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Autore: Captain Riddle    17/06/2021    0 recensioni
Nel magico regno di Expatempem sono comparsi dei mostri dalla morte degli ultimi discendenti del temuto Re della Morte. Dopo la misteriosa morte del nuovo re, quando salirà al trono suo figlio, questo scatenerà una serie di eventi catastrofici a catena, che rischieranno di causare la distruzione del regno se qualcuno non dovesse intervenire. Scoprite la storia del regno magico attraverso gli occhi di sette protagonisti, dilettatevi con gli intrecci e tenete alta la guardia perché il pericolo è sempre dietro l'angolo.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pov:Aurilda

Era una giornata tiepida, il mese di vinpiterno stava dando il benvenuto all'autunno e le foglie marroni prive di linfa ricoprivano le vie strette che circondavano il castello di Stablimo. I contadini aravano, infaticabili, presso le possenti mura di dura pietra grigia fortificate, mentre parte dell'esercito stava a guardia davanti all'ingresso del castello. Tutti salutarono con inchini ossequiosi la primogenita del signor Tenebrerus, prestando particolare attenzione considerato l'imminente matrimonio della fanciulla con il futuro re che si sarebbe celebrato la primavera successiva, all'inizio del mese di vigesio. Aurilda era sempre stata una bella ragazza, gli zigomi erano alti, i capelli scuri e ribelli come le radici sporgenti e intricate di un vecchio ebano e gli occhi erano scuri e grandi, profondi come pozzi. La fanciulla aveva l'abitudine di passeggiare con le sorelle minori Nomiva e Selina, sperando di rendere la noiosa passeggiata a cui era costretta ben più divertente. Anche le sue sorelle erano sempre state tanto belle, ma seppur fossero legate da un così stretto legame di sangue, nessuno guardandole fugacemente avrebbe potuto mai pensare che fossero anche solo lontanamente imparentate; la secondogenita Nomiva aveva capelli castani lievemente ondulati, gli occhi erano di un morbido marrone, vispi e desiderosi di avventura, mentre le guance erano un po' più piene di quanto-almeno secondo la sua condizione di fanciulla nobile in età da matrimonio-avrebbero dovuto essere e per giunta avevano qualche leggera lentiggine, visibile solamente durante la stagione estiva. Mentre nelle figlie maggiori si potevano scorgere delle somiglianze nella forma del viso e nel profilo, lo stesso non poteva dirsi della minore Selina; la ragazzina infatti aveva i capelli completamente lisci e fluenti, del colore che richiamava l'oro fuso, gli occhi erano verdi come le foglie primizie di primavera e il viso era allungato, dalla pelle pallida e setosa.

Tutte i giorni le signorine Tenebrerus seguivano il medesimo programma in quel castello maledetto, si svegliavano con l'aurora, preparandosi celermente e mangiando poco a colazione, lo stretto necessario, per preservare la propria avvenenza e non appesantire la loro figura longilinea, certamente più apprezzata da eventuali pretendenti. Dopo la colazione c'era il ricamo, ovvero una lunga agonia che annoiava Aurilda sino alla morte e proseguiva quasi sino all'ora di pranzo. Aurilda aveva rimpianto tanto le lezioni di storia con il precettore Diodorus che aveva terminato pochi mesi addietro e realmente non si capacitava di come sua sorella Selina potesse preferire il ricamo alle lezioni di storia. Al termine del pranzo andavano a riposare e Aurilda si era sempre domandata per quale motivo dovessero farlo dal momento che trascorrevano il loro tempo trascinandosi da una sedia all'altra e proprio per questo quando lei e le sorelle avevano il permesso di restare nella stessa camera, lo trascorrevano parlando e giocando. Al risveglio erano relativamente libere di fare quello che più desideravano, ma era pomeriggio inoltrato e alle otto si cenava, perciò bisognava essere a casa per prepararsi un'ora prima. Durante l'inverno non esisteva alcuna parvenza di liberta, quando Aurilda e le sue sorelle si svegliavano dal riposino era già buio e a loro non era concesso stare fuori quando non c'era il sole. E così la giornata volgeva al termine con la cena, per poi coricarsi un'ultima volta a dormire. Le sorelle avevano un programma analogo al suo, solamente che loro trascorrevano le mattinate a lezione con il precettore, mentre Aurilda, durante lo 'spiraglio di libertà apparente', era costretta da qualche mese a prendere ulteriori lezioni di postura e comportamento. Tutto perfettamente normale a sentire i suoi genitori, doveva pur sempre diventare regina, non poteva più passare oziosi e infruttuosi pomeriggi all'aria aperta. Sarebbe divenuta la sposa del principe erede al trono. Qualsiasi ragazza l'avrebbe invidiata per quella fortuna, tante fanciulle che le era capitato di conoscere al castello le rivolgevano sguardi di invidia, ma lei era assolutamente contrariata.

