Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: Starfallen    07/06/2021    2 recensioni
Parigi 1780
Marinette è un esponente della nuova nobiltà -noblesse de robe - e come tale, lei e la sua famiglia sono trattati dagli esponenti dell'alta società parigina come gente di poco conto. Dovrà imparare a farsi strada tra gli intrighi e le maldicenze di quella che è si la corte più bella d'Europa ma allo stesso tempo un pericoloso covo di vipere.
Adrien Agreste, au contraire, ricco rampollo di una delle famiglie più in vista della corte, nato e cresciuto alla reggia di Versailles, mal sopporta gli obblighi che il suo titolo gli impone, pur sapendo di far parte di un mondo crudele, cerca in tutti i modi di evadere da quella scomoda realtà che pare idilliaca dall'esterno, ma è dura e spietata all'interno.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 
22 ottobre 1781
 
Il sole cominciava a fare capolino e ad illuminare timidamente la stanza da letto di Emilie.
Erano a malapena le nove quando la donna si rigirò nel letto, per accoccolarsi dolcemente tra le braccia del marito che le dormiva tranquillamente accanto. Sorrise quasi inconsciamente, dato che si trovava ancora in stato di dormiveglia, fu proprio in quell’istante che sentì il marito muoversi e circondarle la vita con un braccio.
 
Emilie aprì appenagli occhi per guardarlo, e con sua immensa sorpresa lo trovò già sveglio che la guardava dormire sorridendo: Bonjour mon amour.” - Le disse Gabriel con un tono pieno d’amore – “Come stai? O meglio, come state?” le accarezzò appena il ventre leggermente rigonfio da sopra la camiciola da notte.
 
La donna rise di gusto a quelle piacevoli attenzioni: “Dai Gabriel, smettila!” – Squittì – “Mi fai il solletico!” Finse di sfuggirgli mentre lo sentiva circondarle la vita, infatti non oppose alcuna resistenza quando il marito l’attirò a sé.
“Quali intenzioni avete monsieur?” - chiese con finto fare innocente – “Suvvia madame, non fate l’ingenua, non vi si addice.”
Gabriel affondò il viso nel collo della moglie che rispose immediatamente, circondandogli le spalle con le braccia.
Purtroppo l’idillio durò appena pochi istanti, difatti, un servitore irruppe brutalmente nelle loro stanze alla disperata ricerca della donna.
I due si sistemarono, alquanto seccati: “Madame… la regina chiede urgentemente di voi…” – “Cos’è capitato?” chiese Emilie mentre si risistemava alla bell'e meglio.
“Sua Maestà è entrata in travaglio!”
 

˜

 
Raggiunse gli appartamenti della regina più in fretta che poté. Trovò molto insolito che le porte non fossero aperte* in un primo momento fu impedito anche a lei di entrare, ma quando Madame sentì la sua voce ordinò, quasi urlando, di lasciarla passare, e così entrò. Una volta dentro però si dovette ricredere, in fondo la situazione era decisamente più controllata e facilmente gestibile, data la solennità e la delicatezza del momento la regina aveva adottato la migliore delle soluzioni.
Le levatrici erano all’opera, una trappava le pezze e controllava la temperatura dell’acqua, messa a scaldare sul caminetto, mentre le altre finivano di sistemare il letto su cui era adagiata la sovrana. Il dottor Lasson era li pronto a qualsiasi evenienza.
 
Tutta quella situazione la ributtò indietro nel tempo di ben quattordici anni ormai, quando lei aveva dato alla luce Adrien nella residenza di famiglia in città.
Sorrise e si portò una mano sul ventre, presto sarebbe ricominciato tutto da capo anche per lei con un nuovo fratellino o sorellina per il suo adorato bambino, che ormai bambino non era più.   
S’inchinò sempre per rispetto al re e alla regina, anche se quest’ultima non prestò particolare attenzione alla sua formalità.
“Oh, Emilie! Finalmente siete arrivata!” – “Oui maestà, perdonatemi, ho fatto prima che ho potuto.” la donna fece per parlare, ma l’arrivo di una nuova contrazione la fece invece urlare di dolore.
 
Emilie si diresse da Gabrielle, la duchessa di Polignac, che se ne stava in un angolo assieme alla principessa di Lamballe.
“Si sono già rotte le acque?” chiese discretamente alla principessa di Lamballe.
La donna fece segno di diniego con la testa ‘Allora perché nessuno qui la sta facendo camminare?’  pensò incredula.
Sua Maestà urlò di nuovo, a quel punto decise di prendere in mano la situazione: “Tu!” – si rivolse con tono deciso ad un’ancella che se ne stava in disparte – “Recati nelle mie stanze e fatti dare dalla mia domestica l’essenza di lavanda, svelta.”
La ragazza annuì e si diresse in tutta fretta fuori dalle stanze della regina da cui si era già radunata tutta la corte, il cui vociare ormai arrivava distintamente alle sue orecchie.
 
Il suo pensiero corse a suo figlio, che con buone probabilità si trovava esattamente lì fuori.
Ma ora non aveva tempo per pensarci, una volta ancora doveva pensare alla regina, che doveva partorire senza rischi per lei e possibilmente anche del nascituro.     
“Venite.” - Disse a una delle levatrici – “Dobbiamo farla camminare, per far rompere le acque.” – “Madame, non dovete fare sforzi nelle vostre condizioni.”
Emilie sorrise grata per l’accorgimento della levatrice, si avvicinò alla regina per rassicurarla: “Adesso majesté dovete alzarvi in piedi e camminare, dobbiamo far rompere le acque.”   
 
 

****

 
‘È una cosa inaudita! E totalmente inaccettabile’ era quello che Audrey pensava continuamente, ormai da diverse ore, da quando era stata data notizia dell’inizio del travaglio della regina.
E a lei non era stato permesso entrare, come alla maggior parte della corte.
 
Non era mai successo prima d’ora, alla nobiltà era sempre stato concesso presenziare ai parti reali, lei stessa aveva preso parte alla nascita di Madame Royal, e, in quanto amica della regina era suo preciso diritto presenziare, anche adesso!
Si stava sventolando nervosamente col ventaglio da diverso tempo ormai, osservando il salone con aria altamente stizzita.
Alzò gli occhi al cielo mentre osservava quell’inutile di suo marito conversare come se niente fosse con il duca d’Alençon, come faceva quello sconsiderato a far finta di nulla?
Fortunatamente dal fondo della Galleria vide la luce in fondo a quel tunnel di mediocrità che si dirigeva verso di lei.
Avvolto da un’elegantissima marsina in pregiata seta baige chiaro con gilet finemente decorato con degli splendidi ricami a tema naturalistico, faceva il suo ingresso il suo adorato Gabriel, con il figlio al seguito e – fortunatamente – privo dell’ingombrante presenza della moglie di cui non vi era traccia.
Decise di piantare definitivamente in asso quell’inutile di André e si diresse senza indugi verso Gabriel.
 
