Giochi di Ruolo > Altro
Segui la storia  |       
Autore: Reginafenice    05/06/2021    0 recensioni
[La fantastica signora Maisel]
Midge conosceva piuttosto bene il senso di sfiducia nei confronti delle altre persone che ora provava Shy. Anzi, la sua esperienza le aveva insegnato che purtroppo erano di solito le persone più care a compiere i peggiori atti di tradimento… Eppure, nemmeno una volta da quando Joel l’aveva lasciata aveva pensato che sarebbe potuto capitare a lei di sedersi dalla parte dell’imputato, di mancare così sensibilmente di delicatezza nei confronti di un amico a cui voleva bene davvero. Forse, tutto questo l’avrebbe portata a giudicare con maggiore clemenza gli errori commessi dal suo ex marito, scoprendosi sorprendentemente molto più fragile e imperfetta di quanto non si fosse mai reputata in vita sua.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Per raggiungere il piano in cui si trovava l’appartamento di Lenny dovettero rinunciare alle scale. Uno strettissimo ascensore, in grado di amplificare in maniera rilevante il caldo di una serata che andava progressivamente trasformandosi in una notte incandescente, condusse loro sul pianerottolo fiocamente illuminato da una lampada capricciosa.

“Eccoci arrivati.”

“Infilare la chiave nella serratura sarà un’impresa! Oh, no, non era un allusione erotica, anche se potrebbe sembrare. In effetti lo è, ma non era mia intenzione alludere a nulla di sconcio, credimi.” Midge divenne paonazza e gesticolò piuttosto animatamente, cercando di discolparsi.

Lenny non riuscì a sopprimere un ghigno divertito, “Ho ascoltato e detto cose ben peggiori di questa! Tranquilla.”

“Anch’io, in realtà. Grazie per aver cercato di salvarmi dall’imbarazzo.” Si avvicinò al portone suggeritole, appoggiandosi al muro in attesa che Lenny aprisse, con la mente presente ma anche un po' lontana, “Hai anche tu una strana sensazione di déjà-vu?” Chiese, con un sorriso sulle labbra.

“Già. Ma questa volta è diverso.”

“Già…”

Con la chiave ancora nella serratura, Lenny le si avvicinò. La guardò intensamente, con gli occhi più espressivi che Midge gli avesse mai visto. Gli era perfettamente chiaro ciò che provava per lei: sentimenti fuori dal comune che partivano da dentro e che avevano assunto una forma ancora più definita nel corso degli anni. D’altronde, era lo stesso per Midge.

Non si trattava di mera gratitudine, di complicità o di stima, bensì di tutto questo e tanto altro ancora. Lenny provava affetto e tenerezza per lei, desiderava il meglio per la sua carriera e persino la sua muta presenza bastava a disgelarlo quando si ritrovava in luoghi troppo freddi e oscuri, come un angelo salvifico pronto a risollevarlo o a proteggerlo dalla pioggia.

“Non sarà suggestivo come allora, ma sono abbastanza convinto che non siano i posti a creare l’atmosfera.”

Midge alzò le spalle e annuì distrattamente, fingendo di dare poca importanza a quella frase ma senza sperare di risultare credibile. Appena aperta la porta e oltrepassato l’uscio, il suo cuore prese a battere più veloce del solito e temette che Lenny potesse accorgersene. Perciò, si allontanò da lui e percorse in tutta fretta il corridoio che portava alla zona living, ignorando completamente la confusione generata in Lenny.

Quell’appartamento aveva impressa la firma del suo proprietario, così come il gradevolissimo profumo che Midge associava a lui e a lui soltanto.

Si accorse di sapersi orientare ammirevolmente al buio anche in una casa che non conosceva, ma doveva ammettere che l’impeto della fuga aveva giocato un ruolo non secondario nel coordinare i suoi passi. Così, si ritrovò nella camera di Lenny, seduta sul suo letto disfatto, con la pochette ancora tra le mani e i pensieri più confusi che mai.

