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Autore: Junna    08/06/2021    1 recensioni
Brianna Trevelyan aveva sempre creduto che il fine di un’azione ne giustificasse i mezzi, a maggior ragione se il suddetto fine fosse di natura completamente rispettabile – ritrovare suo fratello, per esempio, anche se con l’ausilio di un filatterio rubato.
Sul rubare avrebbe soprasseduto volentieri ma Gideon – l'altro fratello, il templare – le aveva spiegato che non c’erano altre vie percorribili.
Così, prendere le vesti da novizia le era sembrata una scusa più che nobile per rompere un fidanzamento e scappare nel Ferelden a cercare il fratello, senza dover fornire penose spiegazioni al marito mancato. Dopotutto, il Creatore era sempre stata un’entità assente a cui credeva a giorni alterni e non aveva minimamente pensato che quella bugia, a fronte di una vita quasi impeccabile, avrebbe potuto portare alla distruzione del Tempio, a un buco nel cielo e alla morte di migliaia.
La gente la chiamava Araldo e la considerava una sopravvissuta ma non era che un’egoista e una bugiarda. Quanto ancora potevano resistere le sue menzogne, con la Cercatrice che la seguiva come un mabari e Usignolo che – di sicuro– aveva già sguinzagliato i suoi per svelare ogni suo segreto?
[In riscrittura]
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Bellitanus 

 

Nota come "la Fanciulla" nel gergo comune, le raffigurazioni della costellazione di Bellitanus variano da un'era all'altra. Le donne socialmente più in vista si sono sempre contese il vanto di essere l'incarnazione della Fanciulla: la Regina Madrigal nell'Era Sacra, per esempio, e la stessa Regina Asha prima di lei. Nessuna di esse avrebbe apprezzato sapere che, originariamente, questa costellazione faceva riferimento a Urthemiel, l'Antico Dio della Bellezza. 

—Da Studio sull'astronomia dei popoli del Thedas, di Sorella Oran Petrarchius 




 

1 

Sorella Menzogna 

 

 

 

Bugiarda.  

Credeva sarebbe riuscita a tenere a bada il senso di colpa ancora per un po’, ma la voce della coscienza aveva iniziato a cantilenare nelle orecchie. Con lo stomaco in fiamme a stento ricacciò indietro un conato di vomito e, sotto il copricapo da novizia, i capelli erano umidi di sudore, lo sentiva scendere tra le scapole e poi giù, lungo la schiena.  

Bugiarda. 

Osservava con sospetto la folla circostante, in attesa di fare il proprio ingresso al Tempio delle Sacre Ceneri, resa un’onda confusa dalle vesti identiche e tinte dei colori della chiesa. Il sole cucito sul petto era pesante come un macigno e Brianna respirava a fatica, nonostante l’aria estiva fereldiana fosse tutt’altro che bollente. 

Bugiarda. 

Il filatterio brillava di una luce fioca – troppo fioca perché il suo possessore fosse al Tempio. Eppure, era sicura che lo avrebbe trovato lì – erano sicuri, lei e Gideon.  

Nascose la fiala nel pugno. Tremava, mentre rinfilava la mano tra le pieghe della veste e il vociare dei fedeli le riempiva le orecchie.  

Bugiarda.  

Se anche avesse mai dubitato dell’esistenza del Creatore, lì al Tempio riusciva a percepirne la presenza, il Suo sguardo nei raggi di luce che la costringevano a strizzare gli occhi.  

«Sorella Brianna.»  

Il cuore le sprofondò nel petto, un sussulto appena accennato a scuoterla. Indossò un cipiglio serio pregno di indifferenza e ricacciò sotto pelle ogni guizzo d’emozione, come le aveva insegnato sua madre.  

«Sorella Theresa, che sorpresa. Ti credevo attaccata alle gonne della Venerata Madre» disse, un velo di sarcasmo nella voce.  

Theresa non faceva che tormentarla dal momento in cui aveva messo piede nella congrega di Ostwick ma la cosa, più che infastidirla, le faceva una gran pena: era stata spinta fra le braccia del Creatore dalla famiglia e il risentimento che portava dentro di sé la rendeva particolarmente attenta alle mancanze degli altri, sempre pronta ad elargire critica e regalare sospetto. Brianna era stata abbastanza sfortunata da attirare la sua attenzione, soprattutto da quando la Venerata Madre l’aveva messa su un piedistallo talmente alto da poter quasi sfiorare il cielo – e dal quale Theresa non vedeva l’ora di buttarla giù. 

