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Autore: rose07    13/06/2021    0 recensioni
Valeryn e Vittorio sono due cugini di terzo grado che sono stati travolti da una passione tale da tradire la fiducia del migliore amico di lui e da non pensare alle conseguenze delle loro scelte avventate.
Dopo circa un anno, quelle conseguenze cominciano a palesarsi di fronte ai loro occhi, cambiando in primis la visione della realtà di Valeryn, la quale si ritrova a scoprire un fatto che le cambierà per sempre la vita.
Vittorio deve fare i conti con le volontà della ragazza, ma in momenti di difficoltà alcune persone inaspettate bussano alla porta offrendo una spalla di conforto. Quello che Vittorio troverà in Elia lo lascerà senza difese alcune, permettendo libero sfogo ad un piacere del tutto nuovo, cedendo a delle sensazioni che i due amici avevano da sempre fatto finta di non provare.
Seguito della mia vecchia storia "Splendida Follia", revisionata e corretta. Serie "Ubi Maior Minor Cessat".
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubi maior minor cessat'
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«Tu lo sapevi già?»
 
Censeo, con i capelli biondi pettinati all’insù, gli occhi verdi preoccupati e un’espressione stupita, si rivolse ad una riccia Maia che, seduta sul divano con le gambe accavallate, si mordicchiava il labbro nervosa. La notizia era arrivata ai loro amici come un fulmine a ciel sereno. Tutti erano increduli e seriamente preoccupati, perfino Daniel aveva smesso di trattare male Valeryn. Quella sera del ventitré dicembre, i ragazzi erano riuniti nella vecchia casa estiva della zia di Alex, che era diventata da mesi luogo di ritrovo e punto di riferimento delle feste. 
Tutti stavano seduti con espressione seria in volto. Valeryn e Vittorio non erano ancora arrivati. 
«Sì, lo sapevo da un po’» rispose la ragazza, sospirando. 
Daniel fece una faccia inorridita. 
«Scusa, eh, ma che razza di amica sei? Noi non contiamo niente in questa fottuta storia?» 
«Non potevo dirlo a nessuno» spiegò, mentre il castano faceva una smorfia 
«Lo sapevamo solo io e lei, nemmeno Vittorio ne era al corrente» 
«E certo, noi siamo il ripiego!» 
«Non siete il ripiego, voleva solo aspettare» 
Daniel si alzò dal divano grugnendo, sentendosi quasi offeso di aver saputo tutto per ultimo. 
«Non si aspetta mai in queste cose, per la miseria!» 
«Aveva paura, ti basta?!» Maia lo rimproverò con lo sguardo, poi continuò a mordicchiarsi il labbro. Il ragazzo soffiò da un angolo della bocca, spostando dei ciuffi ribelli dal volto, poi si alzò passeggiando nervosamente su e giù. Carmine puntò gli occhi azzurri su di lui. 
«Puoi smettere di fare avanti e indietro? Mi gira la testa!» 
«Non rompere, Carmine. Sembri una donnicciola mestruata!» 
Il moro sbuffò, incrociando le braccia. Quell’idiota non sapeva regolarsi nemmeno dopo una notizia del genere. Dopo svariate minacce e sguardi ammonitori, Daniel prese posto accanto ad una bionda e robusta Sara, impegnata a fare un sudoku senza buoni risultati. 
