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Autore: NyxTNeko    13/06/2021    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 113 - Chi la fa, se la dimentica; chi la riceve, se la lega al dito -

Appena tornato in albergo, il giovane generale corso si trascinò fino alla sua stanza, che era riuscito a pagare, assieme alle altre, con il suo magro stipendio, e una volta entrato, allontanati malamente i suoi aiutanti, lanciò il cappello sulla sedia, si tolse la spada, che posò accanto al tricorno, e crollò di petto sul soffice letto. Il volto si appoggiò su un morbido e pulito cuscino, di solito Buonaparte non sopportava tanto "lusso", era talmente stanco, però, da non volersi neppure lamentare - Dannato Aubry - borbottò solamente, aggrottando lievemente le sopracciglia sottili. Era quell'uomo ad occupare la sua mente.

La sfuriata terribile di poco prima lo aveva spossato in una maniera che neppure lui aveva previsto. Quelle parole risuonavano nuovamente nelle sue orecchie, quel tono fastidioso, quelle insinuazioni lo avevano fatto scattare, come se avessero lanciato della legna per alimentare quel fuoco che il ragazzo tentava di tenere sotto controllo, un'impresa davvero ardua. Gli risultava sempre più complicato placare quell'ira crescente, quando era convinto di aver ricevuto un torto. E quel ministro della guerra non solo glielo aveva sbattuto in faccia senza alcun ritegno, ma persino ribadito, come se ne fosse fiero.

"Se ci fossi io al governo lo avrei già cacciato via, non gli darei nemmeno il tempo di recuperare i suoi effetti personali" gridò nella sua testa. Se il corpo era esausto, in effetti lo aveva sforzato più delle sue reali forze, il suo spirito era, al contrario, inarrestabile, indomabile. Più volte malediva quel fisico insignificante, che non corrispondeva all'immagine che aveva di sé. Ogni superficie riflessa gli mostrava la cruda realtà e ciò lo faceva stare male "Perché sono così debole?"

Non poteva di certo avere consapevolezza del fatto che i suoi colleghi, ben più robusti e imponenti, avessero una resistenza alla fatica e al lavoro minore della sua. Oppure semplicemente non voleva saperlo, per una questione di orgoglio, forse o perché non era ancora del tutto cosciente delle sue qualità "Ma se non me ne danno l'occasione, come posso comprendere realmente chi io sia?" Gli mancava già l'atmosfera di stima reciproca e di ammirazione dei suoi uomini che aveva provato a Tolone. Aveva vissuto quell'esperienza appieno, nonostante gli ostacoli dall'alto, che non avevano fatto altro che rinsaldare i rapporti con i sottoposti.

Si mise a pancia in sù e sospirò profondamente, la caduta di Robespierre faceva ancora tanto rumore in Francia, inoltre lui non aveva compiuto nulla di ciò che era stato accusato. L'unica reale colpa fu la sua amicizia sincera con il fratello minore Augustin, in cui aveva creduto ed era stato convinto di essere ricambiato "Ma probabilmente non ero che una misera pedina della sua enorme scacchiera, allo stesso modo di Saliceti" non aveva dimenticato il suo comportamento, seppur lo avesse perdonato "Mi ha sempre considerato in base ad un suo scopo, quindi perché non dovrei fare lo stesso con lui, è un uomo dalle grandi capacità e farselo sfuggire per orgoglio o per qualche stupido ideale di lealtà, sarebbe da idioti". Chiuse gli occhi, concedendosi un po' di riposo, il sonno lo vinse.

Junot e Muiron, intanto, erano rimasti all'ingresso e si stavano riprendendo dal tragitto che aveva percorso quasi volando. Era stato un miracolo tenergli testa - Per poco il mio cuore non scoppiava - si lamentò Junot - Questi scatti iracondi non fanno bene a lui, ma nemmeno a noi! - continuò tuonando un rimprovero che non riuscì ad evitare.