Suo padre Gamelius era sempre stato un uomo molto dedito alla famiglia che si preoccupava affinché rimanessero sempre in una buona posizione sociale, ma durante la guerra guidata dal re invasore e il suo popolo suo padre aveva avuto all'incirca la sua età e si era dimostrato piuttosto impacciato e inesperto di guerra e nella gestione di un castello, così, seguendo i consigli degli uomini più fidati, non si schierò a favore di alcun sovrano. A causa di questo motivo gli era stato necessario un tempo notevole per ingraziarsi il nuovo re. Le armate dei Tenebrerus non erano particolarmente grandi o potenti, ma era del tutto normale, i Tenebrerus erano signori dell'agricoltura, a loro occorrevano i terreni, ma nonostante ciò i genitori non avevano avuto grossi problemi per trovare dei pretendenti per le figlie, essendo queste ultime bellissime e di ottima famiglia. Aurilda era stata chiesta in sposa dal re in persona per il suo primogenito e Selina era fidanzata con il figlio del signore della guerra della loro provincia. L'unica a non avere ancora ricevuto una proposta da una nobile famiglia era stata Nomiva, ma non perché non fosse bella, il motivo principale era la fama di signorina sgraziata, non del tutto falsa, che Nomiva si era procurata nel tempo. Aurilda invece sin dall'infanzia si era dimostrata una bambina curiosa, intelligente e rispettosa delle regole ed estremamente guardinga nei confronti degli estranei. Crescendo si era dimostrata sempre tranquilla e curiosa verso tutti i tipi di storie e avventure, in seguito aveva sviluppato un dissidio interiore: sentiva di possedere due personalità, una era allegra e impetuosa, curiosa, combattiva e selvaggia mentre l'altra, molto più elegante, era rigida, sarcastica e perfezionista. Ovviamente non ci voleva molto per capire quale fosse la parte che alla fine aveva prevalso: rigidità e sarcasmo erano la sua armatura naturale, ma gli scatti d'ira colorivano la sua personalità come strisce rosse sul freddo metallo, non molto appropriato per una signorina. Aurilda aveva esibito un comportamento austero e annoiato per tanto tempo. A tavola era sempre seduta in modo impeccabile e scrutava tutto attraverso i grandi occhi apparentemente dolci, elargendo disapprovazione per qualsivoglia evento le accadesse intorno; ma il suo lato acido e severo era venuto fuori con il tempo, in particolare dopo l'avvenimento che aveva cambiato la sua vita. Il suo perfezionismo innaturale però veniva lodato e Aurilda riuscì a impressionare lo stesso re mostrando il rigido contegno che la contraddistingueva in tali eventi, e fu proprio così che il re verificò di persona ciò di cui era già venuto a conoscenza da altri. Quella nobile ragazzina dodicenne aveva una maturità e una grazia sconosciute, che sicuramente avrebbero supportato il figlio Morfgan erede al trono. Guardando il portamento e le maniere della giovane sembrava proprio di trovarsi di fronte a una regina, era seduta rigidamente, impeccabilmente, ma allora Aurilda non era ancora avvelenata dal rancore e mostrava una serena espressione benevola, non sapendo di firmare così la sua condanna. Ma Aurilda non era affatto felice di diventare regina, o meglio, avrebbe amato l'idea se le fosse stato permesso di fare a modo suo. Comandare le piaceva da sempre anche se non aveva avuto tante occasioni per dimostrarlo, inoltre si riteneva più intelligente di tante persone di sua conoscenza ed era testarda e talmente decisa da non desistere facilmente e rimanere ferma nelle sue posizioni anche quando sbagliava. Quello che veramente la spaventava era il suo promesso sposo.

Aurilda e Morfgan si erano già conosciuti diversi anni prima dell'accordo di matrimonio e la ragazza non aveva mai considerato il famigerato principe Morfgan degno di alcuna ammirazione. Quando era stato stipulato l'accordo il re e la sua famiglia erano in visita dai Tenebrerus dopo un viaggio di ritorno dal paese natale del re Fritjof. Non appena Morfgan seppe del fidanzamento si avvicinò ad Aurilda, non curante della differenza di età di otto anni che li separava, lei allora aveva solo dodici anni mentre lui ne aveva venti, e le dimostrò chiaramente la sua essenza riempiendola di minacce, lasciandosi andare a scatti violenti e risate beffarde in compagnia del fratello Drovan. L'aveva minacciata poi quando erano rimasti soli, rivelando quello che le avrebbe fatto subito dopo il matrimonio. I primi giorni Aurilda era rimasta terrorizzata, aveva una gran paura e non capiva come i suoi genitori l'avessero potuta vendere a quell'uomo tanto crudele. Prima della partenza però, nell'ultimo incontro con il principe, Aurilda si era fatta coraggio, stufa delle parole del principe e aveva esposto fermamente le sue idee, suscitando un'ira funesta nel futuro marito. Era stato precisamente da allora che le cose erano cambiate. Aurilda da quel giorno aveva sempre provato una forte paura per il suo futuro e si sentiva tremendamente furiosa con i genitori, persone che avrebbero dovuto amarla e proteggerla l'avevano condannata. Aurilda si era domandata allora come poteva essere veramente il genere umano se i genitori erano i primi a mettere in pericolo i figli. Si era chiusa del tutto in sé stessa, convertendo tranquillità e timidezza in cinismo, sarcasmo e acidità, per proteggersi. Aveva addirittura smesso di parlare con le sue sorelle, pur sapendo che loro erano innocenti. Ma alla fine guardando il suo più caro amico Ser Zalikoco le era venuta un'idea geniale, in grado di salvarle la vita. Oramai era giunto il tempo di partire, Aurilda aveva superato i diciassette anni da diversi mesi, poteva sposarsi adesso e il mattino seguente sarebbe partita per la capitale, preparandosi a sposare il principe alla fine dell'inverno. Presto sarebbero arrivati momenti difficili e la ragazza si sentiva soffocare, nonostante tentasse di nascondere la paura costantemente. Erano tanti i sentimenti che provava ma la rabbia prevaleva costantemente; era stata mesi a pensare attentamente ai lati positivi e a quelli negativi di quel matrimonio, ponderando con attenzione i pro e i contro di quell'unione. Essere regina sarebbe stato magnifico se avesse potuto comandare lei, sarebbe anche stata disposta a sacrificare la sua libertà e il suo spirito d'azione, ma poiché a comandare sarebbe stato il suo sposo Aurilda era giunta alla ferma conclusione che il matrimonio sarebbe stato un totale fallimento per lei.

