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Autore: eddiefrancesco    09/06/2021    1 recensioni
Nel periodo della Reggenza, la città gode di un clima di rilassatezza... L' ultima cosa che Verity Harcourt si sarebe aspettata era di iniziare la stagione mondana smascherando una spia... o che la spia in questione potesse essere proprio Brin, l' uomo che cinque anni prima le aveva spezzato il cuore! E scoprire che il suo misterioso contatto, un postiglione ridesta in lei emozioni violente.
Che cosa deve fare Verity ora che entrambi le hanno rubato il cuore?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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- Ottima idea! - approvò Claud sorridendo a Clarissa. - E io potrei farmi trovare davanti alla chiesa.- - Quei due sembravano intendersela - osservò Brin tirando Verity in disparte. Lei lo studiò brevemente, ma niente nel suo viso suggeriva la benché minima gelosia. - Credo che abbiano molto in comune. Il signor Castleford dirige con piacere la tenuta del padre. E Clarissa preferisce la campagna. A proposito, che cos'è un Wessex? - aggiunse Verity. - Credo, mia cara, che sia una razza... suina! - - Bontà divina! Maiali e intagli... Bel programma! - esclamò Verity mortificata. Pur non spasimando per le "attrazioni" in serbo, Verity si alzò presto l'indomani, così da non fare aspettare gli altri. Sia lady Caroline sia Hilary erano state invitate ma entrambe avevano rifiutato: lady Caroline perché non amava cavalcare e Hilary perché lamentava un leggero mal di testa, sebbene Verity sospettasse che il suo malesserea derivasse più dall'imbarazzo per la commedia del giorno prima che da altro. Di conseguenza, soltanto Verity e Clarissa partirono con Brin dopo colazione alla volta di Houghton. Il paese era piccolo ma animato. La chiesa occupava un angolo della piazza principale e proprio di fronte, notò Verity smontando da cavallo e passando le redini a Brin, si ergeva il Three Swans, la locanda in cui sarebbe dovuta andare se avesse avuto bisogno di mettersi in contatto col postiglione. La sua attenzione fu distolta dall'arrivo del signor Castleford, a cavallo di un robusto roano. Dopo un veloce scambio di saluti, non persero tempo ed entrarono nella chiesa per ammirarne l'altare intagliato. Verity, lo trovò assai interessante, tuttavia non passò molto prima che le tornasse in mente la locanda sull'altro lato della strada. Thomas Stone si sarebbe trovato lì in quel momento? D'impulso, decise di scoprirlo. Aveva, naturalmente, un'ottima ragione per cercarlo: avrebbe potuto confermargli la totale innocenza di Brin. Dopo aver sbirciato gli altri, adesso intenti a studiare le travi del soffitto, Verity sgattaiolo' in strada e raggiunse la locanda. Non appena si fu abituata all'interno in penombra, andò al bancone e chiese del signor Thomas Stone. Le venne indicato un ometto di mezza età che sedeva a un tavolo d'angolo. Facendosi coraggio, Verity avanzò. - Piacere, signore. Mi chiamo Verity Harcourt.- - Piacere mio. Abbiamo un amico in comune. Ha un messaggio per lui, immagino.- Replicò l'uomo, gioviale. - È cosi - rispose lei. E senza indugiare oltre, gli riferì quanto aveva appreso la sera prima. - Quindi, penso che la posizione del maggiore Carter si sia definitivamente chiarita.- Prima di andarsene, aggiunse: - Mi faccia la cortesia di riferire al nostro comune amico che avrò qualcosa da dirgli la prossima volta che ci vedremo.- - Provvederò, signorina Harcourt - promise l'altro sorridendo. Verity lo salutò con calore. Poi, si precipitò fuori e tornò alla chiesa. Brin l'aspettava sulla porta. - Si può sapere dov'è andata, signorinella? - le domandò. Era una domanda alquanto superflua, sospetto' lei, perché dal punto in cui si trovava doveva averla senz'altro vista lasciare la locanda. - Badi agli affari suoi. Non è il mio angelo custode. Sono libera di andare e venire a mio piacimento! - sbotto'. - Sì, purtroppo! - borbotto' lui contrariato. Verity preferì cambiare argomento. - Dove sono gli altri? - - Stanno esplorando il cimitero - rispose Brin. Involontariamente, sorrise. - È incredibile ciò che interessa a certa gente. Ed eccoli che arrivano! Adesso tocca ai maiali.- Lei fece una smorfia. - Già, quelli.