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Autore: Ahiryn    11/06/2021    1 recensioni
Kieran Reed è un soldato con poche certezze nella vita, ma nessuna più ragionevole del: “mai fidarsi di Silas Vaukhram”. Non ha vissuto gli ultimi sette anni della sua vita a dare la caccia a quel bastardo per divertimento personale. Non lo ha trascinato di fronte alla giustizia sperando di cambiare idea. Nossignore. Ha fatto tutto questo per rimediare a un errore, il fatale errore di essersi fidato. Perché Silas è un traditore, un assassino, un bugiardo e la persona di cui più diffida al mondo.
Sfortunatamente è anche la sua unica speranza.

*steampunk / enemies to lovers*
[Rating arancione ma salirà a rosso più avanti]
~ Aggiornamento ogni Domenica - Lunedì ~
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Una Partita a Carte

VI


Il giorno seguente Kieran non osò lasciare la cabina. Cercare di capire come Silas fosse riuscito a sciogliere le corde e a fuggire occupò gran parte del suo tempo. Il colpevole si rifiutava di rispondere, mentre passava il suo tempo a dormire come un principe annoiato.
Come era uscito dalla cabina? La aveva scassinata o si era fatto aprire fingendo di essere rimasto chiuso dentro? Kieran nel dubbio aveva ricontrollato di avere la chiave più e più volte.
La sera scese senza che lui avesse davvero trovato una risposta, l’unica soluzione attuabile era quella di rimanere vigile. E di stringere di più i nodi.
Mentre fuori dal treno il sole tramontava fra pennellate vivide di arancio e rosa, Silas si muoveva per la cabina, inquieto come un bambino tenuto troppo tempo immobile. Iniziò a guardare nei vari scompartimenti alla ricerca di una distrazione, svuotava un armadietto e poi passava al successivo. Trovò presto un mazzo di carte Lunvesi dentro uno dei cassetti e le tirò fuori soddisfatto.
Si sedette al tavolo e iniziò a mescolarle, accompagnato dal rumore ininterrotto della locomotiva a cui ormai si erano abituati entrambi.
– Giochi?
Kieran era ancora intento a guardare le corde, che non erano state tagliate; non aveva rubato di nuovo un coltello, almeno di quello poteva essere certo. Nel dubbio però ricontrollò anche quel particolare.
– Non siamo qui per giocare.
– Avanti, Campione. Dovremo rimanere su questo treno per giorni, una partita a carte non distruggerà la tua ossessione verso il dovere.
– Non ho un’ossessione – borbottò. – Come ti sei liberato prima?
Silas sorrise mentre mescolava abilmente le carte. – Vorresti saperlo? Vinci contro di me e te lo svelerò.
– Hai cinque anni per caso?
Non aveva alcuna voglia di giocare, ma Silas era abbastanza corretto quando si trattava di sfide di quel tipo. E forse neanche lui aveva voglia di trascorrere un’altra serata in completo silenzio a fingere di tenersi occupato.
Si sedette dall’altro lato del tavolo. – A cosa vuoi giocare?
– Alla Matriarca, ricordi le regole?
Era abbastanza bravo, si trattava di un gioco di bluff e rilanci. – Sì, le ricordo.
Durante le traversate o all’accampamento era un gioco abbastanza diffuso fra i comandanti di alto grado, molto meno fra i soldati semplici che preferivano giocare a dadi.
Silas si accese una sigaretta e distribuì le carte, poi riempì un’altra volta il proprio bicchiere col liquore.
– Te lo insegnai io.
Kieran sbatté le palpebre mentre guardava il mazzo. – Tu?
– Non ricordi?
Gli tornò alla mente quel pomeriggio piovoso, le lezioni e gli allenamenti erano stati sospesi a causa di un incidente che aveva richiesto la presenza dei maestri; avevano il giorno libero ma la tempesta era troppo violenta per raggiungere la cittadina vicino. Erano rimasti in camera e Silas gli aveva insegnato la Matriarca. Poteva rievocare la scena: due ragazzi seduti per terra a gambe incrociate, illuminati da una lampada ad olio, mentre fuori il cielo tuonava. Avevano anche scommesso, ricordava di aver perso e di essere stato costretto a non lamentarsi mai più dei capelli che perdeva Silas per tutta la stanza.
– No, non ricordo.
Silas sembrò credergli o per lo meno fingere, perché rivolse la sua attenzione soltanto alle carte.
