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Autore: IndianaJones25    11/06/2021    2 recensioni
Indiana Jones si trova coinvolto in quella che è destinata a diventare la più celebre delle sue avventure: la conquista dell’Arca dell’Alleanza, il mitico artefatto biblico di cui gli esseri umani sono andati alla ricerca per oltre tremila anni. Tutto questo, però, non sarà soltanto una semplice impresa in competizione con i nazisti e con Belloq, il grande rivale di sempre: per Indiana Jones, infatti, significa dover finalmente fare i conti con il passato e chiudere un cerchio rimasto aperto per dieci anni, riannodando il legame perduto con Marion Ravenwood…
Una storia scritta in occasione del quarantesimo anniversario dell’uscita nei cinema del film “I predatori dell’Arca perduta” e della prima apparizione di Indiana Jones, 12 giugno 1981.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Henry Walton Jones Jr., Marcus Brody, Marion Ravenwood, René Emile Belloq, Sallah el-Kahir
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO V
LA VERA FORTUNA

    Washington, Distretto di Columbia

   Marcus Brody si allontanò, dicendo che sarebbe andato a parlare con chissà chi – qualche vecchia conoscenza in alto loco, pareva – nel tentativo di ottenere qualcosa di meglio. Tempo sprecato. Forse, come ultimo contentino, avrebbe guadagnato un finanziamento per qualche futura ricerca a favore del Museo, ma per il resto si sarebbe potuto scordare di ogni cosa. L’Arca, ormai, era perduta. Un’altra volta.
   Indy scese quasi di corsa le scale del palazzo e Marion, che lo stava aspettando, gli si avvicinò in fretta.
   «Ehi, che è successo?» domandò.
   Indy si bloccò di colpo, e lei dovette tornare a risalire i gradini per fermarsi al suo fianco. Ma lui, subito, le mani in tasca, riprese a scendere in fretta, costringendola a corrergli dietro un’altra volta. Finalmente arrestarono quella loro specie di tarantella e la ragazza poté osservare il suo volto rabbuiato.
   «Non sembri molto contento…» constatò.
   Anziché risponderle, l’archeologo si volse per gettare un’occhiata in cagnesco nella direzione dell’ufficio in cui erano rimasti Eaton e Musgrove, i due agenti del servizio segreto che lo avevano assoldato per quel lavoro.
   «Imbecilli! Ottusi burocrati!» abbaiò.
   Marion seguì il suo sguardo, immaginando che le cose non fossero andate come Brody e Indy si aspettavano.
   E dire che, proprio come due bambini eccitati per l’approssimarsi del giorno di Natale, avevano trascorso tutto il viaggio in treno a fantasticare sul posto più adatto per collocare l’Arca, all’interno del Museo, oltre a tentare di fare i conti sul gran numero di visitatori che avrebbe attirato. Marcus, entusiasta, già sognava una vera e propria ala dedicata ai tesori ebraici, il cui pezzo forte sarebbe stato proprio l’Arca, e parlava di poter intitolare la sala che l’avrebbe ospitata ad Abner.
   «Se lo merita» aveva detto, chinandosi in avanti e sorridendo a Marion, che sedeva sul sedile di fronte a lui. Le aveva paternamente battuto una mano sul ginocchio che spuntava da sotto la gonna color crema. «Se tutto questo è stato possibile, è stato solo merito del professor Ravenwood e della sua perseveranza.»
   Indy, seduto al suo fianco, elegantissimo nel suo abito blu, il cappello grigio appoggiato sulle gambe, aveva borbottato che, un po’, era anche merito suo, e che i muscoli che ancora gli dolevano ne erano la riprova. Poi, però, aveva sorriso.
   «Se Abner non avesse fatto tutte quelle ricerche, non avremmo mai trovato nulla» confermò. «Finalmente lo possiamo dire a cuore aperto: non era lui, a essere ossessionato. Erano gli altri a essere dei pazzi incoscienti, nel non volergli dare retta. E, purtroppo, tra quegli altri c’ero anche io…»
   Lei gli aveva stretto il braccio e gli aveva appoggiato la testa contro la spalla, sotto lo sguardo bonario di Marcus.