- Girandosi, guardò Clarissa sopraggiungere con Claud. I due sembravano affiatati. Di certo avevano molto in comune. Che stesse nascendo un amore?, si chiese Verity più tardi, mentre visitavano la fattoria Castleford. Chissà... La visita si concluse con un giro delle stalle. - È un peccato che dobbiate rientrare a Ravenhurst per pranzo. Avrei voluto mostrarvi la casa - osservò Claud Castleford al momento dei saluti. - Un'altra volta, magari. Sfortunatamente non potrà essere domani perché andrò alla fiera del bestiame per comprare due cavalli da tiro e non ritornerò prima di sera. Peccato, davvero. Castleford Grange è un posto affascinante... Passaggi segreti, fantasmi e via dicendo! Sono certo che voi signore vi sareste divertite.- - Ne sono persuasa - commentò Verity sbirciando il grande edificio Tudor che si stagliava più in alto. - Purtroppo ritorneremo tutti a Londra questo sabato, quindi temo che dovremo rinunciare all'idea. Ma confido che avremo almeno il piacere di rivederla venerdì sera al ricevimento di Sarah.- - Senz'altro, signorina Harcourt! La signorina Gillingham mi ha promesso un ballo e spero che lo farà anche lei.- - Può contarci, signor Castleford.- - Si è annoiata molto? - le domandò Clarissa mentre uscivano dalle stalle. - Affatto. Non posso onestamente dire di condividere la sua passione per i maiali, ma devo ammettere che questa tenuta è un gioiellino. Il che fa onore al signor Castleford. Se non sbaglio, il padre lascia completamente al figlio la gestione delle sue terre, vero, Brin? - Quando questo si limitò ad assentire, lei lo guardò di sottecchi. Era sembrato d'umore così strano quando avevano visitato la fattoria. Che si fosse risentito per l'evidente interesse di Clarissa per Claud? No, non lo riteneva probabile. Tuttavia, lo aveva sorpreso più volte a fissare Castleford Grange, come aspettando di vedere qualcuno o qualcosa. Era di umore davvero strano. Lei non lo aveva mai visto così. - Credo che il padre del signor Castleford ritorni prima del fine settimana. Potrebbe perfino arrivare in tempo per il ricevimento.- Li informò placida Clarissa. - Davvero? Ecco un gentiluomo che sarei proprio curiosa di conoscere - sentenzio' Verity. E guardò avanti, senza accorgersi dell'occhiata penetrante che le scocco' Brin. Arrivarono a Ravenhurst in tempo per il pranzo. Durante la loro assenza Sarah aveva convinto le altre ospiti a visitare nel pomeriggio una cittadina non troppo distante dove si trovava una deliziosa modisteria. L'invito venne naturalmente esteso alle fanciulle che si erano recate a Castleford Grange in mattinata. Brin declino', accampando il pretesto di lettere urgenti da spedire, ma Clarissa e Verity accettarono con piacere. La gita si rivelò un successo e molte signore fecero acquisti. Non necessitando di cappellini nuovi, Verity curioso' soltanto e decise quindi di aspettare fuori. Era appena uscita dal negozio quando vide una carrozza fermarsi poco oltre. In circostanze normali non vi avrebbe badato, ma poiché non aveva altro da fare, restò a guardare. La vettura si aprì e ne emerse un uomo vestito di scuro. Lei boccheggio'. Santo cielo, ma era la spia francese! La carrozza ripartì e Verity vide il forestiero entrare nella vicina locanda. No, non si sbagliava: era proprio lui. L'orologiaio fasullo. Bontà divina, e ora? - Verity, tesoro, che cosa c'è? Si direbbe che tu abbia visto un fantasma. - La voce preoccupata della zia la riscosse. - No, non un fantasma. Ma qualcosa di altrettanto terrificante.- - Che cosa stai farfugliando? Non ti senti bene, cara? - - Sto benissimo.- Si ricompose a fatica. - Ecco arrivare Sarah con le altre. Credo che sia ora di ritornare a Ravenhurst.- Non aggiunse "grazie al cielo", ma senza dubbio lo pensò mentre riguadagnava la carrozza scoperta di Sarah e si lambiccava sul da farsi. Naturalmente, avrebbe dovuto avvertire Stone, se non a voce, almeno per lettera. Una volta a Ravenhurst, aspetto' che le altre signore si fossero ritirate, quindi si precipitò in biblioteca, dove ricordava di aver visto l'occorrente per scrivere. Ma mentre si apprestava a entrare, la porta si aprì e ne emerse Brin. - Verity, cara, che cosa fa qui? Non sale a cambiarsi? - domandò. - Devo scrivere una lettera. Ma se c'è lei in biblioteca, posso tornare dopo.- Rispose lei. - E a chi mai dovrebbe scrivere tanto urgentemente? Incomincio a credere che abbia un ammiratore segreto nelle vicinanze.