La vide trattenere il respiro, gli occhi neri spiritati e le guance che si tingevano di rosso – e non per la vivace brezza del mattino.  

«Invece sono qui a tenerti d’occhio» sussurrò tra i denti. La prese per il gomito con il chiaro intento di farle male. «Potrai ingannare Madre Pernilla – troppo presa a contare le monete tintinnanti donate dalla tua famiglia – ma non inganni me. Quelle come te le conosco bene.»  

Col suo fiato sul collo, capì che cercava di intimidirla; ma avrebbe preferito crepare piuttosto che darle una soddisfazione e sostenne il suo sguardo, senza riuscire a liberarsi da quella morsa. Per il Creatore se era forte – la gonna da templare le avrebbe donato molto più della tonaca da sorella della fede.  

Iniziava a non sentire più il braccio, la presa sul filatterio sempre più difficoltosa. Se non si fosse liberata al più presto... no, non voleva neanche pensare alle conseguenze. 

 «Quelle come me? O cielo, ora sono curiosa.» 

«Sgualdrine. Vi basta lo sguardo di un templare durante una funzione noiosa e siete pronte ad alzare le gonne e buttare all’aria tutto, persino un matrimonio.» 

Brianna alzò gli occhi al cielo, consapevole di essere diventata l’affare più succulento della stagione di Ostwick. Stando alle voci, non si parlava d’altro persino nei salotti delle città-stato vicine e chissà per quanto tempo ancora i genitori avrebbero dovuto patire le conseguenze di quella decisione tanto avventata quanto incomprensibile. 

«Un templare che i nobili Trevelyan non reputavano abbastanza per te e hai deciso di diventare la sua puttana? Pensi di essere troppo nobile per piegarti ai dettami della Chiesa?» domandò, ogni parola imbevuta di veleno.  

Si lasciò sfuggire una risata. «Sei tanto devota quanto pettegola, Sorella Theresa. Ma la sia una cosa? Finché non prendo i voti posso diventare la puttana di chi voglio» fece, blasfema come mai era stata nella sua vita.  

La presa sul suo braccio divenne ancora più stretta, le dita come artigli. Brianna afferrò il polso della donna per tentare di indebolire la morsa ma sembrava immune al suo tocco. Theresa la strattonò, la mano volò via dal nascondiglio e il filatterio scivolò giù, rotolando sul selciato. Due paia d’occhi seguirono la fiala, fino a che una pietra in rilevo non fermò la sua corsa, rivelandone il flebile scintillio. 

«Un mago, non un templare» sussurrò, una nuova consapevolezza ad illuminarle il volto. «Bugiarda e ladra!»   

Le lasciò il braccio per lanciarsi sul filatterio ma Brianna fu più veloce. Si gettò a terra, afferrò la fiala e rotolò su un fianco. Theresa la prese per una caviglia, tirandola a sé e poi la afferrò per il colletto della veste. Era in trappola.  

«Eresia! Una Sorella ha rubato un filatterio!»  

Incombeva su di lei, un’ombra ad oscurare il sole. Sentiva lo sferragliare di passi in avvicinamento – templari. Doveva agire subito o tutto quanto sarebbe andato perso nell’oblio. 

Forse fu per merito dell’istinto – o dei ricordi delle tecniche di difesa apprese da suo fratello Gideon ad ogni licenza dall’Ordine – ma qualcosa scattò in lei.  

Fece scivolare la catenella del filatterio lungo la manica, liberando il palmo e, con una forza che non sapeva di possedere, colpì le orecchie della Sorella a mani aperte. I palmi le bruciavano, tanto era stato forte lo schiaffo. Theresa mollò la presa di colpo, mani alla testa, il volto una maschera incrinata.  

Tanto le bastò.  

Scivolò via da lei e, senza guardarsi indietro, si gettò tra i chierici, storditi dall’alterco finito in rissa. Si fece strada a spintoni tra la folla sempre più fitta ed entrò di prepotenza nel tempio, pregando che i templari allertati non riuscissero a raggiungerla.  

Il panico minacciò di toglierle il respiro quando si rese conto che più si addentrava tra la folla più si cacciava in una trappola tanto profonda, da cui forse non sarebbe mai riuscita a uscire. Poteva soltanto pregare di confondersi tra le anime ma, più si spingeva in avanti, più le personalità si facevano importanti e la sua veste da novizia era l’unica pennellata stonata di quel quadro religioso perfetto.  

