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Autore: FalbaLove    16/06/2021    2 recensioni
-Shiho, io ...- bisbigliò senza sapere cosa dire, ma lei si era già allontanata.
-Non devi dire niente Shinichi, è giusto così. Shinichi e Ran, così è iniziata e così deve finire- disse seria lasciandosi sfuggire un tremolio nella voce.
Ma non lo guardò, se l’avesse fatto sapeva che sarebbe crollata.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ramata
 
 
Paura
Era stato questo il sentimento che aveva attanagliato lo stomaco di Shiho durante l’intero volo. Si era sforzata di tenere la sua mente impegnata guardando un film o leggendo un libro, ma la verità era che quel sentimento così negativo e subdolo era aumentato ogni secondo, sempre di più, togliendole quasi il respiro.
Shiho era tremendamente spaventata, era dura da ammetterlo, soprattutto per una come lei, eppure era così: Ai Haibara, da quanto tempo non sentiva più quel nome, aveva paura di scendere da quel maledetto aereo, di mettere un singolo piede fuori dall’aeroporto e venir circondata, dopo tanti, troppi anni, dalla sua amata Tokyo. Cinque anni, questo era il tempo esatto che era passato dall’ultima volta che si era ritrovata in quella città che tanto le aveva tolto, ma ancora di più le aveva donato.
Shiho Myano aveva paura di sentirsi una sconosciuta nella città che ancora chiamava casa.
Shiho Myano aveva il terrore di ricordare.
Eppure Tokyo era sempre lì, alta e luminosa, come se quei cinque anni non fossero realmente passati, come se per tutto quel tempo l’avesse aspettata e ne fu realmente felice.
-Dove la porto?- un inglese orribilmente storpiato da un marcato accento giapponese le fece storcere le labbra in una smorfia.
-Quartiere di Beika, grazie- rispose fredda al taxista che rimase leggermente sorpreso di fronte al suo giapponese corretto. Mentre il mezzo si mise in moto, Shiho raccolse in una coda disordinata i capelli oramai sempre più ramati. Poi, senza badare troppo alle parole del taxista che sembravano definirla troppo americana per essere giapponese, tirò fuori dalla tasca del trench il suo telefono cellulare. Aspettò che si accendesse giocherellando nervosamente con le mani.
-Messaggio importante?- la voce sempre più alta del taxista la costrinse, a malincuore, a staccare gli occhi grigi e stanchi dal display.
-Come, prego?- sibilò lasciandosi sfuggire tutta la sua stizza per quelle parole che non voleva le fossero rivolte.
-Niente, mi scusi- si scusò l’uomo pentendosi immediatamente della sua frase di fronte allo sguardo freddo e tagliente di Shiho.
-Comunque, no, nessun messaggio importante- disse la ramata leggermente pentita di esser risultata così sgarbata con quell’uomo invadente. Era vero, non si aspettava alcun messaggio perché non aveva detto a nessuno che sarebbe tornata eppure non riusciva a non far trasparire dal suo volto la delusione. Perché quella era esattamente la seconda volta che faceva ritorno a casa.
“Shiho sbuffò osservando da dietro le porte dell’aeroporto la pioggia battere incessante sulle strade di Tokyo. Si portò dietro all’orecchio i capelli mossi e di un castano tenue stringendo con forza il manico della sua unica valigia: i suoi occhi grigi e decisi osservarono il posto dei taxi completamente vuoto mentre la gente correva a per di fiato alla ricerca di un qualsiasi riparo.
Sospirò seccata lasciando vagare la sua mano nella tasca nei jeans e tirando fuori un cellullare: se questo era il modo che Tokyo aveva adottato per vendicarsi con lei per l’intero anno in cui era mancata, beh... ci stava riuscendo molto bene. Mentre il display si illuminò Shiho si domandò se non avesse fatto male a tornare senza avvertire nessuno. Probabilmente, se l’avesse fatto, a quest’ora un dottor Agasa commosso ed emozionato la starebbe aspettando nel suo maggiolone giallo e sicuramente non l’avrebbe fatto da solo. Due occhi azzurri e svegli scosserò la sua mente come un fulmine a ciel sereno costringendola a serrare le labbra con decisione. No, vi era un motivo ben preciso per cui ora era quello che era, doveva ricordarselo. Improvvisamente però il cellulare si illuminò mostrando un singolo messaggio inviato da un numero sconosciuto, con data e ora di una decina di minuti prima. Shiho si morse debolmente il labbro facendo scorrere il suo sguardo sui pochi caratteri contenuti su quel SMS: vi erano solo dei numeri che a molti avrebbero fatto pensare a un messaggio inviato per sbaglio, ma non a lei, non lei che era la migliore amica del Detective più famoso di tutto il Giappone.”
