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Autore: Keeper of Memories    07/06/2021    1 recensioni
[Possibili spoiler]
Raccolta di Oneshot su vari personaggi di Genshin Impact, alcune richieste altre scritte in una manciata di ore, seguendo l'ispirazione.
The world is full of lost ballads just waiting to be rediscovered!
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Genere: angst, fluff
Tipo di coppia: shonen-ai
Personaggi: Diluc, Kaeya
Avvertimenti: tematiche delicate, contenuti forti




 
When the silence falls at last 
And the clock tower rings no more 
We'll watch the hourglass 
Trapped like we were before 
And we'll lay awake in fear 
Of the past days come again 
But they'll never find us here 
Before they burn at this world's end

Aviators – They’ll never find us


Quando Kaeya aprì gli occhi, gli sembrò quasi strano trovare Diluc accanto a sé, ancora addormentato. Era così abituato all’odio che per tutti quegli anni gli aveva gettato addosso con quelle poche e taglienti parole che erano soliti scambiarsi, che gli sembrava quasi un sogno poterlo ammirare in quel momento, mentre la luce del mattino si infrangeva sui suoi capelli colore del fuoco attraverso le imposte e tanto delicatamente gli accarezzava il viso. Così bello da far male pensò, sentendo una stretta al petto. Allungò una mano verso di lui, spostando una ciocca rossa dal viso che tanto amava.
In quel momento Diluc aprì lentamente gli occhi e, come se l’orario mattutino non avesse alcun effetto sui suoi riflessi, gli afferrò di scatto la mano, portandosela alle labbra.
«Buongiorno», mormorò Diluc abbozzando un sorriso «sei sveglio da molto?»
«No, affatto» sorrise Kaeya, cercando di ignorare il suo cuore che aveva mancato un battito a quel gesto.
«Davvero? Hai dormito bene, piccolo Kaeya?» chiese Diluc, facendogli cenno con la mano di avvicinarsi. Senza pensarci un attimo, Kaeya si accoccolò tra le sue braccia, da sempre il suo luogo sicuro. Quando suo padre biologico l’aveva abbandonato da bambino, Kaeya ricordava chiaramente come negli anni successivi molto spesso scoppiava a piangere, il trauma dell’abbandono pesante come un macigno sul suo petto. Allora Diluc, di pochi anni più vecchio di lui, aveva iniziato a seguirlo come un’ombra e ad intervenire ogni volta che quelle crisi di pianto iniziavano, abbracciandolo forte finché non smetteva. Pian piano, quegli episodi erano diventati sempre più sporadici, finché non sparirono del tutto, ma l’abitudine era tutt’altro che scomparsa.
«Mmmm, credo di aver fatto un incubo, ma per fortuna non me lo ricordo» rispose Kaeya, portandosi istintivamente una mano al petto dolorante. Non sapeva cosa gli fosse preso, forse temeva ancora che Diluc lo allontanasse, come aveva fatto molto tempo prima quando Kaeya gli aveva rivelato la sua vera identità.
«Vorrà dire che resteremo così finché non ti senti meglio» disse Diluc, accarezzandogli delicatamente la testa «anzi, anche di più. Resteremo così finché vorrai, non andrò da nessuna parte.»
Kaeya non avrebbe saputo dire per quanto tempo rimasero così, il tempo stesso sembrava essersi fermato tra le braccia di Diluc o forse così lui sperava. Il brontolio di due stomaci, però, ricordò ad entrambi le loro necessità più immediate.
«Se stai un po' meglio, vado a preparare la colazione» disse Diluc, lasciandosi sfuggire un sorriso divertito.
«Davvero? Anche per me?»
«Certamente. Ieri l’hai preparata tu, se ricordi» rispose Diluc, schioccandogli un bacio sulla fronte prima di alzarsi dal letto. 
Kaeya non disse nulla, si limitò a guardarlo, mentre la sua figura si allontanava e spariva oltre la porta della camera. Come aveva fatto a dimenticare di aver preparato la colazione ad entrambi il giorno prima? Perché i ricordi del giorno prima e di quello prima ancora erano così confusi? Perché era tutto così confuso?
Molte domande come quelle si affollarono nella sua mente, procurandogli un senso di vuoto ad ogni mancata risposta che andò solo a peggiorare quel dolore al petto. Così, dopo ben cinque minuti da quando Diluc aveva lasciato la stanza, Kaeya si alzò dal letto, incapace di sopportare ulteriormente quella distanza.