Oh bonjour, mon cher Gabriel!” disse con la voce più seducente che le riuscì, sbatté civettosamente le lunghe ciglia dorate, cercando di risultare più affascinante possibile.
Comment ça va?” - chiese come se non lo vedesse da dieci anni – Tres bien chere Audrey.”  Rispose l’uomo, lei gli porse elegantemente una mano, lui la prese ed eseguì un baciamano a suo avviso impeccabile.
 
Où est-ce Emilie?” fece quella domanda con finta curiosità, non le interessava davvero dove fosse, per quello che la riguardava avrebbe anche potuto restarci per sempre, visto e considerato che data la sua assenza lei avrebbe potuto avere il suo adorato Gabriel tutto per sé.
 
“Non lo sai? È dentro ad assistere la regina, l’ha fatta chiamare questa mattina, praticamente all’alba.” A quelle parole Audrey sentì montare dentro una rabbia furiosa. QUELLA… quella, era stata chiamata nelle stanze della regina per assisterla durante il travaglio, e sicuramente anche al parto, mentre LEI, era fuori come se fosse una sconosciuta qualsiasi?
Ridicolo! Assolutamente RI – DI - CO – LO!
 
Cercò di non far trapelare troppo la sua indignazione iniziando ad agitare ulteriormente il ventaglio: Allor, secondo te sarà maschio o femmina?” chiese con tutta la nonchalance di cui era capace.
“Speriamo che almeno questa volta sai maschio!” – “Concordo, sono ben undici anni che aspettiamo l’arrivo di un erede!”
Mentre annuiva alle sue parole le venne quasi da ridere ripensando all’imbarazzante situazione in cui si era trovata la coppia reale agli inizi, e con inizi intendeva ben sette anni di matrimonio.
Erano state piazzate delle scommesse già quando la pancia aveva iniziato a crescere. Lei e madame de Breteuil avevano lanciato la sfida – all’insaputa della regina ovviamente - sul sesso del nascituro e altri membri della loro cerchia si erano uniti a loro in quella piccola sfida. Madame aveva puntato 1500 livres su un maschio mentre lei – raddoppiando – aveva puntato su una femmina sostenendo senza troppe remore che il semplice fatto che fosse rimasta incinta una seconda volta fosse un miracolo.   
Era assurdo che una coppia – specie se quella reale - restasse senza figli così a lungo, un conto era non considerarsi più o negarsi una volta nato almeno un figlio, ma non concepirne proprio era ridicolo!
Lei stessa dopo la nascita di Clodette aveva preso le distanze dal marito, ma c’era anche da dire che aveva rischiato di morire per metterla al mondo, e sicuramente non ci teneva a ripetere quella svilente esperienza.

Ormai la sala gremita era di gente che aspettava un responso dalle stanze della regina che dall’altro lato della porta continuava a lanciare urla di dolore.
Audrey cominciava a domandarsi sempre più scocciata quanto ancora avrebbero dovuto aspettare, li fuori come comuni plebei per avere la conferma della sua vittoria, con i soldi della vincita avrebbe sicuramente comprato dei gioielli, e un vasto assortimento di stoffe per dei nuovi vestiti da sfoggiare nelle prossime occasioni.
 
Iniziò a sventolarsi spazientita, guardò Gabriel reprimere uno sbadiglio: “Sta andando per le lunghe no? Emilie non teme che possa capitarle lo stesso?” lo vide inarcare un spracciglio perplesso.
“Emilie?” – disse quasi ridendo – “Assolutamente, troverà qualche suo rimedio particolare quando sarà il momento, proprio com’è stato per Adrien.”  Disse lanciando appena uno sguardo al figlio che stava conversando poco lontano con Juliette de Claujère.
 
‘Figuriamoci, quella strega!”  A lei non aveva di certo prestato alcun tipo di consiglio durante la sua gestazione, e di certo non si era presa tanto disturbo quando sua figlia aveva tentato di ucciderla nel venire al mondo, nonostante fossero passati ormai tredici anni, la memoria di quei giorni di agonia che avevano preceduto la nascita erano marchiati a fuoco nella sua mente e lo sarebbero stati per sempre. 
Un vociare improvviso che si estendeva dagli appartamenti della regina attirò la sua attenzione, da lontano potè scogere l’odiosa figura di Emilie fare capolino dalla porta, non udì le sue parole, ma le urla di giubilo che seguirono non lasciavano spazio a dubbi.  
 

****

 
Quella mattina Marinette si era svegliata di buon’ora, si era vestita, semplicemente dato che per quel giorno non aveva in programma di recarsi alla reggia per vedere le sue amiche, aveva indossato un semplice vestito di cotone azzurro a strisce cobalto e una gonna di seta rosa. Aveva indossato solo una collana di perle e la cuffietta, poi aveva preso la sua Bibbia rilegata in pelle e si era recata nella piccola cappella di casa per assistere alla funzione.
 
Aveva pregato molto e sinceramente per la regina e per il nascituro, che fosse sano e soprattutto che fosse maschio, - come sospettava sua madre - visto che ormai considerate le sue condizioni era solo questione di giorni prima del grande evento, ma durante il sermone si era colpevolmente distratta, incapace di a mettere un freno agli innumerevoli pensieri che affollavano la sua mente.
 
Pensava alle sue amiche certo, che ormai erano diventate molto importanti per lei, anche se con nessuna si era aperta come sapeva di poter fare con Alya, aveva pensato, e tanto anche al misterioso giovane che ormai le faceva visita quasi tutte le sere, il loro era diventato ormai un appuntamento fisso, che si ripeteva tutte le sere, saltava solo nei giorni in cui vi erano feste importanti.
Si divertiva molto in sua compagnia e grazie a lui che la stava aiutando ad affinare le sue conoscenze e le sue maniere.
 
Era una cosa nata per caso pochi mesi prima, una sera lei si era attardata a studiare matematica, c’era un conto che non voleva saperne di uscire nella maniera corretta e lei ci si stava arrovellando su da prima della cena.
Infatti quella sera si era fatta trovare così dal suo chevalier en noir, al loro solito posto alla stessa ora ma con in mano i fogli degli esercizi.
 