Shiho incrociò le braccia al petto affossando ulteriormente la schiena sul sedile del taxi: ricordava perfettamente come aveva, con calma e senza fretta, percorso l’intero aeroporto dirigendosi verso uno dei tanti gate a cui precedentemente non aveva prestato attenzione. E poi l’aveva visto.
“-Ce ne hai messo di tempo- mormorò il giovane accostato alla colonna in prossimità dell’uscita. Shiho, di fronte a quelle parole, incrociò le braccia al petto fissandolo con stizza.
-Non so se te nei sei accorto, ma siamo dentro un aeroporto pieno zeppo di gente e poi solo uno come te poteva scegliere l’uscita più scomoda- sibilò velenosa.
-Vedo che neanche l’America è riuscita ad addolcirti-
-Presuntuoso- ribatté lei sciogliendo i capelli dalla coda e lasciando che le ricadessero dalle spalle.
-Kudo- disse seria.
-Come facevi a sapere che sarei tornata oggi?- domandò. Shinichi si lasciò sfuggire un sorriso estremamente divertito facendo un passo verso di lei.
-Ti conosco- mormorò mostrando la solita sicurezza che spavaldamente utilizzava quando risolveva i casi.
-Haibara- continuò liberando dalle sue labbra sottili un nome che riscaldò il cuore della Myano.
-Perché non hai più i capelli ramati?-”
-Sono trenta yen- la voce del taxista la risvegliò dai suoi pensieri costringendola a sobbalzare. Sbatté per alcuni secondi le palpebre prima di rendersi conto che il taxi si era fermato. Poi, senza proferire parola, porse i soldi al suo interlocutore e uscì dal mezzo. Solo in quel preciso momento, circondata dal quartiere che l’aveva vista bambina e ritornare una donna, si domandò quale sarebbe stato il suo prossimo passo. Osservò di sfuggita l’orologio che aveva sul posto costando quanto fosse terribilmente tardi. Era stanca, dopotutto sull’aereo non aveva chiuso occhio e il fuso orario con l’America le offuscava la mente, e terribilmente affamata. In più non aveva la più pallida idea di dove andare. Silenziosamente si incamminò trascinando la valigia dietro di sé: avrebbe potuto dirigersi a casa del dottore e cercare ospitalità lì, ma non le sembrava l’idea migliore. Il motivo di questa sua considerazione sapeva che era da ricercarsi nella casa vicina, la Villa Kudo, l’ultimo posto in cui in quel momento voleva tornare. Eppure, se non voleva rivedere nessuno, perché era tornata? Aveva trascorso gli ultimi cinque anni lontana da Tokyo, inventando scuse sempre più improbabili per non tornare. Perché allora era corsa in tutta retta all’aeroporto prendendo il primo biglietto per il Giappone?
-Stupida- sibilò a sé stessa mentre il sole si fece sempre più debole. Sapeva benissimo perché l’aveva fatto e trovava patetico mentire anche a sé stessa. Il più famoso Detective del Giappone, l’oramai ex Detective liceale, il ragazzino occhialuto che le aveva offerto una nuova vita e che aveva promesso di proteggerla si sarebbe sposato l’indomani con la figlia del famoso Goro Mouri. Cosa pensava di fare? Era stata lei a tagliare definitivamente i contatti con tutti e ora pretendeva di tornare nuovamente nelle loro vite come se nulla fosse? Se oramai era diventata una sconosciuta per sé stessa, figurarsi cosa avrebbero pensato gli altri di lei? Eppure, nonostante tutti quegli anni, l’invito era arrivato anche a lei.
“Mi manchi”
Due semplici parole scritte con una pessima, ma inconfondibile grafia in un angolo dell’invito che aveva letto con le lacrime agli occhi. Era stato questo il motivo per cui aveva preso delle ferie, per cui aveva lasciato a soqquadro il suo appartamento, per cui aveva speso una cifra enorme per un biglietto aereo all’ultimo minuto. E ora si ritrovava nel luogo in cui aveva giurato di non tornare mai più con una piccola valigia e dei capelli estremamente ramati.
“-La smetti di fissarmi?- sibilò fredda la scienziata appoggiando il gomito sulla portiera.
