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Autore: Corydona    15/06/2021    0 recensioni
Come in una partita a scacchi, due fazioni si ritrovano schierate l'una contro l'altra, pronte a dichiararsi una guerra che entrambe non vorrebbero. Da un lato gli Autunno, la cui potenza sembra inarrestabile, dall'altra i Primavera-Inverno, che possono contare su un'influenza senza eguali.
Una situazione di apparente stasi: apparente, perché nell'ombra i sovrani cadono e le successioni al trono sembrano più complicate del previsto. La guerra sarà dichiarata? Termineranno i regicidi? Quale delle due parti avrà la meglio?
Un'antica profezia annuncia la disfatta degli Autunno: si realizzerà? O rimarranno solo vaneggiamenti di un passato caduto nell'oblio?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Selenia '
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La sala del consiglio era deserta: la cerimonia per la sua incoronazione si era conclusa da alcuni minuti e lei aveva congedato i pochi nobili presenti. Quegli uomini e donne l'avrebbero affiancata nei primi tempi del suo governo, mostrandole la realtà del regno e tutte le difficoltà che avrebbe incontrato. Chiara, tuttavia, era fiduciosa: si sentiva nel posto giusto. Era cresciuta con la consapevolezza che quel momento sarebbe arrivato e ora era lì, avvolta nelle stoffe di quell'abito sontuoso che il Consiglio, Donna Delia su tutti, aveva insistito perché lei indossasse. Sentiva il tessuto premere sulla sua pelle, quasi a simboleggiare il peso delle sue responsabilità da lì in avanti.

«Maestà, vi disturbo?»

Sollevò lo sguardo dal tavolo in pietra e incontrò il viso sorridente e gentile di Franco, fermo sulla soglia. Indossava ancora gli abiti semplici che aveva portato con sé nel viaggio, che Mila aveva lavato con dei profumi perché sembrassero un acquisto recente, ma lui non vi sfigurava. Aveva quella semplicità che lo esaltava persino in una corte di nobili agghindati per una cerimonia importante.

«Almeno tu non darmi del voi» rispose lei, sciogliendo la sua postura solenne e l'espressione grave sul viso. Da quando era entrata in quell'ampio e spoglio salone in cui era stata incoronata, non aveva cessato un momento di avere un'aria solenne. Lei non era così, non era mai stata autoritaria, ma sapeva di dover apparire severa agli occhi degli altri; le pesava dover mantenere una compostezza che lei stessa sentiva artificiosa, che non le apparteneva davvero. Sapeva di essere ancora la ragazza allegra che scherzava sul suo nome immenso, che amava camminare in campagna sotto la pioggia, sentire il profumo delle coltivazioni, perdersi tra i colori degli alberi da frutto e avvicinarsi per raccogliere quelli maturi. Sarebbe tornata a dedicarsi a quei passatempi, ma doveva attendere tempi migliori.

«Va bene, va bene» disse lui, entrando nella stanza. Si richiuse la porta alle spalle e aggiunse: «Vengo qui per conto di Tancredi Inverno. Stando alle sue parole, avrebbe preferito venire lui, ma pensa che tu preferisca avere vicino un volto sicuramente amico.»

La Delle Foglie si sedette al tavolo, invitando l'amico a fare lo stesso. «Ti piace essere usato come messaggero, a quanto pare.»

«A dirti la verità, cerco di essere un po' accondiscendente e a non pensare a quello che mi chiede di fare, perché mi aspetto che...» disse Franco, scrollando le spalle. «Be'... che scopra quello che sai, da un momento all'altro. E che possa agire di conseguenza.»

La regina sospirò. «Non credo che lo saprà mai, basta non parlarne. Non hai commesso nessun crimine, mi sembra.»

Lui si stropicciò gli occhi, con nervosismo. Quello era ancora un argomento di cui non faceva menzione quasi mai e persino con lei era stato molto vago. Preferiva non pensare ai rischi che stava correndo, con Tancredi che si era così avvicinato a lui e che sembrava davvero averlo preso sotto la sua ala protettiva. «Ai suoi occhi potrebbe esserlo, visto che lei è promessa a un altro... Anche se con quello che è successo nello Cmune non so se cambierà qualcosa.»

