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Autore: shana8998    15/06/2021    0 recensioni
Lucille è una strega. La sua congrega, scacciata da Cesarine in Francia, è stata costretta a rifugiarsi fra le strade di New York.
Zane è un cacciatore, ha giurato fedeltà alla Chiesa e da sempre vive secondo un unico, ferreo principio: uccidere le streghe. La sua strada non avrebbe mai dovuto incrociare quella di Lucille, eppure un perverso scherzo del destino li costringe ad incostrarsi sulla riva dell'Hudson.
Anche se quella tra streghe e la Chiesa è una guerra antica come il mondo, un nemico crudele ha in serbo per Lucille un destino peggiore del rogo. E lei, che non può cambiare la sua natura e nemmeno ignorare i sentimenti che le stanno sbocciando nel cuore, si troverà di fronte a una scelta terribile.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
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                                                                                 Non mentirmi.
«Riproviamo?»
Guardai l'uscio con apprensione. «Dobbiamo proprio?»
Zane schiuse leggermente un'altra porta e sbirciò all'interno. «Questa dovrebbe andare bene.»
Spiai da sopra la sua spalla e vidi una donna seduta davanti all'unica scrivania presente nella stanza.
Una piccola abat-jour illuminava alcuni fogli incollati al muro con dello scotch: disegni a carboncino, incomprensibili.
Anche sotto i suoi gomiti il tavolo ne era colmo.
I lunghi capelli castani erano sciolti dietro le scapole. La loro corposità e il fatto che ci fosse rivolta di spalle, mi impediva la visuale sulle sue mani, ma da come le si muoveva la schiena, dedussi che le stava spostando sul suo viso.
«Che diavolo...»
Quando alzò la testa e voltò lo sguardo verso noi balzai all'indietro portandomi il pugno chiuso alla bocca.
Il pezzo di carboncino appuntito stretto nella sua mano aveva la punta insanguinata e del sangue le gocciava anche dalla bocca.
La donna ghignò malignamente. I denti neri e gialli di sporco erano contornati di liquido rosso.  Afferrò il suo labbro inferiore scoprendo tante piccole incisioni nella carne. Era da li che proveniva tutto il sangue che le stava invadendo la bocca.
«Ma-Ma quelle sono croci.» Croci rovesciate, simbolo indiscusso di Mefisto.
Qualcosa però non tornava. L'odore che proveniva dall'interno della stanza era lo stesso che aleggiava attorno al corpo posseduto dell'uomo che avevamo visto attimi prima. E non era opera di una strega.
Ma non era nemmeno opera del diavolo.
Il mio olfatto da megera aveva ben imparato a distinguere il tanfo di un maleficio da quello del male in persona e quello che emenavano quelle vittime non apparteneva a nessuno dei due.
Zane però sembrava più confuso di me.
Come cacciatore aveva sicuramente sviluppato un olfatto "fino" e mi pareva strano constatare che quel puzzo  acre e ben lontano da quello delle streghe lo avesse disorientato.
Fissai la donna per un'altra manciata di secondi, dritta negli occhi.
Le pupille erano molto più che dilatate: le occupavano quasi tutta la sclera. Nere, infernali.
Nonostante ciò, nel suo sguardo riuscii a scorgere un velo di supplica.
Sollevò una mano e chiese pietà. Qualunque maleficio l'avesse afflitta però non le evitò il peggio.
Un nugolo di locuste le fuoriuscì dalla bocca, strozzandola. Dai suoi occhi incominciarono ad uscire lacrime di sangue e rantoli strazianti invasero la stanza e tutto il corridoio.
«NO» arretrai pietosamente «Gli insetti proprio no.»
Zane chiuse la porta di colpo e ritrasse la mano come se avesse appena toccato del liquame maleodorante. 
«Non capisco» impiegai un po' per riuscire a parlare di nuovo «-non ho mai visto qualcosa del genere.»
Zane si passò una mano sul viso e prese aria «Nemmeno io. L'odore che emanano quei corpi mi è sconosciuto ma è forte e acre e credo non si tratti di stregoneria.»
Già, avevo captato un sentore di ferrugine e nessuna strega lanciava malefici con quel puzzo.
«Quale essere è in grado di scagliare un maleficio tanto potente?»
Attesi per qualche istante la risposta di Zane. La sua espressione era il ritratto di mille pensieri in balia del caos. Non aveva idea di chi o cosa avesse un potere simile.