«Sentite» disse d’un tratto catturando l’attenzione di tutti «Io dico che dobbiamo aiutarli. Insomma se vogliono soldi per la casa se li possono scordare, non ho un euro messo da parte, però... Però dovremmo dimostrarci più gentili e comprensivi con loro. Avranno bisogno di tutto il nostro aiuto, non vi pare?» 
I ragazzi si guardarono tra di loro, leggermente stupiti. Sara non era una ragazza particolarmente sveglia, forse un po’ frivola come Conny, ma non si esponeva mai in primis se non per discutere con Daniel. Ed effettivamente aveva ragione, Valeryn e Vittorio avevano bisogno dei loro amici. 
«Caspita, Sare’!» esclamò Censeo stupito, guadagnandosi un’occhiataccia da Dan 
«Non credevo sapessi ragionare così bene» 
Sara lo guardò strano, mentre Carmine ridacchiava sotto i baffi. Indecisa se accettarlo come un complimento o un’offesa, si limitò a fare spallucce. Daniel gli si ritorse contro. 
«Qualcuno spieghi a questo nano da giardino, qui» fece puntandogli il dito, arrabbiato, come tutte le volte che si parlava della sua amata ragazza «che la mia cipollina non è stupida come una babba di mia conoscenza! Lei ha una discreta autorità ed un certo intelletto che nemmeno immagini, Censeo del mio cavolo!» 
Per babba si rivolse a Conny, che con una lunga treccia imperfetta entrava dalla cucina tenendo tra le mani un vassoio pieno di tramezzini. Lo posò sul tavolino, mentre gli altri si chinavano a prenderne uno. Daniel ne prese tre. 
«Andiamo, Dan, non incominciare ad incazzarti! Non mi sembra il caso» 
«Hai incominciato tu, Cucciolo, io sto solo dicendo che la mia piccolina è intelligente!» 
Sara gli rivolse un sorriso con la bocca piena, facendo intravedere il tramezzino masticato. Daniel cacciò un urlo inorridito, e la ragazza fece una smorfia offesa. 
Censeo scosse la testa, facendo sedere Conny accanto a lui. Poi le passò un braccio sulle spalle ed incominciò a mangiare senza curarsi delle parole dell’amico. 
Nel frattempo, Elia, seduto sulla poltrona con i capelli biondi pettinati a cresta, gli occhi castani persi nel vuoto, si alzò di scatto posando la sua birra sul tavolino. Si stiracchiò e prese dalla tasca le sue sigarette. 
Gli altri gli lanciarono uno sguardo, chiedendosi come l’avesse presa; d’altronde, Valeryn era stata la sua ragazza qualche tempo prima. 
Il ragazzo uscì fuori del balcone accendendosi la sua piacevole Chesterfield, riflettendo su ciò che aveva saputo. 
Valeryn era incinta. Una notizia davvero incredibile, si disse, non si sarebbe mai aspettato niente del genere. Si era affezionato a lei, vuoi perché erano stati insieme, vuoi perché erano rimasti in discreti rapporti anche dopo. 
I suoi pensieri, però, erano rivolti esclusivamente verso Vittorio. Non riusciva a non pensarlo, la sua testa si era sintonizzata su di lui subito dopo che Alex e Carmine avevano riferito loro la notizia. Voleva sapere come stava, come aveva reagito. Diamine, era una cosa estremamente prematura... D’altronde aveva solo diciotto anni, ancora, non era grande abbastanza, non era pronto a diventare padre... 
  