"Signorine, è il momento di riposare". Adelynda, la balia delle tre ragazze, si fece avanti per guidarle nella camera adibita al riposo delle signorine, era una donnina bassa e un po' in carne con i capelli marroni legati in una morbida acconciatura, le guance erano paffute e gli occhi piccoli e insignificanti. 'Come se non conoscessimo la strada' pensò irritata Aurilda, con il volto contrariato e sprezzante. Attraversarono l'ingresso in ordine di grandezza e poi svoltarono sulla prima rampa di scale. Passarono davanti alla prima finestra, dove le tende erano tirate di lato. Aurilda avanzò, accompagnata dall'algida postura di gesso, voltandosi con fare annoiato per guardare il cortile dalla finestra. Sulle labbra sottili le comparve un sorriso divertito e pungente, si voltò vagamente, con disinvoltura, e fece un cenno alla sorella dietro di lei. Nomiva intercettò il messaggio e guardò dalla finestra. Aurilda la vide rallentare e sorridere, facendo sbattere Selina; Nomiva sorrideva a un ragazzino che lavorava nel piazzale del castello. Nomiva infatti durante i tranquilli giochi d'infanzia nei campi aveva fatto amicizia e poi si era innamorata del figlio di un contadino, un ragazzino buono e ingenuo che la ricambiava, cosa che senza dubbio avrebbe fatto infuriare i genitori se lo avessero scoperto. Nel momento in cui Aurilda lo aveva capito aveva deciso di coprire i due giovani, in questo modo i due innamorati potevano passeggiare insieme qualche volta a settimana. Certo era rischioso, ma Aurilda non avrebbe ripetuto lo stesso errore commesso dai suoi genitori con lei, non avrebbe anteposto il loro status alla felicità della sorella.

Le ragazzine entrarono nella stanza dedicata al loro riposo, era una stanza rettangolare con tre letti a baldacchino, c'erano due armadi di legno e un vecchio tappeto decorato, era la stanza in cui dormivano da bambine e i genitori non avevano pensato di rinnovare gli arredi, fatta eccezione per le coperte. La balia le guardò sfilare davanti a sé e poi chiuse la porta uscendo, senza aspettare oltre. Le tre si coricarono nei letti e chiusero gli occhi, fingendo di dormire, e quando poco dopo la donna tornò per controllarle parve soddisfatta. Aurilda sentendo la porta chiudersi definitivamente si alzò a sedere e poi si avvicinò alla finestra per scostare le tende. C'era un vecchio uomo, un cavaliere avvolto da un'armatura pesante. Si trovava all'ombra, privo dell'elmo che scintillava poco lontano su una botte di legno, lasciando intravedere i pochi capelli ai lati della testa magra e rugosa che ricadevano appena sulle orecchie come fili di lana. Le mani callose erano prive dei guanti che solitamente le celavano ed erano attente a lucidare una grossa spada. Lucidava la lama con mani carezzevoli, quella era la sua compagna di avventure e chissà quante storie avrebbe potuto narrare.

Ser Zalikoco era un uomo meraviglioso, era stato un grande cavaliere ed era anche stato maestro d'armi di suo padre e grande amico del nonno, tuttavia, a causa dell'età, non partiva più spesso per compiere imprese valorose, pur restando più agile di tanti giovani cavalieri. Ser Zalikoco era in assoluto la persona che Aurilda preferiva nel castello escluse le sue sorelle, fin dall'infanzia il cavaliere era sempre stato gentile con lei, tanto da poterlo definire il suo più caro amico. Durante l'infanzia il cavaliere le narrava tante emozionanti vicende belliche e Aurilda lo guardava mente si allenava, immaginando quanto dovesse essere liberatorio scaricare tutta la rabbia in quel modo. Dopo il fidanzamento con Morfgan però Aurilda aveva interrotto i rapporti con tutti, compreso il Ser, tuttavia l'uomo vedendola un giorno alla finestra l'aveva invitata ugualmente a scendere, ricevendo un brusco rifiuto. Aurilda lo invidiava per la sua libertà. La notte successiva la fanciulla aveva fatto un sogno, era a capo di un esercito, libera, potente, minacciosa. Il mattino seguente si era presentata dal cavaliere con un'idea ben precisa in mente: doveva imparare a combattere per difendersi da Morfgan. E alla fine Aurilda aveva convinto l'uomo e, dopo un po' di titubanza iniziale, Ser Zalikoco aveva iniziato a darle le prime lezioni con la spada in gran segreto. Di certo era stato difficile trovare lo spazio per allenarsi, tenendolo oltretutto nascosto, e ancor più complessi erano gli allenamenti pratici! Quando Aurilda si feriva durante un'esercitazione era sempre difficile inventare scuse credibili, ma la forza di volontà era stata tanto ferrea da permetterle di andare avanti. Aurilda non aveva idea di come avrebbe un giorno fronteggiato i suoi nemici reali e questo la spronava ad allenarsi sempre con molta tenacia. Con il trascorrere del tempo si era appassionata sempre più all'arte del combattimento e non appena poteva chiedeva all'uomo di raccontarle ancora delle guerre a cui aveva partecipato, come faceva da bambina, ascoltandolo sognante e immaginandosi al suo fianco all'azione.