– Bevi?
– No. Quanti bicchieri hai bevuto oggi?
Il prigioniero lasciò uscire un verso esasperato. – Mi spieghi cos’altro dovrei fare? E poi il whiskey che hanno a bordo non è male.
Kieran scrollò la testa e prese le proprie carte. Non era certo un problema suo quanto bevesse Silas, magari da ubriaco sarebbe andato a dormire senza dargli fastidio. Soltanto che ogni volta che lo vedeva bere aveva voglia di partecipare, ma poi rischiava di ritrovarsi legato al letto con un pugnale nelle costole.
Prima che potessero iniziare davvero, qualcuno bussò alla porta.
Kieran s’irrigidì subito e lanciò un’occhiata a Silas. – Non muoverti.
Quello sgrullò la cenere. – Rilassati.
Andò ad aprire la porta scorrevole e si ritrovò i due uomini che erano presenti nella saletta dei giochi dove la ragazza era svenuta il giorno prima. Uno dei due era il signore che gli aveva rimbeccato l’operato militare, l’altro era invece il gentiluomo sospetto che osservava Silas dall’altro tavolo.
Avevano la giacca sottobraccio ed erano in camicia, la catenina degli orologi da taschino che sbucava dai calzoni. Il più giovane teneva una valigetta nella mano, forse aveva appena finito di lavorare nel vagone libreria.
– Scusateci per quest’increscioso disturbo, maggiore, volevamo chiedere a voi e al vostro compagno di viaggio a proposito di una collana scomparsa. La signorina Larkin l’ha smarrita dopo il suo mancamento, è un collier di perle molto prezioso. Abbiamo chiesto a tutti i presenti, vi è capito di vederla?
Kieran sentì l’urgente desiderio di picchiare qualcuno in particolare. – Non preoccupatevi per il disturbo. Sfortunatamente non abbiamo notato nulla. Se possiamo aiutarvi in qualche modo, lasciatecelo sapere. Aveva molto valore?
– Si tratta di perle – rispose il più giovane, con aria rammaricata. Il tono però anche se amabile era suonato pedante, come se si stesse rivolgendo a un povero idiota. – Potremmo parlare con il vostro assistente?
Kieran esitò e in quel momento Silas finì di aprire la porta scorrevole della cabina e sorrise ai due uomini dopo essergli sbucato accanto. Aveva indossato i due occhiali a fondo di bottiglia e aveva i capelli legati in modo da coprire le orecchie a punta. C’erano altri indizi che potevano far intuire il suo retaggio fatato, ma soltanto un attento osservatore avrebbe potuto accorgersene.
– Ma certo, eccomi qua. Anzi, perché non entrate e non vi fate una partita con noi? Avevamo appena iniziato una Matriarca.
Kieran gli pose una mano sul braccio senza farsi vedere e lo stritolò. – Sono certo che questi gentiluomini abbiano di meglio da fare, stanno cercando la collana di…
– Una partita a Matriarca? Perché no – rispose l’uomo baffuto, sistemandosi il panciotto. – Devo però avvertirvi che sono un maestro.
L’altro uomo sorrise a Silas e poi a Kieran. Aveva un che di predatorio nello sguardo. – Abbiamo chiesto a tutti i presenti della collana, con voi la nostra ricerca si esaurisce. Qualche domestico del treno deve averla rubata, non mi sorprende. Mia moglie è sempre sbadata e dà troppa confidenza alla servitù. In ogni caso perdonate le mie maniere, non mi sono presentato. Sono Jonathan Larkin, ma potete chiamarmi John. Il mio irruento amico è invece Frederick Richardson. Una partita con il Campione non mi dispiace affatto per trascorrere una serata. Grazie per l’invito.
Kieran cercò un pretesto educato per non lasciarli entrare, ma dopo l’invito di Silas qualsiasi gesto di rigetto sarebbe stato considerato molto rude. Aveva spiegato il giorno prima che era in servizio, poteva di nuovo usare quella scusa, anche se avevano già visto il tavolino apparecchiato con le carte e i due bicchieri.
Maledetto Silas.
Rimaneva solo la via maleducata, ma era troppo rischiosa. Doveva rimanere su quel treno per molti altri giorni, farsi dei nemici fra i passeggeri più facoltosi non era una buona idea. Inoltre aveva il sospetto che la collana fosse stata rubata da Silas, se il signor Larkin avesse chiesto un’ispezione nelle cabine sarebbe stato davvero un guaio.
