Un soldato alto e robusto, con corti capelli neri e occhi del medesimo colore, in groppa ad un cavallo normanno dal pelo color mogano, si avvicinò a Victor. – Comandante, vi sentite bene? Siete molto pallido. E’ da giorni che non vi concedete alcun riposo. – chiese l’uomo con sollecitudine. Victor, colto di sorpresa, sussultò, poi girò la testa e i suoi occhi chiari si fissarono nelle iridi nere del suo interlocutore. Un leggero sorriso sollevò le sue labbra. In quel momento, quel lieve sforzo gli pareva una fatica erculea, ma non poteva sottrarsi a tale imperativo. Doveva mostrarsi forte e risoluto, per non caricare i suoi soldati di ulteriori pesi. – Sto bene, non preoccupatevi capitano de Marine. Almeno fisicamente.– rispose il comandante con voce apparentemente pacata. – Cosa intendete dire? – chiese perplesso l’altro. Victor sospirò. – Non so come dirigere le nostre forze. I gruppi di ribelli pullulano e scoppiano tumulti da ogni parte. Così noi non possiamo mantenere l’ordine nella città. – confessò, sconfortato. Parlare di una parte della sua pena gli aveva permesso di stare meglio, seppur per poco tempo. Ma le altre cause del suo malessere restavano. La sua angoscia non era solo legata alla situazione incandescente del suo paese. I membri del popolo erano divorati da una ardente sete di vendetta verso la nobiltà e il clero e guardavano con manifesto disprezzo alla Guardia Reale, ritenendola al servizio di un ordine ingiusto e corrotto. E, malgrado le sue origini, non poteva dare loro torto. Di quante viltà la nobiltà e il clero francese si era reso colpevole nei confronti del Terzo Stato? E lui non era sicuro di essere immune da colpe, personali e storiche. L’ultimo incontro con Oscar aveva squarciato con violenza un velo di menzogne e inganni che per tanti, troppi anni aveva occultato la realtà ai suoi occhi. La nobiltà era una classe degenerata, che, dai tempi di Luigi XIV, si nutriva del sangue e delle ricchezze dei francesi. Ma, malgrado questo, non riusciva a prendere una decisione definitiva e viveva come una marionetta. Il capitano tacque. Sì, il loro comandante aveva ragione. La calma che, in quel momento, regnava su Parigi era artefatta e prossima a infrangersi e i facinorosi erano pronti a tutto pur di portare scompiglio. – Comandante, non preoccupatevi e cerchiamo di risolvere un problema alla volta. E non dimenticate una cosa: noi saremo sempre al vostro fianco. – dichiarò, solenne, il colosso. – Avete ragione. E vi sono assai grato per le vostre parole. – rispose Victor, gli occhi lucidi. Eduard de Marine, malgrado le sue origini, era dotato d'un cuore semplice e nobile e credeva che tutto si sarebbe risolto senza alcun mutamento. E questa ingenuità era pericolosa, perché conduceva a errori di valutazione assai gravi. Altri focolai di rivolta presto sarebbero esplosi. E non era sicuro di riuscire a svolgere il suo compito. Ma perché mi preoccupo così tanto?, pensò. Forse, se fosse scoppiato un qualsiasi tumulto, avrebbe avuto la possibilità di combattere e di dimenticare, anche se per poco tempo, le sue angosce. E, nel caso per lui più lieto, sarebbe morto e quei pensieri, finalmente, si sarebbero dissolti, come un miraggio in un arroventato deserto.
Ad un tratto, dei rumori di spari e delle urla di terrore infransero il silenzio. – Comandante, cosa facciamo? – chiese un soldato. Victor, per alcuni istanti, esitò, poi un sorriso enigmatico sollevò le sue labbra. Sì, in quel momento, sapeva quale fosse il fine della sua esistenza. I suoi soldati contavano sulla sua guida. – Soldati della Guardia Reale, seguitemi! – ordinò poi e, con un colpo deciso dei talloni, spronò il cavallo. L’animale emise un lungo nitrito, poi si lanciò in un veloce galoppo, presto seguito dagli altri soldati. – Finalmente... – mormorò Victor, i lunghi capelli castani scarmigliati. Il suo desiderio era stato esaudito. Per un po’, nella furia di un combattimento, avrebbe dimenticato quell’angoscia dilaniante. E, forse, la morte avrebbe posto fine a quel tormento che sembrava non avere termine.