Aurilda vide l'uomo alzare lo sguardo, gli occhi dello stesso morbido azzurro delle acque nelle mattine estive la scrutarono, accompagnati da un sorriso benevolo e fiero che stirò le labbra raggrinzite. Aurilda rispose al sorriso e con un cenno della mano salutò il suo cavaliere prima di voltarsi e tornare a letto per tentare di trovare quella serenità così sconosciuta, soprattutto in quel periodo. Si girò e si rigirò più volte, con i pugni serrati, i muscoli tesi e gli occhi strizzati tanto da poterne distinguere le pieghe della pelle sulle palpebre. Si sentiva sempre terribilmente arrabbiata; perché doveva sposarsi? Perché non poteva fare come desiderava ed essere libera? Non voleva più sottostare a regole né imposizioni, desiderava il potere e le avventure come Ser Zalikoco, non desiderava affatto essere la consorte consenziente del re! Con gli occhi chiusi si immaginò cavaliere, anzi meglio ancora, capitano di un esercito! Potere, libertà e azione furono il suo infuso rasserenante. La ragazza così si addormentò, cullata da questi dolci pensieri di libertà, dopo un tempo indeterminato, sperando di sognare la vita che desiderava. Ma neppure il sonno le fu amico, anzi, un orribile sogno la fece svegliare di soprassalto. Aurilda uscì dalle coperte tutta sudata, aveva il cuore che le batteva all'impazzata, come un leone affamato in una gabbia vuota. Corse giù infilandosi le scarpe e ignorando le domande delle sorelle che affermavano di averla sentita gridare nel sonno. Uscì dalla stanza di corsa, sbattendo la porta e poi si precipitò nel salone principale del castello, zigzagando tra inchini e domande dei domestici, cercando la madre oppure il padre. Amillia, sua madre, era al centro del salone a dare disposizioni per la partenza della figlia e del marito per il giorno seguente alla servitù, era una bella donna dai capelli scuri raccolti in una sobria acconciatura, aveva begli occhi dello stesso verde di quelli di Selina e labbra sottili di un rosa pallido, mentre gli zigomi erano alti come quelli della figlia maggiore. "Madre" sussurrò Aurilda, con il fiatone. Amillia si voltò, sorpresa nel vedere la figlia sveglia a quell'ora "Aurilda" sussurrò, evidentemente perplessa "Cosa ci fai in giro per il castello a quest'ora?" La figlia le si avvicinò quasi correndo, facendo voltare la maggior parte della servitù, poi le si aggrappò al braccio destro come se questo fosse la sua ancora di salvezza e lo tirò per condurre la madre in uno dei corridoi adiacenti al salone. "Aurilda, io pretendo delle spiegazioni per il tuo comportamento!" Le disse la madre, seria e confusa "Madre! Dovete assolutamente aiutarmi!" sussurrò Aurilda, in tono disperato "Cosa succede?" Domandò ancora la donna, questa volta nei suoi occhi si leggeva preoccupazione. "Non consentite che sposi Morfgan!" La madre la guardò esasperata, l'agitazione scemò veloce com'era venuta per lasciare il posto alla serietà e al rimprovero "Smettila con questa ridicola storia! È tutta la vita che tuo padre tenta di combinare questo matrimonio e tu non rovinerai tutto perché vuoi fare la ribelle! Questa è la sola occasione che abbiamo per riportare la nostra famiglia alla sua antica gloria."

La donna si voltò per andarsene ma la figlia la bloccò nuovamente "Vi prego di ascoltarmi!" supplicò Aurilda, così la madre dopo aver alzato gli occhi al cielo decise di restare ad ascoltarla. "Ho fatto un nefasto sogno" iniziò a narrare Aurilda "Se io sposerò Morfgan lui impazzirà del tutto, il popolo abbandonato e affamato razzierà il castello, i demoni ai confini del regno raggiungeranno la capitale subito per distruggere ogni cosa, io verrò uccisa ancora incinta e voi tutti morirete uccisi dai demoni."