Nel trovarla così l’aveva canzonata appena, lei non se n’era davvero risentita ma aveva fatto finta per farlo sentire in colpa, riuscendoci.
“Non volevo offendervi prruncesse.” – “Ma l’avete fatto monsieur.” -Aveva detto sostenendo un finto broncio – “Allora lasciatevi aiutare, così rimedierò alla mia offesa.”
Si finse accigliata: “Pensate davvero possa bastare questo?” – “Non siate crudele, guardate che sono bravo in matematica.” – “Vous êtes un effronté monsieur, ecco la verità.” L’aveva canzonato lei.
 
Da quella sera era diventata una piacevole abitudine.
Quando la raggiungeva a tarda sera, prima parlavano degli argomenti più vari spesso accompagnati da tisane e piccole leccornie, poi se erano dell’umore, lui le insegnava qualcosa, che fossero semplici nozioni storiche o di cultura generale, oppure si dilettavano nel giocare a carte o l’accompagnava mentre provava e riprovava i passi di danza e di portamento, grazie a lui era migliorata molto e di questo gli era molto grata.
 
Le piaceva stare in sua compagnia, era un giovane sveglio, brillante e anche di bell’aspetto ma ciò che provava quando erano insieme non era minimamente paragonabile alle sensazioni che provava quando i suoi occhi si soffermavano su monsieur Agreste, le sembrava di perdere il controllo di sé stessa.  
Era quasi incapace di formulare frasi di senso compiuto, le sudavano le mani, il cuore accelerava il battito, sentiva le gambe tremarle e anche la sua goffaggine sembrava peggiorare.
Non riusciva a capire perché il suo comportamento mutasse così radicalmente e quando si era confidata con Alya, la ragazza si era messa a ridere: “Oh, mon amie.” – le aveva detto amorevolmente“Si vede lontano mille miglia che ne sei innamorata.”
E aveva ragione, accidenti se aveva ragione, era da quando si erano ritrovati sotto i portici del Gran Trianon che si era resa conto di aver completamente stravolto l’opinione che aveva di lui, aveva cominciato a provare qualcosa di più, e il sentimento era lentamente cresciuto in quei mesi. Era un giovane talmente bello e gentile, sapeva suonare divinamente il clavicembalo e tirava di spada come un vero soldato della guardia reale, e cosa più importante era incredibilmente cortese e il suo era davvero un animo nobile.
 
Si portò una mano sulla guancia perché sentiva il rossore invaderle prepotentemente le guance, il suono della campanella che annunciava la comunione la riscosse, e quando il prete ebbe terminato la consacrazione si alzò per andare a prendere la comunione e tornò al posto sospirando.
In sottofondo sentiva le parole del sacerdote: Quod ore súmpsimus, Dómine, pura mente capiámus: et de múnere temporáli fiat nobis remédium sempitérnum. Corpus Tuum, Dómine…. Amen.”   
 
“Dóminus vobíscum.” - Disse il sacerdote eseguendo un inchino davanti all’altare con tono camtilenante – “Et cum spíritu tùo.” – “Ite, missa est.” - “Deo grátias.”
“Benedícat vos Omnípotens Deus: Pàter, et Fìlius, et Spìritus Sànctus.”Eseguì il segno della croce in aria – “Amen.
Marinette si alzò dal suo posto e si segnò prima di uscire dalla cappella, in direzione della sala da pranzo per la colazione.
 
Ma mentre era in direzione della sala vide i suoi genitori venirle incontro, vestiti pronti per uscire: Papà, maman, qu'est-il arrivé?” – “Stiamo andando alla reggia bambina mia.” – le rispose suo padre – “È giunta notizia dal palazzo che la regina è entrata in travaglio, e tu verrai con noi per assistere.” Concluse sua madre.
Marinette sgranò gli occhi a quella notizia, dunque presto ci sarebbe stato un nuovo membro della famiglia reale: “Noi andiamo mon cœur, vuoi venire con noi?” – “Oui maman, devo solo andare a prendere il soprabito.” – “Sbrigati, ti aspettiamo in carrozza.” 
Quando arrivarono era ormai tarda mattinata, praticamente mezzogiorno e, accidenti, mai avrebbe pensato di vedere la Galerie gremita a quel modo, le sembrava che l’intera Francia fosse li.
In qualche modo era in effetti così, tutto il regno era col fiato sospeso in attesa di questa nascita, sarebbe stato il sospirato erede al trono, o un’altra principessa reale? Solo l’attesa avrebbe dato una risposta.
 
“Nettie, tuo padre deve discutere d’affari con il conte de Fontanges, tu vuoi andare dalle tue amiche?” – “Va bene maman.” - “Non allontanarti troppo però.”  Lei annuì gioiosa e presto zampettò via alla ricerca del suo piccolo circolo.
Fortunatamente non ci mise molto a trovarle, il vestito di mademoiselle Rose era di un rosa talmente sgargiante che l’avrebbe visto persino dal fondo dei giardini, e naturalmente lì con lei erano radunate anche le altre in attesa di notizie.
Ridacchiò appena tra sé e sé per quella sua sciocca considerazione.
"Bonjour mesdamoiselles, Comment ça va?” - “Oh Marinette bonjour a vous.” – esordì allegramente Rose vedendola arrivare – Allor, ci sono cambiamenti?” – “Ancora no, siamo ancora tutti in attesa.” Disse mademoiselle Aurore mentre iniziava a sventolarsi con il suo nuovo ventaglio azzurro bordato d’argento.

“Sono così emozionata, secondo voi sarà un maschio o una femmina?” – “Mia madre dice che a giudicare dalla forma della pancia sarà un maschio.” Esordì Marinette, tutte le ragazze la guardarono stranite.
“In che senso scusa?” – “Non so come onestamente, mi ha solamente detto di aver sempre saputo che sarei stata femmina…” non era del tutto certa di ciò che aveva detto, e si domandò se fosse stata una cosa saggia dire quella cosa che poteva sembrare un’assurdità.
“Comunque.” – proseguì mademoiselle Couffaine: “Mio padre sostiene che la nascita di un erede rafforzerà la posizione della regina.” “Infatti.” -  riprese Aurore – “La nascita di un figlio maschio gioverebbe non solo alla Francia, che avrebbe così un erede ma sua maestà avrà adempiuto ai suoi doveri di donna, ovvero dare un erede al marito.