  
  
O forse lui non era abbastanza pronto per lasciarlo andare 
  
  
  
  
Si chiese cosa c’entrassero quei pensieri così fuori luogo in quel momento. Vittorio era il suo migliore amico, gli voleva bene da morire, non poteva essere così egoista. Fece un tiro dalla sua sigaretta. 
Eppure si sentiva triste in qualche modo, non sapeva perché. Voleva solo vederlo, voleva solo potergli parlare... Era come se sentisse un peso dentro, nemmeno si rendeva conto cosa fosse, solo sentiva la totale esigenza di vederlo. 
Continuò a fumare in silenzio, finché una mano si posò sulla sua spalla. 
Maia, ancora più riccia del solito, si avvicinò a lui facendo un sospiro. Poi si appoggiò al balcone guardando la luna. 
«Ehi» disse sorridendogli. Lui ricambiò mezzo sorriso continuando a tirare dalla sigaretta. 
«Mi ero rotta di starli a sentire» 
Elia fece spallucce, guardando il panorama di sotto. Si vedeva tutto il suo paese da lassù. 
«Già» mormorò, poi rilasciò un tiro facendo scorrere gli occhi tra i fiotti di luci. 
La ragazza lo guardò con apprensione, poi gli accarezzò un braccio. Lei era sempre stata la sua migliore amica, fin dalle elementari. Ormai riusciva a capirlo se qualcosa non andava, e la sua espressione vacua ne era la dimostrazione. 
«Allora, cosa c’è?» domandò, scrutandolo «Sei rimasto male?» 
Lui spense la sigaretta sul posacenere, poi si passò una mano tra i capelli. Forse ci era rimasto male, ma non riusciva a capire il perché. Era certo non avesse niente a che vedere con Valeryn. 
Non riusciva nemmeno a capacitarsi del perché sentisse quell’improvviso peso nel cuore. 
«Non lo so» ammise piano «Non me l’aspettavo, credo» 
Maia sospirò. 
«Nessuno se l’aspettava, Eli. Lei è stata la tua ragazza, è normale che sei sconvolto» 
«Non sono sconvolto» affermò con convinzione, guardandola seriamente 
«E non mi interessa più Valeryn, se è questo che pensi» 
«E allora cosa c’è?» 
Lui continuò a guardare di sotto, senza capire. 
Una vocina nella sua testa non smetteva di ripetere il nome del suo migliore amico, come se avesse bisogno di sentirlo. Scosse la testa, piano. 
«Ti giuro, non lo so» sussurrò. 
Maia lo guardò ancora un attimo tentando di capire cosa gli passasse per la testa, ma non ci riuscì. 
Il campanello suonò. Elia rimase fuori, mentre lei si precipitò in salotto pensando fosse Valeryn. Invece erano Alex e Miriel che, entrando come una furia, la prese dalle spalle scuotendola a più non posso. 
«Non ci posso credere, dimmi che è uno scherzo! Dimmelo!» 
Lei guardò Alex allarmata, mentre quello si toglieva il capellino mostrando i suoi capelli ormai completamente rasati. 
«E’ seriamente preoccupata, spiegale tutto dall’inizio. Mi ha tartassato per tutto il tragitto!» fece cenno verso la ragazza che la guardava con occhi sbarrati. 
Poi la prese per mano, facendola sedere sul divano. 
Miriana, o semplicemente Miriel per tutti, era l’altra migliore amica di Valeryn, la sua amica d’infanzia che abitava in un paese vicino e che veniva il fine settimana o nelle vacanze. 
Adesso la guardava con preoccupazione che sfiorava i limiti dell’isteria. 
Prese a raccontarle tutto dall’inizio, la ragazza la fermò più volte per cercare di capire. Poi guardò davanti a sé, incredula. 
«Com’è possibile, io non ne sapevo niente?!» sbottò, incrociando le braccia. Perché Valeryn non le aveva mai confidato nulla? Pensava fosse la sua migliore amica... Invece lo aveva detto solo a Maia. 
«Non te la prendere, non voleva dirlo a nessuno» provò a spiegarle questa. 
Miriel scrollò le spalle, sbattendo i lunghi capelli scuri. 
«Come sarebbe a dire che non voleva dirlo a nessuno? Prima o poi i suoi lo avrebbero scoperto, ed anche noi, se è per questo!» 
Alex si avvicinò alla sua fidanzata passandole una mano sulle spalle, tentando di calmarla. 
«E Vittorio?» chiese lanciando uno sguardo a Elia appena entrato dal balcone. 