«Penso che lui e Alcina dovranno rivedere le loro strategie» commentò lei. «Non è molto saggio avere un condannato a morte come futuro genero. Ma sei venuto per parlarmi dei tuoi futuri problemi familiari? Tancredi ti ha mandato qui... per questo?»

Il suo tono di voce ironico fece ridere il compagno di viaggio, e anche lei ridacchiò con complicità. Cercava di nascondere che quell'uomo le incuteva un rispetto obbligato che non avrebbe tributato a molti. Sapeva di dover far affidamento su di lui, perché era una delle personalità più autorevoli del Pecama, se non dell'intera Selenia, e perché il suo appoggio l'avrebbe resa più credibile. Non era ancora sicura che i pochi nobili del regno, esclusi quelli del Consiglio, la ritenessero all'altezza.

«In realtà è una questione ugualmente importante» spiegò Franco, con una rinnovata serenità. «Lui sostiene che devi prendere una decisione il prima possibile, perché si profila una guerra con gli Autunno e tu corri un grosso pericolo, poiché confini con uno dei loro regni. Tancredi ha detto che ha intenzione di metterti a disposizione il suo esercito ufficiale...»

«Ma non si può a causa degli accordi del 472» completò Chiara. «Questo rende le cose più complicate.»

«Non molto, perché lui pensa di darti alcuni soldati utili in ruoli chiave, in modo che se ti attaccano, hai gli strateghi adatti per riuscire almeno a difenderti, in attesa che il tuo esercito sia pronto. E ti consiglia anche di costruire un muro difensivo lungo il confine con l'Autunno...»

«E con i Prati.»

«Sì, l'idea è quella, così intanto riesci a contenere anche i loro contadini, che Tancredi ha definito briganti e mascalzoni. Così avresti due vantaggi: il primo è che poni un argine al pericolo tangibile che sta dando problemi al tuo popolo, soprattutto a quella parte che vive nelle campagne. E quindi loro ti saranno grati per essertene occupata all'istante. Il secondo è che gli Autunno poi avrebbero qualche difficoltà nell'invaderti.»

Franco tacque, dandole la possibilità di riflettere prima di prendere una decisione. Chiara si voltò a guardare il cielo fuori dalla finestra, al di là del vetro che si poneva tra lei e la vista di Gaò, di quella cittadina silenziosa che si estendeva al cospetto del castello, come se il popolo dovesse ricordare che ognuno doveva rimanere al suo posto: regnanti in alto, e popolani in basso. L'architettura non era mai un caso, l'aveva imparato confrontando la sua capitale con le altre del Pecama e degli altri regni che conosceva, e la posizione che aveva il palazzo reale rispetto ad essa.

La sua posizione emanava autorità, ed era quella che lei doveva confermare di avere, anche con un pugno di ferro nei confronti dei regni limitrofi. Se i Dei Prati non avevano intenzione di porre un freno alle angherie dei loro uomini, lei non sarebbe rimasta a guardare inerte. Un muro con funzione difensiva non era un'idea malvagia, tuttavia lei non la vedeva come la mossa migliore nel breve termine.

«Tancredi non ha valutato un aspetto fondamentale» constatò infine ad alta voce. «Un muro difensivo non si può tirare su dalla sera alla mattina, servono giorni, se non settimane... e nel frattempo i pratesi possono continuare a fare ciò che vogliono, se non addirittura danneggiare i lavori di costruzione.»

Franco scosse la testa. «Non se quello sembra un accampamento militare.»

«Ho anche questo problema, i miei genitori hanno smantellato l'esercito! Non ho soldati da mandare a pattugliare il confine! Chi ci mando?» La voce le uscì quasi strozzata, come di chi si vede messo alle strette e non ha alcuna alternativa se non accettare le decisioni altrui. Si voltò verso Franco, ma lui sembrava fiducioso.

«Per questo vuole metterti a disposizione i suoi soldati» le disse infatti. «Ha davvero pensato a tutto.»

