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Autore: Giuls_BluRose    09/06/2021    1 recensioni
Kirishima si trova da solo nella sua stanza del dormitorio, solo con i suoi pensieri.
Non può fare a meno di darsi la colpa per quello che è successo durante lo scontro con Gigantomachia, si sente in colpa per non essere riuscito a stare con Bakugou in ospedale.
Da giorni lo stesso incubo gli impedisce di dormire, ma quella notte qualcosa di diverso succede, qualcosa che gli permette di poter dormire serenamente per alcune ore.
Dal testo:
Stai vicino a Kacchan, per favore. Sei il suo amico più caro qua dentro, a te darà ascolto. Non farlo venire a cercarmi, tienilo al sicuro. Solo tu puoi farlo e te ne sarò grato.
Questa era una frase presente nella lettera e anche in questo momento Kirishima si trova a pensare che sia una terribile idea. Lui, che neanche aveva avuto il coraggio di rimanere con Bakugou in ospedale, lui che come un codardo si era messo in un angolo in sala di attesa, piangendo ed aspettando una qualche notizia di miglioramento del ragazzo. Sapeva che era in pericolo di vita, ma vederlo giacere in coma in quel letto aveva distrutto il suo cuore in milioni di piccoli pezzi.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kaminari Denki, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Mina Ashido
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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La notte può risultare davvero lunga quando il sonno non si decide ad arrivare.
Una, due, tre volte. Tanti sono i tentativi di Kirishima per riuscire ad addormentarsi, non trova pace in quel letto diventato improvvisamente freddo e sconfortevole.
Alza gli occhi verso la finestra per controllare di non averla lasciata aperta, ma la trova perfettamente chiusa, non può passare neanche un filo d’aria. Il ragazzo decide così di stringersi maggiormente nelle coperte e, nella vana speranza di riuscire a trovare sonno, prende il cellulare per leggere qualcosa. Pessima, pessima idea: le notizie che vede in primo piano riguardano tutte la terribile reputazione degli eroi, tutti che li accusano di essere il male della società e di non essere in grado di tenere la situazione sotto controllo. Critiche aspre, senza mezzi termini, con parole che feriscono e hanno il preciso scopo di farlo. Il senso di impotenza di Kirishima gli permette di continuare la lettura solo per pochi minuti, dopo di che l’oppressione che prova nel petto diventa troppo grande e inizia a farsi strada dentro di lui la paura di non riuscire più a respirare.
Quella non è la prima volta che gli succede una cosa simile: quella sensazione di malessere costante non lo lascia libero da settimane, il respiro corto e la testa ovattata ormai sono diventati parte della sua quotidianità.
Attacco di panico: questo è ciò che gli era stato detto la prima volta da Recovery Girl qualche tempo prima. Si era trovato con il cuore in gola e l’irrazionale paura di morire da un momento all’altro, il mondo si era fatto d’improvviso nero e cupo. Era seduto su uno dei divani della sala comune del dormitorio e stava guardando un film con Sero e Mina; tutto sarebbe dovuto essere come sempre, una serata normale, ma le cose erano andate molto diversamente. Era stata la ragazza ad accorgersi che qualcosa non andava in Kirishima; il petto del ragazzo si stava alzando ed abbassando ad un ritmo anomalo ed il suo sguardo era fisso nel vuoto. Mina aveva avuto la prontezza di scuoterlo leggermente, per poi prenderlo per mano ed accompagnarlo in infermeria: un peso morto, quello era ciò che le sembrava di star trascinando per i corridoi. Kirishima era stato visitato immediatamente da Recovery Girl e dopo qualche minuto sembrava già stare meglio, ma quella notte per precauzione la passò sul lettino dell’infermeria, con Mina lì ad assisterlo. Lei non avrebbe mai lasciato la sedia accanto a lui, sapeva cosa stesse passando nella mente del suo amico: disperazione, paura, sensi di colpa. Mina provava lo stesso, ma aveva trovato una valvola di sfogo con le ragazze: si erano strinte insieme diventando ancora più unite, avevano esplicitato il loro dolore e ne avevano parlato per notti intere; lei aveva versato lacrime fino a pensare di non averne più e, in un certo senso, pensava di aver trovato un nuovo equilibrio.