Creatore, ti prego. Se è vero che esisti dammi un segno, uno qualunque.  

Sgusciava tra le vesti col capo chino per tentare di non dare nell’occhio e fu allora che lo vide, quel segno che tanto bramava: uno strano fascio verde colorò l’orlo della sua tonaca. Proveniva da una porta socchiusa, uno spiraglio appena accennato e quasi impossibile da notare – a meno che l’occhio non sapesse cosa cercare.  

Si voltò solo per un attimo ad osservare il marasma di gente in fermento: i bastoni dei maghi sembravano crepitare e i templari pronti a scattare, le mani guantate poggiate sull’elsa delle loro lame. Se questi erano gli animi, dubitava che il Conclave avesse una reale speranza di riuscita – ma non era certo un suo problema, non in quel momento. 

Si infilò dietro quella porta come un’ombra e l’ultima cosa che le parve di sentire fu l’abbaiare dell’Alto-comandante di Ostwick che la chiamava per nome.  

Il resto sarebbe presto diventato storia.  

 

 

 

 

Terre Centrali, accampamento dell’Inquisizione 

 

Calciò via le coperte e si tirò su a sedere, le mani tra i capelli e un respiro arrabbiato nel petto.  

Era stanca, prosciugata di ogni energia eppure non riusciva a chiudere occhio per più di una manciata di minuti per volta.  

Il marchio bruciava – per il Creatore, se bruciava – ma il palmo sinistro era gelido, il dolore acuto e intermittente come se decine di spilli la trafiggessero uno dopo l’altro, e poi da capo, senza tregua. 

 Uscì dalla tenda, sulle labbra uno sbadiglio rumoroso, e trovò Solas davanti al fuoco, seduto su un tronco. Le fece cenno di unirsi a lui. 

Sospirò, preparandosi alla ramanzina elfica che sapeva di meritare. 

«Sonno agitato?» fece lui, ma senza lasciar trapelare alcun giudizio.  

«Non scindere gli squarci per più di una volta e se puoi evitarlo del tutto, evitalo – avevi ragione. Ho imparato la lezione.»   

Solas scosse la testa, serio – ma lei avrebbe giurato che uno degli angoli della bocca si fosse sollevato. 

«Brianna, la tua sofferenza non mi provoca alcuna soddisfazione.» 

Sbuffò, poco convinta. «Dovrebbe, me la sono cercata.» 

Stavolta l’elfo sorrise apertamente e le prese la mano tra le sue. Chissà come, riuscì a rendere gli spilli meno appuntiti e a ridurre il dolore ad un semplice fastidio. Si massaggiò la mano e lo guardò, in un muto ringraziamento che lui afferrò senza bisogno di parole.  

«Sai che abusare del marchio ti prosciuga, senza contare che non sappiamo con certezza che effetto avrà su di te. Eppure, scegli di abusarne. Ti fa onore.» 

«Onore? Io la chiamerei compensazione: sul campo sono inutile ed impacciata.» 

Non era ancora pronta agli scontri corpo a corpo – la Cercatrice e il Comandante sembravano d’accordo su questo punto – e di certo i goliardici tornei di tiro con l’arco nei giardini della tenuta di Ostwick non l’avevano preparata alla guerriglia. La sua lentezza la rendeva pericolosa, per sé e per gli altri.  

Non poteva certo nascondersi e limitarsi ad aspettare il momento di chiudere gli squarci! Aveva anche lei una dignità!

Scinderli dava un vantaggio non indifferente ai suoi compagni e, come detentrice del marchio, sentiva il dovere di fare la sua parte – nonostante lo stomaco le dicesse che far parte dell’Inquisizione equivaleva a scavarsi la fossa con le proprie mani.  

Il marchio la rendeva preziosa, unica nel suo genere e insostituibile. Ma non la rendeva più capace né tanto meno indistruttibile. Anzi, era l’anello debole del gruppo. 

«Come... sta?» chiese, titubante.  

La Cercatrice le aveva fatto scudo col suo corpo, beccandosi un colpo diretto a lei – congelata sul campo, arco in mano, incapace di reagire. Non le aveva più rivolto la parola da allora. 

«Sta bene, poco più di un graffio per una della sua costituzione. Niente che qualche punto, una pozione e una notte di sonno non possa sistemare.» 