«Quindi io dovrei solo accettare?» Lei si scostò dalla finestra e tornò al tavolo a cui, tuttavia, non si sedette. Un soffio di vento le accarezzò il collo, lasciato scoperto dall'acconciatura che le raccoglieva i capelli sulla nuca. Strinse tra le mani il ciondolo che portava, una pietra di ambra che simboleggiava la resistenza del suo regno alle intemperie: avrebbe superato anche quelle difficoltà.

«Sinceramente? Io accetterei» rispose Franco. «Lui mi sembra più il tipo di re che fa le cose perché deve e non per avere un tornaconto personale: qui ci sono problemi che rischiano di diventare gravi, credo che senta come un dovere il fatto di aiutarti. Inoltre, ha detto che se qualcosa non ti sta bene, puoi parlarne con lui... E che si può arrivare a una soluzione che sia ottima anche per te.»

Chiara picchiettò con le dita sul tavolo. «La verità è che sarebbe da sciocchi non accettare il suo aiuto, soprattutto se, come dici tu, non ha delle mire sul mio regno e lo fa solo per un senso di giustizia. Non credo che un uomo con la sua influenza possa essere interessato alle Foglie Cadute. In confronto all'Inverno, alla Primavera o al Defi, questo regno è minuscolo.»

«E riesce anche a venire incontro alle tue esigenze... Ho parlato con Donna Delia, che presa da sola è sopportabile, e mi ha raccontato di una piccola ambasceria dei contadini al confine, poco prima del nostro arrivo. Hanno avuto il raccolto distrutto e sono stati rubati alcuni animali da allevamento, e la situazione è la stessa da mesi.»

Chiara sospirò, e le sue dita giocherellarono con una ciocca di capelli che dall'acconciatura le scendeva sulla spalla. «Ho tre priorità, che si intrecciano tra di loro, e l'aiuto di Tancredi è molto prezioso, ma stavo pensando anche un'altra cosa... Che non mi piace affatto.»

«Quale?»

Lei puntò quei suoi occhi verdi su di lui, con uno sguardo penetrante. «Anche i Lotnevi erano alleati di Tancredi e Alcina. E loro non sono stati in grado di impedire che fosse condannato a morte... se anche a me dovesse accadere qualcosa che nessuno può prevedere? Se l'assassino dei miei genitori tornasse qui per colpire di nuovo? Se venissi uccisa anche io? Se... se dovessi lasciare il regno senza un erede, che succederebbe? Se è probabile che a nord lo Cmune sia invaso da un giorno all'altro, nonostante tutte le precauzioni e le difese che possono aver preso i Lotnevi in passato, chi mi garantisce che tutte le misure che io sto per mettere in atto saranno utili più in avanti? E se...»

Lui la interruppe scuotendo la testa. «Chiara, non devi preoccuparti di questo. Innanzitutto, il palazzo ora è sorvegliato dai soldati di Tancredi, e lui resterà finché ce ne sarà bisogno, perché nessuno deve avvicinarsi a te tanto da poterti ferire o uccidere. Il Consiglio ha a cuore gli interessi del regno come ce li hai anche tu, perché loro sono nobili solo di rango, non hanno la ricchezza di altri luoghi... In pratica, dipendono da quello che accadrà qui. Se le Foglie andranno in rovina, loro le seguiranno subito. Se tu lasci delle disposizioni, loro le seguiranno, perché hanno capito che sei stata istruita per questo ruolo, sanno che tu puoi essere una guida e che le decisioni che prenderai, i progetti a cui darai il via a partire da oggi saranno solo per il bene di tutti.»

«Ma chi garantirebbe la linea dinastica?» obiettò la regina.

Franco rimase a bocca aperta. «Quindi... tu hai paura di morire senza aver avuto un figlio?»

Chiara annuì. «Sì, è quello che temo. Non per la mia vita, perché non ho paura della morte, ma per il futuro del mio regno. E solo un mio erede diretto potrebbe assicurare la continuità.»

«Quindi... dovresti rimanere incinta.»