Si fece da parte, sconsolato. La sua mente stava già viaggiando; non c’erano oggetti rischiosi alla vista, aveva riposto la mappa e il diario, le sue armi erano poggiate vicino al letto, ma per un guerriero era più che normale. Aveva il gessetto nel cappotto insieme ai proiettili e a qualche altro oggetto, mentre i soldi e il permesso del generale erano nella cassaforte della cabina.
 L’unico enorme problema era Silas e la sua imprevedibilità.
Ha rubato lui la collana? Sapeva che sarebbero venuti a cercarla?
Per Silas non sarebbe cambiato nulla se Kieran fosse stato scoperto, anzi, forse lo voleva. Voleva rovinargli la vita e la carriera. Sperava che avesse un briciolo di buon senso, perché se li avessero scoperti l’intera Gardenia li avrebbe braccati giorno e notte.
I due ospiti si accomodarono al piccolo tavolino al centro della cabina. Poggiarono le giacche eleganti intorno alla sedia e guardarono Kieran che prendeva da bere dalla vetrina. Il treno fischiava e rumoreggiava in continuazione, gli oggetti di vetro tintinnavano di continuo, ma nessuno di loro ci faceva più caso.
– Whiskey?
– Volentieri giovanotto. Che splendida cabina, molto spaziosa, e l’arredamento è davvero di buon gusto.
Silas si accomodò sulla sedia. – Solo il meglio per noi del Ferro – disse sornione. – Fumate, signore?
– Ho i miei sigari, non preoccupatevi. Voi John?
L’altro uomo scosse la testa affabile e sorrise. – Non vorreste un sigaro anche voi, signor…
Kieran sudò freddo e cercò di parlare, ma Silas rispose disinvolto: – Faust.
– Faust, non gradireste un sigaro? Le sigarette sono volgari, se permettete. Le fumano gli operai nelle fabbriche, non i gentiluomini.
Anche se il tono era stato molto educato, le parole non lo furono affatto.
Silas non perse il sorriso ma ripose il pacchetto. Kieran stava versando il whiskey, sperava soltanto che gli venisse sonno con l’alcool e decidessero di tornarsene nella propria cabina.
– John non siate maleducato – lo rimbeccò il più anziano.
– Mi dispiace se ho dato quest’impressione. Ho diversi campi di tabacco e lo dico con cognizione di causa. È solo un consiglio per la vostra immagine.
Kieran percepiva un crescente fastidio da Silas, ma la sua espressione rimase affabile.
– Voi avete perfettamente ragione… John, giusto? Le sigarette sono ahimè volgari, ma noi del Ferro non possiamo sempre prenderci il giusto tempo necessario per gustarci un sigaro. La nostra vita è una corsa continua.
Il più anziano annuì in modo serio. – Ma certo, svolgete un servizio molto pesante, contro quelle maledette creature.
Kieran porse i bicchieri e si sedette. Erano un po’ stretti e l’aria della piccola cabina si riempì subito di fumo fra la sigaretta e il sigaro. Silas iniziò a distribuire le carte.
L’uomo di mezz’età posò il sigaro sul posacenere mentre guardava la propria mano. – Le carte che mi hai dato non sono male, figliolo. Vogliamo alzare la posta?
Kieran aveva un bel gruzzolo di soldi con sé, ma non aveva intenzione di sprecarli a quel modo. Era pur vero che Silas era un maestro in quel gioco, riusciva a ricordarlo bene.
Silas si poggiò contro lo schienale. – Che cosa proponete?
Fu John a parlare, dopo aver incurvato le labbra. – Siete un Discendente, giusto?
Kieran raggelò sul posto, mentre Silas perse appena il sorriso. Tolse gli occhiali e rivelò le iridi violacee. – Siete un acuto osservatore. Il mio compagno qui è molto apprensivo e non vuole che mi riveli, teme i trafficanti e gli schiavisti.
Frederick lo guardava con un certo disagio all’improvviso. John sembrava tranquillo invece.
– La previdenza è legittima. Perché non scommettete qualcosa di voi? Una ciocca dei vostri capelli ad esempio.
– No – s’intromise Kieran, serio. – Non se ne parla.
Aveva parlato con troppa maleducazione e si ritrovò tre paia d’occhi addosso.
– Capisco che teniate alle sue parti e che siano di proprietà del Ferro, ma una semplice ciocca di capelli non può nuocere.