Strinse le ginocchia al petto, come faceva da bambina quando voleva proteggersi dagli hurlok nascosti sotto il letto.  

«Deve essere frustrante far da balia all'Araldo e accettare che il Creatore abbia riposto in me la chiave per poter uscire da questo... pasticcio.» 

Incassò il collo tra le spalle, ingobbita dal peso di quella responsabilità senza senso. Una vita impeccabile come la sua e, al primo colpo di testa, il disastro si era abbattuto sul mondo.   

A quest’ora avrebbe dovuto essere sposata! Aveva lavorato così tanto per quel contratto: anni di cene di facciata, interminabili balli, il volto dolorante per i sorrisi falsi. E invece aveva rotto il fidanzamento e quasi rovinato la sua famiglia, mentre cercava il modo di scappare nel Ferelden e raggiungere Gideon ad Haven. Quando forse, se solo fosse stata sincera... 

«Ma non è a questo che serve la fede? Cercare il significato laddove la natura umana fallisce?» 

Avrebbe voluto rispondere che non era solo la natura umana ad aver fallito se nemmeno lui, forte dei suoi viaggi nell’Oblio, era riuscito a carpire niente di utile; ma si trattenne. 

Solas non meritava la sua rabbia, tutt’altro. Era l’unico a tener conto del suo punto di vista, l'unico a sforzarsi di vederla veramente. Per gli altri era più che altro una personalità ingombrante: troppo sacra da lasciare da parte, ma troppo poco sacra perché la sua opinione contasse qualcosa. E ai consiglieri non piacevano le sue opinioni.  

Consiglieri di chi poi?   

Suoi no di certo, se si aspettavano che eseguisse gli ordini in silenzio, senza fare rimostranze. L’ultimo Consiglio era stato talmente penoso che avrebbe preferito lanciarsi in uno squarcio piuttosto che presenziare a quello successivo.  

«C’è una cosa che mi incuriosisce di te.» 

Brianna alzò gli occhi sull’elfo, incerta. «Pensavo che solo l’Oblio fosse materia d’interesse per te.» 

«Lo credevo anch’io» disse, accavallando una gamba e incrociando le dita sul ginocchio. «Ma quando distolgo lo sguardo da lì, non posso fare a meno che studiarti.» 

Lasciò che la frase fluttuasse tra loro, nel silenzio dell’accampamento sopito. Lo scoppiettare vivace del fuoco era l’unico suono ad animare l’aria notturna e lo sguardo dell’elfo sembrava volerle leggerle l’anima.  

«Stai cercando qualcuno, Brianna. Qualcuno a cui tieni molto e che temi possa cadere vittima di questa guerra fratricida tra maghi e templari.» 

Trattenne il respiro, mentre si faceva strada la sensazione che Solas non solo la ascoltasse veramente ma che fosse in grado di andare oltre le parole, oltre le bugie. Come se camminare dall’altra parte del velo gli avesse donato occhi in grado di guardare al di là delle maschere da quest’altra parte.  

«Non mi sfuggono i tuoi sospiri di sollievo ogni volta che ti avvicini al corpo di un mago e ti accorgi che non è chi stavi cercando.» 

Avrebbe voluto scappare, lontana da quegli occhi sapienti e affilati. 

«Quando sei uscita dall’Oblio avevi la mano serrata attorno ad una fiala, come se ti ci fossi aggrappata con tutte le tue forze.» 

Brianna spalancò gli occhi, il respiro intrappolato nel petto. Per settimane aveva creduto che il filatterio di Dominic fosse perduto per sempre e invece... 

«I consiglieri. Ce l’hanno loro» fece, poco più di un sussurro. 

«Probabile.» 

«Ma perché tenermelo nascosto? Come hanno... potuto?» 

Non riusciva a crederci. Non voleva crederci. Aveva sopportato le ingiurie e le accuse di essere stata la causa dell’esplosione del Conclave, aveva ingoiato il proprio volere quando era stata trascinata sul campo a indossare i panni di un ruolo che non aveva scelto. E loro l’avevano ripagata nascondendole il filatterio di suo fratello.  

«Non posso dire di avere la risposta a tutte le tue domande», le disse, gli occhi puntati alle fiamme ma che guardavano altrove. «Ma sospetto che avessero il timore che, una volta restituito, ci avresti lasciati per cercare la persona che credevi di trovare al Conclave.» 