Quelle parole colpirono Marinette in faccia con la stessa violenza di un ceffone, certo, lei sapeva che un giorno, - sempre più vicino – anche lei sarebbe stata una moglie e madre, ma in cuor suo sperava ardentemente non andare in sposa a qualcuno solo per essere un oggetto volto solo alla procreazione. Certo, lei amava i bambini, tante volte quando era più piccola e viveva ancora al piano superiore della panetteria di suo nonno, aveva badato ai bambini del vicinato e l’aveva fatto con estremo piacere, ma voleva anche qualcosa di più da un suo eventuale matrimonio.
Tutto l’amore che vedeva tra i suoi genitori, un rapporto dove vigesse il reciproco rispetto.
Suo padre si confrontava sempre con sua madre per prendere delle decisioni di qualsivoglia natura.

“Non lo so, so solamente che quando due persone si sposano dopo un po’ normalmente nascono dei figli, mio fratello è nato appena un anno dopo il matrimonio, poi sono arrivata io.” – “Marinette tu invece ne sai qualcosa?” La domanda di Rose la riscosse dalle riflessioni che le stavano affollando la mente, alzò lo sguardo e confessò: “Scusate mes amies, non prestavo attenzione al discorso, dicevate?” – “Stavamo discutendo sul come nascono i bambini, quando l’ho chiesto a mia madre ha semplicemente detto che una donna con figli non ha più la possibilità di avvicinare un unicorno**, e questa cosa non mi piace per niente.” Esordì Rose gonfiando appena le guance.

Le ragazze risero appena a quella buffa reazione: “Sta di fatto che nessuna di noi ha una risposta certa.” Il silenzio calò mestamente, ma rimasero nell’aria alcuni risolini divertiti.
“Qualcun’altra ha anche solo delle idee a riguardo?” chiese Rose con curiosa innocenza, Marinette abbassò lo sguardo per non incontrare lo sguardo delle altre che avevano cominciato a lanciarsi occhiatine curiose alla ricerca di risposte, non si era mai posta la domanda in effetti, non sapeva nemmeno lei se aveva fatto bene o meno.
Improvvisamente mademoiselle Rose ebbe un leggero mancamento: “Rose! Ma chère!” Juleka si allarmò immediatamente nel vedere Rose che si accasciava, cominciando a respirare affannosamente portandosi una mano al petto, in un primo momento anche a Marinette montò il panico, poi però prese in mano la situazione: “Slacciatele il corsetto, presto!” – “Cosa?” dissero le altre con sgomento: “Sbrigatevi!” si mosse velocemente e slacciò parzialmente il corsetto della sua amica che lentamente riprese a respirare con regolarità.

Comment ça va?” – chiese una Juleka meno agitata – ma comunque ancora in apprensione -, strinse le mani alla sua amica – Beaucoup mieux, merci ma belle.Disse la bionda poggiando una manina su quella della sua amica per rassicurarla.
Mentre aiutava mademoiselle Rose a recuperare si avvicinò loro monsieur Couffaine: Bonjour mesdamoiselles, mademoiselle Dupain.” Le prese dolcemente una mano e la salutò con un baciamano, lei in risposta s’inchinò appena, sorridendo.
“Perdonate mesdamoiselles, Jul, nostro padre mi ha mandato a chiamarti.” – “Ma Luka, non posso lasciarla qui così…” – “Jul ti prego, sai che non ama aspettare.”   Juleka abbassò lo sguardo sconsolata e – dopo uno scambio di sguardi con mademoiselle Lavillant – precedette il fratello: Mesdamoiselles.”

S’inchinò alle fanciulle che ridacchiarono tutte euforiche.

Ti senti meglio adesso Rose?Marinette era ancora in apprensione per il mancamento avuto prima dalla sua amica, fortunatamente il sorriso vivace che le rivolse la fece tranquillizzare, a lei come a tutte le altre.
Lentamente si rialzò, ancora barcollante infatti le ragazze si adoperarono per aiutarla e quando fu finalmente in piedi tutte si tranquillizzarono definitivamente.
 
“Vogliamo scendere a prendere un po’ d’aria?” -  propose Aurore – “Così vi riprenderete più velocemenete.” – “Si, è una buona idea, ma se ci fossero novità ce le perderemmo.” – “Resterò io qui.” Si propose Marinette – “Verrò ad avvisarvi nel caso succedesse qualcosa.”
“Siete sicura mademoiselle?” La ragazza annuì convinta.
 
D’accord, nous allons ci vediamo poi.” – “À tout à l’heure.”
Ecco, adesso che era rimasta sola e in attesa di un responso poteva tornare tranquillamente dai suoi genitori, magari quella sera avrebbe chiesto delucidazioni a sua madre sull’argomento di cui avevano discusso poc’anzi, con lei sapeva che poteva parlare di qualunque cosa e questo la rassicurava molto, inoltre era incredibilmente abile a trovare le parole più semplici e quando serviva, delicate per spiegarle le cose.
Pensando ciò cominciò a muoversi nella galleria, era piuttosto freddo, forse perché era rimasta troppo a lungo ferma sul posto, muoversi un po’, per raggiungere i suoi genitori le avrebbe sicuramente giovato.
“Bonjour mademoiselle.”  Due parole, due singole parole che fecero dissolvere buona parte dei suoi pensieri, non aveva bisogno di voltarsi per sapere di chi si trattava, infatti quando volse lo sguardo incontrò due splendidi occhi verdi.
 
‘Stai calma Marinette, stai calma, respira e soprattutto rispondi!” – si ripetè velocemente quelle parole nella mente prima di rispondere al suo interlocutore - Bonjour a vous monsieur… ça… ça va?” Il sorriso genuino che le rivolse fece risvegliare una miriade di farfalle nello stomaco.
“Volete la verità? Ora decisamente meglio.” – Comment prier? Cosa intendete monsieur?’ Non osò dare voce a quel suo pensiero.

“Mattinata intensa?” – “Solitaria e monotona mademoiselle, niente di che.” Questa volta il suo sorriso era triste e malinconico, gli prese una mano per confortarlo, il gesto fu automatico, non riuscì a trattenersi: Je souis tres désolé monsieur.” non si rese subito conto del suo gesto, ma come vide il suo sguardo posarcisi sopra si ritrasse, l’ultima cosa che voleva era offenderlo.
“Se mai dovreste aver bisogno di confidarvi sappiate che sarò molto lieta di comportarvi…. je voulais dire ascoltarvi.”
Gli rivolse un caldo sorriso di conforto a cui lui rispose, facendole tremare le gambe.

“Sono davvero fortunato mademoiselle, ad avervi come amica.”