Silas era rigido e fece per parlare, ma Kieran lo interruppe. – Signore, forse non mi sono spiegato: il suo corpo non è oggetto di scommessa. I soldi andranno bene.
Era troppo agitato e stanco per mantenere tutti quei fronzoli nel discorso che piacevano tanto a certe persone. Voleva mandarli via il prima possibile, temeva che potessero riconoscere Silas.
Anche se dovevano essere due semplici uomini d’affari non si fidava. Era troppo rischioso. L’agitazione non gli permise di notare l’occhiata di sottecchi che gli riservò Silas.
Subito dopo sorrise cordiale. – Scusatelo, il mio compagno dimentica le buone maniere a volte. È molto protettivo. Accetto la vostra proposta, ma non taglierò la ciocca finché non vincerete.
Kieran cercò di non dare a vedere la sua contrarietà e iniziarono la partita. Appena i bicchieri si svuotavano li riempiva di nuovo, ma i due uomini sembravano parecchio resistenti all’alcool.
Nel mentre conversarono del più e del meno, di economia, di moda e di politica. Tutti argomenti che annoiavano parecchio Kieran. Si interessò soltanto quando la tematica passò allo sport e al pugilato. Silas invece rispondeva come se fosse interessato a ogni singola parola, aveva sempre avuto questo modo di parlare e di far sentire l’interlocutore pieno di attenzioni.
– Maggiore, conoscete il motivo per cui la condanna della Falena è stata rimandata? Abbiamo letto sui giornali che c’è stato un qualche trambusto.
Kieran guardò le sue carte una terza volta, ma non trovò nessuna mossa vincente. Era una mano davvero sfortunata.
– Non so dirvelo, purtroppo non sono stato preso in considerazione per queste questioni. Eravate al processo?
– No, non eravamo neanche in città. Non siamo di queste zone, veniamo dal Mirna. Eravamo in visita. Non trovate ridicolo che abbiano rimandato la sentenza?
Silas non riusciva a nascondere il sorriso beffardo dietro le carte. – È una vergogna – commentò e bevve un sorso per sopprimere la risata.
Kieran gli assestò un calcio sotto il tavolo e lo vide sussultare. – Credo che il Consiglio abbia le sue ragioni.
Frederick poggiò le carte. – Verità – dichiarò.
Ciascuno di loro mostrò le proprie carte. Silas era l’unico a non aver mentito sulla mano in corso e con un sorriso da gatto si intascò i soldi poggiati al centro. John guardò le carte torvo, non appariva contento del risultato.
– Si vocifera che voi vi siate opposto alla condanna a morte.
Kieran divenne teso. Non osò guardare verso Silas. – Da chi è giunta questa voce?
– Dalla Gilda dei gendarmi.
Si concesse un sorriso affilato. – I gendarmi non provano molta simpatia per noi del Ferro, vi consiglio di non credere a ciò che dicono. So soltanto che la Falena non è più affar mio.
Frederick si lisciò i baffi e lo osservò. – Mi ha sorpreso la vostra manovra alle miniere del Mirna. Ero scettico quando mi hanno detto che voi siete un simpatizzante delle fate, ma queste voci mi hanno incuriosito.
Kieran cercò di non mostrarsi esasperato mentre veniva di nuovo tirato fuori l’argomento delle miniere. Erano davvero insistenti.
Silas prese la parola dopo aver spento la sigaretta. – Il nostro maggiore un simpatizzante? Sono curioso, in base a cosa lo dite?
John sospirò dopo aver guardato le proprie carte. – Il maggiore ha scelto spesso di ritirarsi piuttosto che attraversare il territorio delle Corti e non ha agevolato l’acquisizione di alcune zone in mano alle fate che sarebbero state preziose per le fabbriche e i lavoratori.
Kieran poggiò le carte e portò un braccio indietro. – Il mio lavoro può essere complesso, io ricevo ordini, tutto qui.
– Ma certo, ma certo. Inoltre nessuno vi biasimerebbe per voler proteggere i vostri uomini, le fate sono una piaga. E così anche molti Discendenti, che ormai occupano fin troppi ruoli di potere. Con le dovute eccezioni – rimarcò guardando Silas con aria cordiale.
Kieran era irritato e voleva che quei due se ne andassero all’istante. Iniziò di nuovo a valutare i rischi del cacciarli in malo modo. Si arrese ad aspettare che se ne andassero di loro spontanea volontà.