Kirishima, invece, aveva messo su la sua solita maschera di allegria e positività, lo avevano visto piangere solo in un paio di occasioni. Sarebbe stato del tutto normale a causa di ciò che aveva visto, ma agli occhi di tutta la classe sembrava star superando tutto con una forza d’animo impressionante. Mina era stata forse l’unica ad aver notato invece il suo vero stato d’animo.
Ed è proprio così che Kirishima sta imparando a gestire questa nuova situazione: riconosce quando il suo respiro inizia a velocizzarsi, quando la testa comincia a farsi più leggera, quando inizia il processo di depersonalizzazione. C’è però una cosa a cui non potrà mai abituarsi ed è quella sensazione irrazionale di morte improvvisa: una immensa paura che qualcosa di terribile ed irreparabile stia per succedere, una paura che lo immobilizza e lo fa cedere. Non piange, le lacrime non riescono ad uscire, ma ha una voglia matta di mettersi ad urlare, se solo le grida non gli morissero in gola.
E si ritrova seduto sul letto, con le coperte gettate in mezzo alla stanza e le mani serrate sulle proprie ginocchia, fino a far diventare bianche le nocche. Respiri profondi: il consiglio di Recovery Girl. Kirishima continua ad inspirare, ma non riesce a trattenere il fiato nei polmoni per più di una manciata di secondi. Si pizzica la pelle delle cosce, per restare cosciente di sé, del suo corpo e di quello che lo circonda: non vuole perdere il suo legame con la realtà, è solo e nessuno potrebbe aiutarlo. Sono episodi che durano solo qualche minuto, ma il suo corpo lo porta a credere che siano passate ore intere; ha lo sguardo fisso su un punto indefinito della stanza, vicino al sacco da box. Nella sua mente scorrono immagini astratte, ombre che sembrano muoversi e scomparire in un attimo; quello che resta costante è il colore: rosso come il sangue fresco, come il sangue che ha macchiato le sue mani, ma un sangue non suo. Ha iniziato ad avere sempre lo stesso incubo, notte dopo notte, non lo lascia mai libero.
Il respiro inizia a regolarizzarsi e Kirishima sente di avere la forza per alzarsi finalmente dal letto; sistema le coperte e si stringe nel pigiama per recarsi poi nel bagnetto della sua stanza. Nel breve tragitto inciampa su qualcosa a terra, probabilmente dei vestiti. Sbuffa: prima o poi li sistemerà, non ne ha la minima voglia in questo momento. Accende la luce e si piazza di fronte allo specchio, pur sapendo di non doverlo fare; gli occhi cadono irrimediabilmente sui suoi capelli, dove è ormai palese la sua ricrescita nera fuori controllo. Dovrebbe farsi la tinta, ne è consapevole, ma che senso avrebbe? I suoi capelli sono per lui un simbolo, la sua rinascita: lui non sente di meritarsi ancora il rosso nei suoi capelli, il colore del suo idolo. Non è riuscito a salvare tutti, non è stato in grado di proteggere le persone a lui care, non è stato capace di sopportare in ospedale il dolore di vedere i suoi amici ridotti in quelle condizioni. Con che coraggio continuerà a farsi chiamare “Red Riot” adesso? E’ certo che Crimson Riot riderebbe di lui in questo momento, vederlo così fragile, così inutile; altro che eroe coraggioso, pensa che sia troppo anche solo definirsi un uomo.
Non è colpa tua.
Mina glielo aveva detto quella notte in infermeria: dal nulla aveva preso la sua mano e gli aveva detto queste parole guardandolo dritto negli occhi. Era seria, più di quanto gli fosse mai sembrata prima. Lei era stata chiara: Kirishima non poteva darsi la colpa per quello che era successo nello scontro contro Gigantomachia. Era stato un vero eroe, aveva salvato lei e tantissimi altri ed era stato grazie a lui se erano riusciti a sedarlo e poi a catturarlo. Parole però che erano scivolate su di lui come acqua fresca: era grato a Mina per il suo supporto, ma non poteva perdonarsi perché se solo fosse stato più veloce o più forte forse sarebbe riuscito a salvare più vite.
