NdT Dopo il primo capitolo, che potremmo definire un prologo per contestualizzare la particolare situazione su cui ruoterà questa storia, ecco il vero inizio di “Sweet Home Baker Street”.
Buona lettura a chi prosegua.
Titolo: Sweet Home
Baker Street
Autore originale: All_I_Need
Traduttrice: Liriel4444
Baker Street, dolce
casa
Capitolo 2
Come chiedi il divorzio a un marito che non hai mai saputo di
avere, se non gli parli da quattro mesi?
La soluzione di John, sebbene non raccomandata dagli esperti,
fu di mandare Mary a casa, con la promessa di risolvere subito questo
pasticcio, saltando su un taxi e dirigendosi al 221b di Baker Street (un posto
in cui, in teoria, si era ripromesso di non mettere mai più piede), per varcarne
la soglia come una furia che sarebbe stata torreggiante, se solo lui fosse
stato più alto di almeno quindici centimetri.
Il corridoio sembrava più o meno lo stesso, il che non aiutò
lo strano senso di vertigine che investì John, al solo pensiero di tornare a
ciò che era stata (e se fosse stato del tutto onesto con se stesso era ancora)...
casa.
Tuttavia, gli diede solo uno sguardo di sfuggita nella sua
corsa furiosa su per le scale e un attimo dopo irruppe nel soggiorno, dove
Sherlock, che era in piedi sul divano, intento ad appuntare dei fogli sul muro,
lo guardò, perse l'equilibrio e cadde all'indietro. Il consulente riuscì a
controllare la caduta prima di sbattere la testa sul tavolino da caffè, ma non
a evitarla e John si sporse d’istinto in avanti per prenderlo, come avrebbe
fatto tre anni prima.
Si bloccò giusto in tempo e Sherlock finì col sedere sul
pavimento, fissandolo come se John fosse un miraggio, gli occhi spalancati per
la sorpresa e qualcosa che assomigliava in modo sospetto alla gioia. Nel
proprio profondo, John sentì un po' di rabbia affievolirsi alla vista di
Sherlock. Dio, gli era mancato quel pazzo bastardo.
"John." Era stato meno di una parola e più un sussurro
e c'era un'onesta sorpresa sul viso di Sherlock. Per una volta nella sua vita,
John lo aveva colto alla sprovvista.
Il dottore deglutì, stringendo le dita intorno ai fogli che
aveva in mano: "Sherlock."
Dio, erano davvero passati quattro mesi? Si sorprese a
fissare Sherlock, ancora seduto sul pavimento e in apparenza non ancora pronto
ad alzarsi. Il tumulto spettinato dei riccioli scuri, gli occhi iridescenti, gli
zigomi abbastanza affilati da tagliare. Aveva perso peso e c'erano borse scure
sotto i suoi occhi. Non dormiva o mangiava abbastanza. Aveva un’ombra di barba
ispida sul mento? John aveva visto solo una volta Sherlock non rasato e quella
era stata una scelta deliberata, per un caso. Questa, però... questa sembrava trascuratezza.
Ciò gli causò una strana fitta.
John stava per passarsi una mano sul viso, ma il gesto gli
ricordò le carte che aveva stretto da quando era uscito dall'ufficio del Registro.
"Io, uh... come stai?" domandò Sherlock.
John sbatté le palpebre. Conversazione spicciola? Da
Sherlock? "Molto arrabbiato, cazzo," ribatté.
Sherlock abbassò lo sguardo: "Ti ho detto che mi
dispiace, John."
Quella sera, a un certo punto, l'aveva fatto, ma adesso non aveva
importanza.
"Non per quello. – sospirò John. E, quando Sherlock lo
guardò, aggiunse in fretta – Beh, non solo per quello."
Finalmente Sherlock si alzò a fatica, in modo piuttosto
sgraziato: "Allora perché sei qui? Vuoi urlarmi contro ancora un po'? O
prendermi a calci nei denti, forse?"
L’osservazione fece sussultare John. La violenza lo
travolgeva sempre troppo in fretta: "No. Sto... senti, mi dispiace per quello.
Ero…"
"Arrabbiato. – terminò Sherlock per lui – Eri
arrabbiato. Lo capisco, John."
John scosse la testa: "Sì, ma non è una giustificazione.
Non avrei dovuto picchiarti. Non è stato... giusto."
"Non ho mai voluto né avuto bisogno delle tue scuse. –
gli disse Sherlock – Non posso certo affermare di essermi comportato nel
miglior modo possibile. Allora, perché sei qui? – il consulente fece una pausa
e qualcosa cambiò nel suo tono –Stai... tornando a casa?"
Oh.
John deglutì. Non gli era passato per la mente che Sherlock
potesse pensare che lui tornasse a Baker Street. Che Sherlock potesse volerlo.
Dopotutto, sembrava che per due anni se la fosse cavata benissimo anche senza
di lui.
"Io, uh... no. – si strofinò la nuca con la mano libera,
sentendosi all'improvviso a disagio – Oggi, Mary ed io siamo andati all'ufficio
del Registro."
Sherlock sembrò confuso: "Ah sì?”
"Per ottenere la licenza di matrimonio," spiegò
John, sperando che Sherlock capisse da solo.
La sua espressione rimase imperscrutabile: "Devo
congratularmi con te?"
John sbuffò: "Non me lo aspetto, ma sarebbe carino,
però."