 – Cerco soltanto di svolgere il mio lavoro facendo in modo che il minor numero di persone ci rimetta.
Mantenersi neutrali nelle risposte era sempre la strategia migliore, era stata una delle prime lezioni che gli aveva impartito William.
– Sapete, maggiore, c’è questa zona, vicino le mie terre, che continua a essere territorio di una fata. Credete che sia possibile per voi… aiutarmi?
– Aiutarvi in che modo?
– A farle cambiare territorio.
Silas si lasciò scappare una risata, ma anche Kieran faticò a non trasformare il suo sorriso divertito in qualcosa di più. – Avete detto che venite dal Mirna, ne deduco che la fata in questione sia qualcuno sotto il Maestrale, re della Corte del Mirna. È una fata antica molto potente. La maggior parte di Corti in quella zona rispondono a lui, anche solo spostarne una o spazzarla via susciterebbe la sua ira. Nessun comandante del Ferro vi aiuterebbe in un’operazione così rischiosa.
John guardò Kieran con aperta sufficienza. – Dovremmo soltanto accettare quest’usurpazione?
– Le fate erano lì da prima.
– Non in quelle terre! Se ne sono appropriate un secolo fa e nessuno ha mai mosso un dito – protestò.
Silas faticava a contenersi. – Certo che no. Parliamo del Mirna. Montagne, gelo, zuppe insipide, campi rigidi, tempeste. Chi scatenerebbe una guerra con una fata antica per quel posto? – replicò divertito.
Kieran gli lanciò un’occhiataccia, ma Silas non lo stava neanche guardando. Osservava John con una certa sfrontatezza.
– Stai parlando della mia terra natale.
– Splendido luogo per una vacanza invernale. Meno splendido quando si tratta di scatenare un conflitto su larga scala. Le fate di quella zona controllano il gelo, mentre gli umani, beh… muoiono con il gelo.
Kieran cercò di distendere gli animi, si era fatto prendere dal fastidio e dall’agitazione. – Posso promettervi che parlerò con i miei superiori, potremo chiedere un’udienza al Maestrale e cercare di contrattare sulle terre occupate.
Frederick spense il sigaro. – Così che quando ve ne andrete, torneranno ad occuparle. Sapete che l’unica soluzione possibile è un’altra, ma con questa linea politica codarda non andremo da nessuna parte.
Kieran socchiuse gli occhi, non sapeva come fosse finito a parlare di politica con quei due, ma non ne poteva già più. Era tutta colpa di Silas, che invece sembrava divertirsi parecchio.
– Credo di aver vinto – mormorò infatti, soddisfatto. – Purtroppo non avrete i miei capelli quest’oggi, che peccato.
L’uomo aveva un sorriso mellifluo. – Un’altra partita, siete d’accordo?
Kieran si rese conto che quello era il momento giusto per intervenire.
– Credo che ora sia il caso di separarci, è sceso il buio ed è ora di cena. La prossima volta che passerete per Railia sarò lieto di ascoltare con più calma il vostro spinoso problema nel Mirna.
I due sembrarono quasi persuasi dalle sue parole concilianti, ma Silas non appariva dello stesso avviso. – Un’altra partita è d’obbligo. Ma che cosa avete da offrire?
– Ora smettila – sbottò Kieran. – Che cosa pensi di fare?
John accettò di buongrado. – Soldi?
Silas mostrò un’espressione annoiata. – Se è tutto ciò che avete, allora non m’interessa. Possiamo concludere qui.
Fece per alzarsi, ma l’uomo lo fermò.
Prese la sua valigetta da terra e la posò sul tavolo. Aprì con un click le due chiusure e sollevò la parte superiore.
– Forse, se siete disposto ad alzare la posta, potremmo rendere la partita più avvincente.
Kieran venne colpito subito dall’odore spiacevole che proveniva dalla valigetta. Ancora prima di vederne il contenuto, si accorse che Silas aveva perso colore.
Nella valigetta c’erano diversi pezzi di fate e Discendenti, non trattati, orecchie mummificate, dita legate insieme, un sacchetto di unghie e due piccoli barattoli pieni di sangue. Al centro era disteso il corpicino minuscolo di una pixie giovanissima, o almeno sembrava una pixie, il suo corpo era essiccato e le ali bloccate da due spilli.