Un po’ di tempo dopo, i soldati della Guardia Reale raggiunsero il Pont Neuf. Decine di uomini, vestiti di abiti neri, brandivano dei bastoni, delle vanghe e delle baionette, si stringevano come una tenaglia attorno ad una carrozza bianca, guidata da due cavali. Questa, sottoposta a continue sollecitazioni, oscillava pericolosamente con ripetuti scricchiolii e pareva prossima a cadere nelle acque cupe della Senna, che scorrevano, calme e indifferenti, sotto l’antico ponte. – Sparate! – ordinò con voce decisa Victor. I soldati, solerti, si misero in posizione. Caricarono. Qualche istante dopo, risuonò lo scoppiettio dei fucili. I popolani, sentendo quella voce stentorea, si girarono, abbandonando la carrozza. Il cocchiere, approfittando della distrazione degli assalitori, frustò i due cavalli. Fulminei, gli animali si lanciarono al galoppo e la carrozza si allontanò nella notte.
Per alcuni istanti, i popolani e i soldati della Guardia Reale rimasero immobili, simili a due predatori immobili, in attesa di un movimento dell’avversario. – Guardate, i cani da guardia della nobiltà! – ringhiò un uomo di alta statura, gli occhi brucianti di rabbia, e strinse tra le mani un falcetto. – Addosso! – tuonò un altro e, reggendo una vanga, si lanciò contro i soldati della Guardia Reale. Come un’onda, i popolani si precipitarono sui soldati della Guardia Reale, le gole tese e le bocche spalancate in grida feroci, belluine, selvagge. Certo, quei bastardi avevano il vantaggio dei cavalli, ma non si sarebbero lasciati sfuggire una tale occasione. Finalmente, avrebbero potuto vendicare i loro cari, consumati dalla miseria e dalla fame. Anche i soldati della Guardia Reale erano stati mantenuti dalle loro tasse e, in quel momento, avevano l’occasione di dare loro una lezione che mai avrebbero dimenticato. E, anche se loro fossero morti, altri avrebbero preso il loro posto per compiere la loro missione. La nobiltà, divoratrice delle loro risorse, doveva scomparire e lasciare il posto al Terzo Stato, che lavorava per il bene del paese. Il ponte risuonò di urla di dolore, di rabbia e di vittoria. Presto, si riempì di cadaveri sanguinolenti e di corpi agonizzanti, da cui si levavano flebili lamenti, che si spegnevano. Victor, con fulminea precisione, guidava il cavallo e affondava la sciabola nei corpi dei suoi avversari, che, privi di forza, si afflosciavano sulla strada, come sacchi vuoti. – Maledizione... Così non va... – mormorò. Il sangue nemico gli colpiva la faccia e la divisa e avvertiva la stanchezza intorpidire il suo braccio destro, eppure i suoi avversari sembravano sorgere dalla terra. Animati da un odio bruciante, non si arrendevano al loro superiore addestramento, e, come bestie eccitate dall’odore del sangue, attaccavano, incuranti dei loro compagni morenti. I suoi uomini riuscivano a tenere testa a quella massa disordinata, ma non erano in grado di riportare la situazione alla normalità. A stento trattenne un’imprecazione, mentre affondava il ferro nel collo di un altro avversario. Quella sensazione non scemava, malgrado il suo feroce impegno nel combattimento, e saliva alla sua bocca, come un acido. Ad un tratto, un forcone, con una traiettoria curva, simile a quella di un giavellotto, attraversò l'aria e, con un tonfo, si piantò in profondità nella schiena del giovane. Victor si irrigidì. Spalancò gli occhi. Il dolore si irradiò lungo tutto il suo corpo. Il sangue, d'impeto, esondò dalla bocca e dalla schiena di lui, inzuppando la casacca celeste chiaro. La sciabola, priva d’una mano ferma, cadde con un secco tintinnio al suolo. Il giovane, con uno sforzo supremo, tentò di stringere le redini, ma la debolezza lo sopraffece e il suo corpo si accasciò sul collo del cavallo. Un lieve ronzio giunse alle sue orecchie e i suoi occhi, ormai spenti, si chiusero, sopraffatti da una forza irresistibile. L’animale, quasi avvertisse la mancanza di una guida salda, si sollevò prima sulle zampe posteriori, poi su quelle anteriori. Il corpo dell’ufficiale, ormai privo di vita, cadde dalla cavalcatura e precipitò nelle cupe acque della Senna.
Come
prestavolto umano di Victor Clement de Girodel ho scelto questo
splendido
modello: