Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Green Star 90    13/06/2021    4 recensioni
[...] «quando uno dei capitoli più belli ma anche dolorosi della mia esistenza si è concluso, per almeno un anno non mi sono permesso di andare a trovare mia sorella al cimitero. C’era una sorta di rifiuto che non avevo ancora metabolizzato, era come se assieme a lei andassi a trovare anche le persone care che avevo perduto in Nordafrica e non mi sentivo pronto a farlo, non volevo dirgli veramente addio. Un bel giorno ho riaperto il mio zaino e ci ho trovato dentro la sciarpa dell’amico che mi aveva aiutato a vendicarla e… ho pianto come un deficiente!».
Fugo aveva sbruffato nell’immaginare un tipo flemmatico come lui lasciarsi andare a tal guisa.
«Scusami, è che non riesco a farmi un’idea mentale della scena»
«Non è un problema, rimarresti sconcertato se ti venissero a raccontare di com’ero a vent’anni».
***
Dodici racconti sulla vita, la morte e l'oltre vita.
Buona lettura.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Jojo in Heaven'
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2- La legge dell'adonide

La legge dell’adonide

 

Something in your eyes is makin' such a fool of me
When you hold me in your arms
You love me till I just can't see
But then you let me down
When I look around
Baby, you just can't be found
Stop driving me away
I just wanna stay
There's something I just got to say

Madonna, Borderline

Un racconto sul dolore del ricordo

 

«Perché me lo stai dicendo adesso?»
«Perché non volevo perderti»
«Ma tanto tornerai in America e mi perderai comunque, non è vero? Allora perché tutto questo?».

Chiunque abitasse a Morio-Cho da abbastanza tempo da ricordare come fosse prima del boom economico, sapeva chi fosse la giovane donna seduta da sola, eccezion fatta per la carrozzina che teneva con una mano, al tavolino del punto ristoro del centro cittadino. Nessuno sapeva, comunque, chi avesse avuto l’ardire di mettere incinta proprio la figlia dell’agente Higashikata, anche se si vociferava fosse stato un gaikokujin.
Nulla d’ufficiale, beninteso, erano deduzioni scaturite perlopiù dagli occhi insolitamente chiari di quel bel neonato che la madre non aveva vergogna alcuna di mostrare in giro alla faccia delle malelingue. E tanti saluti alla buoncostume.
Tomoko Higashikata voleva godersi lo shopping post esami universitari e il pomeriggio agostano con suo figlio ed era intenzionata a rispondere male a chiunque avesse osato indugiare con lo sguardo anche solo un attimo di più su di loro, dopo di che sarebbe tornata a casa dove ad attenderla ci sarebbero stati suo padre e una cena preparata con tanto amore, quello che mancava, per esempio, alle due cretine che l’altro giorno erano state sorprese a bisbigliare al suo passaggio e per questo messe immediatamente a tacere con una sfuriata memorabile.

Ci teneva veramente a svelargli il suo, di segreto. Ma non così, non con una moglie, una figlia e un nipote di mezzo. Cielo, addirittura un nipote!
«Io… non so cosa dire… Solo che mi dispiace per quello che c’è stato, non pensavo che per te fosse così importante»
«Importante? Per me è fondamentale! Pensi che per me si sia trattato solo di un’avventura? Se non l’hai capito io ti…»
«
Oh my…»
«Io ti amo! Ti amo con tutta me stessa e se potessi ti porterei con me a farti conoscere la mia famiglia. Però vedo che ne hai già una ad aspettarti, quindi… non ti trattengo oltre».

«Da-da!»
«Josuke, tesoro!» Tomoko si sporse per prendere in braccio il bambino che reclamava le coccole «Ti piacciono le insegne dei negozi? È la prima volta che le vedi, vero? Guarda!» esclamò subito dopo indicando i vasi da esterno decorati con fiori gialli e sgargianti all’ingresso del bar «Sai cosa sono quelle? Sono adonidi! I nostri fiori!».
Il figlioletto si limitò a ricambiarla con un sorrisino sdentato da dietro il ciuccio. Nel muoversi, sulla nuca, alla base del collo, la maglietta leggera aveva scoperto per un attimo quella piccola voglia a forma di stella che le ricordava quanto bello fosse il frutto del suo amore sfortunato. Sicuramente la sua stazza avrebbe raggiunto quella del padre e non sarebbe trascorso molto tempo affinché venisse superata in altezza dal suo futuro gigante prediletto, ma al momento se lo voleva tenere così, piccolo, profumato di innocenza e ancora ignaro dei pettegolezzi di cui era oggetto costante da quando era nato.
«Non devi toccarle» gli disse la mamma con dolcezza mentre gli sistemava meglio i pantaloncini sulla vita «Sono velenosi come la mela che la strega dona a Biancaneve!».
Un altro sorrisino innocente. Tomoko prese la borsa e rimise il figlioletto nel passeggino.
«Solo un attimo di pazienza, non abbiamo ancora terminato» disse più a sé stessa che al bimbo «La mamma deve compare ancora un’ultima cosa».