Kieran represse un’ondata di nausea. Molti oggetti venivano creati con parti fatate, ma era raro vedere qualcuno girare con pezzi del corpo ancora non trattati. Kieran inoltre riscontrò diverse illegalità e iniziò a insospettirsi. Non avrebbe potuto catturare una pixie senza molte risorse e alcune parti sembravano fin troppo… piccole per appartenere a Discendenti adulti. Era possibile che fossero appartenute a bambini mezzosangue morti di cause naturali, ma sul mercato nero spesso la realtà era un’altra.
Guardò di sottecchi Silas, che non sorrideva più. La sua postura era rigidissima e non distoglieva gli occhi da quella valigia degli orrori.
– Siete un collezionista? – domandò Kieran e non riuscì a nascondere il disprezzo.
– Un venditore più che altro. Mio nonno mi ha lasciato molti di questi cimeli, altri li ho presi io negli anni. La mia Gilda in questo mi ha sempre aiutato.
Kieran si allarmò per l’ultima frase. – Fate parte di una Gilda?
– Sì, la Gilda dei mercanti. Mi mandano spesso a cercare rarità da vendere ai clienti più esigenti. Visto che stiamo alzando la posta, posso darvi uno di questi pezzi. Ma se vinco io, voglio due vostre dita, signor Faust. Avete delle splendide mani, da pianista. Suonate per caso?
Silas impiegò qualche secondo per rispondere. Kieran non lo vedeva così stordito da molto tempo.
Devo intervenire.
– Signor Larkin, sapete che state infrangendo diverse leggi a trasportare materiale fatato di quella portata senza un permesso?
– Ho un permesso, maggiore.
Kieran non si fermò. – Sono curioso circa la provenienza di ogni singolo pezzo, ma non ho il tempo adesso di interrogarvi. Inoltre la vostra richiesta è passibile di denuncia; ci tengo a ricordarvi che il corpo di un Discendente non può essere usato come merce di scambio finché egli è in vita, neanche per volere dello stesso Discendente. A queste condizioni sono costretto a chiedervi di lasciare la cabina.
Silas alzò lo sguardo. – Accetto. Un pezzo a mia scelta se vinco io. Le mie dita se vincete voi. Avete occhio, sì, di tanto in tanto suono. Quale vorreste?
– L’indice e il pollice.
– Deduco che abbiate con voi gli strumenti per amputarmele.
– Ho detto che la partita è conclusa – ripeté Kieran e guardò Silas, che aveva gli occhi puntati sull’avversario.
John aprì un marsupio di pelle nella valigetta che conteneva vari strumenti chirurgici. Sembravano consunti.
Silas strinse appena un pugno. Aveva perso qualsiasi parvenza di autocontrollo e divertimento, Kieran iniziava a preoccuparsi.
– Calmati – riuscì solo a dire, sottovoce.
– Sono calmo – rispose, con un sorriso talmente freddo da dargli i brividi. – Sto contrattando. In fondo ne ho dieci di dita.
Non gli avrebbe mai permesso di andare fino in fondo. Anche se avesse giocato e perso, Kieran non avrebbe mai permesso a quel macellaio di toccarlo. Se la situazione fosse stata diversa avrebbe trovato il modo di arrestarlo.
Non può non saperlo. Perché ha tirato fuori questa valigetta di fronte a me? Pensa che chiuderò un occhio? Per questo hanno cercato di capire se sono un simpatizzante delle fate?
Qualcosa non quadrava.
Frederick sembrava altrettanto contrariato. – John non credo sia il caso. Abbiamo bevuto troppo, ritiriamoci nelle nostre cabine.
Lo spostò con una gomitata. – Non guastare il divertimento, Fred. Se voi due non volete giocare, potete tirarvene fuori.
Fece per dare le carte, ma Kieran gli bloccò la mano. – Se insistete, sarò costretto a chiamare i gendarmi.
Silas si alzò con un gesto brusco e lo fronteggiò. – Non immischiarti, Reed.
Kieran lo spinse indietro e gli si avvicinò, parlando a bassa voce. – Ora calmati, lo so che sei arrabbiato. Lo sono anch’io, ma non possiamo farci nulla al momento.
Silas gli strinse la mano a pugno sulla maglia. – Ho detto: non immischiarti. O dirò ai nostri ospiti chi sono e grazie a chi sono libero come l’aria.
Kieran lasciò andare un verso di frustrazione. – Non sei lucido – sibilò a bassa voce.
Silas lo ignorò, tornò al tavolo e si sedette. – Fatemi vedere la vostra… collezione. Voglio accertarmi che non siano dei falsi.