Kirishima si passa una mano tra i capelli, dove ogni giorno vede sempre più ciocche nere. Non li tingerà, non adesso. Prima deve ritrovare se stesso, deve capire cosa significa davvero per lui essere un eroe e se pensa che potrà davvero mai diventarlo.
Si sciacqua velocemente la faccia e decide di tornare a letto, deve dormire almeno qualche ora. Guarda l’orologio che ha sulla scrivania: sono quasi le due di notte. La testa gli scoppia, ormai dorme sempre meno e sempre peggio; oltre alla ricrescita stanno diventando più marcate anche le occhiaie, ma il sonno sembra essere un lusso che non gli è concesso. Sta proprio per stendersi quando sente dei passi fuori dalla porta e qualcuno che sembra stia mettendo qualcosa sotto di essa. Non ha voglia di vedere o parlare con qualcuno, quindi aspetta di sentire la persona allontanarsi per poi muoversi e raccogliere il pezzo di carta che ora è in terra davanti alla porta. Lo  e un piccolo istintivo sorriso si stampa per un istante sulle sue labbra.
Se mai avrai voglia di parlarne sappi che io ci sono sempre per te. Sei il migliore Red Riot, non dimenticarlo mai. Ti voglio bene, Mina.
Quella ragazza è davvero una forza della natura, lui ne è pienamente consapevole, ma nonostante tutto non se la sente di parlare di quello che passa per la sua testa. Si sentirebbe incredibilmente stupido nel raccontare tutto il senso di impotenza e di disperazione che lo attanagliano. Sa di aver fatto tutto il possibile sul campo di combattimento, ma non potrà mai perdonarsi per quelle morti.
Posa il biglietto sul comodino e si stende nuovamente nel letto, portandosi le coperte fino al mento: è ormai primavera inoltrata e non dovrebbe più essere così freddo, ma Kirishima lo sente fin dentro le ossa ed è ironico perché non è mai stato una persona freddolosa.
Ed eccolo di nuovo solo con i suoi pensieri, chiuso a bozzolo dentro le coperte e con la testa che continua a prendersi gioco di lui ed a colpevolizzarlo ancora e ancora.
Quello che è iniziato da pochi giorni è il loro secondo anno, il quale sembra che sarà il peggiore; hanno ricevuto la notizia della partenza di Midoriya, ognuno con una lettera lasciata sotto le loro porte. Stupido, stupido Izuku. La lettere indirizzata a Kirishima è stata un vero colpo al cuore per il ragazzo, che si è ritrovato a sibilare tra i denti parole che mai avrebbe detto a voce alta. Midoriya aveva designato a lui un compito che a Kirishima era da subito sembrato impossibile, in cui lui si sentiva inadeguato.
Stai vicino a Kacchan, per favore. Sei il suo amico più caro qua dentro, a te darà ascolto. Non farlo venire a cercarmi, tienilo al sicuro. Solo tu puoi farlo e te ne sarò grato.
Questa era una frase presente nella lettera e anche in questo momento Kirishima si trova a pensare che sia una terribile idea. Lui, che neanche aveva avuto il coraggio di rimanere con Bakugou in ospedale, lui che come un codardo si era messo in un angolo in sala di attesa, piangendo ed aspettando una qualche notizia di miglioramento del ragazzo. Sapeva che era in pericolo di vita, ma vederlo giacere in coma in quel letto lo aveva paralizzato, distrutto il suo cuore in milioni di piccoli pezzi. Kirishima era stato ricoverato solo per qualche ora, solo per il tempo di curare alcune delle ferite più profonde, ma fortunatamente non aveva riportato nulla di troppo grave. Venire a sapere che alcuni dei suoi compagni avevano avuto invece una sorte diversa gli aveva fatto ghiacciare il sangue nelle vene. Midoriya, Bakugou e Todoroki erano arrivati in condizioni critiche e, specialmente i primi due, erano in serio pericolo di vita. Kirishima era scattato in piedi, facendo cadere il carrello delle medicazioni, gli occhi spalancati pieni di terrore e la sensazione di dover vomitare da un secondo all’altro. Non poteva pensare di dover perdere altre persone a lui care, quella guerra aveva già strappato via troppe vite innocenti.