La madre la guardò turbata ma evidentemente scettica "Era solo un sogno..." banalizzò la donna "I contorni erano azzurri e bianchi, come se si trattasse di un sogno profetico!" Puntualizzò Aurilda "Signora Tenebrerus, dove siete!?" Gridò una voce indistinta dal centro del salone. La donna si voltò "Hanno bisogno di me" disse solenne alla figlia "Tu smettila di vagheggiare su questo matrimonio, vedrai che il principe ti tratterà con il giusto riguardo e rispetto." Aurilda sentì la rabbia montare "Ma non mi sono inventata nulla!" tentò nuovamente, disperata e arrabbiata allo stesso tempo "Nessun ma!" La sgridò la madre severa "E non provare a parlarne con tuo padre! Domani partirete per la capitale e alla fine dell'inverno tu ti sposerai." Aurilda la guardò colma di rancore, con gli occhi brucianti di lacrime, così Amillia tentennò prima di andare e le si avvicinò, carezzandola sul volto teso, non voleva passare così gli ultimi momenti con la figlia "Lo so che hai paura" le disse dolcemente, con il volto inclinato di lato "Anche io ne ho" ammise, prendendole il volto tra le mani "So che hai paura di sposarti, ne avevo anche io al tempo, ma capisco che per te sarà tutto più difficile ed emozionante; non solo dovrai lasciare la tua casa, diventerai la regina di questo regno!" La donna aveva le lacrime agli occhi, commossa al solo pensiero "Sarà una grande avventura per te, ma sarai la nostra regina, non ti rende lieta questo pensiero? Già ti immagino con la corona in testa sulla grande ara, mano nella mano con il principe!" La donna strinse a sé la figlia, tentando a stento di non piangere. "Madre, non mi sto inventando nulla" sussurrò un'ultima volta Aurilda, ma Amillia si separò da lei e si asciugò velocemente le lacrime dal volto, facendole segno di tacere "Ora vai a riposare tesoro, ne hai bisogno per il lungo viaggio che dovrai intraprendere domani con tuo padre".

Detto ciò la donna tornò nel salone, lasciando la figlia sola e senza speranze. Aurilda inspirò a fondo e strinse tanto i pugni da sentire le unghie che si conficcavano nella carne, lanciò un ultimo sguardo furente nella sala e poi si decise a tornare in camera. Non poteva veramente credere che nonostante quell'evidente segnale i suoi genitori non volessero aiutarla, tutto ciò per rendere grande il nome dei Tenebrerus, nome che sarebbe ugualmente scomparso alla morte di Aurilda e le sue sorelle. Ma a pensarci razionalmente lei sapeva veramente poco sulle profezie. Il sogno le era parso una profezia ma per accertarsene avrebbe dovuto domandarlo direttamente a un profeta. Solo al Tempio dei Profeti le avrebbero dato la risposta, ma distava un mese di viaggio dal castello. Aurilda serrò la mascella e decise di tornare nella stanza da riposo senza neanche tentare di parlare con il padre, se la madre l'aveva ignorata poteva solo immaginare cosa avrebbe fatto suo padre! Tornò su spalancando la porta della camera socchiusa e vi trovò le sorelle sveglie ad attenderla, sedute sui loro letti "Dov'eri?" Le domandò subito Selina, preoccupata "Parlavo con nostra madre, o almeno tentavo di farlo" rispose abbattuta Aurilda, sedendosi sul letto a sua volta. "Sei preoccupata per il matrimonio?" Le domandò Nomiva, avvicinandosi con l'altra "Ti abbiamo sentita gridare mentre dormivi". "Ho fatto un sogno che sembrava una profezia" annunciò Aurilda a occhi bassi, fissandosi le mani. Le due spalancarono subito gli occhi e si avvicinarono ancor di più per ascoltare meglio il racconto della sorella.

"Se è così non puoi sposarti!" Concluse Selina, spaventata, dopo aver ascoltato il sogno di Aurilda "Raccontalo tu a nostro padre" rispose sarcastica la sorella maggiore, con il volto torvo. "Cosa intendi fare Aurilda?" Le domandò non meno preoccupata Nomiva "Solo al Tempio dei Profeti troveresti le risposte che cerchi". Aurilda guardò le sorelle con aria grave, erano ancora due bambine, Nomiva aveva quindici anni e Selina solo tredici, ma in quel momento le parvero molto più giudiziose dei genitori e infinitamente più lucide ed empatiche "Dovrei andare lì e non presentarmi nella capitale per il mio matrimonio. Tempuston è lontana all'incirca tre settimane da qui, mentre il Tempio dista un mese. Dovrei partire questa notte per il Tempio...".

Le sorelle ebbero reazioni diverse, Nomiva la guardava con orgoglio, amava le avventure lei, le sorrise e ne seguì un impercettibile cenno di assenso con la testa, mentre Selina sgranò gli occhi e la fissò spaventata "Fuggire!?" Sussurrò, agitata "È la cosa migliore, Gattina" la consolò Nomiva, stringendola facendo passare il braccio destro intorno alla vita esile della piccola. "Non avevo dubbi sul fatto che tu mi avresti appoggiata mia cara Volpe" sorrise debolmente Aurilda, scambiando uno sguardo di intesa con la sorella, era una magra, magrissima consolazione. "È la cosa giusta, è ovvio che ti appoggio" rispose Nomiva. Selina si alzò e le guardò come se fossero impazzite "Non capite quali saranno le conseguenze!?" Le sgridò, con i muscoli del viso contratti dall'agitazione, tentando di far rinsavire le sorelle più grandi "Il re e il principe saranno furiosi con nostro padre, i nostri genitori si arrabbieranno con noi e tu Aurilda saresti in pericolo e da sola!"