Lenny si presentò con una smorfia di stupore misto a dolcezza e attese all’ingresso, ricordandosi di accendere le luci solo dopo che i suoi occhi si erano già abituati al buio e riuscivano a contemplare Midge anche senza l’aiuto dell’energia elettrica.

“Non voglio che tu senta il bisogno di fuggire da me, Midge.”

“Starti accanto mi provoca delle sensazioni che non riesco a controllare.”

Lenny si morse il labbro superiore, “E cosa potrebbe accadere di così terribile se le lasciassi scorrere?”

“Beh, potrei sbagliare. Rovinare la nostra meravigliosa amicizia e finire col deluderti o, peggio, perderti. Nella vita ho programmato tutto, ho fatto sì che tutto fosse perfettamente in regola, fino a quando il mio matrimonio non è fallito. Allora ho capito di dover fare i conti anche con gli imprevisti, persino con quelli davvero spiacevoli, e non voglio che la nostra relazione finisca tra quelli.”

Midge si voltò per guardarlo, ma appena finito il suo discorso si accorse che Lenny era scomparso all’improvviso.

“Ma... dove diavolo sei finito?” Midge si alzò e spiò oltre la soglia della camera da letto. Il suono, lievemente attutito dalla distanza, della voce di Lenny la raggiunse dopo un attimo.

“Vado a onorare la mia promessa.”

E, infatti, tornò con due bottiglie di birra congelate. Una volta offertane una alla sua ospite, si fece consegnare la borsetta e la posò delicatamente su uno dei comodini. Poi, con la massima naturalezza invitò Midge a sedersi accanto a lui sul soffice materasso, cosparso di matite e fogli da colorare. Assaporarono la birra in assoluto silenzio.

“Sai, è buffo sentirti parlare così. Credevo ti fossi liberata di quegli inutili fardelli e avessi accettato le distorsioni, i paradossi della vita come elementi costitutivi della bellezza della vita stessa. Senza gli errori che cosa saremmo? La vita non è perfetta, Midge.”

“Da quando saresti così saggio?” Indicò i pastelli e il quaderno con le pagine strappate, ribadendo il sarcasmo implicito nella domanda.

Lenny sorrise, “In fondo lo sono sempre stato, no? Altrimenti perché la gente pagherebbe per ascoltarmi parlare?”

Finse di rifletterci un po' su, “Giusto.”

In realtà, non tardò molto affinché Midge si ritrovasse soprappensiero, incantata a guardare un punto indefinito dell’angolo della bocca di Lenny, riflettendo su quanto si sentisse stupida e superficiale. A Lenny non sarebbe mai venuto in mente di nascondersi dietro la figura di un suo amico per salvarsi la pelle, sbattendo in faccia a un centinaio di persone la delicata verità di una vita costruita su impalcature di menzogne, necessarie a tenere in piedi il gioco da cui dipendevano anche le vite di tanti altri.

Lenny si rese conto della sua preoccupazione e le prese la mano, stringendola forte nella sua. Era un gesto estremamente tenero e insieme eccitante, che comunicava un forte senso di protezione.

“Non avresti dovuto farmi un resoconto delle ultime novità? Perché Shy ti ha dato forfait all’ultimo minuto?”

Midge fece un respiro profondo e gli raccontò la verità, in tutta la sua spietata franchezza.

“Lo so, ora avrai una pessima opinione su di me e non posso rimproverartelo. D’altronde, sono colpevole in tutto e per tutto.” Si batté, afflitta, una mano sul petto.

“E invece ti sbagli. La corte ti ha assolta, figliola. Va pure in pace...” Lenny imitò il tono paternalistico di un sacerdote, per poi aggiungere sarcasticamente, “Per quello che vale!”

Midge reagì increspando le labbra in segno di malinconico compiacimento, “Ho afferrato il messaggio, ma non pensi che abbia esagerato?”