‘Un’amica’ Non ebbe troppo tempo per pensare troppo a quell’aggettivo da lui usato, perchè improvvisamente si udì un vociare insistente proveniente dagli appartamenti della regina attirò l’attenzione di entrambi, e una bellissima dama con i capelli biondi come il grano d’estate era sulla porta degli appartamenti di Sua Maestà: “Venite!” lo sentì dire, poi improvvisamente avvertì il calore della sua mano avvolgere la sua, trattenne inconsciamente il respiro per non seppe nemmeno lei quanto tempo, e quando si riebbe, si trovavano molto vicini alla porta e poteva vedere chiaramente la donna.

“Sono lieta di annunciare, che sua maestà la regina ha dato alla luce un maschio sano e forte!” Marinette sgranò gli occhi dalla felicità, non ci poteva quasi credere! Subito dopo che quella donna ebbe dato l’annuncio tutta la galleria esplose in urla di felicità, di lì a poco il bambino sarebbe stato mostrato a tutti i suoi futuri sudditi.

“Finalmente è nato il Delfino, non è una splendida notizia?” disse monsieur Agreste, che in preda all’entusiasmo non le lasciò nemmeno il tempo di rispondere che la strinse in un abbraccio che lasciò Marinette di sasso.
Non se lo aspettava, non se lo aspettava davvero tant’è che il tempo che trascorse tra le sue braccia le sembrò un’eternità, che però volò via in un soffio.

E quando sciolse l’abbraccio la guardò negli occhi, sentiva le gambe instabili – fortuna che le stava tenendo le mani, altrimenti sarebbe svenuta - e il cuore martellarle nel petto tanto forte che credeva che anche lui potesse sentirlo.
Erano talmente vicini che avrebbe potuto vedere i suoi pensieri, decise che era il caso di staccarsi immediatamente se non voleva dare addito a pettegolezzi: “Ma che diavolo state facendo!?” Una voce gracchiante e sgradevole interruppe quel magico momento.
Una donna alta, bionda e con due occhi di ghiaccio li stava fissando arcigna, o meglio, fissava lei come se volesse fulminarla. 
“VOI, mademoiselle dovreste solo vergognarvi! Stare tra le braccia di un giovane già promesso ad un’altra, siete una volgare svergognata!”
Era successo esattamente ciò che avrebbe voluto evitare, in più la scoperta di cui era appena venuta a conoscenza aveva scatenato in lei un turbinio di emozioni prese immediatamente possesso della sua mente: ‘Come promesso? Quindi è vero, sono un’impudente…’
“Io…” – “Madame, ma come vi permette voi di trattare così mia figlia?” Si rese a stento conto dell’intervento improvviso di sua madre, perché lei ormai sentiva tutto ovattato.  

È… è promesso ad un’altra… Sono solo una sciocca…’  Non solo quella donna l’aveva umiliata, ma ora si sentiva incredibilmente delusa e affranta, le lacrime cominciarono a premerle agli angoli degli occhi e ad offuscarle la vista prima che se ne rendesse conto, doveva allontanarsi velocemente da lì, non doveva piangere in pubblico, indietreggiò di qualche passo come un automa, non si rendeva del tutto conto di quanto stava facendo, sapeva solo di volersi allontanare il più in fretta ed il più possibile da li.
 
Si voltò e cominciò a correre verso le scale che si trovavano poco distanti: “Mademoiselle!” Sentì la sua voce chiamarla, ma non gli prestò attenzione, continuò a correre lungo la scalinata, cercando di non inciampare nei suoi stessi piedi o nel vestito mentre correva e piangeva, ormai lontana dalla maggior parte dei cortigiani.

Era ormai lontana dalla corte, vedeva – se pur in modo molto sfocato – ormai la luce del cortile di servizio, una volta li si sarebbe fermata definitivamente e avrebbe sfogato tutto il suo dolore e frustrazione: ‘Sei una sciocca Marinette, Qu'as-tu pensé?’

 
Come poteva non averci pensato prima? Come aveva potuto essere tanto sciocca? Ovviamente la scalogna non l’aveva ancora vessata abbastanza, infatti tutti i suoi sforzi per restare in piedi vennero meno.
 
Inciampò miseramente nei suoi piedi e cadde sul marmo freddo.
Rimase lì, inerme a piangere sul pavimento per qualche istante: “Mademoiselle!” - ‘Cos…?’ sentì la voce di monsieur Agreste chiamarla dalla tromba delle scale.
‘No, non adesso, non voi monsieur …’ cercò di rimettersi in piedi poggiando i palmi sul pavimento, ma lui in un lampo le fu vicino, sentì le sue mani prenderla gentilmente per le spalle e aiutarla a rialzarsi.
 
“Mademoiselle, oh per l’amor di Dio non piangete, guardatemi.”
Le disse gentilmente, ma non voleva guardarlo in faccia, il suo cuore era a pezzi e poi si vergognava troppo di sé stessa, improvvisamente sentì il morbido contatto del lino contro la sua guancia, le stava asciugando le lacrime, ma lei non aspettandoselo si ritrasse appena e lo guardò negli occhi.
 
 
 

****

 
L’attesa era infinita, i minuti scorrevano lenti come le ore quel giorno.
Non era nemmeno riuscito a vedere sua madre perché era stata convocata nelle stanze della regina molto presto, quindi quella mattina aveva fatto colazione da solo nella sua camera per poi essere convocato da suo padre e insieme si erano diretti nella Galerie dove si erano ammassati tutti gli esponenti della nobiltà e non solo.
 
Alzò gli occhi al cielo, era ancora inizio giornata e lui già non vedeva l’ora che finisse, così da poter riabbracciare sua madre e trascorrere la sera con lei, tanto, considerato che la regina era entrata in travaglio quella mattina presto voleva significare che sarebbe finita in fretta giusto?
Era quello che sperava perché non voleva passare tutto il giorno a sentire Audrey Bourgeois che civettava con suo padre.
 
Mentre ascoltava distrattamente la conversazione dei due adulti avvertì un improvviso fruscio di stoffa alle sue spalle, ma non fece in tempo a voltarsi che due mani gli coprirono gli occhi e una voce esordì: Devine qui est-ce?” impossibile non capire di chi si trattasse!
“C’est vous Juliette! Come potrei non riconoscerti?” disse ridendo, anche la giovane rise, sciogliendo l’intreccio delle sue dita davanti ai suoi occhi.
 
Adrien si voltò verso di lei, e l’immagine della ragazza apparve interamente, gli fu subito evidente che avesse appena lasciato il convento perché indossava ancora il tipico abito blu scuro con pettino verde e fichu legato adeguatamente e l’immancabile rosario, la veste semplice di tutte le fanciulle che studiavano a Panthémont.
Allor, come stai? Mi sembra di non vederti da un secolo!” – “Meravigliosamente, se così può dire una che conduce una noiosa vita di clausura a Panthémont. Tu piuttosto, che mi racconti di nuovo?
Si portò una mano dietro la nuca in imbarazzo, c’era così tanto che voleva raccontarle, ma allo stesso tempo gli sembrava che la maggior parte delle cose fosse totalmente irrilevante.
 