Muiron gli mise la mano sulla bocca - Abbassate la voce potrebbe sentirvi e nervoso com'è ci vorrà davvero poco per farlo esplodere di nuovo - lo avvertì sottovoce. Luigi li scrutava in silenzio, teneva tra le dita il cappello e lo stava usando come ventaglio, Parigi cominciava a diventare soffocante, nonostante mancasse poco all'estate. Odiava quell'umidità, gli mancava il clima dell'isola, il suo caldo torrido. Ne aveva abbastanza del continente.

- Capisco la vostra intenzione di giustificarlo, Muiron, ma non potete negare che, a volte, sia davvero ingestibile - prese a ribadire il concetto che aveva iniziato ad esporre prima, dopo aver tolto veloce la mano del collega dalla bocca. Aveva bisogno di sfogarsi.

"E non avete ancora visto niente..." pensò Luigi a testa bassa, osservando le punte delle scarpe consumate, constatando quanto le avesse usate, purtroppo i soldi che gli erano arrivati dalla famiglia, prima di rincontrare Napoleone, il quale gli aveva quasi imposto di andare assieme a lui, li spese in osterie e ristoranti, perciò era rimasto praticamente al verde "Quando mio fratello prende una decisione, difficilmente cambia idea" sospirò lievemente "Dalla reazione che ha avuto, posso intuire come agirà, lo conosco abbastanza bene, mi spiace per i suoi aiutanti, non vorrei essere nei loro panni..."

- È il suo carattere Junot - replicò Muiron, volendolo difendere, il generale aveva un'energia inestinguibile e un'attività irrefrenabile. Capiva solo in parte la diffidenza dei piani superiori. In un periodo storico come quello che stavano vivendo e,  nella situazione drastica in cui si trovava la Francia al momento, con il nemico pronto a penetrare e a distruggere i pilastri della Rivoluzione, bisognava sfruttare qualsiasi uomo a disposizione, specialmente se eccezionale come Buonaparte - Inoltre posso comprendere il suo disappunto - si sporse verso di lui, stringendo i pugni, quasi contagiato dalla sua collera - E la sua rabbia, perciò sono pronto a sostenerlo sempre, sono pronto anche a morire per lui! Si stanno dimostrando ingrati nei suoi riguardi, non dimentichiamo che la Francia è salva grazie alla vittoria a Tolone sugli alleati! 

Il fratello minore del generale stava ascoltando il discorso di Muiron interessato, non era la prima volta che udiva un discorso simile, specialmente negli ambienti militari che aveva frequentato in quegli anni. Tuttavia non immaginava che ci fosse qualcuno che pronunciasse tali parole trascinato da un entusiasmo incredibile e avesse una fiducia incrollabile nei confronti del fratello. Aveva sempre creduto che gli avvenimenti di Tolone fossero stati leggermente gonfiati, non era la prima volta che si utilizzava tale mossa per esaltare la forza repubblicana, ma che, in realtà, fossero stati di vitale importanza per la nazione, e addirittura un evento leggendario, da come ne parlavano alcuni.

- Questo lo so, Muiron - agitò le mani il collega, ad indicare la normalità dell'argomento - D'altronde io e lui ci siamo conosciuti ben prima di voi, quando la situazione era davvero drastica... - si poggiò al muro, a braccia conserte - Il suo arrivo fu provvidenziale... - guardò i due che lo fissavano stralunati - Lo so che questo termine non ha più alcun valore al giorno d'oggi, però non riesco a trovare un sinonimo adatto... quando i piani alti hanno deciso di creare il nuovo culto si sono dimenticati di inventare dei termini che non siano ridicoli... - sbuffò, grattandosi la testa rumorosamente.

I due scoppiarono a ridere fragorosamente, quanta verità risiedeva in quelle parole - Avete ragione Junot, la politica si sta occupando di cose futili quando dovrebbe pensare al bene dei propri cittadini - emise Luigi dopo essersi ripreso, asciugandosi le lacrime - Ma forse non è una priorità per loro...