Non appena finito di medicare era subito corso nei corridoi, dove aveva trovato Kaminari in piedi con la schiena al muro.
“Dov’è? Come sta?”
La voce di Kirishima era uscita strana, più alta di quella che si aspettava; non era necessario mettere il soggetto, entrambi sapevano a chi il ragazzo si stesse riferendo.
Kaminari lo aveva fissato per qualche secondo prima di rispondere.
“Se vuoi ti accompagno, ma non sta bene. Le sue ferite sono gravi. Ehi…”
Il biondo si era zittito perché Kirishima si era accasciato accanto a lui, chiudendosi a riccio con la testa tra le mani; tremava, come se la vita in gioco fosse la propria.
“Non ci riesco, non ho il coraggio.”
Un soffio, le parole erano uscite flebili e appena udibili al suo amico. Denki, allora, si era seduto accanto a lui e lo aveva abbracciato per minuti interi, lasciando che le lacrime di Kirishima gli bagnassero la maglietta.
Bakugou, una delle persone con cui Kirishima aveva legato maggiormente in quell’anno, si trovava appeso tra la vita e la morte e il rosso non aveva neanche il coraggio di visitarlo. Aveva passato ore seduto in sala di attesa, stretto tra Denki e Mina, con il cuore in gola ogni volta che un medico o un infermiere si avvicinava a loro. Alla fine una notizia positiva: Todoroki si era svegliato. Erano corsi tutti nella sua stanza, Kirishima cercava di mantenere una maschera con il suo sorriso. Ciò che non potette capire a pieno fu quel senso di libertà momentanea quando, dal corridoio, sentì la voce di Bakugou. Inizialmente pensò che si fosse trattato di una sensazione, ma poi si accorse che il ragazzo si era veramente svegliato e la sua voce si sentiva nel corridoio. Il cuore di Kirishima aveva iniziato a battere più forte, riusciva a sentire solo una strana gioia che inondava il suo corpo: stava meglio, si era svegliato, riusciva a parlare. Era vivo.
Dopo il ritorno dall’ospedale Bakugou era stato costretto a letto, non poteva fare sforzi e passava le sue giornate in camera. Kirishima più volte era andato da lui per vedere se avesse bisogno di qualcosa, ma non poteva fare a meno di sentirsi a disagio: aveva paura che il ragazzo ce l’avesse con lui per non essere mai andato a trovarlo in ospedale, aveva paura che lo odiasse perché, per l’ennesima volta, si era dimostrato debole e fragile.
Kirishima scuote la testa, non vuole neanche pensare che Bakugou possa in qualche modo avercela con lui, non potrebbe mai perdonarselo.
E ora Midoriya si aspetta davvero che sia lui a proteggere il biondo, a tenerlo fuori dai guai. Kirishima ci ha pensato più e più volte, non sa se potrà fare quello che gli è stato chiesto, non sa se può essere la persona giusta per quell’incarico.
Stupido Izuku, perché io?
Kirishima si rigira nel letto, le palpebre stranamente stanche. Crolla, il suo corpo non ce la fa più, ha bisogno di dormire.