La minore tornò a sedere, bianca in volto e con i muscoli ancora tesi sul viso allungato, la vena sulla tempia pulsava pericolosamente "Selina, se la profezia fosse vera moriremmo tutti comunque!" La guardò severamente Nomiva, tentando comunque di mantenere un tono di voce morbido "Non sarei in pericolo, so usare la spada!" Si difese Aurilda, tentando di mascherare l'incertezza. Fra le sorelle calò il silenzio, in lontananza il vento ululava nel bosco adiacente al castello, finché Nomiva non si decise a parlare "La decisione spetta a te sorella, è il tuo matrimonio, non il nostro. Sappi però che se deciderai di farlo, io tenterò di coprire la tua assenza il più a lungo possibile". Aurilda sorrise alla sorella "Grazie Nomiva, so per certo che la Volpe della Palude Nera mi aiuterà il più possibile, ma ho come l'impressione che tentare di nascondere la sparizione della promessa sposa del principe sia una cosa leggermente complicata". Le due sorelle sorrisero in silenzio e Nomiva arrosi' leggermente per la sciocchezza che aveva detto, poi si strinsero forte il polso, in segno di accordo, mentre la minore le guardava pallida e insicura "Che vuoi fare Aurilda?" Le domandò spaventata Selina "E tu invece che farai, Selina?" La incalzò a sua volta Aurilda, rivolgendole uno sguardo penetrante ed enigmatico. La minore spalancò gli occhi sorpresa e si avvicinò abbassando la voce, incerta "Mi sembra un'idea molto pericolosa ma...". Si fermò per pochi attimi guardandosi le mani, erano pallide e tremanti "Ma non nego che se si tratta di una vera profezia, forse sarebbe meglio che tu non ti sposassi". "Grazie davvero, sorella" sospirò Aurilda, carezzando la guancia bianca della sorellina "So che hai paura, anche io ne ho, ma dobbiamo capire. Mi dispiace per te Nomiva, resterai sola dopo che Selina sarà partita". La sorella minore parve perplessa "Selina!" sbottò Aurilda "Ti sei dimenticata della lettera inviata appena due settimane addietro dai Malkoly che sollecitavano con decisione i nostri genitori a mandarti da loro come protetta per imparare la regole del castello?!" Selina ricordandosene emise un gemito silenzioso "Ma vedrai che sarà la cosa migliore" la incoraggiò Aurilda "Hanno un grosso esercito e ti sapranno proteggere al meglio se, insomma, se le cose dovessero volgere al peggio". Aurilda e Nomiva si scambiarono uno sguardo di intesa "Io starò bene, non dovete preoccuparvi" assicurò Nomiva con un cenno deciso e incoraggiante. Aurilda rispose al cenno della sorella e poi si alzò "Vado a preparare una sacca dove mettere il necessario per la partenza" e dopo quelle parole sparì per andare in camera sua. Selina fissò la sorella uscire e poi si buttò sul letto con gli occhi sbarrati "Non avere paura" le sussurrò Nomiva, avvicinandosi "Secondo te potrebbe essere che se lo sia inventato?" Domandò Selina vagamente arrabbiata, con lo sguardo indagatore e impaurito. Nomiva la fissò a bocca aperta ma non sembrava così sorpresa, evidentemente quel pensiero era affiorato anche nella sua di mente "Vuole scappare forse..." continuò Selina, guardando l'altra negli occhi "Io non lo so" ammise Nomiva, continuando a sussurrare "Ma dobbiamo fidarci di lei. Tu vuoi andare dai Malkoly?" Selina sbuffò " Non è il primo posto in cui desidererei passare il mio tempo" Nomiva sorrise sorniona, mettendosi a sedere al fianco della sorella "Nonostante lì ci sia il tuo innamorato!?" Scherzò la ragazzina, dando alla sorella una spallata d'intesa. Selina allora sorrise e arrossì un po' "Magari non sarà così male, sperando nella cortesia della signora ovviamente!" Nomiva rise e si alzò "Ce la farò però, non temere" la rassicurò la piccola, acquisendo sempre più coraggio.

A cena c'era un silenzio assoluto alla tavola dei Tenebrerus, i candelabri brillavano come le stelle nelle notti senza nuvole d'estate, le posate d'argento tintinnavano armoniosamente e ogni tanto i calici di cristallo si riempivano di acqua e vino, ogni membro della famiglia era talmente teso e pensieroso per qualcosa che sembrava aver dimenticato la presenza degli altri. "Domani partiamo" annunciò improvvisamente Gamelius, concentrato a tagliare la sua carne, come se si trattasse di una nuova notizia incredibile. "Sì" lo liquidò Aurilda, sfuggendo allo sguardo preoccupato della madre. "Padre?" Nomiva fece voltare tutti "Sì figliola?" Domandò stupito l'uomo, che pareva avesse dimenticato sino a quel momento di avere altre due figlie tanto era preso a organizzare la partenza della maggiore "Mi chiedevo se..." fece una breve pausa e scambiò uno sguardo di intesa con la sorellina che sorrise "Selina vorrebbe imparare a ricamare meglio". Gamelius si sistemò meglio sulla sedia tentando di non spazientirsi, non aveva certo tempo per quelle sciocchezze ora "Cosa vorresti Selina, sentiamo?" La ragazzina sorrise e usò il suo tono più persuasivo "Vorrei come insegnate di ricamo la signorina Mabrae...". L'uomo fece un sospiro, già spazientito "È la ricamatrice di corte dei Malkoly!" "Perché allora non mandate Selina da loro al più presto, come avevano richiesto i signori?" Propose Nomiva, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. La madre spalancò gli occhi "È troppo piccola!" Disse categorica "Ma madre!" La pregò Selina "Vi prego di farmi intraprendere il viaggio verso il loro castello al più presto! Potrei iniziare ad ambientarmi, tra qualche anno vivrò lì e non vorrei mai fare torto a quella che presto sarà la nuova parte della mia famiglia...".