«Esistono diverse categorie di streghe» proferì dopo un po', all'improvviso «Le Mantidi sono le più comuni. Poi ci sono le tessitrici, le veggenti e poi gli esseri infernali come le succubi.»
«Le...cosa?»
Zane avanzò di qualche passo provando a sollevarsi sulle punte per vedere dentro un ritaglio chiuso da una piccola piastrina di vetro al centro di una porta.
«Le succubi. Le schiave del demonio.» Osservò all'interno della stanza, scosse la testa e proseguì a camminare.
Mi affrettai a seguirlo.
«Vuoi dire che sulla terra esistono esseri del genere?»
Incominciavo a credere che noi streghe - forse - eravamo le creature meno singolari.
«Be'...No. Sono esistite centinaia di anni fa. Ora i loro volti sono riportati nelle grandi enciclopedie dell'occulto. Ma non saprei dare altra spiegazione a...» Si fermò accanto ad una porta costringendo i miei piedi a fare lo stesso. «Questo.»
All'interno, un corpo pieno di pustole giallastre gattonava e muoveva le mani come se stesse imitando un gatto con il particolare che era privo della testa.
«Mio Dio! Ma cos'è questo posto?!»
«Credimi, sono scioccato quanto te.» Affermò con aria mesta.
Forse avrei dovuto credergli. Insomma, a meno che non fosse un attore eccelso, la sua espressione parlava chiaro. Non aveva idea di cosa fosse accaduto a quella gente.
Zane afflosciò le spalle. Le braccia lungo i fianchi, la testa leggermente piegata in avanti. Non potevo vedere il suo viso ma immaginai la delusione.
«Ho creduto per anni che questo fosse un posto sicuro. Un posto dove il male non avrebbe mai avuto accesso. Dove lottiamo per qualcosa di superiore al semplice ordine nel caos. Ma questo...questo va oltre ogni limite dell'immaginazione.»
Mossi un passo avanti e gli posai una mano fra le scapole «Sono certa che esiste un modo per rompere questo tipo di incantesimi.»
Zane mi scrutò da sopra la sua spalla «E tu cosa ne sai di incantesimi?» 
La sua voce non fu più alta di un sussurro.
Ritrassi la mano; con la stessa mi grattai un braccio nervosamente. 
«Niente. Ma c'è sempre una soluzione. Solo alla morte non c'è rimedio.»
Zane sospirò un sorriso, si voltò e mi posò una mano sulla spalla. Gesto che fece accelerare il battito del cuore nel mio petto per un attimo. «Sei così ingenuamente ottimista, Lucille.»  
Piegai l'angolo della bocca in un mezzo sorriso. 
«E tu fin troppo pessimista, Cacciatore
Per la prima volta da quando mi ero ritrovata li dentro, avevo fissato i suoi occhi e ci avevo visto qualcosa di diverso. 
Qualcosa di meno formale ed astioso nei miei confronti. Che Zane avesse incominciato a fidarsi di me?
Lo superai scacciando via quel pensiero.
«Avanti, cerchiamo un modo per uscire da qui.»

                                                                                          ********
"Biblioteca ala est"
Era questa la dicitura dell'unica targa che avevamo incontrato dopo ore di marcia nel buio di quel postaccio.
Le grandi finestre dietro le nostre spalle illuminavano un'altra ala di Sant'Agustina. Questa, usciti dall'ennesimo mucchio di tende rosse di velluto, assomigliava molto più al corridoio di una vecchia scuola abbandonata. C'erano porte di legno logore e puzza di carta bagnata. La polvere, in oltre, saturava l'aria ed il mio naso non tardò a prudermi.
«Etciù!»
«Lucille!» 
Feci spallucce asciugandomi la punta del naso con un dito e ripresi a muovermi fra gli scatoloni e i vecchi banchi accatastati qua e la.
«Studiavi qui?»
Sollevai da uno scatolone un vecchio tomo dalla copertina strappata per metà.
«No. Quest'ala era già in disuso quando sono arrivato qui.»
«Però qualcuno ci è passato di recente» Zampettando fra i mucchi di ciarpame sparsi attorno a noi, trovai una torcia. Pigiai un paio di volte il bottone accanto al manico e la luce si accese.
«Non puntarmi addosso quell'affare!» Protestò Zane intento, invece, a cercare altre targhe che ci indicassero un'uscita secondaria.
«Ci hai fatto caso?» Scavalcai una sedia rovesciata su un mucchio di fogli scritti fitti fitti «E' già notte fuori.»