Si ritrova in una stanza completamente bianca, dove non vede niente se non una luce fredda. Inizia a camminare, sembra che le pareti si allarghino sempre di più, trasformandosi in uno spazio infinito. Non vede confini, non vede punti di riferimento, tutto è inquietantemente solo bianco. Il ragazzo avverte una sensazione di freddo penetrante, come se si trovasse in pieno inverno in cortile senza abiti addosso. E d’improvviso ecco una voce arrivare da un punto non ben definito, una voce di una donna che chiede aiuto, che chiede di essere salvata. Da prima un sussurro, poi diventa sempre più forte, come un grido disperato di aiuto. Midnight: Kirishima non potrebbe confondere quella voce con nessuno, a chiedere aiuto è la sua professoressa. Sente una morsa all’altezza dello stomaco, deve riuscire a salvarla almeno questa volta, le immagini del suo corpo morto sono impresse a fuoco nella sua memoria e niente è riuscito a cancellarle. La sua voce mette nel ragazzo una forza che pensava di non avere, inizia a correre in una direzione non definita, in cerca di quelle grida di aiuto. Mentre corre altre voci si uniscono a quelle della donna e Kirishima riesce immediatamente a riconoscerle: Fatgum e Amajiki, i suoi due mentori. Il fiato gli muore in gola, ma non può permettersi di rallentare, deve raggiungerli e salvarli. Che cosa si aspetta la gente da lui? Perché non è riuscito a salvarli quel giorno? Midnight è morta, Fatgum e Amajiki risultano dispersi e lui pensa di non aver fatto niente per impedirlo. Corre con tutte le forze che ha, corre cercando di raggiungerli, ma il luogo diventa sempre più grande. Kirishima si sente stanco, ma non rallenta, sente le lacrime che gli bagnano il viso e questo gli dà la forza di correre ancora più veloce. Sembra essere solo lì, non riesce a vedere nulla se non un bianco accecante, ma le grida le sente perfettamente, sono lì da qualche parte. Riesce a piangere finalmente, dà sfogo a tutto il dolore che ha represso per giorni, mentre corre gli occhi sono appannati, ma lui non demorde. Sente i muscoli in fiamme, ma qualcosa lo costringe a fermarsi di scatto: qualcosa sta iniziando a riempire tutto lo spazio che lo circonda. È un liquido, uno di quelli che il ragazzo riesce a riconoscere immediatamente, quello è senza dubbio sangue. Kirishima sente un senso di disperazione assalirlo, vede questo oceano rosso innalzarsi sempre di più, mentre le grida aumentano di intensità. Cosa dovrebbe fare adesso? Iniziare a nuotare? Si guarda intorno alla ricerca della fonte delle urla, ma continua a non vedere niente. Il sangue, nel frattempo, lo sta sommergendo ad una velocità sovraumana. Lui piange, il suo viso è ormai scottante, non riesce più a trattenersi: è solo questione di secondi e il sangue lo ricoprirà del tutto. Cosa farà allora? Riuscirà a stare a galla, oppure annegherà inesorabilmente? È questa la colpa che deve scontare per essere stato così debole? Questa volta è lui a gridare, proprio mentre la sua bocca viene sommersa.
Qualcosa cambia dal solito: quello sarebbe stato il momento in cui si sarebbe svegliato in un mare di sudore, da solo nel suo letto completamente disfatto. Sente però qualcosa che lo afferra per le spalle e così si sveglia di scatto. Si guarda intorno per cercare di mettere a fuoco: la porta della sua stanza deve essere aperta perché vede la luce del corridoio che entra nella camera e la sensazione di essere afferrato non è passata. Sta tremando, sente le lacrime che stanno continuando a scendere sul suo volto e due occhi rossi lo stanno fissando, due occhi preoccupati.
“Kirishima.”
Una voce dura, ma che lascia trapelare della paura.
Il ragazzo sbatte gli occhi per mettere a fuoco e non può fare a meno di irrigidirsi all’istante: Bakugou è sopra di lui e lo sta tenendo per le spalle, con gli occhi fissi nei propri. In una frazione di secondo mette insieme tutte le informazioni e lo pervade un senso di vergogna: deve averlo svegliato e i suoi rumori devono averlo infastidito a tal punto da farlo entrare nella sua camera.
Cerca di regolarizzare il respiro e sente la presa dell’altro farsi più leggera.
“Io…scusa, non volevo svegliarti.”
“Hai avuto ancora un incubo?”
Ancora?
Cosa intende dire? Kirishima è certo di non aver rivelato a nessuno dei suoi frequenti brutti sogni. Bakugou nel frattempo si è alzato da sopra il corpo del ragazzo e si è seduto accanto a lui, ma una sua mano è ancora sulla spalla del rosso.
“Cosa?”