Amillia guardò il marito con gli occhi sbarrati "Pensandoci bene non è una cattiva idea farti partire subito..." "Ma Gamelius!" Esclamò la donna "Vuoi portarmi via un'altra figlia!?" Disse sull'orlo delle lacrime e gli occhi verdi splendettero come smeraldi che affondano nel mare in tempesta. "Non fare tante tragedie, Amillia, è una buona idea mandarla lì per qualche mese. In questo modo inoltre potremmo concentrarci sull'educazione di Nomiva e trovarle finalmente un pretendente. Poi riporteremmo qui Selina quando ci sarà il matrimonio di Aurilda". Gamelius guardò la moglie, tratteneva le lacrime a stento e lo fissava implorante "Avanti!" Insistette l'uomo "Se proprio lo volete sapere bambine, già qualche mese fa i Malkoly ci avevano chiesto di mandare Selina da loro, sempre come protetta, ma vostra madre aveva detto un no categorico e io gli avevo risposto che ci avremmo pensato. Sarebbe scortese rifiutare nuovamente da parte nostra e sono sicuro che ti accoglieranno subito con gioia Selina, considerata l'insistenza della loro richiesta." Amillia guardò il marito con rancore, spostò gli occhi scintillanti di dolore sulle figlie che tuttavia le sorridevano impietose "Fate come volete!" Disse alla fine, riprendendo a mangiare mogia e imponendosi di non staccare lo sguardo dal piatto. Ad Aurilda contrariamente venne da ridere, ma era una risata rancorosa e sarcastica "Non capisco la vostra reazione, madre" disse pungente, in tono serafico "Non è la prima volta che in questa famiglia vengono prese delle decisioni importanti senza il consenso dei diretti interessati, perché ora fate tante tragedie?" La donna cambiò idea e tornò ad alzare il capo, la maggiore la sfidava apertamente con lo sguardo. "Cosa intendi dire, Aurilda?" Domandò severo Gamelius, vagamente irato "Le sue solite sciocchezze, Gamelius, non darle peso, non lasciamoci rovinare quest'ultima serata in famiglia" la liquidò la madre "Sei pronta Aurilda a partire, non è vero?" Aggiunse, con un'espressione gelida. La figlia maggiore le rivolse un sorriso ipocrita e annuì, irrigidendosi "Certo che è pronta!" Rispose al suo posto, solenne, il padre "Diventerà la nostra regina!" L'uomo prese un calice di vino e lo sollevò con orgoglio "Alla futura regina, mia figlia!" Le altre lo imitarono e bevvero.