«Ancora un’ultima cosa»
«Dimmi pure»
«Non è una cosa che devo dirti, ma una cosa che tengo a donarti… Li riceverai in albergo, è qualcosa che simboleggia la mia città di origine, così quando ti capiterà di rivederli da qualche parte penserai a me».
Dopo poche ore era andata far recapitare un mazzo di adonidi, gialle, tossiche, pregne di dolore, nella stanza d’albergo dell’unico uomo che avrebbe mai amato in tutta la sua vita. Chissà se avrebbe collegato quei fiori al significato che si portavano dietro. Che brutto scherzo, il destino, certe volte.

Era il negozio di dischi Oscar. Le vetrine esponevano una Stratocaster e un Precision Bass assieme ad alcuni vinili appesi al soffitto con dei fili di nylon. Quando si decise a entrare venne accolta dal saluto di rito del commesso e dagli altoparlanti che trasmettevano la musica di una cantante straniera la cui voce, tuttavia, non le risultava del tutto sconosciuta.

Gonna have to change your mind
Gonna leave your troubles behind
Your body gets the notion
When your feet can make the motion
¹

«Mi piace questa canzone, di chi è?»
«È di una esordiente americana, si chiama Madonna. Non è proprio il mio genere, però c’è qualcosa di lei che mi cattura».

«Adesso ricordo…» mormorò tra sé guardando distrattamente gli scaffali coi vinili. Nonostante non fosse la canzone che avevano ascoltato insieme si disse che quest’altra le piaceva decisamente di più, anche se non riusciva a cogliere per intero il significato di alcune strofe:

Borderline
Feels like I'm going to lose my mind
You just keep on pushing my love over the borderline
Borderline
Feels like I'm going to lose my mind
You just keep on pushing my love over the borderline

«Mi scusi» disse al ragazzo che l’aveva salutata «vorrei acquistare un Walkman e… come si chiama la cantante che sto ascoltando in questo momento?».
Domanda tautologica, ovviamente.

«Ciao, scusa se ti chiamo adesso e senza preavviso, ma tenevo a ringraziarti per i fiori, sono molto belli».
Un sospiro di mestizia che si frappone fra lei e la cornetta. Stavolta si tratta davvero dell’ultima occasione a disposizione che ha per rivelarglielo.
«Joseph, io…».
Sono incinta. Divorzia da tua moglie e andiamo a vivere insieme, compriamo una casa e adottiamo un cane, io farò l’insegnante mentre tu continuerai a fare l’agente immobiliare, e quando tornerai a casa ci saremo io e nostro figlio ad attenderti.
«Figurati. Fai attenzione a non toccarli troppo spesso, sono velenosi. Soprattutto… soprattutto le foglie».

Finalmente terminati gli acquisti e rinchiusa nel comfort ovattato della sua automobile, Tomoko stringeva tra le dita il jewel case della musicassetta che aveva appena acquistato. Il primo piano in bianco e nero di una donna con la quale condivideva pressappoco la stessa età le rivolgeva uno sguardo conturbante incorniciato dal trucco e da corti capelli biondi sapientemente arruffati. Sul seggiolone portatile alla sua sinistra, Josuke succhiava placidamente il ciuccio.

«Tomoko, tesoro, guarda che ti ho cresciuta io e capisco subito quando fai finta di stare bene».
Tomoko non risponde. Gli occhi gonfi e il principio di nausea lo fanno al posto suo. L’unico genitore rimastole non la guarda con rimprovero e d’altronde non potrebbe mai fare una cosa del genere alla persona che lui ritiene più preziosa.
«Presumo fosse importante per te» riprende suo padre sempre con calma «se non vuoi parlarmene non sarò io a costringerti, però sappi che se farai nascere questo bambino… forse ti sembrerà scontato, ma sappi che se vorrai farlo nascere il tuo papà sarà qui ad aiutarti, di questo non devi preoccuparti!».