-Non ti sto fissando, sto guidando- rispose Shinichi nascondendo un sorriso beffardo e concentrando il suo sguardo sulla strada e sul volante. Shiho alzò gli occhi al cielo sbuffando sonoramente.
-Sei proprio rimasto un terribile bugiardo- mugugnò con fare annoiato e lasciando che i suoi occhi grigi ritornassero a guardare le goccioline scivolare veloci sul finestrino.
-Comunque- aggiunse l’oramai detective liceale spezzando il silenzio familiare che si era creato tra loro.
-Ti preferisco ramata”
Ben presto i pensieri di Shiho vennero bruscamente interrotti da una debole, ma inaspettata pioggerella che portò con sé anche il buio della sera. Sbuffando sonoramente la scienziata strinse con forza la maniglia del trolley alla ricerca del più vicino riparo. Sul da farsi del giorno dopo ci avrebbe pensato ragionevolmente più tardi, ora doveva preoccuparsi della pioggia e di trovare un posto per la notte.
Le strade Beika, illuminate da timidi lampioni, risultarono quasi un labirinto che ben prestò le causarono la perdita completa dell’orientamento. Ad ogni svincolo giurava a sé stessa di sapere dove stesse andando, anche se il problema principale era proprio che non sapeva dove andare, ma ben presto le strade e le case si fecero sempre più uguali.
-Silly- bisbigliò a sé stessa, in inglese, per la seconda volta nella giornata. Oramai le veniva estremamente naturale utilizzare quella lingua anziché il giapponese e per questo si sentiva tremendamente in colpa.
Si era persa, la pioggia stava aumentando sempre di più e ben presto si sarebbe ritrovata completamente bagnata e senza un posto dove passare la notte. Come sarebbe potuta andare peggio la situazione?
Senza neanche farlo apposta un terribile lampo squarciò il cielo pieno di nubi costringendola a sussultare mentre la strada si illuminò per un istante. Gli occhi di Shiho brillarono come diamanti riconoscendo, solo per un secondo, l’edificio recitato che si trovava dall’altra parte della strada. Con i capelli oramai completamente zuppi, così come i suoi vestiti, si avvicinò al cancello serrando le labbra con forza. La scritta “Scuola Elementare Teitan” le provocò un tuffo al cuore.
-Sei in ritardo- una voce improvvisa seguita da un ennesimo tuono la costrinse a sobbalzare.
-Who is it?- esclamò ricercando tra la pioggia battente la figura da cui era scaturita la frase. Dei passi lenti e sicuri spezzarono l’incessante ticchettio del temporale.
-Chi sei?- mormorò nuovamente, questo volta con il suo solito tono tagliente e freddo. Un ombrello di un rosso accesso si fermò a pochi istanti da lei.
-Allora non ti sei dimenticata il giapponese- continuò lo sconosciuto senza mostrare il suo volto, ma tanto sarebbe risultato completamente inutile.
-Cosa ci fai qui?- ringhiò la ramata riconoscendo perfettamente la voce che in quei cinque anni non aveva più sentito se non nei suoi sogni. Non voleva vederlo, non era andata dal dottor Agasa proprio per non incontrarlo e ora lui, beffardo, si trovava proprio lì davanti a lei sicuro di trovarla così come era stato.
-Rispondimi!- sibilò velenosa non contenendo la rabbia.
-Ti aspettavo- rispose con estrema tranquillità il suo interlocutore rimanendo ben riparato sotto al suo ombrello mentre oramai neanche un lembo degli indumenti di Shiho era più asciutto.
-Leave me alone, idiot- pronunciò sperando, anche solo minimamente, di ferirlo parlando con quella lingua che non apparteneva ad entrambi. Accecata dalla rabbia afferrò la valigia con decisione iniziando a percorrere per di fiato le vie nuovamente sconosciute del quartiere. Il fiato si fece sempre più affannoso mentre la pioggia sempre più fastidiosa eppure niente sembrò importarle. Aveva l’orgoglio estremamente ferito e il cuore pareva sanguinarle, ma neanche lei sapeva il perché: poi, senza neanche accorgersene, qualcosa di duro bloccò la sua corsa e un attimo dopo la sua guancia destra sbatté sul freddo e bagnato asfalto.
-Shiho!- il suo nome pronunciato da lui la costrinse ad aprire a fatica gli occhi appoggiando le mani a terra, ma due fari forti e abbaglianti illuminarono la sua figura dirigendosi sempre più in velocità verso di lei. Shiho chiuse gli occhi con forza spezzando il suo sospiro e aspettandosi un impatto che però non avvenne: si sentì strattonare e improvvisamente la pioggia smise di darle il tormento.
