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Autore: Abby_da_Edoras    05/06/2021    5 recensioni
Questa storia, che si ispira molto liberamente all'ultimo episodio della serie TV "The White Princess", mi è venuta da un sogno, praticamente ho sognato tutta questa vicenda in una notte e non ho potuto fare a meno di scriverla, quindi se vi sembra una follia (come in effetti è!) prendetevela con il mio inconscio! E' la notte della vigilia dell'esecuzione di Edward Plantagenet e Perkin Warbeck (che per me è comunque Richard). I due giovani rinchiusi nella Torre non sanno cosa li aspetta ma... ecco che un uomo riesce a penetrare nella prigione e dichiara di essere lì per liberarli. L'uomo è al servizio di Sir Richard Pole e il suo vero scopo è salvare Teddy per ragioni, diciamo, anche personali, ma entrambi i ragazzi avranno salva la vita grazie a lui. E poi... il mio delirio prosegue, non so ancora per quanti capitoli, grazie a chi vorrà seguirmi!
Non cercate il personaggio di Erik nella serie TV, nel mio sogno è stato "traslato" direttamente da Erik il Rosso di Vikings e nemmeno io so il perché!
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a autori, registi e produttori di The White Princess.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Edward Plantagenet / Teddy, Margaret Pole / Margaret of York
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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SEND ME AN ANGEL

Prima parte

 

Wise man said just raise your hand
And reach out for the spell
Find the door to the promised land
Just believe in yourself
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
The way out of the dark

Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star...

(“Send me an angel” – Scorpions)

 

Era giunto il momento atteso e temuto. Erik Olsson sapeva di dover agire quella notte o non avrebbe avuto altre possibilità. Sarebbe dovuto essere lesto, invisibile, ardito, forte… e convincente, pure. Non era da tutti scalare la Torre di Londra con lo scopo di liberare un prigioniero illustre, ma lui era nato vichingo e riteneva che nulla fosse impossibile… oltre tutto, aveva ricevuto ordini precisi dal suo signore, Sir Richard Pole, e in modo particolare da sua moglie Margaret.

E, come se tutto ciò non bastasse, lui stesso provava un affetto intenso che non aveva fatto che crescere in quei mesi in cui aveva accompagnato Lady Margaret a far visita al fratello minore rinchiuso in quella Torre. Sapeva che era assurdo, impossibile, sbagliato anche, ma non riusciva a smettere di pensare al Principe Edward e, ad ogni modo, niente poteva essere tanto assurdo e sbagliato quanto ciò che avevano fatto a lui e ciò che gli avrebbero fatto il mattino seguente, all’alba, se lui non avesse compiuto al meglio la sua missione.

Erik si arrotolò la corda sotto il braccio e iniziò la sua ascesa alla Torre, come se stesse scalando una montagna ghiacciata, cosa che era solito fare durante la sua infanzia e adolescenza in Norvegia, con i suoi fratelli e gli amici. Nessun altro avrebbe potuto compiere una missione tanto difficile e per questo Sir Richard Pole si era rivolto proprio a lui, oltre che per il fatto che era il suo uomo più fedele.

Qualche giorno prima, mentre scortava Lady Margaret in visita al fratello Edward, Erik aveva iniziato a camminare con una certa nonchalance, come se stesse perlustrando il perimetro o qualcosa del genere visto che non aveva di meglio da fare… ma in realtà stava prendendo mentalmente nota delle finestre e dei loro eventuali punti deboli che gli avrebbero permesso di entrare nella prigione. Aveva visto una finestrella che, diversamente dalle altre, era priva di inferriate, si era avvicinato e l’aveva aperta come per curiosità: si era accorto che era difettosa, non chiudeva bene e, oltre tutto, dava sul fossato, a circa trenta piedi di altezza. Nessuno aveva pensato di riparare la finestra e rimettere le inferriate perché non era pensabile che un prigioniero, a meno che non fosse affetto da manie suicide, cercasse di fuggire da lì, si sarebbe spezzato l’osso del collo.

Chiunque altro, certo, ma non lui, Erik Olsson, che aveva visto in quella finestrella la strada maestra per penetrare nella prigione e liberare il Principe.

Così l’uomo iniziò a scalare la Torre dove nessuna delle guardie poteva scorgerlo (e, del resto, chi mai si sarebbe aspettato che un pazzo si arrampicasse sulla White Tower?) e, mentre saliva, continuava a pensare a ciò che era accaduto il giorno prima, l’episodio che aveva scatenato tutto e richiesto l’immediata liberazione di Edward ad ogni costo. Lady Margaret era stata arrestata e rinchiusa anche lei in una delle prigioni della Torre, accusata di complotto e tradimento, mentre la Regina Elizabeth… Erik fremeva di rabbia quando ci pensava, avrebbe voluto torcerle il collo con le sue stesse mani… la Regina aveva indotto con l’inganno il Principe a firmare un foglio, che poi era risultato essere una piena confessione di congiura ai danni di Re Henry VII insieme a Perkin Warbeck, che dichiarava di essere il fratello sopravvissuto di Elizabeth, Richard. Davanti a queste presunte prove schiaccianti, il Re aveva ordinato che Edward e il sedicente Richard fossero giustiziati la mattina seguente.