“Oh in realtà non c’è molto da dire, anche perché immagino che Chloe ti abbia già riferito tutto. A proposito, è qui con te?” – vide un’ombra attraversare i suoi grandi occhi da cerbiatta – “No, è rimasta a Panthémont, non credo che i suoi l’abbiano fatta convocare…” storse le labbra in una smorfia preoccupata.
“Come sta?” chiese sinceramente preoccupato per lei: “Onestamente? C’è qualcosa che non va, ma non riesco a capire cosa.”
 
Anche lui si era reso conto durante l’estate trascorsa che qualcosa non andava nella ragazza, ma non aveva indagato molto e ora si chiedeva se avesse fatto male ad indagare di più.
D’un tratto il suo sguardo slittò attraverso le sagome dei cortigiani vide monsieur Couffaine farsi largo, probabilmente stava andando dalla sorella, ma purtroppo seguendolo con lo sguardo un brivido gli corse ferocemente lungo la schiena quando vide chi altri era giunto alla reggia.
‘Razza di viscido serpente’ pensò assottigliando lo sguardo, strinse i pugni fino a farsi male quando lo vide fare il cascamorto con l’oggetto del suo interesse, la sua ira però scemò non appena lo vide allontanarsi con la sorella.
 
“Adrien?” – Juliette lo guardò interrogativa – “Ci sono, perdonami Juliette.” – “Vedo che ci sono ancora contrasti tra te e monsieur Couffaine?” il biondo annuì con un cipiglio ben marcato sul viso: “Già, e a quanto mi sembra di capire le cose tra voi non sono migliorate.” – “Anzi.” Disse il biondo con un tono leggermente acido mentre continuava a fissare insistentemente una cuffietta che teneva raccolti degli splendidi capelli neri.
 
Vide che anche Juliette voltare lo sguardo nella sua direzione: “Non è quella fanciulla a cui la regina ha rivolto poche parole lo scorso Capodanno?” – Adrien annuì ed un sorriso gli si dipinse sul volto al ricordo della festa di capodanno, il loro incontro.
“Si, è proprio lei.” Il tono gli uscì inconsciamente trasognato e la mora se ne accorse e gli lanciò un’occhiata quasi divertita.
 
“Vedo che qualcuno è affascinato da la belle paysanne.” – il biondo sgranò gli occhi ed arrossì leggermente – “No, non è come credi, è solo un’amica. Un’ottima amica.”
Abbassò lo sguardo sulle sue scarpe di raso azzurro cielo, per non incontrare lo sguardo indagatore della ragazza, che sapeva, aveva inarcato un sopracciglio contrariata.
“Ricordati solo una cosa, sei promesso alla mia migliore amica, divertiti pure con lei quanto ti pare, ma non osare ferire Chloé! O te la vedrai anche con me Agreste.”
 
“Ora vado, i miei genitori mi staranno aspettando. Con permesso.” Juliette si congedò lasciandolo di sasso, non aveva dimenticato il suo fidanzamento con Chloè, come poteva dimenticarsene ora che suo padre e monsieur Bourgeois avevano fissato la data per annunciare il loro fidanzamento a marzo.
Questo sempre perché loro due avevano desiderio di affrettare i tempi, cosa che era completamente in contrasto con la sua volontà, l’unica nota positiva era che non avevano ancora fissato una data per le nozze e la speranza che ciò avvenisse il più tardi possibile.
 
Si riscosse dai suoi pensieri, lanciò un’occhiata fugace a suo padre che era ancora in compagnia di madame Bourgeois e l’ultima cosa che aveva intenzione di fare era proprio sentirsi oggetto di indesiderate attenzioni. Si voltò verso dove si trovava il gruppetto di fanciulle e con suo immenso stupore si rese conto che Marinette era rimasta sola: Chissà come mai. 
Si ritrovò a chiedersi, si sistemò al meglio la marsina ed il gilet: ‘Poco male, glielo domanderò io stesso’.
 
La raggiunse in fretta e per fortuna lei era mossa di appena pochi metri: “Bonjour mademoiselle.”  
La vide voltarsi con molta più compostezza del solito, un po’ ci rimase male, alle volte era davvero buffa ed adorabile nel modo in cui si spaventava.
Ghignò appena al pensiero di farle una canzonatura come quando le faceva visita la notte nelle sue vesti mascherate.
Bonjour à vous monsieur… ça… ça va?” Eccolo lì, quel suo delicato balbettio accompagnato da un lieve rossore sulle gote che la distingueva e che tanto lo faceva sorridere, infatti anche questa volta sortì quell’effetto.
 
 “Volete la verità? Ora decisamente meglio.” Ed era vero, tanto per avere il buongiorno quella mattina gli era stato comunicato, una volta vestito e preparato, che sua madre non avrebbe fatto colazione con lui e suo padre perché era stata convocata negli appartamenti della regina, per assisterla.
Suo padre si era chiuso nel suo studio a finire di lavorare, gli aveva lasciato detto che quando sarebbe stato il momento di recarsi verso gli appartamenti della regina l’avrebbe fatto chiamare.
 
Perciò aveva consumato una lauta colazione alquanto deprimente, poi avrebbe dovuto studiare, ma aveva preferito stendersi sulla chaise dormeuse in broccato, con un buon romanzo ed un piattino di macarons.
“Mattinata intensa?” – “Solitaria e monotona mademoiselle, niente di che.”
Era vero, la sua presenza era come un raggio di sole, la sua sola presenza riusciva a farlo sentire vivo, d’un tratto sentì un calore improvviso, la sua manina: Je souis tres désolé monsieur.”
Non si aspettava quel suo gesto, fu inaspettato, ma incredibilmente piacevole, si sentì scaldare il petto come in poche altre occasioni gli era capitato, per questo quando lei ritrasse la mano ci rimase un po' male.
 
“Se mai dovreste aver bisogno di confidarvi sappiate che sarò molto lieta di comportarvi…. je voulais dire ascoltarvi.” Sapeva che era sincera, e per questo quando la guardò i suoi occhi erano colmi di ammirazione e gratitudine, era davvero unica.
“Sono davvero fortunato mademoiselle, ad avervi come amica.” E lo pensava davvero.
D’un tratto avvertì la tensione crescere nella galleria, e la gente raggrupparsi intorno alle stanze della regina, lanciò un’occhiata verso le porte e ne vide uscire sua madre, dovevano esserci novità.
Non ci pensò su nemmeno un istante: “Venite!”
Prese la mano della sua lady e la portò con sé vicino all’immensa porta per sentire meglio l’annuncio che avrebbe fatto sua madre: “Sono lieta di annunciare, che sua maestà la regina ha dato alla luce un maschio sano e forte!”