Junot gli diede una sonora pacca sulla spalla, che fece sussultare e voltare rapidamente il sedicenne, lo vide sorridere soddisfatto - E bravo Luigi, si vede che siete fratello del generale, parlate come un vero soldato - strinse leggermente la grossa mano.

Il ragazzo fissò gli occhi rotondi su Muiron, anch'egli mostrava lo stesso orgoglio. Era stato approvato spontaneamente dai due, la loro sincerità era evidente. Eppure il confronto con Napoleone lo schiacciava, come se il fratello fosse il metro di giudizio per valutare il valore di un uomo - Vi...vi ringrazio - avrebbe voluto mostrarsi un po' più sicuro e spavaldo, ma la voce uscì tremante. Non sarebbe mai stato come suo fratello, nonostante stesse seguendo le sue orme. Innanzitutto perché a Luigi, della carriera militare, non importava proprio; l'aveva intrapresa per accontentare Napoleone, che sembrava avere dei progetti ambiziosi per lui. Desiderava sempre il meglio, rinunciando anche alla propria realizzazione. Il perché di tanta premura non lo aveva mai compreso, né il fratello aveva intenzione di rivelarlo.

- Io propongo di andare a riposare - consigliò infine Junot, coprì un sonoro sbadiglio, era davvero molto affaticato, la stanchezza era penetrata nell'anima e la giornata non era ancora finita. Era consapevole che quando Buonaparte si sarebbe ripreso, li avrebbe portati da qualche parte, guidato da una logica tutta sua. "Starà pensando sicuramente a come agire nei prossimi giorni, non è certo un tipo che se ne sta con le mani in mano, perciò è meglio recuperare le energie il prima possibile, così non riuscirei a sopportarlo". I due annuirono, condividendo più che volentieri la sua proposta, così si salutarono silenziosamente e ognuno si sistemò nella propria stanza.

La camera di Luigi era accanto a quella del fratello maggiore, gliela aveva scelta lui, si sporse leggermente, ma non percepì nulla, il che era strano, si sarebbe aspettato il rimbombo dei suoi passi o il vociare sottovoce. Forse stava riflettendo in silenzio ed immobile, come faceva sempre più spesso, anche in presenza degli altri. Lo aveva notato in carrozza, molte volte i tre avevano dovuto scuoterlo per ridestarlo - Meglio così... - sussurrò ed entrò, chiuse piano la porta.

Il sonno del giovane generale corso era durato una buona mezz'ora, non appena aveva riaperto gli occhi, il fiume di pensieri lo aveva invaso nuovamente. Si sentiva decisamente meglio, era tornato completamente in forze, si diede una spinta e si rimise seduto. Si stiracchiò, le ossa sottili scrocchiarono una dopo l'altra, dopodiché si alzò in piedi, abbassò leggermente lo sguardo e notò la divisa consunta e sgualcita, con delle vistose pieghe. Era stato talmente preso dal pensiero di raggiungere il ministero della guerra da essersi dimenticato di farsela stirare.

Alzò gli occhi chiari al cielo e sospirò - Ecco perché quelle oche, stamattina, ridevano di me - disse fra i denti, adocchiò lo specchio e vi si avvicinò, il suo aspetto era misero, non lo poteva negare, l'uniforme aveva perso la bellezza dei primi mesi, si soffermò sugli stivali di qualità infima, non si distingueva più il colore naturale da quello del fango e della terra incrostati. Poi esaminò il fisico, troppo minuto, nonostante le spalle piuttosto larghe, per questo pareva ridicolo in quegli abiti. Non era mai stato florido, sin da bambino aveva sempre mostrato una gracilità che, però, non coincideva con il suo spirito ribelle.

Il suo occhio cadde poi sui lunghi capelli che ricadevano spettinati ed arruffati sulle spalle e sulla fronte, che rassomigliavano alla capigliatura che sfoggiavano alcuni sostenitori della monarchia borbonica e che, dopo la caduta di Robespierre, stavano recuperando terreno "Quegli insopportabili, presuntuosi dei muscadins" disse disgustato.