Bakugou sembra quasi infastidito da quella domanda, cosa che fa abbassare lo sguardo a Kirishima, ormai certo di essersi fatto odiare. Quella sensazione fa uscire nuovamente le sue lacrime: non vuole più essere un peso per nessuno, non vuole più che qualcuno se ne vada per colpa sua. Con la coda dell’occhio vede il ragazzo biondo alzarsi dal letto e andare verso la porta, cosa che fa pensare a Kirishima che se ne stia andando. Invece, con sua grande sorpresa, Bakugou chiude la porta e torna a sedersi accanto a lui. Il rosso è estremamente confuso, non riesce più a capire che cosa stia succedendo: perché non è tornato a dormire? Perché ha deciso di rimanere con lui?
“Ti sento la notte. Tutte le notti da giorni. Sento che ti agiti nel sonno, queste pareti del cazzo sono troppo sottili. Questa notte ti ho sentito piangere, pensavo solo che avessi bisogno di qualcuno, così sono venuto a vedere che cosa stava succedendo e ti ho visto tremare come un pazzo.”
La sua voce è bassa, stanca, chiaramente ha ancora molto sonno.
Kirishima vorrebbe solo sotterrarsi in questo momento, ha fatto la figura del debole.
“Scusa.”
Riesce a dire solo questo, continua a tenere gli occhi bassi e sente pizzicarli in modo fastidioso, tanto da non riuscire più a tenere a freno le lacrime. Il suo è un pianto liberatorio, di quelli che aspettavano di uscire da secoli. Si vergogna di essere crollato così davanti a Bakugou, questa è l’ultima versione di sé che vorrebbe mai mostrargli. Sa di fargli pena, che è intervenuto solo perché ha disturbato il suo sonno. Sente che il ragazzo si è irrigidito ancora accanto a lui, cosa che lo fa piangere maggiormente.
Perché? Perché deve sempre finire così? Perché deve sempre ferire le persone a lui care?
Ciò che succede dopo è qualcosa che Kirishima non si sarebbe mai sognato: sente Bakugou muoversi e abbracciarlo, la sua testa si ritrova appoggiata sulla spalla del biondo, che nel frattempo ha messo il mento sui capelli rossi di Kirishima. È quest’ultimo ad immobilizzarsi, per alcuni secondi non riesce a credere a quello che sta succedendo. Bakugou, il freddo e nervoso Bakugou, ha deciso di mostrare un gesto affettuoso nei suoi confronti così dal nulla.
“Non è colpa tua.”
La goccia che fa traboccare il vaso; quelle parole dovrebbero essere di conforto, ma hanno solo l’effetto di far iniziare Kirishima a singhiozzare ancora più forte, mentre istintivamente si stringe di più al corpo del ragazzo. Tutta la sua fragilità sale a galla in quella stretta che gli permette di nascondere il volto pieno di lacrime. Si sente in colpa a mostrarsi in quelle condizioni, ma sente che Bakugou non si tira indietro dall’abbraccio, ma serra ancora di più la presa, come se intuisse il bisogno di contatto fisico e di vicinanza di Kirishima. Se quella deve essere una delle ultime volte che stanno insieme sicuramente non vuole lasciarsela sfuggire, se poi il biondo avesse intenzione di allontanarsi da una persona come lui non gliene farebbe neanche una colpa.
“Invece sì, tu dovresti odiarmi.”
“Cosa diavolo stai dicendo?”
La voce del biondo è seria e Kirishima non capisce come possa non essere arrabbiato con lui per non essere stato nella sua stanza di ospedale, per non aver avuto il coraggio di reagire di fronte alle condizioni critiche del ragazzo. Con un filo di voce il rosso spiega quello che intende, così che le lacrime diventano più copiose e più difficile per Bakugou capire tutto quello che dice. Kirishima spiega di come volesse solo stare con lui e di come sia stato due notti intere e due giorni in attesa che si svegliasse, di come non sia mai tornato nei dormitori per riposare un po’, di come siano stati Mina e Denki alla fine a portarlo quasi di peso fuori per mangiare. Parlando si sente ancora più stupido, come se delle scuse potessero giustificare il suo comportamento. La risposta del biondo tarda ad arrivare, cosa che fa preoccupare Kirishima di aver parlato a sproposito.
“L’ho sempre detto e come al solito ho ragione: sei un idiota.”