«Qualcuno sa niente?» 
Censeo smise di sbaciucchiare Conny, alzando le spalle. 
«Io non lo vedo da giorni, ormai, ma non credo sia nelle condizioni di venire a parlarcene, insomma...» fece una faccia grave. 
Il biondo, che stava sentendo, scosse la testa infastidito. Perché parlavano tanto? Amavano spettegolare, ma alla fine non sapevano nulla di nulla. Doveva parlare con il suo amico al più presto, sentiva ancora quel bisogno... 
Bisogno di sentirlo vicino, un bisogno immane, non gli era mai successo. 
Si fermò a contemplare il tavolino di legno confuso, mentre Alex lo riscosse dai suoi pensieri. 
«Ehi zi’, tu ne sai niente?» fece un cenno allusivo «Vitto... Lo hai sentito?» 
Scrollò le spalle dovendo ammettere anche a sé stesso che non era stato affatto informato della notizia, cosa che lo faceva ancora stare più male. 
«No, non ne sapevo niente» rispose un po’ rude. 
Il moro fece una faccia strana, interrogativa, chiedendosi come mai il biondo non fosse a conoscenza di nulla; d’altronde lui e Vittorio da quando avevano ricucito il loro rapporto erano molto più uniti. 
Miriel si alzò dal divano sbattendo un piede dal nervosismo. 
«Io non ci posso ancora credere! Ma adesso mi sentirà!» esclamò, tirando fuori il cellulare. 
Maia le strinse una mano, cercando di tranquillizzarla e, allo stesso tempo, fermarla dal fare una scenata. 
«No, Miri, ti prego, lasciala stare! Sta passando un periodo nero, non puoi renderle le cose ancora più difficili!» 
La moretta la guardò come si guardano gli insetti. 
«Beh, tu non capisci, ovvio, a te l’ha detto per prima, sei la sua compagnetta di classe! A me che siamo amiche da una vita invece niente, buio totale, ma ti sembra cosa? Io avrei potuto aiutarla!» 
La ricciolina sbuffò infastidita. Come poteva dire una cosa del genere in quella situazione, si disse, non contavano quelle cose adesso. 
«Nessuno la poteva aiutare, nemmeno io ho potuto fare niente. Stava male, non capiva un accidente, si sentiva confusa. Non voleva dirlo nemmeno a lui, non so se capisci!» 
«Ah, capisco eccome! Ma due amiche l’avrebbero aiutata meglio di una, non credi?» 
Miriel e Maia si guardarono con sfida. Entrambe erano molto amiche di Valeryn, ed entrambe non volevano perdere la sua amicizia. 
Miriana era una ragazza che non amava essere messa in secondo piano, era molto orgogliosa, al contrario di Maia, sempre gentile e comprensiva con tutti. 
Daniel arrivò volteggiando, sbatté contro la schiena di Carmine che si era alzato per cambiare canale alla televisione, dato che il telecomando era rotto e non prendeva. 
«E sta’ attento, medusa in evoluzione!» sbottò infastidito. 
Dan gli rivolse uno sguardo sprezzante 
«Taci, infante. Ehi, stanno arrivando!» 
I ragazzi si voltarono verso di lui, stralunati. Poi capirono di chi parlava. 
«I futuri genitori stanno arrivando, mi raccomando fate ordine!» spostò il tavolino cacciando le cartacce e le cicche di sigaretta 
«E tu, cucciolotta, basta mangiare caramelle altrimenti diventi una grassona e poi quando lo facciamo non puoi stare di sopra altrimenti mi frantumi» 
Sara spalancò le orbite e gli menò un calcio, mancandolo. Dan se la rise continuando a spostare gli oggetti in disordine. 
Alex aprì di sotto. Censeo guardò tutti mettendoli in guardia. 
«Mi raccomando ragazzi, ricordate la perla di saggezza di Saretta, okay?» 
Tutti annuirono. Conny gli rivolse uno sguardo confuso. 
«Di quale perla parli, tesoro?» 
«Comprensione da amici» precisò Sara con sgarbo. 
Miriel gettò uno sguardo a Maia, che le fece cenno di seguire le parole dette. Lei incrociò le braccia, sbuffando. Forse avrebbe evitato una scenata quel giorno, ma in privato ne avrebbe parlato con Valeryn, poco ma sicuro. La riccia, come captando i suoi pensieri, alzò gli occhi al cielo. 
Elia si passò una mano tra i capelli biondi ed uscì in veranda. Si sentiva stranamente inquieto. 
  