Mi sembrò un'affermazione normale come molte altre ma quando il cacciatore guardò all'esterno, il suo volto si scavò di qualcosa che si avvicinava decisamente allo sgomento.
«Che ti prende?»
«Quanto tempo abbiamo passato dentro quel corridoio? Non può essere già scesa la notte.»
Si avvicinò alla finestra ad arco e guardò fuori.
«Senza orologi né finestre è possibile che abbiamo perso la condizione del tempo.»
Fissò il cielo ancora per qualche istante.
«Non ne sono certo.»
Si allontanò dal vetro incerto e tornò al centro del corridoio. Mi tese una mano e si fece cedere la torcia.
Attorno a noi, alleggiava un'angosciosa aria che sapeva di posto abbandonato e ricordi dimenticati.
Avevo l'impressione che il Tristo Mietitore fosse il proprietario della vecchia ala di Sant'Agustina; potevo palparela sensazione di morte ovunque.
«L'arcivescovo ha studiato qui?»
Zane scrollò le spalle «E io che diavolo ne so!»
Inarcai entrambe le sopracciglia brontolando uno «Oh, scusami tanto per la domanda» fra i denti.
Demorsi dall'idea di dialogare con il cacciatore per un po' e ne approfittai per capire.
Capire dov'eravamo e come potevamo uscire da li senza essere visti dalla mandria inferocita che ci stava inseguendo.
Se ancora lo stava facendo...Ma certo se era notte forse avevano abbandonato la caccia giàda un pò!
Sollevai un dito a mezz'aria per far partecipe Zane della mia deduzione lampante, quando il mio sguardo cadde sul fascio luminoso che fuoriusciva dalla torcia nelle sue mani.
Non proprio ad esso ma a ciò che stava illuminando.
Una foto, ed io l'avevo già vista.
«Ho trovato una porta e non è chiusa a chiave. Forse possiamo uscire da qui» Zane si voltò all'indietro e constatò quanto fossimo lontani perché io potessi sentirlo «Lucille?».
Tornò sui suoi passi e mi si accostò.
«Questa foto. L'ho già vista ed era in una bacheca identica a questa» Sfiorai il ferro che manteneva agganciati i pannelli di vetro della bacheca.
Socchiusi gli occhi e cercai di ricordare.
«All'ingresso.» Proferii con sicurezza un attimo dopo.
Zane si chinò su un ginocchio ed osservò foto per foto, tutti i ritratti. La bacheca aveva un piedino dei quattro spezzato e pendeva da un lato, ma alcune cornici - forse per la troppa sporcizia - sembravano essere incollate al legno delle mensole.
Inclinammo la testa all'unisono concentrati sui volti in bianco e nero nei ritratti.
Tutti sconosciuti. Tutti tranne quello di «Madamme».
«E' impossibile che sia lei» disse Zane cercando un modo per aprire l'anta.
«Sono certa che quella sia proprio Madamme. Come potrei dimenticare quella faccia di mer-»
Zane storse le labbra ed io alzai gli occhi al cielo.
«Già, già...Le parolacce» 
Mi rifilò uno sguardo d'intesa leggermente canzonatorio e tornò a guardare la bacheca.
Le sue mani raggiunsero il gancetto di ferro in alto e la chiave dentro la piccola toppa al centro delle due ante. Impiegò un po' di forza, ma alla fine, con un "clap", l'anta si aprì.
Infilò la mano e tirò fuori la foto.
Ora che guardavo meglio, anche le suore attorno a lei avevano volti famigliari.
«Aspetta ma quella è Baba!» Esclamai e mi morsi la lingua subito dopo.
Lo sguardo di Zane saettò sul mio viso che si arroventò di riflesso.
«E' solo una donna che vedo spesso con Madamme.» Deglutii cercando una scusa, la prima che mi era venuta in mente.
«Sai, non ti ho mai chiesto come mai conosci Madamme e perché lei ti ha portata qui spacciandoti per una strega.» Ad un tratto l'espressione di Zane divenne dubbiosa. I suoi occhi inquisitori perlustravano il mio viso in cerca di prove ed io incominciai a sentirmi in trappola.
«Faccio la prostituta nel suo bordello.» Mi affrettai a dire sorprendendomi delle mie stesse doti da menzognera quale ero appena diventata.
Schiuse le labbra e forse avrebbe voluto dire altro, ma non gli uscì un fiato.
