamorato di lui già la prima volta in cui lo aveva visto, scortando
Lady Margaret a fargli visita. Il sorriso e l’abbraccio con cui aveva accolto
la sorella e poi la solita richiesta Oggi
posso tornare a casa? si erano fissati per sempre nella sua mente e nel suo
cuore.
“Che succede…
Richard, che fai, è ancora buio” mormorò Edward, con il chiaro intento di
voltarsi dall’altra parte e rimettersi a dormire.
“No, senti… devi
svegliarti, c’è qui un uomo, è venuto per liberarci” insisté il giovane.
“Coraggio, alzati, dobbiamo far presto.”
L’idea che qualcuno
fosse venuto per liberarlo bastò a scuotere la coscienza del ragazzo. Ormai ben
sveglio si guardò intorno e si alzò dal giaciglio.
“Adesso? Ma… è notte
fonda!” commentò, sorpreso.
Non c’era tempo di
indorare la pillola e Richard ci stava mettendo troppo. Erik si fece avanti,
ora ben illuminato dalla candela e dalla luce della luna.
“Mi dispiace per il
brusco risveglio, Edward” gli disse, sapendo bene che con lui non occorreva
usare i titoli nobiliari… di cui, peraltro, era stato privato ormai da tempo.
“Devo farti scappare da questa prigione e devo farlo stanotte, non avremo
un’altra possibilità. Il tuo amico può venire con noi. E’ stato Sir Richard a
organizzare tutto.”
“Il marito di
Maggie?” una certa qual consapevolezza iniziava a farsi faticosamente strada
nella mente confusa del povero ragazzo. “Allora posso tornare a casa? Ma perché
di notte? E dov’è Maggie?”
“E’ una lunga storia,
ma la rivedrai presto” rispose Erik. “Adesso, però, devi venire con me. Tutti e
due dovete seguirmi. Ho portato una corda.”
“Ma perché non
possiamo passare dalla porta come fanno tutti?” domandò Edward. Da una parte la
prospettiva di tornare finalmente a casa lo attirava, ma dall’altra tutte
quelle stranezze lo sconcertavano.
“Temo che dovremo
passare dalla finestra, Edward” tentò di spiegare Richard.
“Ah, no, questo
proprio no” protestò il Principe. “Hai idea di quanto siamo in alto? E poi
perché…?”
A dar retta a lui, la
notte sarebbe trascorsa a rispondere a tutte le sue domande. Erik si intromise
e decise di dare una bella scossa al ragazzo per vedere di ottenere una
reazione un tantino più collaborativa. Soffriva all’idea di sconvolgerlo, ma
era necessario per salvargli la vita.
“Sono Erik Olsson,
Capitano delle guardie personali di Sir Richard e Lady Margaret Pole” si
presentò. “Sono venuto qui diverse volte scortando la mia signora e da tempo
stavamo organizzando un piano per portarti via da qui, ma le cose sono
precipitate e dobbiamo farlo stanotte.”
“Io non mi ricordo di
te” fece il ragazzo, fissandolo.
“Lo immagino, ma in
questo momento non ha importanza” lo interruppe Erik. “Ricordi quando ieri tua
cugina Elizabeth è venuta a farti visita e ti ha fatto firmare su un foglio?”
“Ah, sì, Lisa voleva
vedere se sapevo scrivere il mio nome. Mi è sembrata una richiesta assurda, è
ovvio che sappia scrivere il mio nome, no? Però l’ho accontentata visto che
aveva fatto tanta strada solo per quello e poi…”
“E poi quella era una
trappola” tagliò corto Erik. In quel momento la voglia di tagliare lentamente
la gola alla Regina era diventata insostenibile… come aveva potuto approfittare
così vergognosamente dell’ingenuità di quel povero ragazzo? “Ti hanno fatto
firmare un foglio in cui dichiaravi di aver complottato con Richard contro Re
Henry. Ti hanno ingannato e, se non ce ne andiamo subito da qui, domattina
all’alba giustizieranno tutti e due!”
Edward sbarrò gli
occhi.
“Ma… che complotto?
Io non ho mai fatto niente di male! Perché vogliono uccidermi? Io non ho mai… e
Lisa…”
Erik si avvicinò, lo
prese per le spalle cercando di essere più delicato possibile e di parlargli in
tono rassicurante.
“Lo so che non hai
fatto niente di male, ma alla Regina non importa, per lei rappresenti un
pericolo e ti ha fatto passare da traditore per avere la scusa per ucciderti.
Quello che conta, però, è che io non lo permetterò. Ti porterò via da qui, ora,
subito, e ti nasconderò in un luogo sicuro. Sir Richard e tua sorella Margaret
hanno piena fiducia in me e adesso devi averla anche tu” gli disse. “Io ti
giuro che darò anche la vita pur di salvare la tua.”
Il giovane Principe
sembrò calmarsi, anche se continuava a essere confuso. Quell’uomo dunque era
stato inviato da Maggie per salvarlo?
“Ma come… io non posso
scappare da quella finestra… Non ce la farò mai!” mormorò.
“Tu non dovrai fare
niente” lo rassicurò Erik. “Ti porterò io sulle spalle e mi calerò con la
corda. Dovrai solo tenerti forte e, magari, chiudere gli occhi.”
“Io mi calerò con la
corda subito dopo voi due” aggiunse Richard, che aveva il pieno controllo della
situazione.
“Ma… Maggie non c’è?
Come faccio a sapere che è proprio lei che ti manda?” domandò Edward, un ultimo
dubbio prima della scalata, un dubbio non da poco visto che aveva appena saputo
che la cugina lo aveva fatto condannare a morte con l’inganno.
“Tua sorella ti
chiama Teddy, non è così?” fece Erik per tutta risposta.
Il ragazzo annuì
vivacemente e, finalmente rassicurato, sorrise.
“Va bene, andiamo, ce
la posso fare” disse.
Fine prima parte