  
  
  
Vittorio si fermò a metà scale, facendo voltare la ragazza verso di lui. Valeryn, con un capotto grigio, un capellino di lana dello stesso colore che copriva i suoi capelli castani mossi, lo fissò interrogativa. 
«Amore» sospirò mordicchiandosi un labbro «Se non ti va di parlare con loro possiamo andarcene» 
Lei scrollò le spalle, puntando gli occhi verdi sulle scale. Ormai era fatta, era giusto affrontare i loro amici. Avevano il diritto anche loro di sapere. 
«No, va tutto bene» Continuò a salire le scale, ma il ragazzo la fermò di nuovo da una mano. L’avvicinò a lui, lei leggermente più alta sopra uno scalino superiore. Le accarezzò la guancia, e la ragazza abbassò lo sguardo. 
«Io ti amo» disse lui con naturalezza, facendola sospirare «Non ho intenzione di lasciarti sola» 
Lei annuì piano, mentre lui la baciava. Era un bacio dolce, ma Valeryn pensava a tutt’altro. Si sentiva parecchio confusa in quei giorni, da quando suo padre si era arrabbiato con lei non capiva più niente. Si sentiva quasi un pesce fuor d’acqua senza sapere perché. 
Dopo che si staccarono Vittorio la guardò aspettandosi qualcosa, puntò gli occhi grigi su di lei, ma la ragazza fece tutt’altro. Ricacciò con delicatezza la sua mano dalla sua guancia e riprese a salire le scale. 
«Andiamo» disse in un sussurro. 
Il ragazzo rimase indietro, perplesso. Il comportamento di Valeryn era strano, quasi non la capiva, gli sembrava distaccata, distante, perse sempre nei suoi pensieri da cui lo tagliava fuori... Non fece in tempo a pensare ad altro, perché la porta di casa di Alex si era spalancata quindi entrarono in silenzio. 
Tutti li guardarono preoccupati, Carmine si alzò senza motivo dal divano. 
Valeryn cercò lo sguardo del ragazzo in chiara difficoltà. I loro amici li osservavano senza dire una parola, Miriel la fissava con un cipiglio, Maia si torturava i capelli. 
Vittorio se ne accorse e, scrollando le spalle, ironizzò: 
«Ehi, piano, ragazzi!» 
Ci fu qualche secondo di fiato sospeso, poi alcuni iniziarono a ridacchiare, Daniel scosse la testa e i suoi lunghi capelli a caschetto andarono su e giù. 
«Sempre il solito scimunito sei, Vitto» si avvicinò a lui «E ti sei fatto crescere anche la barba, vedo» 
Il castano si toccò sopra il mento nel dubbio, Carmine rise e gli diede un cinque, Alex fece lo stesso e Censeo si avvicinò con un sorriso a trenta denti. 
Valeryn osservando quella scena tirò un sospiro di sollievo. Poi si tolse il cappottino avvicinandosi alle sue amiche. Maia le sorrise e le baciò le guance. 
«Come stai?» le chiese gentile. 
Alzò le spalle. Non sapeva nemmeno lei come stava, si sentiva parecchio strana. 
Miriel la squadrò dalla testa ai piedi, mantenendo il suo sguardo freddo. Sara e Conny le raggiunsero come fossero le pie donne. La bionda le prese il cappotto di mano con un sorriso eloquente, Conny fece una battuta sopra la sua treccia sbilenca. 
Valeryn scoppiò a ridere, sbattendo la testa. Poi si lasciò abbracciare da Maia che le sussurrò all’orecchio. 
«Ti sei ripresa? Eravamo tutti in pensiero, sai, perfino Daniel ha chiesto di te» 
La castana guardò il ragazzo parlare con Vittorio, e fece un sorrisino. Poi alzò le spalle. 
«Non so che mi prende, mi sento strana» ammise con un sospiro. 
«E’ normale, tesoro, sei stravolta» 
Valeryn non era convinta. Incontrò lo sguardo di Miriel che l’osservava in silenzio. Le due ragazze si fissarono per qualche secondo, la moretta si spostò i capelli dagli occhi. Quasi voleva rimproverarla, ma vedendola in quel modo non ebbe la forza. 
«Vieni qui, dai» allargò le braccia e l’abbracciò. 
Valeryn ricambiò sentendo gli occhi lucidi. Era stata una stupida a non averle detto nulla. Era la sua migliore amica ed aveva avuto paura a coinvolgerla. Non meritava davvero quell’abbraccio, ma ne aveva bisogno, così si strinse a lei. 
Censeo tirò da un braccio Daniel che si pavoneggiava raccontando una storia che non c’entrava niente in quel momento. Vittorio rivolse un sorrisino 
all’amico, grato per averlo zittito. 
Il castano guardò con rabbia il biondino che gli fece un cenno allusivo. Poi, con l’attenzione di Alex e Carmine, cominciò a parlare. 
«Vitto, noi volevamo dirti che... beh, hai tutto il nostro appoggio. Siamo i tuoi amici e ti staremo accanto, quando ne avrai bisogno» 
«Giusto» Carmine era d’accordo «Ti sei cacciato in un bel guaio, ma hai tutto il nostro aiuto» ridacchiò. 
«Se ti serve qualcosa» annuì Alex, passandosi una mano sul capo rasato «noi siamo qui, non abbiamo intenzione di lasciarvi soli» 
Fece cenno verso Valeryn, che parlava con Sara. Vittorio fece mezzo sorriso riconoscente. 
«Grazie, ragazzi» disse guardandoli con affetto, poi fece circolare lo sguardo nella stanza alla ricerca di qualcun altro che non era lì presente. 
«Ehi, un momento!» Daniel tirò il ragazzo da un braccio, facendolo bruscamente voltare verso di lui. 
«Visto che questi infami hanno parlato senza di me, ti dirò anch’io qualcosa» 
Vittorio sorrise distratto, poi riprese a guardarsi intorno. 
Dov’era Elia? Pensava fosse anche lui con loro. Aveva bisogno di parlare con lui, non gli aveva detto niente, che sciocco... 
  