Quella risposta spiazza il rosso, ma mai come il gesto che ne segue: Bakugou poggia le labbra sui capelli del ragazzo, più precisamente sull’inizio della ricrescita nera. È un contatto breve, dura solo un paio di secondi, ma un brivido corre lungo tutta la spina dorsale di Kirishima.
“Ripeti ancora questo mucchio di stronzate e giuro che te la vedrai con me. Ah, comunque, devi rifare la tinta, il nero comincia ad essere molto evidente.”
Il biondo non molla la presa, ma al posto del mento poggia la guancia sui capelli dell’altro ragazzo, avvicinandolo così ancora di più. Non lo ammetterebbe mai in pubblico, ma Bakugou sa quanto sia importante per Kirishima il contatto fisico, soprattutto in queste situazioni. Mai lo farebbe davanti ad altri, ma in questo momento sono soli e può concedersi di lasciarsi andare più del solito. Lui sa quello che è successo durante lo scontro con Gigantomachia, di come Kirishima si sia distinto e sia stato un cardine per la riuscita della sua cattura. Sa anche però quanto fragile sia il ragazzo, di come sicuramente si stia dando la colpa per le morti e le scomparse, di come si senta responsabile per Midnight, Amajiki e Fatgum. Su questo sono uguali loro due: non parlano esplicitamente di quello che provano, indossano una maschera per nascondere le loro insicurezze e la loro disperazione. Quando sarà pronto, Bakugou lo sa, sarà proprio Kirishima a parlare e spera che sarà lui quella persona di cui si fiderà a tal punto da aprirsi completamente. Nel frattempo quello che può fare è stargli vicino e fare capire a quella testa vuota che non deve sempre incolparsi per tutto quello che è successo.
Bakugou sente che lentamente il corpo del rosso si sta rilassando, anche se la sua maglietta è bagnata da tutte le lacrime che Kirishima ha versato; ha il respiro ancora pesante, ma il biondo non capisce se sia per il pianto o perché si sta addormentando. Guarda l’orologio e vede che sono ormai quasi le quattro di mattina e nessuno dei due sarà capace di reggere ancora per molto. Bakugou fa quello che mai si sarebbe sognato di fare: lentamente si sposta sul lato del letto vicino al muro e porta il rosso con sé, si stende sul letto senza staccarsi dall’abbraccio. Deve farlo lentamente, perché il suo petto fa ancora molto male, ma continuare a stare seduto avrebbe peggiorato la situazione. Non trova particolare resistenza nel corpo dell’altro ragazzo, segno che il respiro pesante era perché Kirishima, stremato, era entrato in una fase di dormiveglia. Bakugou si posiziona meglio sul materasso, continuando a fare in modo che la testa di Kirishima resti vicino al suo cuore; è una cosa che sa da sempre, lo ha provato sulla sua pelle: sentire il battito di sua madre lo ha sempre aiutato a calmarsi, quindi spera che possa essere lo stesso anche per il rosso. Mentre sente il respiro di Kirishima farsi sempre più pesante continua a guardare i suoi capelli, sa cosa significa per lui il rosso e vederli così trascurati gli provoca una fitta al cuore. Non sarà la persona più aperta del mondo, ma ha deciso che vuole esserci per lui, vuole esserci per chi ne ha bisogno.
Ha sonno anche Bakugou, gli occhi si stanno chiudendo senza il suo controllo. Bacia nuovamente i capelli di Kirishima e gli accarezza la schiena; ha gli occhi chiusi e sa che entro pochi secondi si addormenterà.
Sono entrambi sul confine tra sogno e realtà e solo un ultimo sussurro esce dalla bocca di Bakugou.
Non è colpa tua.
Dopo tanto tempo, per quella notte, Kirishima può dormire un sonno tranquillo e sereno.











Note dell'autrice:
Spero che questa piccola Os vi sia piaciuta.
Vedere Kirishima con la ricrescita ben in vista nel capitolo 306 ha fatto male al mio cuore, ma non ha impedito di creare questo piccolo headcanon.
Spero che sia di vostro gradimento e sarei molto felice se avessi dei vostri pareri.
 
   
 
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