"Congratulazioni," mormorò Sherlock, suonando come
se non lo intendesse sul serio.
John sospirò: "Sì, va bene lo stesso. Non possiamo
sposarci."
Sherlock sbatté le palpebre.
"A quanto pare,
– continuò John, ritrovando un po' della rabbia che provava quando era arrivato
– non posso sposarmi perché lo sono già."
A queste parole, sembrò che Sherlock fosse diventato un po'
più pallido, ma era difficile da dire con certezza. Era bianco come qualcuno
che non uscisse da settimane.
John fece un passo verso lui. "A quanto pare, – riprese
con voce più bassa – un certo giorno, circa due anni e mezzo fa, ti ho
sposato."
Forse fu il modo in cui Sherlock sussultò o il modo in cui si
rifiutò di incontrare lo sguardo di John, che alla fine gli fece comprendere in
pieno l’enormità di ciò che era accaduto.
"Ti ho sposato!
– ripeté John, mezzo sorpreso e mezzo furioso – Ci siamo sposati! E non ne ricordo
un solo secondo. Non i voti, non la cerimonia, non gli anelli. Quindi, puoi
immaginare la mia sorpresa, quando la signora dell'ufficio del Registro mi ha
mostrato un certificato di matrimonio con sopra entrambi i nostri nomi! Hai
niente da dire al riguardo?"
Sherlock aprì la bocca, esitò e la richiuse.
John annuì bruscamente. "È quello che pensavo.
Ecco."
Tese le carte e Sherlock allungò la mano e le prese:
"Che cosa sono?"
Si stava comportando deliberatamente da stupido? Di solito
non gli ci voleva così tanto per capire, giusto?
"Sono i documenti per il divorzio, – ribatté John – E tu
li firmerai."
Sherlock fissò i fogli e poi li lasciò cadere sul tavolino da
caffè.
"No."
*****
"No? – gli fece eco John – Che cosa intendi dire con
no?"
"Voglio dire esattamente quello che ho detto. – Sherlock
incrociò le braccia – No."
"Sherlock..."
L'esasperazione nella voce di John, sul suo viso, erano
familiari in modo doloroso. Sherlock lo avrebbe sfidato con piacere, se solo
avesse potuto guadagnarsi un ulteriore minuto o due della presenza di John, che
gli era tanto mancata.
"Non firmo."
"Perché?" chiese John e Sherlock si rese conto di
avere una lunga lista di ottime ragioni, ma di non poterne, in ogni caso,
pronunciare nemmeno una.
Invece, si limitò ad alzare le spalle.
John sospirò: "Senti... se questa è una sorta di
vendetta contro di me, perché non ti parlo da quattro mesi, ti dirò che ero perfettamente
giustifi…"
"Non lo è," lo interruppe Sherlock, anche se una
parte di lui non poteva fare a meno di pensare che lo fosse. Stare via per due
anni interi era stata una tortura, e non solo in senso figurato, ma questi
ultimi quattro mesi, in cui John aveva rifiutato qualsiasi contatto, lo avevano
logorato.
"Entri qui, non dico con un ‘come va?’, ma senza nemmeno
salutare, e inizi a darmi ordini come se fossi una specie di scimmia ammaestrata.
Quindi no, non firmerò nulla. Non sei nella posizione per chiedermi qualcosa,
John. Ho già fatto anche troppo per te e non ci ho guadagnato nulla. Quindi
perdonami se non voglio continuare su questa strada."
"Per me? – ripeté John e nei suoi occhi c'era quel
luccichio che Sherlock aveva sempre amato provocare – Quando, esattamente, hai
mai fatto qualcosa per me? Perché ricordo che te ne sei andato per due anni e che
mi hai fatto credere di essere morto."
"È quello che pensi sia successo? – chiese Sherlock,
lasciando cadere le spalle – Due anni e quattro mesi e non ti sei mai chiesto...?
"
"Chiesto che cosa?"
Sherlock scosse la testa, sentendo che la gola gli si
chiudeva. No, adesso non poteva parlare. Non aveva dormito una notte intera nemmeno
una volta, da quando era tornato, non aveva intenzione di portare tutto alla
luce del giorno: "Dimenticatelo."
John incrociò le braccia: "Va bene. Lo farò... se firmi
i documenti."
Sherlock lo fissò a lungo, osservando la posizione di John,
il volto familiare. Almeno si era rasato via quegli orribili baffi.
Alla fine era venuto. Era tornato a Baker Street e non
sarebbe rimasto. Dopo quattro interminabili mesi, che lui aveva trascorso senza
John, come non avrebbe dovuto succedere, alla fine era tornato da lui, solo per
andarsene per sempre. Non poteva sopportare che accadesse. Non in questo modo, non
con così tante cose non dette.
"In tal caso, – disse a bassa voce – spero che non ti dispiaccia
restare deluso."
NdT
Ops. Si prospetta un divorzio difficoltoso. Chissà se i nostri due amati personaggi daranno un nuovo significato alla lotta per la separazione. O se troveranno un qualche tipo di accordo.
Curiosi? Spero proprio di sì!
Grazie a T’Jill, Himeko82, arcobaleno2014, garfield73 e amy holmes_JW per le bellissime recensioni lasciate al primo capitolo. Sono un bell’incoraggiamento a continuare nella traduzione.
A mercoledì prossimo.