«Ci sei rimasto male?»
Si grattò una guancia drizzando leggermente la schiena come se volesse prendere le distanze da me.
«No è che...non ci avevo pensato.»
Qualcosa lo aveva deluso o per lo meno così mi sembrò.
«Forse dovremmo tornare a concentrarci sulla foto.» La indicai, stretta fra le sue dita.
Lui guardò me, poi il ritratto e poi di nuovo me.
«Si, giusto». Imbarazzato me la porse ed attese che i miei occhi si abbassassero su di lei.
Ma non li distolsi da lui.
Il bagliore della luna lo rendeva leggermente pallido sfiorandogli la pelle del viso ma io potevo vedere ugualmente il rossore sulle sue guance.
«Che ti prende?» Chiese timidamente.
«Non sei mai stato in compagnia di una prostituta?» 
Appoggiai le mani sul pavimento e mi allungai con la schiena verso lui. Un sopracciglio sollevato, l'espressione sorniona. La cosa mi divertiva parecchio.
«Che ti importa?»
Sogghignai. «E così, sua eminenza non vi fa frequentare le donne...»
L'espressione di Zane si fece nervosa.
«I nostri matrimoni sono combinati e non avvengono prima del quarantesimo anno d'età. Quando siamo troppo anziani per il servizio sul campo e troppo giovani per il pensionamento.»
«Ah. E fino ad allora...» Mossi due dita come a mimare un gesto eloquente che stava a significare  "non si batte chiodo".
Zane serrò i denti e poi si sforzò di ridere. Nervosamente.
«Se stai cercando di farmi confessare cose del tutto intime, sappi che non lo farò» Si sollevò di colpo.
Restai a fissarlo dal basso del pavimento.
«No, mi basta osservare come mi guardi.»
Certo, calarmi nella parte della poco di buono era molto più semplice e divertente del dovermi calare nella parte dell'umana senza peccato e senza vergogna.
Schioccai lui un occhiolino e mi sollevai.
Il viso di Zane si cristallizzò. Impietrito, in un'espressione che, se non lo avessi superato lungo il corridoio, mi avrebbe fatta scoppiare a ridere.
«Tornando al discorso di prima. Questa è Madamme» Gli tirai la foto che svolazzò dietro le mie spalle ondeggiando fino al pavimento.« Ed ora voglio sapere perché è vestita da suora e perché accanto a lei c'è anche l'arcivescovo.»
Zane la raccolse e un suono strozzato gli uscì dalla gola. Dovette tossire un paio di volte.
«Non te ne eri accorto?» Poggiai una mano sulla maniglia della porta di legno alla quale aveva accennato prima e mi voltai a guardarlo.
Era più serio ora.
«No, non ci avevo fatto caso.» Guardò la data riportata sulla cornice bianca attorno al ritratto.
«Credevo che fosse la stessa che ho visto all'ingresso fino a che non ho guardato la data. E' di almeno novanta anni dopo. Sempre in bianco e nero, ma molto più recente.» Lo informai.
Zane sollevò lo sguardo disorientato e mi fissò come se cercasse spiegazioni immediate da me. Ma io non le avevo. Ero confusa, tanto quanto lo era lui.
«Non chiedermi perché le stesse facce sono su quasi tutte le foto nonostante siano di epoche differenti.»
«Non capisco» mormorò «Non può essere veramente Buvier.»
«Forse il tuo amato arcivescovo ti nasconde più cose di quel che credi» - e Madamme le nasconde a me.
Zane strinse le dita sulla foto, sgualcendola.
La rabbia lo stava mangiando dentro.
«Forse è solo una coincidenza. Forse quello è un suo parente»
A quel punto qualcuno doveva aprirgli gli occhi.
Con un paio di falcate lo raggiunsi e gli afferrai il mento spostandogli la visuale su tutte le foto agganciate alle pareti o buttate nel dimenticatoio, agli angoli del corridoio.
Afferrai la torcia dalla sua mano e le illuminai.
«Tutti? Sono tutti suoi parenti? Apri gli occhi, Zane. Ti sta mentendo e Madamme sta mentendo a me.»
Mi strappò via la mano senza lasciarmi il polso.
«E' diverso. Quell'uomo mi ha cresciuto come fossi suo figlio.»
Di riflesso, per rabbia, tirai via il braccio «Cosa ti fa pensare che non sia stato lo stesso fra me e Madamme? Come pensi che mi sono sentita quando mi ha venduto al tuo Dio !?» Afferrò subito la frase capendo che mi stavo riferendo a Buvier e si infuriò.