Ecco perché Erik era lì, adesso, a scalare la White Tower con la sola forza delle braccia… e ad ogni spanna che guadagnava il suo pensiero era solo per Edward, il ragazzo ingenuo e fiducioso che sarebbe stato decapitato poche ore dopo.

Nella prigione della Torre tutto taceva: Edward dormiva tranquillo, rannicchiato nel giaciglio che si era ricavato sotto una delle finestre; Richard (lo chiamerò così d’ora in poi per amore di semplicità, senza farmi troppi problemi sul fatto che fosse o no il vero erede al trono!) era sveglio e stava disteso sul letto a fissare il soffitto. Quando udì un rumore provenire dalla finestrella difettosa balzò in piedi e, nel tempo che gli occorse per accendere una candela, si trovò davanti Erik.

“Chi sei? Che cosa fai qui?” domandò, illuminando l’intruso con la luce debole della candela.

Erik non si scompose più di tanto.

“Abbassa la voce” gli intimò. “Non ci sono sentinelle di guardia alla porta, ma non sfidiamo troppo la fortuna. Sono qui per liberare il Principe Edward e anche te, se lo vorrai, su ordine di sir Richard Pole.”

Richard rimase sbigottito.

“Sir Richard ti ha mandato a liberarci? Perché? E perché proprio ora?” chiese ancora, fissando l’uomo con sospetto.

“Perché, se non vi libero stanotte, domattina all’alba sarete entrambi giustiziati” replicò Erik senza tanti complimenti. Il tono pareva calmo, ma la rabbia che provava trapelava dai suoi occhi.

“Ne sei certo? Domani mattina? Ma… cosa è accaduto? E tu che ne sai di tutto questo?”

“La Regina Elizabeth, ieri, ha estorto con l’inganno una firma al Principe e l’ha mostrata al Re in calce ad una confessione secondo la quale siete entrambi coinvolti nel complotto contro di lui. Re Henry non ha potuto far altro che firmare la condanna a morte per entrambi e lo ha riferito al mio signore, che è protettore di suo figlio Arthur. Saputo ciò, Sir Richard mi ha immediatamente affidato questa missione, alla quale stavamo comunque lavorando da tempo” rispose Erik con una voce gelida che lasciava trasparire tutto il suo odio e disprezzo.

Lo sguardo di entrambi corse verso il Principe ignaro e addormentato, che non aveva sentito niente neanche del colloquio fra i due e continuava a dormire pacifico e sereno, ignorando il terribile inganno di cui era stato vittima.

“E’ stata Elizabeth, dunque, non il Re… è sempre stata lei… è lei la vera malvagia in tutta questa faccenda e io mi ero fidato…” mormorò Richard, sconvolto.

“Stanotte rimedieremo a questo abominio” tagliò corto Erik. “Vuoi svegliare tu il Principe? Non possiamo attardarci troppo.”

Richard annuì e si avvicinò al ragazzo, scuotendolo con delicatezza per svegliarlo senza spaventarlo.

Erik fissava Edward con intensità, nel suo cuore desiderava soltanto prenderlo in braccio e portarlo via, il più lontano possibile da quel mondo corrotto e marcio, fatto di intrighi e crudeltà. Nel frattempo si domandava come fosse cominciato quel sentimento così insolito e anomalo: era arrivato a trentotto anni senza mai avere il desiderio di un amore o di una famiglia, legato solo al nobile signore che gli aveva salvato la vita e poi… poi aveva iniziato a nutrire pensieri sconvenienti sul giovane Principe prigioniero, ventiquattro anni di età ma… beh, in parecchi momenti sembrava veramente che gran parte del suo sviluppo mentale si fosse fermato nel momento traumatico in cui era stato arrestato e rinchiuso in quella prigione, ormai quattordici anni prima. Eppure era stata forse quella sua ingenuità, quel suo candore, la capacità di trovare la felicità nelle piccole cose ad attrarlo. Un ragazzo che aveva trascorso buona parte dell’infanzia e dell’adolescenza rinchiuso nella Torre continuava a mostrare fiducia e affetto a chiunque gli si avvicinasse e non aveva mai perduto la speranza di tornare a casa, un giorno. Non si era incattivito, depresso, non cercava vendette.

Erik riteneva di essersi innamorato di lui già la prima volta in cui lo aveva visto, scortando Lady Margaret a fargli visita. Il sorriso e l’abbraccio con cui aveva accolto la sorella e poi la solita richiesta Oggi posso tornare a casa? si erano fissati per sempre nella sua mente e nel suo cuore.

“Che succede… Richard, che fai, è ancora buio” mormorò Edward, con il chiaro intento di voltarsi dall’altra parte e rimettersi a dormire.

“No, senti… devi svegliarti, c’è qui un uomo, è venuto per liberarci” insisté il giovane. “Coraggio, alzati, dobbiamo far presto.”