  
Aveva bisogno di vederlo soltanto. 
  
  
«Ao, mi senti, coglionazzo?!» lo riprese Dan, facendolo nuovamente voltare verso di lui imponendogli attenzione. 
«Volevo dirti che giuro solennemente di lasciare in pace Valeryn per tutto il resto della gravidanza. Ah, e sarò anche più gentile con lei!» 
Censeo scosse la testa scettico. Carmine e Alex risero. 
«Avresti dovuto farlo molto prima» disse Vittorio con un cipiglio. 
«Ehi, non mi credi? Guarda. Valeryn, ehi, pazzerella sono qui!» la ragazza si voltò verso di lui guardandolo strano, lui le fece segno con una mano di venire. Lei lo guardò scuotendo la testa, poi si avvicinò. 
«Che vuoi, idiota?» chiese stufata. 
Il suo sorriso si trasformò in una smorfia irritata. 
«Lo vedi che devi sempre rovinare tutto, pazza isterica che non sei altro?» poi alzò lo sguardo verso Vittorio che aveva incrociato le braccia. 
«Ehm, pardon. Volevo dirti che non farò più commenti né sul tuo isterismo, né sulla tua infamia, okay? Sarò gentile, ma soldi per la casa non ve ne do, d’accordo?» 
Valeryn e Vittorio si guardarono con mezzo sorriso. Daniel era dolce in fondo, anche se molto in fondo, e sapevano che voleva loro bene e che se avessero avuto bisogno di una mano gliel’avrebbe data. Il ragazzo dal suo canto si abbassò all’altezza del ventre della ragazza, poggiando l’orecchio. Poi si rialzò perplesso. 
«Ma... ma è piatta, o sbaglio?» 
I due ragazzi scoppiarono a ridere. Ci voleva qualcuno che sdrammatizzasse un po’ in tutta quella storia. Dan fece una smorfia e se ne andò stizzito, come suo solito. 
Maia, invece, chiamò Valeryn e la trascinò con sé. 
Rimasto solo, Vittorio fece per accomodarsi sul divano e riposarsi un po’, ma in quel momento un ragazzo biondo entrò dal balcone, catturando la sua attenzione. 
Guardò Elia come se non lo vedesse da tanto, fu catturato dalla sua presenza, i loro occhi inevitabilmente si incontrarono. 
Il castano emise un sospiro liberatorio. 
Si sentiva quasi meglio adesso. 
Sapere che era lì lo rincuorava, lo faceva sentire al sicuro. 
Il biondo indugiò un attimo, poi lo raggiunse e si ritrovarono faccia a faccia. Non smisero di guardarsi negli occhi, fino a quando Elia piegò la testa di lato con mezzo sorriso strano, poi lo tirò da un braccio. Vittorio fu preso alla sprovvista e la mano del ragazzo scivolò nella sua. Il biondo fece finta di niente mordendosi un labbro e lo trascinò in veranda. Il castano, un po’ scosso, guardò le loro mani intrecciate. Elia se ne accorse e mollò subito la presa. 
«P-pensavo non ci fossi» sussurrò Vittorio, evitando di guardarlo negli occhi. Era rimasto spiazzato da quel gesto. Non seppe nemmeno perché il cuore aveva fatto un balzo non appena lo aveva stretto. 
Elia volse lo sguardo al cielo, sospirando. 
«Non ti avrei lasciato solo» gli disse. 
Lui sorrise, guardando in basso. 
Perché si sentiva strano? Si sentiva in imbarazzo non indifferente e nemmeno riusciva a capire il motivo. Insomma era Elia, era il suo migliore amico, erano rimasti altri cento volte da soli a parlare. 
