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Autore: Dromeosauro394    16/06/2021    0 recensioni
Tracsorso un anno da quando il cucciolo d'uomo Mowgli ha messo in fuga la tigre Shere Khan e poi ha seguito sognante una rgazzina nel villaggio degli uomini. La storia sembrava conclusa. Ma purtroppo il piccolo Mowgli fa fatica ad ambientarsi nel villaggio dove Messua e Kamya che lo hanno preso come figlio lo chiamano Nathoo. Solo Shanti, la bambina che lo aveva condotto gli è amica.
Anche gli amici di Mowgli rimasti nella giungla hanno dei problemi. Baloo non riesce a diemnticare il suo cucciolo. E sebbene Shere Khan non si veda da un anno, giungono rumori su una tigre rimasta zoppa per una bruciatura che si aggira per la giungla.
Un seguito al classico Disney che combina anche elementi dei libri di Kipling.
"Perché era dovuto finire in quel villaggio? Sarebbe potuto restare nella giungla ora che Shere Khan era scappato. Nessuno poteva capirlo. Neanche Shanti per quanto ci provasse poteva capire la vita che aveva nella giungla. Sospirò e alzò lo sguardo verso la finestra. Quanto avrebbe voluto poter stringere il pelo caldo di Baloo in quel momento. Chissà cosa stava facendo il suo papà orso in quel momento?"
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: AU, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mowgli capitolo 6

Quando Mowgli arrivò al villaggio degli uomini mise tutti i bufali nelle stalle in modo ordinato e preciso. I mandriani che lo accolsero erano sconvolti da quanto fosse capace il ragazzino nel suo primo giorno. Il bramino confermò che nessun bufalo era andato perso. Kamya gonfiò il petto di orgoglio e mise una mano sulla spalla di Mowgli: “Sono molto fiero di te Nathoo. Visto che non è così difficile ambientarsi nel villaggio se scopri quello in cui sei dotato. Grazie mille bramino Purun, per l’occasione data a mio figlio. Nathoo su, ringrazia anche tu”.

“Grazie bramino Purun”, disse Mowgli e lo intendeva davvero.

L’uomo grasso sorrise: “Non ringraziate me, ma gli dei che mi hanno ispirato questa idea. Bene, ora vi lascio, vado a riposare. Il mio cuore non è più abituato e oggi ho fatto una corsa tremenda”, si diresse verso il tempio appoggiandosi al bastone. Mowgli aggrottò le sopracciglia: “Cos’è successo perché il bramino si sia messo a correre?”, chiese sbalordito a Kamya.

“Haha. Si in effetti il bramino Purun è più un uomo di preghiera che azione. Non ci crederai mai, ma sono passate tre scimmie nel villaggio e hanno rubato tutti i manghi del tempio. Buldeo le ha inseguite a suon di fucile ma gli sono scappate via. Dopo tutte le vanterie sul gran cacciatore che è. Tu invece? Niente di strano durante il pascolo di oggi?”

“Assolutamente niente”, mentì Mowgli ancora sovraeccitato dall’incontro con Baloo. Non vedeva l’ora di raccontarlo a Shanti, l’unica che gli avrebbe creduto.

Kamya e Mowgli si avviarono verso la grande casa. Quando entrarono furono accolti da un profumo invitante e trovarono la tavola imbandita delle leccornie più disparate. Messua li accolse con un sorriso: “Un mandriano che ha faticato tutto il giorno ha bisogno di una cena robusta”. Mowgli e Kamya restarono a bocca aperta davanti a quello spettacolo. Il bambino corse ad abbracciare Messua. Poi si scostò e lasciò che Kamya baciasse la moglie. “Grazie tesoro”.

“Aspetta non è finita. Shanti vieni”. La porta della cucina si aprì lasciando entrare Shanti e la madre. “Ho pensato che stasera visto che è un occasione speciale da festeggiare, Shanti e Uma potevano unirsi a noi”, disse felice la donna strofinando il braccio al marito. Kamya era un po’ restio a cenare con le serve ma era così contento che volle accontentare la moglie.

Le due shura si avvicinarono. La bambina teneva felice un grosso vassoio di manghi. Mowgli spalancò gli occhi: “Manghi? Ma come?”

“Quel bruto di Buldeo ha quasi preso Shanti con una pallottola oggi”, disse Messua accarezzando i capelli della bimba, “È tornata fradicia dopo che la brocca era andata in frantumi. Vero Uma?”

“Sì, signora”, disse pacata la madre di Shanti. Mowgli si scurì subito in volto. Shanti lo rassicurò che stava bene. “Comunque, sono andata da quel cacciatore da quattro soldi e l’ho messo al suo posto. Lui si giustificava dicendo che Shanti sia una serva, perciò la pallottola sparata valeva più della testa che avrebbe colpito. Riesci immaginare Kamya? Ad ogni modo, è arrivato il bramino Purun e mi ha dato ragione. E visto che ormai tutti i manghi del tempio erano stati colti mi ha dato tutti quelli che si erano salvati dall’inseguimento con le scimmie. Sei contenta Shanti? So quanto ti piacciono”. La bambina ringraziò mite.