Brianna scattò in piedi, un calore che le risaliva su per il collo, colorandole di rosso le orecchie. Aveva i palmi sudati e li sfregò sui pantaloni nel tentativo di togliersi l’umido di dosso.  

«Non l’avrei mai fatto! Avrei soltanto sfruttato il filatterio durante i nostri viaggi per avvicinarmi a mio fratello.» 

«Temevano di perdere l’unico mezzo per salvare il mondo.» 

«Notevole il tuo tentativo di giustificarli, Solas. Ma dubito se lo meritino.» 

Si alzò, la prese per le spalle e la fronteggiò.  

«Brianna, sei arrabbiata e lo comprendo.»  

Cercava di infonderle calma ma, in quel momento, neanche lui sembrava in grado di placare il fiotto di rabbia che le faceva gorgogliare il sangue. «Forse hai ragione, non se lo meritano. Ma non dubito che lo abbiano fatto in buona fede. Talvolta bisogna sacrificare qualcosa – o qualcuno – per un bene superiore.» 

«Non ho intenzione di sacrificare mio fratello!» 

Solas la lasciò andare per nulla turbato dalle sue parole. 

«Forse è per questo che hanno preferito tacere.» 

Ignorò quelle parole e si tuffò nella tenda, lontano da lui e lontano dai suoi occhi. Si rintanò sotto le coperte grezze e serrò le palpebre, sperando che il sonno la trovasse presto.  

Non dubitava della loro buona fede nemmeno lei: avrebbero potuto usare il filatterio di Dominic per ricattarla, costringerla a restare. Ma avevano comunque scelto una strada facile, quella di non fidarsi di lei -  era proprio quell’assenza di fiducia a ferirla più di ogni altra. 

Ma forse era sciocco aspettarsi fiducia quando aveva costruito intorno a sé una torre fatta di verità non dette.  

 

 

 

 

 

Haven 

 

Gideon osservò la sorella smontare da cavallo, il volto scuro e una ruga in mezzo alla fronte.  

Qualsiasi cosa fosse successa in quella settimana di peregrinazione per le Terre Centrali non sembrava aver stiepidito i rapporti con la Cercatrice: le due erano ai ferri corti esattamente come quando erano partite. 

Brianna gli lanciò un’occhiata, un cenno quasi impercettibile col mento. Aveva novità e, a giudicare dalla stizza con cui scese da cavallo, non erano buone.  

Del sole non rimaneva che un timido alone dietro le montagne e nel paesotto iniziava a calare il silenzio: le reclute sfinite marciavano verso la locanda e, dopo una lunga giornata di lavoro, Harrit e i suoi stavano mettendo in ordine gli attrezzi. Era il momento giusto per scambiare una parola con la sorella senza dare troppo nell’occhio.  

Si avvicinò alle stalle e la trovò ad impartire ordini ad un giovanotto dall’aria imbarazzata.  

«Lady Araldo, sono certa che il ragazzo sia in grado di spazzolare la vostra cavalcatura come si conviene.» 

«Ma certo» disse, un sorriso tirato mentre consegnava le redini allo stalliere. «Ti chiedo scusa, mio padre alleva cavalli e ho il brutto vizio di impicciarmi. Non intendevo sminuire il tuo lavoro.» 

«Ma figuratevi, mia signora. Vi fa solo che onore.» 

La vide irrigidirsi per poi voltarsi verso di lui.  

Aveva il viso così stanco e pallido, gli occhi chiari – azzurri e affusolati, tratto distintivo dei Trevelyan – erano arrossati e cerchiati di scuro. La treccia castana era sfatta, i capelli ricadevano disordinati sulle spalle e avevano l’aria di non vedere una spazzola da giorni. Da quando era partita sembrava più vecchia e quella consapevolezza gli spezzò il cuore. 

«Posso scortarvi, Lady Araldo?» 

Lei gli sorrise e accettò il suo braccio, salutando con un cenno della mano lo stalliere.  

«Brutte notizie?» sussurrò, mentre la conduceva lontana da occhi e orecchie indiscrete.  

Era un templare, non aveva i sensi acuti come le spie di Usignolo ma, nelle ultime settimane, aveva studiato e osservato; anche se con fatica, iniziava a notare i suoi agenti tra le ombre e gli anfratti di Haven. Forse il suo era eccesso di zelo, ma preferiva comportarsi come se avesse costantemente qualcuno alle calcagna. Se era sopravvissuto per mesi nel Ferelden in incognito – nel bel mezzo degli scontri tra maghi e templari – non poteva essere stata una tattica così malvagia.  