«Al mio Dio?!» Mi seguì a passo svelto mentre cercavo di sottrarmi nuovamente all'ennesima discussione.
«E non è anche il tuo Dio, megera?»
La mano restò a mezz'aria fra la maniglia e il vuoto.
«Una prostituta» Soffiò una risata salace «Una con l'espressione da cerbiatta come l'hai tu, non può essere una prostituta.» Avanzò lentamente verso di me costringendomi a richiudere la porta e a voltarmi verso lui.
Mi sentivo inghiottire dal suo sguardo. 
«Che dici! Lo sono!» Schiacciai la schiena contro la porta «E poi dacci un taglio con questa storia della strega. Hai tutte le prove per credere il contrario.» Il tono autoritario che speravo di avere se ne andò a farsi benedire. La voce mi tremava come una foglia al vento, come le gambe e tutto il resto del mio corpo.
Zane, che ormai era ad un passo da me, avanzava predatore con la mano sulla Balisarda e l'aria di uno che non ci avrebbe impiegato molto a togliermi di mezzo.
La luce fioca che filtrava dai finestroni gli oscurava parte del viso rendendolo tetro, pericoloso.
Mi arrivò ad una spanna.
Ebbi l'impulso di piangere ma mi costrinsi a combattere. Gli angoli degli occhi si inumidirono ugualmente.
«Ho il tuo zaffiro e sono ancora viva. Non mi sta uccidendo come hai detto tu.» mormorai in un filo di voce.
Sollevò le mani e le poggiò accanto al mio viso, sulla porta. In un attimo mi ritrovai intrappolata fra lui, i suoi occhi e l'anta dietro le mie spalle.
Ma quando incominciai a temere il peggio lui mi spiazzò.
«Ti sembrerà stupido, ma non reggerei un altro inganno» Distolse lo sguardo, rivolgendo i suoi occhi al il pavimento. «L'arcivescovo mi ha mentito. Madamme ci sta sicuramente ingannando tutti e tu...Non voglio che anche tu finisca per ingannare me e gli altri.»
Schiusi le labbra e trattenni il respiro.
«Non so perché, ma non reggerei se mi mentissi anche tu.»
Se avessi potuto non ingannarlo, giuro, lo avrei fatto. Ma io ero una strega e una strega non può confessare la sua natura ad un cacciatore anche se quest'ultimo l'ha salvata dalla morte.
Mi inumidii le labbra. Il fiato mancava e la carotide pulsava nel mio collo. Temetti che fosse perché mi era troppo vicino ma poi, preferii credere che fosse perché lo stavo ingannando anche io come gli altri.
Sollevò il mento.
«Che vuoi fare?» Mi spinsi di riflesso ancor più contro la porta che tremò.
«Quando Madamme ti ha portata qui, ha detto che lo aveva fatto per proteggere le altre streghe da te. Avevi quasi rubato un'anima...be' io ho un'anima e se tu sei quella strega me la ruberai.»
Il cuore mi rimbombò nella testa. 
«Non ci pensare nemmeno» Cercai di spingerlo via, ma era molto più forte di me.
«Non te lo sto chiedendo per favore.» 
Lo avrei ucciso. Lo avrei sicuramente ucciso e sarei rimasta sola.
«No. Non lo farò e tu...tu devi starmi lontano!» Afferrai le sue braccia fino a conficcare le unghie nel tessuto della sua giacca e puntai un piede dietro di me per spingerlo via. Non si mosse.
«Non costringermi a farlo...Ti prego» sussurrai.
«Stai ammettendo che potrebbe succedermi qualcosa?»
Deglutii a fatica.
«No, è che...»
Cosa potevo dirgli per farlo demordere? Che mi sentivo violentata? O dovevo ricordargli della sua castità?
Cosa?
COSA?!
Trattenni nuovamente il respiro e questa volta fu decisamente più doloroso nel petto.
Zane allungò il collo verso me e le sue labbra piombarono pericolosamente vicino alle mie. Potevo sentire il suo respiro sulla mia pelle e il calore del suo corpo scaldare il mio petto da sopra la camicetta.
«Tu...hai paura.» Sussurrò provando a sfiorarmi le labbra con le sue ma fermandosi un attimo prima.
Annuii.
Non solo per lui. Anche per me.
«Se credi che ti farò qualcosa di brutto, ti sbagli. Non ti farei mai del male.»