L’uomo sembrò quasi indignato dall’insinuazione. Avvicinò la valigetta e Silas allungò una mano per sfiorare il corpicino della pixie. Le sue dita la toccarono con una tale delicatezza, come se stessero sfiorando la seta e gli occhi di Silas si riempirono di amarezza. Kieran lo guardò senza dire altro e tornò a sedersi.
All’improvviso John afferrò la mano di Silas con un gesto deciso. Alzò la manica e scoprì i segni delle catene sui polsi.
– Come mai questi segni, signor Faust?
Kieran perse ogni traccia di colore e Frederick osservò le ferite con sguardo confuso.
Silas strattonò indietro la mano. – Levami le mani di dosso.
– Ho iniziato ad avere qualche sospetto quando siete diventato irrispettoso e ora ne ho la conferma. Le Gilde sanno che siete a piede libero, Vaukhram. A quanto pare il Ferro è arrivato per primo – e lanciò un’occhiataccia a Kieran, – ma possiamo ancora guadagnarci tutti qualcosa dalla sua cattura, non credete, maggiore?
Kieran ebbe appena il tempo di realizzare che cosa stesse dicendo. Rimase imbambolato per una manciata di secondi.
Le Gilde si erano già mosse.
Erano già sulle tracce di Silas. Ci avevano messo molto meno del previsto.
Sono stato un idiota.
Larkin doveva essere un qualche trafficante al servizio della Gilda dei mercanti, il suo atteggiamento gli era parso sospetto fin dall’inizio. Dovevano averlo contattato mentre era già sul treno o poco prima per avvertirlo con discrezione della fuga della Falena.
Però aveva ancora una speranza; l’uomo sembrava pensare che Kieran avesse già catturato Silas, anche se il treno non era diretto verso Railia. Poteva giocarsela a suo favore.
– Siete impazzito per caso?
– Non iniziamo con questo gioco, maggiore. Non conosco l’aspetto della Falena, ma mi è stata fatta una sua descrizione fisica via telegrafo. Certo che siete davvero strabiliante come dicono ad averlo già acciuffato. Visto che però non è ancora in cella, potremmo trovare un accordo che renda tutti felici.
Ah al diavolo. Non ha senso fingere.
– Il prigioniero tornerà in prigione e basta. Questa è la legge – provò ad obbiettare, ma la sua risposta non uscì decisa come avrebbe voluto.
John si lisciò la camicia. – La legge? Il vostro prigioniero se ne andava libero per il treno, non è legato né incatenato, o mi sbaglio? La vostra sorveglianza lascia molto a desiderare, maggiore. Non sarà che avete stretto un accordo? Che cosa vi ha promesso per non tornare in cella? Il suo sangue, le sue parti o la sua compagnia? Voglio semplicemente partecipare a questo scambio. Se mi darete un pezzo del vostro prigioniero, le mie labbra rimarranno sigillate e non rivelerò alla mia Gilda la vostra posizione.
Kieran si alzò di scatto, furibondo. – Come vi permettete di ricattarmi? Non ho stretto nessun accordo! Fuori di qui.
Frederick sembrava sconvolto. – L-la Falena? – balbettò e osservò Silas con occhi spaventati.
– Siete sicuro di essere nella posizione di mandarmi via? Le altre Gilde verranno a cercarlo e sono certo che saranno interessate a sapere dove si trovi e dove sia diretto. Anche i vostri superiori vorranno essere informati di come stiate socializzando col prigioniero. Niente catene, né corde? Quello che fate con lui non mi riguarda, ma potrebbe riguardare il generale Hamilton. Oppure potremmo stringere un accordo fra di noi e continuare ognuno per la propria strada.
Il mondo gli crollò addosso in un attimo. Se Larkin avesse parlato, la sua vita sarebbe stata rovinata. Avrebbe perso tutto.
– Voglio soltanto quello che ho chiesto in palio per la partita. Un paio delle sue dita e non sentirete più parlare di me. Se volete riportarlo in cella, due dita in meno saranno facili da spiegare. Se invece volete tenerlo con voi per rivendere le sue parti o per… uso personale, beh, sarà più docile, non credete?
Kieran stava tremando di rabbia. Aveva appena rimproverato Silas per aver perso lucidità, ma sentì la propria di lucidità andare a farsi un giro per il treno. Le preoccupazioni sulla sua carriera, la sua vita, il suo buon nome, si dimenticò di tutto in un istante.