Sua madre si voltò e guardò nella loro direzione sorridenogli, era la prima volta che la vedeva quel giorno, ed era semplicemente radiosa.
“Finalmente è nato il Delfino, non è una splendida notizia!” Non era una vera domanda, ma l’entusiasmo che lo invase prese il sopravvento e di getto senza pensarci troppo l’attirò a sé preso dall’entusiasmo e l’abbracciò quasi avvolgendola.
Fu talmente istintivo da non fargli pensare a niente, né alle eventuali conseguenze del suo gesto né a niente. L’abbracciò per un lungo istante, ma non appena l’avvertì irrigidirsi sotto di sé sciolse l'allaccio distanziandosi lui appena per primo ma le teneva ancora le mani, un leggero rossore le colorava le gote, forse l’avventatezza del suo gesto l’aveva messa in imbarazzo.

Evidentemente aveva colto nel segno giacché sentì le sue manine districarsi maldestramente tra le sue per sciogliere l’intreccio che ancora li univa.
Era troppo concentrato su di lei che tutto si sarebbe aspettato in quel momento meno che: “Ma che diavolo state facendo!?” la gracchiante voce di Audrey Bourgeois ruppe la magia che si era creata.
“VOI, mademoiselle dovreste solo vergognarvi! Stare tra le braccia di un giovane già promesso ad un’altra, siete una volgare svergognata!”

‘Come prego? Ma come osa?’
 
Madame, come vi permettete?” – quelle parole gli uscirono spontanee Mademoiselle non c’entra.” – “Monsieur Agreste, come vi permettete…” – “No, come vi permettete voi di… “ – “Di trattare così mia figlia?” Una donna minuta dai tipice tratti orientali si parò prontamente a difendere la figlia.
Adrien sapeva bene che si trattava di Sabine sua madre, diverse volte l’aveva vista sporgersi dal suo balconcino per chiamare la figlia che si attardava per colpa sua, lui prontamente si nascondeva per non farsi scoprire.
 Si voltò a guardare Marinette che nel frattempo si era tirata in disparte. Cercò il suo sguardo, ma niente continuava a guardare per terra e ad indietreggiare. Inoltre aveva distintamente notato il pallore avvolgerle il viso.
“Mademoiselle? Mademoiselle tutto bene?” quel suo comportamento non gli piaceva: “Mademoiselle…” Fece per prenderle la mano ma lei con un movimento molto rapido si voltò e fuggì in direzione della scalinata del cortile della Regina.
“Mademoiselle!” urlò sconsolato. Cosa doveva fare? Rincorrerla? E se avesse voluto stare sola? Adrien strinse sconsolato i pugni lungo le braccia:‘Al diavolo!’ pensò, e con uno scatto prese a correre nella sua direzione cercando di raggiungerla.
Quando imboccò la tromba delle scale sentì distintamente il frenetico ticchettio delle sue scarpette sulla pavimentazione, poi uno stridio ed un tonfo. 
 
“Mademoiselle!” affrettò il passo scese due gradini alla volta per raggiungerla più infretta possibile.
In un baleno la raggiunse, e la prese per le spalle quando un sussulto la scosse, e lui intuì che stava piangendo: “Mademoiselle, oh per l’amor di Dio non piangete, guardatemi.”
Purtroppo lei si ostinava a tenere basso lo sguardo, non voleva costringerla, ma voleva cercare di confortarla, senza pensarci estrasse il suo fazzoletto di lino e le asciugò i lacrimoni che le rigavano il viso.
 
Lei sobbalzò, non aspettandosi quel contatto, e fu in quel momento che lei lo guardò.
Quando incontrò i suoi grandi occhi azzurri gli si strinse il cuore nel vederli lucidi ed arrossati per colpa del pianto causato da quella strega di madame Bourgeois, vide un lampo di dolore adombrarle gli occhi: ‘Cette maudit harpie!’ pensò, decise di prendere la situazione in mano: “Venite.”
La prese per mano e la fece alzare, una volta in piedi finì di asciugarle gli occhi, era incredibilmente graziosa anche in quella spiacevole circostanza, non potè esimersi dal pensarlo notando le sue ciglia scure imperlate di lacrime.

“Mademoiselle, non dovete dare peso alle parole di quella donna, è sempre crudele ma voi non avete motivo di dar peso alle sue vuote parole.” La sentì tirare su col naso mentre lo fissava esitante, cercò di dire qualcosa quando d’un tratto un colpo di cannone sparato a salve*** dalla cima del palazzo la fece urlare di terrore, istintivamente lei si trinse a lui: Mademoiselle, state calma.” – disse ridacchiando appena a quella sua reazione che invero non gli dispiaceva affatto, anzi tutto l’opposto – “Sono solo i rituali colpi di cannone.” Lei lo sentì sogghignare e si ritrasse appena: “Vi divertite a burlarvi di me, monsieur?” – “Non oserei mai mademoiselle, il mio unico intento era farvi smettere di piangere e vedo con gioia di essere riuscito nel mio intento.”

Le sorrise e nuovamente vide le sue guance imporporasi e questo lo fece rincuorare: “Venite, tra non molto sarà buio, e cominceranno a lanciare i fuochi d’artificio in onore del Delfino.” La guardò dolcemente e le prese una mano, lei si focalizzò subito su quel suo gesto sgranando i suoi occhioni azzurri: “Se voi volete…” – lei tornò a guardarlo negli occhi – Je connais un endroit charmant où les admirer.” La vide trattenere il fiato a quella sua richiesta, sperò di non essere stato troppo avventato nella sua richiesta :“N… non so…” – disse facendo saettare lo sguardo dalle loro mani ai suoi occhi – “Non dovrei… visto quanto appena accaduto.” Abbassò nuovamente gli occhi.
“Oh, vi prego non date peso alle parole di quell’harpie!” la vide ridachiare e di questo fu più che felice: “Pensiamo solo a ripristinare il vostro splendido sorriso. Vedrete, non vene pentirete.” Le trizzò un’occhio per incoraggiarla, la vide pensarci un po su poi prese coraggio.
“Va bien, però solo per pochi minuti, non voglio far preoccupare mia madre.” Le sorrise acconsentendo, la prese per mano e la condusse con se verso la loro prossima meta.
 