Eppure non riusciva a togliersi di dosso quella sensazione che gli era partita da quando gli aveva stretto la mano. 
«Lo so» soffiò a bassa voce. 
Il biondo gli lanciò uno sguardo, poi appoggiò le braccia sul balcone guardando il paesaggio illuminato. Si accese un’altra sigaretta. Passò il pacco a Vittorio, che sfilò l’ultima e l’accese. Calò il silenzio. Un silenzio che ai due quasi faceva male, perché entrambi avevano bisogno di sentire la voce dell’altro. Il loro legame era sempre stato speciale, e quella sera più che mai. 
Sentivano entrambi delle vibrazioni strane, ma non riuscivano a capire se era dovuto alla scoperta della gravidanza che li aveva scossi o semplicemente alla presenza dell’altro. 
Quel silenzio era troppo da sopportare, dava spazio a dei pensieri troppo rumorosi. 
«Dì qualcosa, ti prego» mormorò il castano, facendo un tiro, passandosi una mano tra i capelli. La sua sembrava una preghiera, erano poche le volte che lo aveva udito così supplice nei suoi riguardi. 
Elia lo fissò, sentendo la bocca asciutta. Voleva dirgli così tante cose che non riusciva a parlare. Gli era capitato davvero poche volte nella vita. Lui riusciva sempre in qualche modo a destabilizzarlo, ma non voleva mostrarsi in quel modo perché voleva solo trasmettergli forza. 
«Io…» soffiò piano, dopo aver buttato via un po’ di fumo «Io ti starò sempre vicino, lo sai. Qualunque cosa accada, Vitto, il mio posto è con te» 
Quelle parole colpirono in pieno il cuore di Vittorio. Provava qualcosa d’indescrivibile per lui, non sapeva dire per certo che cosa fosse, ma era qualcosa di bello e lo aveva sempre saputo, ma quella sera era tutto così amplificato. 
Gli sorrise. 
«Grazie, sei davvero un amico» rispose, gli venne naturale dirglielo. 
  
  
Amico. 
  
  
  
  
Solo un amico. 
  
  
  
Elia sentì il peso dentro il suo petto aggravare improvvisamente e distolse lo sguardo, come scottato. 
Beh, loro lo erano. Lo erano sempre stati. Ma quella sera, quella sera entrambi sentivano qualcosa di diverso, qualcosa che non era mai uscito fuori per tutto quel tempo ma che era sempre stata lì. Non sapevano bene cos’era... Era tutto fottutamente strano. 
La sua mente volò inevitabilmente a quel giorno di aprile quando Vittorio aveva compiuto diciotto anni, quando lo aveva abbracciato in quel modo intimo, quando lo aveva spiazzato trovandoselo così vicino, quando gli aveva letteralmente sfiorato il collo con le labbra in un gesto per cui lui era stato accomodante. 
Deglutì sentendo il suo cuore accelerare in automatico nel ricordare. 
Si passò una mano tra i capelli. 
Amici... 
Elia sentiva che qualcosa stava cambiando, sentiva di non aver mai provato qualcosa del genere per lui prima d’ora. E gli sembrava così dannatamente strano, così dannatamente troppo, che seppellì quel pensiero convincendosi di essere diventato paranoico. 
   






   
 
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