Lenny scosse la testa, “Con tutto il rispetto che nutro per te, credo che questa sia solo la prima delle tante lezioni che imparerai facendo il nostro mestiere. La voce della nostra coscienza è amplificata dall’allungamento automatico del nostro braccio sul palcoscenico, in modo che gli altri la possano sentire.”

“Non parlerei mai di te sul palco. Mai.” Asserì con una gravità del tutto estranea alla solita Midge, come se Lenny l’avesse offesa.

“E perché mai? Dai, Midge! Ti ho sentita dissacrare persino tuo marito quella sera al Gaslight, senza farti tanti problemi e, credimi, va bene così.” Giocherellò con la bottiglia di birra, evitando accuratamente il suo sguardo. Di cosa aveva paura? Forse temeva di leggere tra le righe un significato più profondo e di interpretare secondo le sue aspettative il senso delle parole di Midge.

“È diverso. In questo caso non c’è niente di divertente su cui scherzare. Sai, dentro di me c’è un posticino con su scritto “Lenny” e l’accesso a quell’angolo della mia anima è vietato agli estranei.”

“Strano che due comici non sappiano fare ridere l’uno dell’altra! Potrebbe non esserci materiale a sufficienza, però, il che giustificherebbe il paradosso.”

“Hai detto che i paradossi fanno parte della vita. Forse è arrivato il tempo di smetterla di ignorarli.”

Midge si tolse le scarpe e si adagiò delicatamente su di un lato del letto. Chiuse gli occhi, aspettando che fosse Lenny a sbloccare la situazione, infine tese la mano e lasciò che questa cadesse sull’altro lato del letto. Diede qualche colpetto invitante al materasso, aprendo un occhio per monitorare la reazione di Lenny. Dopo aver parlato con lui, si sentiva leggera come lo zucchero filato sul bastoncino di legno in una domenica di primavera, e ora la consapevolezza del giusto peso da attribuire all’errore commesso con Shy sembrava una tirata d’ossigeno dopo un’apnea durata mesi.

Ogni persona facente parte della vita di Midge pretendeva il rispetto della sua privacy, quindi nessun coinvolgimento nel suo lavoro, imponendole così un forte limite alla creatività. Lenny, invece, le garantiva una libertà senza riserve, tanto che il rischio di andare fuori dalle righe o di intraprendere una strada mentale secondaria diventava più allettante che percorrere la terra già battuta, nel chiuso di un locale quanto nella vastità del mondo.

Adesso Lenny si era rivolto verso di lei. Gli sfuggì un piccolo sorriso in grado di illuminargli l’intero volto, “Pensavo che quando ti fossi decisa a provarci sarebbe stato troppo tardi.”

“L’ho capito solo ora, anche se lo presumevo già da un po'.”

Lenny la raggiunse, sdraiandosi al suo fianco. Con la testa appoggiata sul palmo di una mano, non riusciva a smettere di guardarla, meravigliandosi continuamente della fortuna che aveva avuto ad essere arrestato la stessa notte di Midge. Erano passati tre anni da allora.

“Vorrei che me lo dicessi.” Midge si sistemò su un fianco, senza interrompere, nemmeno per un secondo, il contatto visivo con lui.

Lenny inarcò le sopracciglia, con un’espressione incerta sul volto.

“Che ti sei innamorato.” Rispose Midge al posto suo. Non aveva più alcun senso continuare ad essere ambigui.

“Suona meglio detto da te.” Replicò in maniera estremamente seducente, quasi un sussurro impercettibile all’udito.

Midge si avvicinò e gli baciò l’angolo della bocca. Lenny le tolse un orecchino e le accarezzò il lobo scoperto. Non erano mai stati così vicini.

“Ti va di scommettere?” La esortò con uno sguardo eloquente ma tacendo sull’argomento della sfida. Lo spirito competitivo di Midge non tardò a palesarsi e, dopo nemmeno un minuto, si tradusse in un impulsivo sì.