-Stai bene?- sussurrò preoccupato il ragazzo avvolgendola con forza tra le sue braccia come se fosse convinto che, lasciandola, la macchina avrebbe potuto investirla veramente.
-Sì, grazie Shinichi- mormorò poco convinta la ramata portandosi una mano sulla tempia dolente e percependo del sangue mischiarsi ai capelli completamente bagnati.
-Ora puoi lasciarmi- mormorò a denti stretti rimettendo a fuoco la vista e soprattutto il volto del ragazzo terribilmente vicino al suo. Il detective annuì poco convinto allentando la presa delle sue braccia intorno a lei.
-Sei sicura?- domandò con una leggera apprensione, ma Shiho lo precedette.
-Ho detto che sto bene- e il suo tono tagliente venne accompagnato da uno strattone deciso che la liberò definitivamente del calore del promettente Kudo. Il suo interlocutore ci rimase leggermente male di fronte a questo suo gesto, ma non lo diede a vedere.
- Vedo che neanche l’America è riuscita ad addolcirti- borbottò nascondendo la mano libera in tasca e non preoccupandosi delle gocce che lambivano la sua nuca. Shiho alzò impassibile un sopracciglio.
-Battuta vecchia Kudo, forse dovresti rinnovare il tuo repertorio- disse seria incrociando le braccia al seno e ignorando il sorriso compiaciuto e soddisfatto del giovane.
-E comunque non pensare che salvarmi la vita per la seconda volta possa bastare per farti perdonare il fatto che, nuovamente, hai spiato la mia vita e i miei movimenti-
-Terza volta- ci tenne l’ex occhialuto a precisare ricordando quel momento che aveva sancito la loro liberazione e che entrambi avevano cercato di dimenticare. (*)
-E poi io non spio la tua vita- precisò con un tono decisamente troppo bambinesco.
-Ah no?- interrogò la ramata passandosi una mano tra i capelli e spostando il manico dell’ombrello, tenuto dal suo interlocutore, di più verso di lui in modo tale che la pioggia lambisse nuovamente la sua schiena, non quella di lui.
-E allora perché mi aspettavi appartato come un maniaco vicino alla nostra vecchia scuola così come era successo all’aeroporto? Forza Kudo, spara, hai per caso chiesto all’FBI di mettere sotto controllo il mio telefono?- sibilò schioccando le labbra scarlatte che mettevano ancora più in risalto il suo ramato. Le sopracciglia di Shinichi, di fronte a queste sue parole, si mossero in un’espressione sorpresa, ma vennero tradite da un sorriso beffardo e vittorioso che irritò ulteriormente la scienziata.
-Non so di cosa tu stia parlando, non mi è servito spiare i tuoi movimenti. Io ti conosco Haibara, mi basta questo- un brivido percorse veloce la schiena di Shiho all’udire quel nome pronunciato nuovamente da lui.
-Non me la bevo. Mi sono persa, questa è l’unico motivo per cui mi sono ritrovata qui davanti alla scuola Teintan e in più non volevo neanche venire al tuo stupido matr...- ma le parole le vennero meno e gli occhi iniziarono a pizzicarle.
-Posso dirti che mi sei mancata o rischio qualcosa?- sibilò Shinichi grattandosi nervosamente la testa quasi imbarazzato.
-Sei un idiota- replicò lei ricomponendosi e distogliendo lo sguardo da lui. Ancora un secondo e sarebbe crollata.
-Mi era mancato sentirtelo dire-
“-Sei un idiota- Shinichi, oramai con l’orgoglio ridotto in piccoli cocci e con le ginocchia poggiate a terra, alzò la testa precedentemente inclinata.
-Non puoi dirmi di no!- esclamò. Shiho sorrise beffarda nascondendo però la sua espressione sorniona dietro alla tazza di tè fumante.
-Peccato che io l’abbia appena fatto- rispose secca e categorica allungando le gambe nude sul divano.
-Ti sto solo chiedendo un favore!-
-Vorrei ricordarti che non sono atterrata da Tokyo da neanche 24 ore e trovo veramente patetico che tu mi stia ammorbando per accompagnarti a comprare un regalo per la tua fidanzata- disse cercando di mantenere quanto più neutrale potesse la sua voce. Il detective liceale sbuffò sonoramente e si avvicinò a gattoni verso di lei.