- - Che cosa? Un ammiratore segreto, io? Non sia ridicolo, Brin. Chi potrei mai conoscere da queste parti? - Verity arrossi' suo malgrado. - E ciò che intendo scoprire. La sera del mio arrivo ho trovato una lettera per lei infilata sotto la porta. E poco fa, ne ho trovata un'altra.- Aggiunse sospettoso. E rientrando nella biblioteca, prese una busta chiusa dalla scrivania e gliela porse. - Si può sapere che cosa sta succedendo? - Ma ignorando la domanda, Verity girò sui tacchi e corse di sopra. Non appena si fu rifugiata in camera, aprì la lettera misteriosa e lesse: Vediamoci nel roseto a mezzanotte. Più facile a dirsi che a farsi, pensò lei. Nondimeno, avrebbe fatto il possibile per rispettare l'appuntamento. Scrivere al signor Stone non era più necessario. Le sarebbe bastato avvertire il postiglione. E con quanta gioia lo avrebbe fatto! Soffocando l'entusiasmo, Verity si cambiò per la cena e ritornò al pianterreno. Mangiò poco e svogliatamente, sbirciando di continuo l'orologio sul caminetto. Brin non raggiunse le signore dopo cena, ma ritornò in biblioteca a scrivere altre lettere. La serata si trascino' lenta e per le ventitré il salotto incominciò a svuotarsi. Verity accompagnò la zia di sopra, poi entrò in camera e aspetto' che la casa si quietasse. Quando fu l'ora, si drappeggio' uno scialle intorno alle spalle e, sollevando una candela, scese al pianterreno. L'atrio era deserto, sebbene la lampada accesa sul tavolo centrale stesse a indicare che non tutti si erano ritirati per la notte. Spegnendo la fiammella, Verity depose la candela accanto alla lampada prima di aprire il portone d'ingresso e uscire in giardino. Una volta fuori, dimentico' la prudenza e si mise a correre. Quando ebbe raggiunto il roseto, si lasciò cadere su una panchina e attese. - Ben trovata, occhi blu. Sapevo che sarebbe venuta.- La salutò il postiglione. Alzandosi, Verity gli mosse incontro e lo abbraccio'. - Mi è mancato - confessò. - E lei a me. - La bacio' sulle labbra, poi si staccò e disse con audace familiarità: - Fermiamoci qui o potrei perdere la testa e accarezzarti dappertutto senza aspettare il matrimonio.- Le vide cambiare espressione. - Che cosa c'è, occhi blu? Non vuoi sposarmi? - Anche Verity abbandonò il lei. - Non so niente sul tuo conto. Nemmeno come ti chiami.- - Scoprirai tutto al momento opportuno. E non pensare che ti farò vivere in un tugurio, dopo che ci saremo sposati. Avrai una bella casa. Possiedo un patrimonio considerevole.- - Questo non mi sorprende. So che sei un uomo colto e intelligente - dichiarò lei. - Come il tuo maggiore? - - Non è il mio maggiore. E a proposito, il signor Stone ti ha riferito il messaggio? - - Si, so tutto. Anche se l'innocenza di Brinley Carter non è mai stata seriamente in dubbio. - Ne sono lieta. Ma lascia che ti racconti che cos'altro ho scoperto. - E senza indugiare oltre, lo informò dell'arrivo del francese. - Ne ero al corrente. Infatti, lo sto già facendo sorvegliare.- Rivelò il postiglione. - È di Castleford che sospetti, vero? - - Niente domanda, occhi blu. Tutto ciò che posso dirti è che lo scambio di informazioni non è ancora avvenuto, altrimenti la spia non si troverebbe nei paraggi.- - Capisco. Meglio che non ci vediamo più mentre sono qui. Quell'impiccione di Brin si sta insospettendo.- sussurro' lei. - Ah, si? E io che lo credevo tonto.- - Al contrario. È scaltro... tranne che con le donne. E poi nemmeno - si corresse. - Credo che sia riuscito a correggere anche quel difetto.- - Sul serio? - Il postiglione parve dubbioso. - Una volta si è reso ridicolo, no? - - Non proprio. Solo, non ha voluto dare ascolto alle persone che cercavano di metterlo in guardia contro una particolare signora che sembrava angelica ma che angelica non era. Ho cercato di avvertirlo anch'io. E non dimenticherò mai il modo in cui mi ha aggredita a parole! - - È per questo che lo detesti, occhi blu? - domandò lui. - Oh, no. Non lo detesto. Anzi. A volte mi piace moltissimo.- L'ammissione sorprese anche lei. - Non l'ho mai ritenuto un traditore. Ma vi sono momenti in cui si comporta in modo strano.- - Forse è innamorato.- - Non lui! - sbuffo' Verity. - Pensa, la piccola Gillingham sembra essersi incapricciata di Claud Castleford, e Brin non pare curarsene affatto! - - Forse non è di lei che è innamorato. Ma adesso salutiamoci - rispose il postiglione. La bacio' sulla fronte. - Si sta facendo tardi e qualcuno potrebbe accorgersi della tua assenza.