“Scommetto di riuscire a resisterti almeno fino a domani mattina. Buona notte, signor Bruce!”

Tutto ad un tratto si sollevò dal letto e afferrò la borsetta, facendo in modo di non perdere l’equilibrio mentre si rinfilava le scarpe, una dopo l’altra nel corridoio. Sentiva Lenny camminare con tutta calma dietro di lei.

“Grazie della fiducia! Avresti potuto rimanere a letto anziché prenderti il disturbo di accompagnarmi sino alla porta…” Disse con una punta di risentimento nella voce.

“Speravo che nel tragitto cambiassi idea. E comunque dovresti ricordare che il signor Bruce è mia madre.” La raggiunse sulla soglia della porta, con sguardo divertito ma anche un po' deluso.

“Spiritoso!” Posò la mano sulla maniglia, pronta ad aprire il portone. Lenny la guardò allontanarsi verso il pianerottolo per raggiungere l’ascensore. Midge era un caldo uragano a cui non si poteva impedire di stravolgere, con la sua dirompenza, quanto si trovava di fronte, ma era anche una persona ferita nel suo affetto più profondo, disillusa sull’amore e bisognosa di ricredersi.

Entrambi appartenevano alla medesima categoria, solo che tra i due era Midge quella apparentemente più cauta. Lenny, dal canto suo, avrebbe sempre rispettato qualsiasi scelta lei avesse fatto. In quel momento, Midge stava scappando di nuovo, intimorita dalla tangibilità dei suoi sentimenti e dalla possibilità che tutto ciò fosse troppo reale da gestire per una come lei. Quanto avrebbe dato per poterla vedere serena e sorridente, come era apparsa a Miami, quando si era presentata l’occasione in cui entrambi risultavano sincronizzati sull’orologio giusto.

“Ci sarai domani? Oppure si tratta solo di un altro scherzo?” La voce di Lenny si era ridotta a un mormorio, mentre le sue mani erano occupate a trattenere l’orecchino di Midge, come se nel dolore provasse giovamento a lambire una parte di lei. Midge notò che non la guardava più negli occhi e che aveva assunto l’atteggiamento di un cucciolo indifeso, sebbene si sforzasse di non darlo a vedere.

“A patto che tu ci sia per sempre.” Ora Midge si trovava nell’ascensore e lo guardava con estrema serietà dalle sbarre del cancelletto esterno. A quella affermazione Lenny alzò la testa e le si avvicinò con gli occhi lucidi.

“Ogni volta che vorrai.”

Midge annuì: quello era il massimo che poteva promettere Lenny, ma per lei significava tutto. Allungò un dito oltre le sbarre, facendogli segno di andarle ancora più vicino. Poi, appoggiò una mano sul suo petto e lo baciò calorosamente sulle labbra.

Dall’esterno provenivano suoni di musica jazz, trasportati dalle onde sonore da chissà quale locale, e ciò funse da suggestivo sottofondo alla scena. Lenny ne approfittò per staccarsi dolcemente dalla sua bocca, così poté notare il rossore sulle gote di Midge.

“Sei in imbarazzo per caso?”

“Non esserne sorpreso. Non capita tutti i giorni di baciare Lenny Bruce! Sai, sei un uomo molto corteggiato.”

Lenny scrollò le spalle e assunse un’aria modesta, “Mi stupisce che sia proprio tu a dirlo. Comunque, non vorrei infierire ma hai appena perso la tua scommessa.”

Midge diede il comando di apertura e uscì dall’ascensore appropinquandosi graziosamente verso l’ingresso dell’appartamento. Prima di entrare si voltò oltre la spalla per dare un’occhiata ammiccante a Lenny, “Dovrai farti perdonare…”

Lenny la seguì ponendole un braccio attorno alle spalle, ben lieto di passare il resto della notte facendo ammenda insieme a lei.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Altro / Vai alla pagina dell'autore: Reginafenice