-Dai Shiho, non mi sembra di chiederti tanto- mormorò sperando che il suo tono risultasse abbastanza pacifico da non accenderla. La scienziata appoggiò con stizza la tazza oramai vuota sul tavolino emettendo un sospiro pesante e rassegnato: poi, senza proferire alcuna parola, fece ricadere i capelli castani sulle spalle.
-Baguette-
-Ti sembra il momento di pensare al cibo?- obiettò il giovane, ma Shiho rimase imperturbabile.
-Baguette di Fendi- ripeté fermando tra la lingua e i denti un insulto rivolto al suo interlocutore.
-Cosa?-
-Baguette di Fendi è la borsa che mi dovrai comprare in cambio del mio aiuto- precisò la giovane stendendo le labbra in un apatico sorriso.
-Non puoi dire sul serio- mormorò il giovane a cui erano ben noti i gusti estremamente costosi della sua migliore amica.
-Prendere o lasciare, Kudo-disse lei venale sorridendo sfacciatamente.
-Allora?- sibilò avvicinando il volto a quello del suo migliore amico che non aveva osato proferire parola.
-A volte sei proprio una stronza- confessò il giovane non disdegnando la vicinanza dei loro volti. Shiho si lasciò andare a un secondo sorriso, un record per lei. Il sospiro di lui intanto iniziò a solleticarle il viso e il mondo intorno a loro parve ammutolirsi all’istante: le loro labbra si avvicinarono fino quasi a sfiorarsi, ma ciò non accadde. A Shiho era bastata una sola occhiata per leggere nelle iridi azzurre di lui l’indecisione e la paura e si era fatta da parte.
-Shiho, io ...- bisbigliò senza sapere cosa dire, ma lei si era già allontanata.
-Non devi dire niente Shinchi, è giusto così. Shinichi e Ran, così è iniziata e così deve finire- disse seria lasciandosi sfuggire un tremolio nella voce. Ma non lo guardò, se l’avesse fatto sapeva che sarebbe crollata.
-Comunque, domani ripartirò. E ora vestiti, ci aspetta una borsa per me e un regalo per la Mouri”
-Nonostante le mie capacità deduttive tu continui a rimanere il mio mistero più grande, Shiho Myano. Sono passati cinque anni, non ero certo che saresti venuta-
-Non ci credi neanche tu. Quella nota, sapevi che sarebbe stata lei a riportarmi a Tokyo- bisbigliò la scienziata studiandolo con i suoi attenti occhi grigi. Lui sfonderò il suo miglior sorriso.
-Volevo solo avere la certezza di rivederti, diciamo che mi sono giocato il mio asso nella manica. E comunque ero serio-
-Lo so- disse con tono piatto cercando di nascondere il fatto che non le importasse.
-Immagino che neanche questa volta tu mi dirai che ti sono mancato anch’io-
-Immagini bene- concluse la scienziata spezzando i loro sguardi ed uscendo da sotto l’ombrello. Nessuno dei due pareva essersi accorto prima che la pioggia era finalmente cessata.
-Vieni, andiamo a casa- mormorò il giovane rinchiudendo l’ombrello.
-Lo sai che questa non potrà più essere casa mia- sospirò lei ritornando fredda e tagliente e serrando le labbra con decisione.
-Non dopo quello che accadrà domani- continuò sperando che questa consapevolezza non facesse solo male a lei, ma anche a lui. Shinichi si grattò nervosamente il capo ricercando con lo sguardo il suo.
-Shiho, lo sai che non posso cambiare le cose-
  -Lo so- disse la ramata annuendo impercettibilmente e lasciando che il suo sguardo si alzasse verso il cielo magicamente sgombro di nuvole ora. Le stelle brillarono riflesse nei suoi occhi sereni.
-E ora andiamo, sono fradicia per colpa tua- disse.
-Colpa mia?- obiettò Shinichi divertito e facendo sparire la tensione dal suo viso.
-Certo, se mi avessi aspettato all’aeroporto tutto questo non sarebbe successo- sentenziò passandosi una mano tra i capelli e accelerando il passo. Una mano però, calda e sicura, ricercò con timidezza la sua.
-Comunque- disse estremamente allegro il giovane Kudo intrecciando le sue dita tra quelle congelate di lei.
-Sono contento che tu sia tornata ramata-
 
 
 
 
 
 
(*) fa riferimento alla ipotetica sconfitta dell’organizzazione dove nuovamente la nostra Shiho è stata salvata del detective liceale.
 
 
 
 
 
   
 
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