«Sono a casa!» esclamò Tomoko aprendo l’uscio non senza qualche impedimento dovuto alla combo buste della spesa più neonato in passeggino «Pronto? Nipote reclama nonno! Ripeto: nipote reclama nonno!»
«Il nonno ha ricevuto l’ordine forte e chiaro, passo e chiudo!» Ryohei attraversò di gran carriera l’atrio con indosso la divisa appena stirata e il cappello in testa «Ciao tesoro, hai fatto compere?» aggiunse subito dopo alla figlia aiutandola ad alleggerirla dall’impaccio «E qui abbiamo il mio nipote preferito che diventa sempre più grande!» appena liberatosi dai sacchetti non perse tempo a prendere in braccio Josuke e a stringergli le guanciotte rosate con quella sua manona che sapeva essere sempre gentile con chi lo meritava.
«Non sapevo stessi andando al lavoro» commentò Tomoko inarcando un sopracciglio «quando la smetteranno di darti tutti questi straordinari?»
«Non lo so tesoro, non lo so» Ryohei strinse a sé il nipotino e diede un bacio sulla guancia della figlia «non pensare a me e al lavoro, goditi questa piccola vacanza prima di tornare a Tokyo, d’accordo?»
«Se lo dici tu…» borbottò lei prendendo a sua volta il bimbo in braccio «Vuoi che sia io a prepararti qualcosa quando terminerai il turno?»
«Non ce n’è bisogno, ho già mangiato degli onigiri. A proposito, ne ho lasciati un paio anche per te, non restare digiuna eh!» si raccomandò l’uomo prima di chiudersi la porta alle spalle.
«Sì papà, dopo la poppata» rispose lei inespressiva. Quando si ritrovò da sola con Josuke la prima cosa che fece fu rovistare tra i sacchetti alla ricerca dei suoi due ultimi acquisti: quando li trovò si diresse in cucina e raccolse anche il vassoio con gli onigiri di suo padre e, pargolo in braccio, percorse la rampa di scale diretta verso la propria camera. Da lì la finestra offriva la vista parziale del quartiere e proprio poco distante dal giardino l’agente Higashikata si allontanava in bicicletta e sollevava il cappello in segno di saluto per le due coppie di genitori con figlia adolescente, figlio piccolo e cane che aveva incrociato nella direzione opposta mentre si recava a lavoro. Il più giovane e vociante del gruppo, un bambino che non dimostrava più di quattro anni, faceva vedere a tutti un suo disegno sul quale era stata impiegata una bella quantità di giallo. Forse si trattava di un fiore, ma non ne era del tutto sicura; Tomoko indossò gli auricolari e infilò la cassetta nel vano del walkman. Mentre le prime note sintetizzate di Everybody iniziavano a estraniarla dal mondo le due famigliole erano scomparse alla vista. Con un sospiro si allontanò dalla finestra e si portò il figlioletto al seno.
«Ah, che faccino carino che hai» sussurrò, scostando i capelli nerissimi dalla fronte bianca di Josuke «mi prometti che qualunque cosa accadrà non ti farai mettere i piedi in testa da nessuno? Mh?».
Il bimbo rispose con un mugolio soddisfatto per la poppata e per il contatto con il corpo della mamma. Troppo buono per piangere anche quando ne aveva il diritto e troppo candido per la storia che aveva condotto alla sua nascita, il piccoletto non aveva idea alcuna di chi fossero le persone che il nonno aveva visto salutare dal primo piano della camera di sua madre, e d’altronde non avrebbe potuto neanche volendo. Sia lui che Tomoko non sapevano nemmeno che dopo appena una decina di giorni una delle due famiglie sarebbe finita sulla cronaca nera del giornale locale e che dopo una prima reazione di grande sconcerto la cittadina sarebbe ripiombata nella sua febbre di sviluppo economico dimenticandosi – quasi del tutto – della faccenda.

«In realtà non so perché proprio le adonidi siano i fiori simbolo della mia città, ma a me piace il significato che vi sta dietro. Simboleggiano un sentimento o una persona che si tiene per sempre nel proprio cuore a prescindere dai casi della vita. Quindi… beh, anche se non ci vedremo più ti porterò per sempre nei miei ricordi».

***

¹Everybody, singolo d'esordio di Madonna, pubblicato il 6 ottobre 1982.

Musica in Jojo: Il 1983 non è solo l'anno di nascita di Josuke e Okuyasu: segna anche il debutto discografico di Madonna, che avviene il 27 luglio per l'etichetta Sire Records. Borderline, che racconta le difficoltà di un amore non soddisfatto, appare seconda nella tracklist ed è il quinto e ultimo singolo dell'album, che sarebbe infatti uscito il 15 febbraio 1984. L'idea iniziale era quella di inserire Papa Don't Preach come canzone introduttiva, ma riflettendo sulla natura gentile di nonno Ryohei ho deciso di scartarla.

Retroscena: Faccio un'ammissione di colpa: non sono una grande fan di Diamond Is Unbreakable. La reputo la saga più disomogenea della prima esalogia di Jojo e anche quella con gli avversari più irritanti (se escludiamo Kira); in secondo luogo, non riesco a mandare giù il fatto che Joseph abbia tradito Suzie Q, reputando tale comportmento alquanto OOC. Tuttavia, penso che Tomoko sia uno dei personaggi secondari più interessanti della saga e che il tema della maternità non desiderata all'interno della quarta parte sia stata relagata ai margini della vicenda pur aleggiando insistentemente tra gli altri personaggi, motivo per cui ho dedicato il secondo racconto della raccolta alla Jomom più tosta, per certi versi, della famiglia Joeastar.
E Josuke? 
Su di lui, al momento, non mi pronuncio. Apparirà più in là come protagonista di un'altra vicenda e in un contesto del tutto diverso.

Grazie mille per aver letto, alla prossima.
   
 
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