Anche se in quel momento mi parve la frase più falsa e patetica che potesse avermi detto, ora penso che non me ne avrebbe mai fatto sul serio.
«Posso fidarmi?»
Mosse il capo lentamente mimando un si.
Speravo che demordesse, che il vedermi spaesata e impaurita lo facesse decedere. Invece Zane voleva certezze. Voleva verità. Voleva sapere.
Lo zaffiro dentro la camicetta, al centro dei miei seni, si scaldò quando il suo proprietario si avvicinò ancor di più.
Se lo ucciderò non me lo perdonerò mai.
Chiusi gli occhi e mi arresi.
Se Zane era pronto a rischiare la vita io non ero assolutamente nessuno per poterglielo impedire.
Di colpo mi resi conto di avere il petto premuto contro il suo. Un calore inspiegabile mi avvolse come se mi stessi crogiolando sotto il sole estivo.
Non era possibile...
Zane mi stava baciando.
All'inizio la carezza della sua bocca fu esitante, un mero sfiorarsi delle labbra, senza fretta. Ogni muscolo del mio corpo si bloccò, ma io non mi ritrassi come avrei dovuto e dal profondo della gola di Zane scaturì un verso roco che mi fece correre un brivido lungo la schiena.
I miei sensi andarono in corto, scintille schizzavano in tutte le direzioni dentro di me. 
Non dovevo continuare a baciarlo ma lo volevo. Lo volevo disperatamente e non sapevo il perché.
Se lui però si fosse allontanato, ero certa, lo avrei attirato nuovamente a me.
Ma non si allontanò.
Infilò una mano dietro la mia nuca e risalì immergendo le dita fra i miei capelli.
Non potevo scappare - finalmente.
Permisi che la sua lingua sfiorasse la mia. Dopo qualche attimo, mi resi conto che le mie mani erano sul suo petto, sotto la sua giacca e se non le avessi controllate le avrei ritrovate chissà dove sotto i suoi indumenti.
Piegai la testa e non mi feci indietro nemmeno quando l'altra sua mano mi sfiorò un fianco.
Quel bacio era esattamente ciò che mi aspettavo da un bacio e anche di più. Esplosivo. Travolgente. Il mio cuore palpitò come una farfalla impazzita, scosso da un desiderio così intenso che dardi di puro terrore mi scoccarono nelle vene.
Stavo pensando a Zane in un modo che non avevo mai preso in considerazione. E non dovevo.
Scostò il viso. Aveva un'espressione compiaciuta, persino un po' audace. Ed io avevo la sensazione di essere nei guai.
«Hai visto, non ti ho fatto nulla di male» mormorò lui con la voce roca, lasciando scivolare via le dita dalla mia nuca.
Avrei dovuto rispondere semplicemente "e io non ti ho ucciso", invece l'unica cosa che riuscii a mormorare fu un penoso «Hai un piercing sulla lingua.»
Mi sentii una sciocca.
Zane risollevò la schiena.
 «Siamo nel ventunesimo secolo non è poi così strano averne uno» ridacchiò grattandosi distrattamente la nuca.
Ovviamente, per lui che lo indossava era una cosa del tutto normale ma per me che non avevo mai baciato nessuno sentire quella pallina sferica sulla lingua fu qualcosa di eccezionale. Ero certa che quella notte non avrei smesso di pensare a quel dettaglio.
«Già...» 
Sicuramente avevo il viso in fiamme. Me lo sentivo bruciare molto più dello zaffiro nascosto sotto i miei abiti.
Restai per un momento in silenzio e forse la cosa lo imbarazzò tanto che fui io stessa a parlare nuovamente per prima.
«Adesso...Mi credi, giusto?»
Un sorriso gli apparve sulle labbra ma sparì subito.
«Adesso si.»
Dovevo potermi sentire rilassata ed invece ero un fascio di nervi.
Zane allungò il braccio accanto a me. Per un momento mi irrigidii ma quando poi abbassò la maniglia l'unica sensazione che provai fu delusione.
Volevo essere toccata ancora da lui? O che mi baciasse di nuovo?
Forse la seconda.
«Andiamo, magari riusciamo a trovare qualcosa più in la.»

Non avevo ucciso Zane e questa era una consolazione. Ora però, qualcosa si era acceso dentro me: un desiderio proibito. Un desiderio che mi avrebbe portato ad infrangere ben più di una regola soltanto.



   
 
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