«Dovrei prima...» lasciò la frase in sospeso, ma un sorriso sincero si allargò sul suo volto. Aveva la soluzione, era così semplice, davanti ai suoi occhi, eppure non aveva ancora riflettuto su come unire il suo ruolo di sovrana alla sua vita personale. Sposarsi, e sposarsi con Gaetano. Non sarebbe stato affatto facile per lui lasciare tutto e raggiungerla lì, ma aveva un fratello che avrebbe potuto prendere in mano la gestione della piccola azienda agricola della sua famiglia. Avrebbe potuto aiutarla a capire le esigenze dei suoi contadini e a trovare una soluzione per quella parte del suo popolo che era stata colpita dalle scorribande continue dei Pratesi. «So come fare. Ho tutto nelle mie mani» disse, ferma. Alzò lo sguardo verso il compagno di viaggio, che vide il suo viso illuminato: il suo aspetto cupo di pochi istanti prima divenne raggiante e la luce del mezzogiorno che entrava dalle finestre le donò un'aura sacrale.

«C'è qualcosa che posso fare per aiutarti?» le chiese Franco.

«Devo scrivere una lettera molto importante e voglio che la spedisca tu. Non posso affidarla al Consiglio: è qualcosa di personale e non sono neanche sicura che loro approverebbero la mia decisione» spiegò lei.

«Gaetano?» ipotizzò lui, serio.

«Sì» rispose Chiara, ferma nel suo proposito. «Ne abbiamo parlato alcune volte: se io fossi diventata regina, tra noi non sarebbe cambiato niente. Avremmo solamente atteso il momento giusto per uscire allo scoperto e ora... ora è il momento. Forse è arrivato prima di quanto entrambi credessero, ma non possiamo tirarci indietro.»

«Non so quanto possa rafforzarti» disse invece l'amico. «I Fogliani sono diffidenti con gli stranieri e lui lo è. A parte i pochissimi locandieri che sarebbero felici di avere qualcuno da ospitare, nel caso non si fermasse qui al castello, la maggior parte del...»

«Lui non è un nobile, fa parte anche lui del popolo» lo interruppe lei. «E mostrare al mio popolo che io non faccio alcuna distinzione tra nobiltà o no per me è importante. Se obietteranno che non è cresciuto qui, io spiegherò che a me non importa da dove viene, né quale ruolo ricopra nella società: è solo la persona che amo e che voglio al mio fianco nel governare.»

«Ascoltami, io non penso che tu abbia torto.» Franco si schermò con la mano dal sole che entrava prepotente da una delle finestre, come se volesse punirlo per aver contrariato la sovrana. «Ma non tutti potrebbero capire le tue motivazioni. Inoltre, si tratta del Pogudfo, che non ha una buonissima fama... Potrebbero pensare che lui ti abbia solo raggirata per sposarti e diventare re, per chissà quale motivo!»

Chiara sorrise. «Una volta che lui sarà qui, vedranno con i loro occhi com'è. Lo sai anche tu, Gaetano ha quel modo di fare che ispira subito fiducia, che ti dà la sensazione di poter contare sempre su di lui, e che... che non ti abbandonerà mai. E lui non mi abbandonerà, non ora che la situazione rischia di diventare difficile.»

Pronunciò le ultime parole con malinconia, come se si sentisse in colpa per non aver pensato a lui come accompagnatore ideale. Sarebbe stato più semplice presentarsi al suo regno, al Consiglio, al popolo con Gaetano lì al suo fianco, anche se durante il viaggio lui non avrebbe saputo difenderla in caso di un attacco imprevisto. Tuttavia, non c'erano stati attacchi, era arrivata nel Pecama e nelle Foglie Cadute senza incidenti di percorso... E le mancava la sua presenza. Le mancava averlo vicino, parlarci, guardare quei suoi occhi scuri, profondi, caldi di quel sentimento che lei conosceva bene...

«Di' a Tancredi che accetto la sua offerta, ma non dirgli che ho intenzione di sposarmi.»

Ci penserò io.

   
 
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