Prima di giungere a Parigi aveva sentito parlare di questi moscardini, a causa del loro sostegno alla repressione dell'insurrezione popolare che c'era stata qualche giorno prima. Per sua sfortuna li aveva incrociati durante il tragitto fino al ministero, erano facilmente riconoscibili dall'abbigliamento sofisticato, dai colori sgargianti, stretto, con il monocolo in bella vista, un bastone che tenevano ben stretto, la cravatta stretta attorno al collo, il colletto nero, i capelli lunghi, a volte raccolti in trecce, incipriati e il bicorno a mezza luna.

Quelli si erano messi a fissarlo, avendolo visto curioso e non appena Napoleone se ne accorse, questi aveva girato il volto dall'altra parte, cercando di nascondere il suo evidente fastidio "Se solo ne avessi l'occasione li farei saltare tutti in aria, sono irritanti con quel loro atteggiamento altezzoso che ostentano, volendo sembrare degli aristocratici, invece dimostrano di essere solamente dei buffoni". Aveva intuito che fossero una pericolosa minaccia, dietro la facciata perbenista ed educata, che non apparteneva a loro, gran parte di essi era gente violenta, macchiata di innumerevoli crimini.

Si aggiustò alcuni ciuffi più gestibili, era quasi sempre un'impresa tenerli in ordine, in particolare dopo aver perso le staffe per l'ennesima volta - Mia madre mi ha sempre detto che fossi un bel ragazzo, ma sicuramente tali parole sono dettate dal fatto che sia suo figlio - ridacchiò divertito, ricordando i complimenti che gli faceva ogni volta che lo rivedeva dopo tanto tempo.

Ovviamente Napoleone non si vedeva affatto in tale maniera, tuttavia se fino a qualche mese prima ci dava particolare importanza, adesso gli pesava meno, pur continuando a dargli noia "Perché adesso ho una fidanzata che mi ama per quello che sono e non solo per ciò che rappresento" si diceva convinto. Per il corso era una piccola rivincita per tutte le volte in cui era stato rifiutato in quanto considerato insignificante "A differenza di queste donne di salotto che si divertono solamente con gli uomini ricchi, prestigiosi e privi di qualsiasi qualità, escludendo la pecunia" si sistemò leggermente la piega del colletto.

Spostò le iridi chiare verso il piccolo tavolino, su cui vi era un piccolo schizzo della sua Eugénie Desirée, che aveva fatto realizzare prima di andarsene, cosicché non potesse dimenticarsi di lei. Sorrise leggermente, l'affetto che nutriva per lei stava diventando qualcosa di più profondo, ne era consapevole. Non era più semplice infatuazione, al contrario era un sentimento meno tiepido, che si intrometteva nei suoi pensieri e lo faceva sentire più umano. In fondo aveva poco più di venticinque anni, era più che giusto nutrire anche il cuore ogni tanto - Mi manchi, piccola mia - disse sottovoce, stringendo dolcemente la mano sul petto.

Si domandava se aveva ricevuto la lettera che le aveva mandato mentre era in viaggio, l'avesse letta e ne avesse spedito una a sua volta. Non vedeva l'ora di leggerla, almeno per ricevere un po' di conforto da quella società che non lo apprezzava. Malgrado i suoi sforzi non si considerava del tutto integrato al mondo francese. Si sedette nuovamente sul letto piegando la schiena in avanti, appoggiò i gomiti sulle gambe, l'ombra calò sugli occhi. Improvvisamente un ghigno beffardo si formò sulle labbra sottili "Ho trovato lo stratagemma per fargliela pagare a quel bastardo di ministro, ha osato prendersi gioco di me spudoratamente, farò altrettanto con lui, vedremo chi avrà la meglio tra noi due, non ho dimenticato il suo ruolo a Tolone".







 

 

   
 
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