- Verity assenti' controvoglia, poi gli disse: - Quando ti rivedrò? - - Presto.- E con un'ultima carezza, si dileguo' nella notte. Stringendosi nello scialle, lei attraverso' piano il roseto e riguadagno' la casa. Ma quando aprì la porta, un'alta figura maschile le si paro' dinanzi e l'apostrofo' con durezza: - Santi numi, e lei da dove viene? - Era Brin e sembrava furioso. - Vengo... vengo dal giardino - ribatte' Verity. - Abbassi la voce! Vuole svegliare tutta la casa? - Tirandola dentro, lui richiuse la porta. - È impazzita, ragazza? Che cosa le viene in mente di uscire a quest'ora di notte? - La fissò con sospetto. - C'entra senz'altro quella benedetta lettera. Parli, Verity, altrimenti dovrò informare sua zia! - - Oh, Brin, non lo farà, vero? Non posso credere che arriverebbe a tanto! - esclamò lei allarmata. Quando vide che non si addolciva, allargò le braccia. - E va bene. C'entrava di fatto quella lettera. Ho incontrato una persona. Ma non deve chiedermi altro per il momento.- Brin esitò un istante, poi acconsentì: - D'accordo. Ma non uscirà più sola a quest'ora di notte, promesso? - - Promesso.- - E ora venga a scaldarsi. Stebbings mi ha gentilmente acceso il fuoco sapendo che avrei lavorato fino a tardi.- Continuò lui precedentola in biblioteca. Verity era restia a seguirlo. - Veramente...- - Si? - Brin la fissava impaziente. - Veramente, sembrerebbe strano se venissi sorpresa con lei.- - Non più strano di essere sorpresa in giardino a quest'ora di notte - ribatte' Brin. Sorrise nel vederla arrossire. - Si tranquillizzi. Non ho intenzione di farle altre domande.- Una volta in biblioteca, lei si meraviglio' del cumulo di carte che ingombrava la scrivania. - Santo cielo, si è dato da fare! Mi auguro che non intenda lavorare tutta la notte, altrimenti non sarà nelle condizioni di intrattenere le signore, domani.- - Temo che le signore dovranno intrattenersi da sole. Partirò all'alba e non so quando ritornerò. Vi sono alcune faccende che richiedono la mia attenzione immediata. Forse non se ne è accorta, Verity, ma ho avuto visite nel pomeriggio. Un certo signor Jessop dello studio legale Jessop e Wilkes, gli avvocati del mio defunto zio.- - Defunto? Oh, capisco - bisbiglio' lei. - Congratulazioni, lord Dartwood.- - Preferirei che continuasse a chiamarmi Brin. Non ho informato nessun altro, e le sarei anzi grato se tenesse la cosa per lei.- - Come vuole.- Lo vide accigliarsi e fissare il fuoco. Sembrava così solo, così vulnerabile che provò il desiderio di abbracciarlo, di assicurargli che qualsiasi cosa pensassero gli altri del nipote di un imprenditore tessile che diventava Pari d'Inghilterra, lei perlomeno non dubitava che avrebbe fatto onore al nome che portava. - Non ha mai voluto quel titolo, vero, Brin? - gli chiese senza tanti formalismi. - Non l'ho mai agognato, no. E in tutta onestà, fino a pochi mesi fa non pensavo nemmeno che sarebbe stato mio. Lo zio era padre di tre maschi. Il più giovane è morto in fasce. Il secondo rassomigliava a mio padre, inquieto e ribelle. Stranamente hanno entrambi trovato la morte in un incidente con la carrozza. Ma rimaneva il maggiore, Cedric. Lo zio deve aver continuato a sperare che i frutti dei suoi stessi lombi avrebbero preso un giorno il suo posto. Cedric si era sposato e aveva avuto una figlia. Nessuno avrebbe potuto prevedere la sua morte improvvisa. Aveva sempre goduto di ottima salute e sembrava logico presumere che avrebbe avuto altri figli. Chi avrebbe mai potuto immaginare che un individuo cosi robusto sarebbe morto per una banale infreddatura? - Verity sospirò. Non gli aveva mai sentito menzionare il padre. Cosa non sorprendente, in verità, visto che era morto quando Brin aveva avuto poco più di due anni. Da ciò che aveva sentito da zio Lucius, tuttavia, dubitava che quell'individuo fatuo e incostante le sarebbe piaciuto. Henry Carter aveva sposato la figlia di Arthur Brinley dopo un idillio travolgente. A poche settimane dal matrimonio, aveva lasciato la giovane sposa in campagna ed era ritornato a Londra e alla sua vita dissoluta. La madre di Brin era morta di parto e il padre non aveva esitato ad affidare il figlio alle cure del nonno materno. Che si fosse preso o meno il disturbo di fare visita al piccino rimaneva da stabilire.
   
 
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