«Pessime notizie. Il filatterio di Dominic...», la voce ridotta a un filo, «ce l’hanno loro.» 

«No, non è possibile... come lo sai?» 

«Solas.» 

La spinse tra gli alberi, gli stivali che affondavano nella neve. 

«Possiamo fidarci?» 

Brianna lasciò andare il suo braccio, offesa, una vampata di rosso sulle guance.  

Buon Creatore, aveva detto la cosa sbagliata.  

«Perché non dovremmo? Perché è un eretico?» 

«Sorellina, tecnicamente siamo tutti eretici adesso. E no, non è perché è un mago, nessun campanellino templare è scattato – sta’ tranquilla.» 

Sfregò la barba con entrambe le mani. La detestava con tutto se stesso ma aveva paura che, se l’avesse tagliata, tutti si sarebbero accorti del loro legame di parentela e preferiva tenerlo segreto, così da rimanere un’anonima recluta agli occhi della Capo spia. 

Inoltre, una volta messa in moto, quella bugia era totalmente sfuggita al suo controllo e ora tutti lo conoscevano come Ser Trevor – sarebbe stato rischioso tornare indietro, col rischio di macchiare l’immagine che il Comandante si era fatto di lui.  

«Se ti fidi, mi fido anch’io.» 

Brianna rilassò le spalle e sospirò. «Solas almeno non mi ha nascosto la verità.» 

Tornarono sui loro passi, diretti verso le porte di Haven.  

«Mi aspettano nella sala da guerra, temo» disse, varcando la soglia e indugiando davanti alla prima rampa di scale, un cenno col capo a Varric, che ricambiò indicando la locanda e portando alle labbra un boccale immaginario. Lei rise, rivelando le fossette sulle guance e acquistando un po’ di colore. 

«Ti aspetto al solito tavolo!» 

E Brianna annuì, lo sguardo che si ammorbidiva, la ruga sulla fronte più tenue.  

«Ti sei fatta un amico, vedo.» 

Parve pensarci, massaggiando il collo mentre saliva le scale e superava la tenda di Threnn. Gideon camminava un passo dietro alla sorella, come ci si aspetterebbe da una recluta dell’Inquisizione. 

«Non saprei. Un alleato, per il momento.» 

«Un alleato? E contro chi?» 

«La Cercatrice Phentagast, naturalmente. Nella sua personale lista nera, il mio nome deve essere proprio di fianco a quello di Varric. Almeno la compagnia è buona.» 

Erano ormai a pochi passi dalla Chiesa e lei si voltò. Gideon abbassò lievemente il capo, pugno al petto in segno di rispetto e ad assecondare il sempre presente eccesso di zelo.

«Fratello, tieni gli occhi aperti. Quant’è vero il Creatore, troverò un modo per riavere quel maledetto filatterio, dovessi infilarmi sotto il letto di Usignolo o nella tenda del Comandante.» 

La guardò sparire dietro il pesante portone della Chiesa. Sembrava una minaccia detta per dire, per rabbia o preda dell’impeto del momento, ma lui sapeva bene che le minacce della sorella raramente cadevano a vuoto.  

Dopotutto, era una Trevelyan.  

Modesti di carattere, audaci nell’impresa. 

 

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NdA

 

Benvenuti! Questo è il mio primissimo tentativo di mettere nero su bianco la storia di uno dei miei OC! Sono anni che non scrivo qualcosa e la ruggine si vede ma spero che questa fatica possa stuzzicare il vostro interesse.  

Mi piace pensare che gli inizi dell’Araldo non siano stati poi così rosei, soprattutto nel rapporto con i consiglieri. Nemmeno due ore prima legato come un salame nelle prigioni e due ore dopo già a prendere decisioni al posto loro – certo, nelle dinamiche da “videogiocatori” funziona ma il bello delle Fanfiction è esplorare i propri headcanon e tentare di incastrarli con il canon come le tessere di un puzzle.  

Questa storia sarà condita di missing moments, missioni secondarie e punti di vista alternativi per affrontare i nodi centrali della trama. Il mio intento è rendere l’esperienza di lettura il meno dejavù possibile, pur camminando entro i binari della trama che tutti conosciamo.  

Per citare i nostri Araldi/Inquisitori “that’s enough for now”.  

 

   
 
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