“Beh, basta parlare e mangiamo”, disse Kamya sfregiandosi le mani.

I cinque mangiarono e risero a sazietà. Mowgli raccontò senza troppi dettagli la sua prima giornata da mandriano. Mentre gli adulti discutevano tra loro sussurrò a Shanti che l’indomani le avrebbe detto veramente cos’era accaduto. “Cosa?”, chiese Shanti a metà tra lo spavento e l’eccitazione. “Aspetta domani”, rispose beffardo lui.

Nel corso della cena poi, quando cominciarono a mordere i manghi succosi, le bisbigliò serio che la vita di lei valeva molto più che un cesto di manghi, la vita di Shanti valeva più di tutti i manghi del mondo, se fosse stato presente quel pomeriggio quando Buldeo le aveva sparato gli avrebbe fatto assaggiare la vera forza di un lupo. “Non è giusto”, protestò, “Perché una persona bella e buona come te deve essere trattata come uno scarto mentre persone orrende come Buldeo vengono rispettate e possono fare i loro comodi? Questa storia delle caste è sbagliata, sbagliata!

“Shhh. Ti prego non ti agitare Na–”, disse Shanti.  Non voleva che attirasse l’attenzione del padrone e rovinasse quella bella occasione, poi sussurrò ancora più piano: “Mowgli”. Il bambino rimase sorpreso che Shanti trovasse il coraggio di dire quel nome, anche se a sottovoce, con i genitori a pochi metri più in là. Lei sorrise alla sua espressione sconvolta: “Tua madre ha detto che posso usarlo. Anzi, forse non dovrei dirtelo ma credo voglia cominciare a usarlo anche lei”.

“Davvero?”, chiese incredulo Mowgli.

“Sì”, rispose Shanti, “Ha detto che hanno sbagliato a cercare di chiamarti Nathoo viso che non è il tuo vero nome. Vuole cercare di convincere Kamya a cambiare idea pure lui”.

“Che cosa state bisbigliando voi due?”, chiese Kamya.

“Oh, lasciali”, lo riproverò giocosamente Messua, “Lascia che si divertano. Si sono stufati di parlare con noi vecchi. Sono in quell’età in cui cominciano a fare tesoro di qualche segreto che i genitori non sanno. Piccoli segreti preziosi e non tanto pericolosi da doverglieli far confessare. Anzi se non gli lasciamo tenere quelli andranno di sicuro a nasconderci le cose più importanti quando saranno grandi”, disse Messua guardandoli con occhi scintillanti.

Mowgli sorrise alla donna che lo chiamava figlio. Era la prima volta che gli sembrava di sentire una lezione vera e importante in quel villaggio. Vedeva Messua come una donna molto dolce colma di amore e premure per lui ma finora non l’aveva mai sentita fare discorsi del genere.

“Già” le diede ragione Kamya, “Mi ricordo quando avevo la sua età e trovai anch’io il mio piccolo segreto” strinse la mano della moglie.

Finita la cena Shanti e la madre tornarono verso casa loro e Messua e Kamya mandarono a letto Nathoo  visto che doveva tornare al pascolo il mattino dopo.

Il cucciolo d’uomo si mise sotto le coperte incapace di dormire dopo tutte le emozioni di quella giornata. Domani avrebbe potuto rivedere Baloo. Lo avrebbe visto tutti i giorni. Kamya finalmente gli sorrideva ed era contento di lui, non vedeva più quella tristezza profonda negli occhi di Messua. Forse da lì in poi le cose sarebbero andate nel verso giusto.

Mentre si rigirava nel letto con quei pensieri sentì delle voci dalla stanza accanto. “No, questo no”. Era Kamya e sembrava un po’ alterato. “Andiamo Kamya. È un nuovo inizio per la nostra famiglia e per nostro figlio. Hai visto che il ruolo di Nathoo pensato per lui non gli sta bene. Ma la sua parte ancora legata alla giungla, il suo lato più… Mowgli, quello è ciò che lo ha fatto fare faville con la mandria”.

“Messua per favore non rovinare la prima giornata felice dopo tanto tempo. Andiamo a letto e basta”.

“Ma Kamya”.

“Niente ma. Una cosa è lasciarlo fraternizzare con la servetta. Per ora è solo e ha bisogno di un’amica. Una cosa è lasciare che giri mezzo nudo per il villaggio. Dopotutto è ancora bambino. Che faccia pure il mandriano se è l’unica cosa che sa fare, non c’è niente di vergognoso in un lavoro onesto. Ma mai, mai lascerò che se ne vada in girò chiamandosi mio figlio e portando quel nome ridicolo”. Seguirono alcuni attimi di silenzio.