Il profumo di pancetta grigliata avvolse presto Kaeya, dandogli una seconda buona ragione per raggiungere la cucina. Giunto lì, però non entrò subito; si prese alcuni istanti per ammirare Diluc, concentrato sui fornelli, la forma delle sue spalle, i lunghi capelli rossi che accarezzavano delicatamente la schiena muscolosa. Chiuse brevemente gli occhi un paio di volte, cercando di non far scendere ulteriormente lo sguardo, solo ed esclusivamente per evitare il sopraggiungere di un altro tipo di fame.
Dopo alcuni profondi respiri, riaprì gli occhi e ridusse rapidamente la distanza che li separava. Cinse la vita di Diluc con entrambe le braccia, sentendolo sussultare leggermente per la sorpresa, e posò la fronte sulla sua spalla.
«Va tutto bene, Kaeya?»
«Si. No. Lasciami stare un po' così.» 
Sperava che quel dolore al petto sparisse, iniziava a diventare veramente fastidioso. Sentì Diluc sospirare e scostarlo quel tanto che bastava per girarsi e guardarlo in volto.
«Va tutto bene» mormorò Diluc, posando la fronte sulla sua e asciugando una lacrima solitaria che minacciava di bagnargli la guancia con il pollice «Sono qui Kaeya.»
Kaeya non sapeva perché stesse piangendo, non se n’era minimamente accorto, il petto continuava a fargli male, un dolore sordo che non riusciva più ad ignorare. Diluc avvicinò il viso al suo, le labbra si sfiorarono in un bacio a cui Kaeya si aggrappò con una disperazione che nemmeno lui sospettava di possedere. Aveva bisogno di Diluc, di quel contatto che lo faceva sentire così vivo, ne aveva più bisogno dell’aria che respirava. Si sentiva così, come un naufrago caduto in mare che annaspa, incapace di respirare, non capiva cosa mancasse e quella mancanza, così impercettibile eppure così pesante stava diventando insopportabile. Più si stringeva all’uomo che amava, più lo baciava, più lo sentiva estraneo, come se quel tocco non fosse suo, come se fosse qualcun altro, come se fosse tutto nella sua mente.
Kaeya sbattè le palpebre un paio di volte quando Diluc si allontanò, incredulo. La cucina non c’era più, pioveva ma quel dolore non era ancora passato. Per un attimo, non capì perché l’uomo che amava avesse tutto quel dolore nello sguardo, né perché stesse piangendo.
«Diluc?» disse, sollevando il braccio per raggiungere il suo viso e asciugargli una lacrima come aveva fatto lui stesso poco fa. Non solo scoprì di non riuscirci, il dolore al petto divenne tale da costringere Kaeya a tossire, macchiando di sangue gli abiti di Diluc.
Sangue?
Abbassò lo sguardo sul proprio petto, trovandolo trapassato da parte a parte dalla spada di Diluc, all’altezza del cuore. Il suo sangue macchiava già le sue mani guantate.
«Ah. Non è mai successo…»
Il braccio di Diluc gli cinse la vita, impedendogli di cadere a terra, e la sua fronte si posò sulla spalla di Kaeya.
«Mi dispiace» mormorò Diluc, il corpo scosso dai singhiozzi.
«Non preoccuparti, sapevamo entrambi che sarebbe successo…»
Kaeya tossì ancora, altro sangue uscì dalla bocca, altra vita espirò dal suo corpo. Voleva dire tante cose a Diluc prima di morire, ma i perfino i suoi pensieri iniziavano ad essere troppo ingarbugliati.
«Diluc, io… io avrei combattuto contro quel Destino che ci ha messi l’uno contro l’altro, con te e per te. Ma immagino che anche morire tra le tue braccia non sia così male, uh?»
Diluc non rispose, continuò a singhiozzare contro la sua spalla, incapace di dire null’altro se non “perdonami”, all’infinito. Kaeya provò a dire altro, scoprendo di non esserne più in grado. La vista si stava offuscando progressivamente e non riusciva più a sentire il suo corpo, anche i singhiozzi di Diluc si fecero sempre più ovattati, fino a sparire del tutto. L’ultimo pensiero, prima che l’intero mondo diventasse buio, andò nuovamente a Diluc, ormai solo in un mondo che gli aveva tolto tutto.
   
 
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