 

****

 
 “Madame.” Il re si avvicinò alla regina che giaceva nel suo letto stremata dalla fatica del parto: “Avete esaudito i nostri voti e quelli della Francia.” – la regina sorrise piena di gioia nell’udire quelle parole – “Siete l’orgogliosa madre del Delfino di Francia!” La nutrice si avvicinò al letto con il bambino tra le braccia e lo depose tra le braccia della madre.
 
Finalmente era tutto finito.
Emilie rientrò nelle sue stanze a sera inoltrata, stanca e stremata, quasi come se a partorire fosse stata lei: ‘Non ancora’ pensò divertita, mentre si slacciava la parte anteriore del corsetto per liberare, almeno in parte, il petto dalle costrizioni, lasciandosi poi scivolare dolcemente sulla chaise longue, nell’anticamera della stanza da letto.
Si accarezzò dolcemente il ventre, la giornata appena trascorsa era stata colma di emozioni, ma anche molto stancante per lei.
Era stata molto contenta che sia la regina che il piccolo fossero riusciti a superare quella difficile prova indenni e soprattutto era felice che finalmente ora la posizione a corte della regina fosse ufficialmente stabile.
Da quella sera e per molte altre a seguire ci sarebbero stati festeggiamenti in tutto il regno, ma ora la donna voleva dedicarsi solo a lei, e al suo bambino.
 

“Avant d'aller dormir, mon enfant
Envoyez-moi un baiser d'amour
Pense un peu à moi, pense à moi pourquoi
Avant de dormir, je pense à vous…”

 
Cominciò a canticchiare una tenera ninna nanna che a suo tempo aveva cantato anche al suo dolce primogenito, mentre si accarezzava quel piccolo rigonfiamento che spuntava da sotto la stoffa.
 

“Avant d'aller dormir, mon enfant
Tu sentiras le cœur battre
Dans le noir, mon ombre viendra
Et lentement il te caressera
Dans ce moment divin
Je vais rêver de toi tremblant…”

 

Maman vous êtes ici?” – “Oui, mon minou, vien!” si voltò verso di Adrien che era appena entrato, fece per alzarsi, ma il suo dolce bambino la fermò, mettendole delicatamente una mano sulla spalla, era sempre così premuroso il suo dolce Adrien.
Quando la raggiunse le sorrise sedendosi affianco a lei: “Come mai non sei rimasto a festeggiare?” – “Non vi ho vista per tutto il giorno e volevo sapere come stav…” lo vide distogliere quasi subito lo sguardo e abbassarlo in imbarazzo, non comprese subito il motivo del suo improvviso disagio, poi il si ricordò del suo pettino, era ancora slacciato.Sorrise quasi canzonatoria, suo figlio era davvero un cucciolo: “Suvvia tesoro, non devi imbarazzarti.” – richiuse il pettino di un paio di filze e lui arrossì appena - “Tu stesso ti sei nutrito proprio da qui.

Maman!” Emilie rise di gusto nel vedere l’espressione sconcertata e il volto ormai paonazzo del figlio.
“Cambiando discorso.” – lo vide rivolgerle un’espressione grata – “Chi era la giovane che ti era affianco nella Galerie? Era veramente graziosa.” Una strana luce illuminò gli occhi smeraldini del figlio: “Oh, si tratta di mademoiselle Dupain.” – portò una mano dietro la nuca, e con questo semplice gesto la donna intuì che gatta ci covava. – “È una fanciulla molto gentile e di buon cuore, trovo piacevole la sua compagnia.” Eccola lì, la conferma che cercava.“Non sarai per caso innamorato, mon chou d'amour?” - Lei inarcò un sopracciglio nel vederlo strabuzzare gli occhi a quella sua considerazione “innocente” – “NO! Maman, elle est just une amie…Adrien non era affatto bravo a mentire, o semplicemente a tenerle nascosto troppo a lungo qualcosa, ma chiunque avrebbe potuto leggere l’imbarazzo sul suo viso e intuire la poca convinzione della sua affermazione   

Non fece in tempo ad esternare quel suo pensiero, perché un leggero movimento dentro di lei la fece sussultare: “Si è mosso…” fu appena un sussurro: “Adrien, mon cœur senti.” Prese la mano del figlio e la posizionò nel punto in cui aveva sentito il bambino muoversi, e con sua immensa gioia si mosse nuovamente tirando leggero colpetto.
Emilie sentì i suoi occhi velarsi di lacrime dalla gioia, aveva scordato ormai da tempo quella splendida sensazione. Guardava Adrien che meravigliato teneva ancora la mano sul suo grembo, lo guardò con tutto l’amore del mondo, presto il suo gattino non sarebbe più stato solo. Un fratellino - o sorellina – avrebbe presto fatto parte della loro vita.
 
 
 

****

 
 

  • Il parto della regina fino al 1781 aveva luogo in pubblico – come generalmente avvenivano tutte le cose riguardanti i sovrani -, perché c’era bisogno di testimoni che confermassero che fosse effettivamente la regina a partorire, ma dopo la nascita di Madame Royale, Maria Antonietta abrogò questa usanza, consentendo solo ad alcuni membri della corte di assistere ai tre parti successivi. Questo, insieme a tante altre piccole cose contribuirono ad aumentare l’ostilità nei suoi confronti dai vari membri della corte.

 

  • Secondo una credenza medievale l’unicorno, ovvero un animale puro poteva essere avvicinato soltanto da una fanciulla vergine, di conseguenza una donna sposata e per tanto non più pura non aveva possibilità di avvicinarlo.

 
***Colpi di cannone sparati a salve = era tradizione delle famiglie reali sparare 101 colpi di cannone a salve per annunciare la nascita di un figlio.
Quando invece si trattava di una bambina ne venivano sparati solo un’ottantina.
 
 
Convenevoli finali:
 
Sono tornata, dopo tempo immemore lo so, ma sfortunatamente nonostante tutta la mia buona volontà mi è stato impossibile pubblicare prima a causa del corso che mi lascia sempre meno tempo ed energie da dedicare alla stesura e successiva pubblicazione.
La buona notizia – per voi - è che quest’anno salterò a piè pari le vacanze, quindi andrò avanti a pubblicare senza l’interruzione della pausa estiva, si spera in modo molto più regolare, ma non faccio promesse.
 
Detto questo spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, e preparatevi ai prossimi capitoli, perché il vantaggio delle lunghe attese è che spesso sono lautamente ricompensate!!
Buona serata e see u next!

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: Starfallen