L’idea che qualcuno fosse venuto per liberarlo bastò a scuotere la coscienza del ragazzo. Ormai ben sveglio si guardò intorno e si alzò dal giaciglio.

“Adesso? Ma… è notte fonda!” commentò, sorpreso.

Non c’era tempo di indorare la pillola e Richard ci stava mettendo troppo. Erik si fece avanti, ora ben illuminato dalla candela e dalla luce della luna.

“Mi dispiace per il brusco risveglio, Edward” gli disse, sapendo bene che con lui non occorreva usare i titoli nobiliari… di cui, peraltro, era stato privato ormai da tempo. “Devo farti scappare da questa prigione e devo farlo stanotte, non avremo un’altra possibilità. Il tuo amico può venire con noi. E’ stato Sir Richard a organizzare tutto.”

“Il marito di Maggie?” una certa qual consapevolezza iniziava a farsi faticosamente strada nella mente confusa del povero ragazzo. “Allora posso tornare a casa? Ma perché di notte? E dov’è Maggie?”

“E’ una lunga storia, ma la rivedrai presto” rispose Erik. “Adesso, però, devi venire con me. Tutti e due dovete seguirmi. Ho portato una corda.”

“Ma perché non possiamo passare dalla porta come fanno tutti?” domandò Edward. Da una parte la prospettiva di tornare finalmente a casa lo attirava, ma dall’altra tutte quelle stranezze lo sconcertavano.

“Temo che dovremo passare dalla finestra, Edward” tentò di spiegare Richard.

“Ah, no, questo proprio no” protestò il Principe. “Hai idea di quanto siamo in alto? E poi perché…?”

A dar retta a lui, la notte sarebbe trascorsa a rispondere a tutte le sue domande. Erik si intromise e decise di dare una bella scossa al ragazzo per vedere di ottenere una reazione un tantino più collaborativa. Soffriva all’idea di sconvolgerlo, ma era necessario per salvargli la vita.

“Sono Erik Olsson, Capitano delle guardie personali di Sir Richard e Lady Margaret Pole” si presentò. “Sono venuto qui diverse volte scortando la mia signora e da tempo stavamo organizzando un piano per portarti via da qui, ma le cose sono precipitate e dobbiamo farlo stanotte.”

“Io non mi ricordo di te” fece il ragazzo, fissandolo.

“Lo immagino, ma in questo momento non ha importanza” lo interruppe Erik. “Ricordi quando ieri tua cugina Elizabeth è venuta a farti visita e ti ha fatto firmare su un foglio?”

“Ah, sì, Lisa voleva vedere se sapevo scrivere il mio nome. Mi è sembrata una richiesta assurda, è ovvio che sappia scrivere il mio nome, no? Però l’ho accontentata visto che aveva fatto tanta strada solo per quello e poi…”

“E poi quella era una trappola” tagliò corto Erik. In quel momento la voglia di tagliare lentamente la gola alla Regina era diventata insostenibile… come aveva potuto approfittare così vergognosamente dell’ingenuità di quel povero ragazzo? “Ti hanno fatto firmare un foglio in cui dichiaravi di aver complottato con Richard contro Re Henry. Ti hanno ingannato e, se non ce ne andiamo subito da qui, domattina all’alba giustizieranno tutti e due!”

Edward sbarrò gli occhi.

“Ma… che complotto? Io non ho mai fatto niente di male! Perché vogliono uccidermi? Io non ho mai… e Lisa…”

Erik si avvicinò, lo prese per le spalle cercando di essere più delicato possibile e di parlargli in tono rassicurante.

“Lo so che non hai fatto niente di male, ma alla Regina non importa, per lei rappresenti un pericolo e ti ha fatto passare da traditore per avere la scusa per ucciderti. Quello che conta, però, è che io non lo permetterò. Ti porterò via da qui, ora, subito, e ti nasconderò in un luogo sicuro. Sir Richard e tua sorella Margaret hanno piena fiducia in me e adesso devi averla anche tu” gli disse. “Io ti giuro che darò anche la vita pur di salvare la tua.”

Il giovane Principe sembrò calmarsi, anche se continuava a essere confuso. Quell’uomo dunque era stato inviato da Maggie per salvarlo?

“Ma come… io non posso scappare da quella finestra… Non ce la farò mai!” mormorò.

“Tu non dovrai fare niente” lo rassicurò Erik. “Ti porterò io sulle spalle e mi calerò con la corda. Dovrai solo tenerti forte e, magari, chiudere gli occhi.”

“Io mi calerò con la corda subito dopo voi due” aggiunse Richard, che aveva il pieno controllo della situazione.

“Ma… Maggie non c’è? Come faccio a sapere che è proprio lei che ti manda?” domandò Edward, un ultimo dubbio prima della scalata, un dubbio non da poco visto che aveva appena saputo che la cugina lo aveva fatto condannare a morte con l’inganno.

“Tua sorella ti chiama Teddy, non è così?” fece Erik per tutta risposta.

Il ragazzo annuì vivacemente e, finalmente rassicurato, sorrise.

“Va bene, andiamo, ce la posso fare” disse.

Fine prima parte

 

 

 

 

 

 

   
 
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