Sbatté le mani sul tavolo e un bicchiere si rovesciò, inzuppando le carte.
– Ho detto: fuori di qui.
L’ordine uscì dalle sue labbra denso di minaccia e Larkin sussultò appena, teso.
Non fece a tempo a rispondere che uno scossone devastante colpì il treno così violentemente da sbalzarli tutti contro le pareti. Un suono simile al rombo di un tuono si abbatté su di loro e qualcosa esplose nella notte.
Kieran sbatté la testa contro lo spigolo del tavolino e iniziò a sanguinare; Silas riuscì per un pelo a evitare la vetrina, che si rovesciò a terra in un frastuono di vetri infranti. Alcune schegge lo tagliarono.
Frederick era finito contro il divanetto e sembrava aver perso i sensi, mentre John era stato sbattuto a terra. Le luci si spensero e si riaccesero impazzite mentre un frastuono infernale invadeva lo spazio. La bottiglia di whiskey volò a terra seguita dai bicchieri, i cocci di vetro si sparpagliarono per tutta la cabina. Lo stridio delle rotaie li assordò per un attimo e nessuno si mosse.
– Che diavolo – biascicò John, caduto dalla sedia e coperto dai vetri.
Ci fu un momento di interminabile silenzio, poi si sollevarono le urla. Kieran iniziò a raggelare e si tirò su facendo forza su un ginocchio. Tenne una mano sulla testa per riprendersi dallo stordimento.
Silas si alzò ben più rapido e spalancò le tende in un gesto deciso.
A fianco del treno, nella notte, correvano alcuni destrieri di ombre, spiriti bui che cavalcavano l’aria come brezza. In groppa portavano cavalieri foschi, come usciti da un dipinto. Solo gli occhi brillavano di un verde acceso in mezzo ai contorni nebulosi.
Kieran avrebbe riconosciuto quella magia ovunque: erano le ombre della Legione, un incantesimo che annunciava il loro arrivo.
– Cosa succede – domandò nel panico il signor Larkin. – Attaccano il treno?
– Il treno resisterà – mormorò Kieran con sicurezza. – Neanche una fata purosangue antica può distruggere questo tipo di treno e i loro incantesimi sono deboli contro il ferro runico dei treni.
– Ti sbagli – commentò Silas.
Kieran si voltò a guardarlo. – Questo treno è una fortezza.
– La Legione ha molti agenti umani o mezzosangue, come me, loro possono entrare nel treno senza risentire degli effetti del ferro. Probabilmente si sono infiltrati alla stazione e hanno usato degli esplosivi. Non tutto richiede l’uso della magia, caro il mio Reed – e nel dirlo gli sfuggì un sorriso.
La vista dei cavalieri d’ombra sembrava averlo rinfrancato.
Kieran lo osservò con orrore quando lo sentì confermare le sue paure e lanciò uno sguardo alla cabina sottosopra.
– Alla stazione li avrebbero riconosciuti – provò ad obbiettare, ma non ne era così sicuro.
Si sentivano urla e dalla porta della cabina stavano entrando alcuni miasmi; il treno continuava la sua traversata fra le pianure, il fumo della ciminiera più nero che mai. Non era deragliato e non si era neanche fermato, eppure il colpo di prima doveva avere fatto qualche danno.
– Sono i terroristi – boccheggiò John, chiudendo la valigetta e afferrandola. – Maggiore, intervenite. Fate qualcosa!
Kieran era già corso a recuperare le sue armi vicino al letto. Infilò la pistola nella cintura e indossò il cappotto. Afferrò la spada, ma non trovò il suo pugnale.
Quando si voltò vide Silas tagliare la gola a John con un gesto fluido e deciso. Il sangue iniziò a colare mentre l’uomo si portava le mani alla giugulare con un gorgoglio grottesco. Silas lo lasciò accasciare a terra con un tonfo e si voltò verso il corpo incosciente di Frederick.
Roteò il pugnale insanguinato in aria afferrandolo di nuovo dal manico. I bordi ondulati della blusa erano macchiati di rosso, così come il suo viso.
– Ah, così va molto meglio. E ora pensiamo al secondo rifiuto umano.
 


Stavolta esce prima il capitolo proprio perché lo avevo spezzato. Chi ha il temperamento peggiore qui, Kieran o Silas? Non lo so, ma i momenti in cui perdono davvero le staffe sono sempre divertenti per me.
Grazie per aver letto.
   
 
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