   «Indy, non pensiamo più a questo» aveva detto. «Ormai tutto è stato risolto e sono certa che papà è tornato a essere fiero di te.»
   Solo che, da quel che poteva intuire adesso, quell’ala dedicata al professor Abner Ravenwood difficilmente avrebbe mai visto la luce.
   «Non si rendono conto della fortuna che hanno!» grugnì ancora Indy, continuando a guardare in tralice, con fare davvero minaccioso, verso il luogo in cui aveva lasciato i due agenti segreti.
   Marion sorrise in maniera radiosa, un vero contrappeso rispetto al volto rabbuiato di Indy.
   Non le interessava più nulla dell’Arca dell’Alleanza, né le premeva sapere se suo padre avrebbe avuto una sala intitolata oppure no. Riguardo ad Abner, l’unica cosa importante era aver dimostrato che non era mai stato il folle visionario che molti – lei compresa – avevano pensato che fosse. Non aveva mai sprecato un solo giorno della sua vita travagliata andando all’inseguimento del fumo, di un fantasma inesistente che vedeva solo lui; e questo era infine stato dimostrato, e tanto le bastava. Poteva anche rimanere un pazzo, agli occhi del mondo: lei, Indy e Marcus Brody sapevano la verità, e questo era ciò che contava davvero.
   Adesso, voleva soltanto stare con Indy. Voleva vivere giorno dopo giorno al suo fianco, senza più pensare a niente altro. Che cosa ci poteva essere di più bello e desiderabile di questo? E, poi, anche se adesso era così ombroso, sapeva benissimo che era stato pronto a tutto, anche a lasciare l’Arca nelle mani dei tedeschi, pur di riavere indietro lei. Sebbene ora non volesse darlo a vedere, a lui per tutto quel tempo era importato solo di lei. Se aveva fatto tutto quello che aveva fatto, lo aveva fatto per Marion.
   «Be’, io mi rendo conto della fortuna che ho» disse, il sorriso che sembrava illuminarla tutta.
   Indy, però, non la guardava. Teneva gli occhi bassi, arrabbiato, deluso, sconfitto per l’ennesima volta in vita sua. Poteva comprenderlo: tanta fatica per niente. Ma era stato davvero per niente? Lei non lo credeva e, ne era certissima, nemmeno lui doveva pensarlo sul serio. D’accordo, questo non poteva essere negato, avevano perduto l’Arca dell’Alleanza, celata chissà dove, probabilmente per sempre, per ordine dell’intelligence; ma in compenso avevano guadagnato qualcosa di molto più prezioso, che valeva ben più di tutti i tesori nascosti sulla terra.
   Erano insieme, di nuovo, e questa era la più preziosa di tutte le ricchezze. Non c’era niente che potesse stare al confronto di questo. Il loro amore che andava rinascendo minuto dopo minuto era la sola cosa che contasse, dinnanzi alla quale tutto il resto sbiadiva e svaniva come nebbia inconsistente. Era questa la vera fortuna, la sola che contasse per davvero.
   «Andiamo, ti offro da bere» sussurrò, sperando di richiamarlo alla realtà.
   Jones, però, continuava a guardare in terra, masticando amaro.
   Marion non aveva nessuna intenzione di vederlo tenere quel muso lungo per tutta la giornata.
   Allungata la mano, gli sollevò la tesa del cappello, costringendolo a guardarla in viso. Occhi negli occhi. E il rancore, poco a poco, sembrò sciogliersi dinnanzi al suo dolcissimo sorriso, quel sorriso che era solo per lui, quel sorriso che aveva sempre amato, quel sorriso che la rendeva unica e irripetibile.
   «Hai capito?» mormorò lei con dolcezza, invitandolo a seguirla. «Un drink.»
   L’archeologo esitò ancora un istante, poi le offrì il braccio, senza togliere le mani di tasca. Lei vi si aggrappò, senza smettere di sorridere. Lui parve ancora deciso a tornare indietro, come se volesse andare a cantarne quattro a quei due fanfaroni, ma Marion lo tirò con ferma delicatezza.
   Finalmente anche Indiana Jones sorrise. Strinse meglio il braccio di Marion Ravenwood, appagato della sua vicinanza, e insieme si avviarono lungo la scalinata, verso una nuova avventura, che avrebbero scritto insieme, giorno dopo giorno.

[scritto: maggio 2020 - marzo 2021]
   
 
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