“Perché Kamya? Perché amore mio? È soltanto un nome. Se tu non ti chiamassi più Kamya, ma Rajej o Kim o che so io, non cambierebbe l’uomo che sei, né l’amore che provo per te. Cambierebbe il tuo affetto per me se io non mi chiamassi più Messua?”, disse con tono dolce.

“Non è questo, e lo sai”.

“No invece, non lo so. Andiamo, dimmi cosa ti cambia tanto che tuo figlio si chiami Mowgli o Nathoo? Che problema c’è?”

“Perché...” il marito grugnì irritato e spazientito a doverle spiegare una cosa del genere, “Perché quel bambino non è Nathoo. Non è nostro figlio è lo sai bene anche tu”. Mowgli ascoltò ancora più attentamente la voce alta di Kamya. “Nostro figlio è morto dieci anni fa nella giungla. Quello lì è un trovatello che si sarà smarrito anche lui fino a dimenticare gli usi umani, ma non è nostro figlio. L’unico motivo per cui lo abbiamo accolto è perché il bramino sa quanto siamo ricchi e quanto tu sia ancora attaccata al ricordo di Nathoo. Anch’io ho sofferto come te ma sono andato avanti. Tu ti sei talmente tormentata dietro il pensiero del nostro bimbo...” la voce gli si incrinò, “... che ci è stato ingiustamente portato via, che non appena hai visto quel ragazzino nella piazza, hai voluto vedere Nathoo. Ma non è così. Ora in questo modo il bramino ha avuto dell’argento in più nelle sue tasche e tu l’infante che hai sempre voluto coccolare”.

Calò un silenzio terribile. Mowgli sentì la pelle d’oca sulle braccia. Il silenzio fu rotto dai singhiozzi di Messua: “Kamya io lo so. Sniff, ne sono consapevole. Ma perché questo dovrebbe rendere le cose meno belle che se fosse stato nostro figlio? Ci è stata donata una gioia immensa come puoi non esserne felice anche tu?”

“Perché io non ho scelto di accoglierlo in casa mia, sei stata tu. Se non ti fossi gettata subito al collo di quel bambino gridando a tutti che era nostro figlio qualcun altro si sarebbe appioppato quella mezza scimmia. Io non lo volevo, ma per amore del tuo cuore che si stava spegnendo nel lutto di Nathoo, ho acconsentito. Ora sono diventato lo zimbello del villaggio, con un figlio adottato che è sempre sulla bocca di tutti. Ma potrei passarci sopra. Su quello e sul mare di rupie speso per rimediare ai suoi errori. Ma Messua, il nome… Almeno quello me lo devi lasciare. Almeno le apparenze vanno mantenute. Sarà un ragazzo dalla mente semplice, irresponsabile e ingenuo, ma deve portare il nome di mio figlio. Dopo Nathoo speravo che avremmo potuto avere qualche altra benedizione che colmasse la sua perdita, per poter ricominciare. Invece il nostro matrimonio è stato arido di frutti come il deserto e prosciugato di ogni gioia come il letto del Waingunga in secca. Sono un uomo ricco Messua e questo allontana l’amicizia della gente e fa proliferare l’invidia e il biasimo. Tutto il lavoro che ho fatto per costruire quello che abbiamo e soddisfare ogni tuo desiderio, sarebbe scomparso con me, non lasciando alcun ricordo. Al massimo sarei diventato il prossimo usuraio fantasma dentro una tigre delle storie del Buldeo di turno. Ma con un figlio tutto ciò può andare avanti. Un figlio porterebbe avanti il mio lavoro, un figlio non mi disprezzerebbe per il mio lavoro. Tutto questo pensavo, quando ho stretto Nathoo fra le braccia la prima volta. E quello che ho sperato di mantenere almeno di facciata con quel bambino della giungla. Questo sarà il figlio che porterà avanti il nome della mia famiglia e preserverà la mia memoria e il mio onore contro tutte le malelingue. Grazie a questo figlio, nessuno ti giudicherà per i tuoi soldi, nessuno oserà sparlare alle tue spalle, Kamya. Ma appunto mio figlio deve essere: Nathoo. Il figlio che abbiamo avuto dieci anni fa, non Mowgli. Con quel nome ammetterei che sto facendo l’elemosina a un essere più animale che uomo, che per quanto ne sai potrebbe essere l’orfano di un intoccabile. Perciò, no Messua. Non lo chiamerò mai Mowgli. Questa è la mia decisione definitiva. E non voglio sentirti pronunciare quel nome mai più”.

Mowgli affondò la faccia nei cuscini soffocando i singhiozzi.

Kamya lanciò un lungo sospiro poi disse a Messua che non voleva che stessero arrabbiati prima di andare dormire e le sussurrò qualche parola per calmare la situazione. La donna lasciò impassibile che l’atmosfera si placasse poi si addormentò insieme a lui. Mowgli invece rimase ancora con gli occhi aperti e lucidi per molto tempo prima che la stanchezza avesse la meglio su di lui. 

 

   
 
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