"Dormi bene figliola" la salutò Gamelius "Sarà un viaggio lungo e dovremo svegliarci all'alba, quindi cerca di riposare il più possibile questa notte" e lasciò la figlia sulla soglia della stanza. Giunse poi il turno di Amillia che si avvicinò "Dormi bene figliola" disse preoccupata e guardinga, stringendola a sé, poi si voltò e guardò le altre due figlie "Siate celeri, vostra sorella ha bisogno di riposare. La saluterete domattina" e detto ciò se ne andò via anche lei. Aurilda osservò la madre inghiottita dall'oscurità dei corridoi del castello e poi entrò nella sua stanza, seguita dalle sorelle. C'era una sottile fiammella accesa, le ragazzine si misero a terra, sedute in cerchio "Bene" bisbigliò Aurilda "E' arrivato il momento di salutarci". Selina strinse le mani di Aurilda e di Nomiva e le altre due fecero lo stesso, formando un cerchio "Ci rivedremo molto presto, è una promessa". Nomiva e Selina si scambiarono uno sguardo teso "Non dovete temere" continuò Aurilda, la sua voce era un alito di vento, un sibilo "Ascoltatemi attentamente" continuò, facendole avvicinare di più "Non ho intenzione di dirvi che sarà facile, mentirei... non so cosa troverò durante il mio viaggio ma farò di tutto per arrivare in quel tempio e scoprire la verità. Voi dovete promettermi di fare attenzione e di prendervi cura di voi stesse. La vostra felicità, la vostra sicurezza è importante per me, quindi voglio una promessa. Sarete caute e non vi arrenderete, e così farò io". Nomiva annuì "Prometto che cercherò di essere ligia con nostra madre". Selina la imitò subito dopo "E io prometto di essere all'altezza del mio ruolo al castello dei Malkoly". Le ragazzine si sorrisero nella penombra della notte "Promettiamo alla nostra maniera" sussurrò Selina. Le sorelle si alzarono, restando in cerchio, poi parlarono a turno, incrociando le braccia e dandosi la mano l'un l'altra "Prometto di arrivare al Tempio dei Profeti sana e salva" esordì Aurilda "Non cederò mai alle avversità e grazie all'aiuto dei profeti comprenderò il reale significato del mio sogno" e chiudendo gli occhi strinse con forza le mani delle sorelle. "Io prometto di essere cauta" proseguì Nomiva "E di impegnarmi per mantenere segreta la mia storia con Filipphus" e strinse anche lei le mani delle sorelle. "Io cercherò di essere indulgente" terminò Selina "E di adattarmi alle regole della signora Malkoly" e così dicendo abbassò lo sguardo e sospirò. Le tre intrecciarono le dita in segno di accordo, concludendo con le loro frasi di rito "Sarò veloce e silenziosa, come la Lince" pronunciò con enfasi, ma sempre a voce bassa Aurilda "Sarò astuta e agile, come una Volpe" mormorò Nomiva "E io sarò flessibile e attenta come un Gatto" sottolineò Selina. Poi si lasciarono le mani e Aurilda sorrise "Adesso sarà meglio andare a letto prima che nostra madre torni per sgridarci". Nomiva annuì e si avvicinò alla porta, seguita da Selina; aveva la testa bassa e sembrava piuttosto triste. Aurilda le raggiunse alla porta e le tre si strinsero un'ultima volta in un affettuoso abbraccio "Ci rivedremo presto" sussurrò, guardando prima una e poi l'altra negli occhi "Buonanotte" salutò Aurilda "Notte, Aurilda" si congedò Nomiva, sorridendo in modo incoraggiante "Buonanotte sorella mia" disse mogia Selina, sparendo dietro Nomiva nelle tenebre. Aurilda le guardò andare via, sentendo una morsa allo stomaco. Le sarebbero mancate tanto ma doveva conoscere la verità sul suo sogno e separarsi da loro era l'unico modo possibile. Scacciò quei pensieri e richiuse la porta con risolutezza, avvicinandosi al letto per controllare che la sua sacca ci fosse ancora, di fianco alla sua spada riposta nel fodero, la spada che le aveva regalato Ser Zalikoco di nascosto al suo diciassettesimo compleanno, poi si infilò sotto le coperte nell'attesa che tutti si mettessero a dormire per poter poi fuggire. Aspettò un'ora o forse due, poi tutte le luci si spensero. Il silenzio regnava nel castello mentre fuori i gufi disturbavano la quiete della notte e i pipistrelli volteggiavano nel cielo scuro, esibendosi in acrobazie che nessuno avrebbe ammirato. La fanciulla scese con cautela dal letto a baldacchino, si raccolse i capelli scuri, si legò la sacca sulle spalle, si infilò un paio di stivali trovati vicino alle stalle, fermò il fodero contenente la spada alla vita e indossò il mantello nero, tirando su il cappuccio. Si avvicinò poi cautamente alla porta e la aprì nel buio, con una piccola lanterna che aveva mantenuto accesa nella mano destra, nascosta sotto al mantello. Svoltò poi a destra nella semioscurità, urtando con timore contro una figura metallica che immediatamente riconobbe essere Ser Zalikoco "Signorina Aurilda!" Sussurrò l'uomo con gli occhi azzurri e mortificati "Ser..." disse impietrita lei.

"Vostra madre aveva ragione" rispose deluso "Volete fuggire". Aurilda strinse il freddo braccio dell'uomo "Ma non vi ha spiegato il perché" replicò mormorando la ragazza "Vi prego, ascoltatemi...". Così Aurilda narrò a Ser Zalikoco del sogno in maniera concisa, come aveva fatto con la madre, e quel racconto lasciò il cavaliere profondamente turbato "Quindi volete andare al Tempio dei Profeti" concluse il cavaliere "Sì!" confermò Aurilda "Solo lì sapranno darmi le risposte che cerco. Vi prego, se tenete un po' a me lasciatemi andare..." lo pregò Aurilda, prendendogli una mano in segno di supplica.

L'uomo si sottrasse alla stretta e la guardò in volto nella semioscurità "Non posso permettervelo" disse dispiaciuto, ma la sua voce era decisa. Aurilda abbassò lo sguardo delusa e sentì per la prima volta rabbia nei confronti del cavaliere, del suo amico "Non potete andare da sola" continuò l'uomo "Ma se me lo permetterete vi scorterò io". Aurilda rialzò lo sguardo con gli occhi spalancati, vergognandosi subito di aver provato sentimenti tanto negativi nei confronti del cavaliere "Veramente verreste con me?" "Certo signorina Aurilda" assicurò l'uomo senza la minima esitazione "Vi ho aiutata con la spada, non vi abbandonerò adesso". La ragazza sorrise gioiosa e grata "Vi ringrazio infinitamente Ser Zalikoco! Ma dobbiamo affrettarci..." aggiunse, pratica, senza perdere di vista l'obbiettivo.

I due furtivamente arrivarono a una delle uscite della servitù e si ritrovarono di fronte alle stalle "Selliamo due cavalli e andiamo" disse Ser Zalikoco, sussurrando. La coppia entrò di soppiatto e presero due destrieri, le bestie si agitarono un po' ma non ci volle molto per calmarli "Seguitemi" le fece cenno Ser Zalikoco, con la mano scintillante coperta dal mantello per non far riflettere la flebile luce lunare. Avanzarono fino a una delle porte, quella più piccola che dava sul bosco Nero. L'uscita era sorvegliata da due guardie, ma dalla postura dovevano essere a malapena sveglie. Aurilda li guardò preoccupata mentre il Ser avanzò con lo sguardo deciso "Siete?" Domandò uno dei due uomini al lato della porta, ridestandosi improvvisamente "Ser Zalikoco Lonor" rispose serenamente il cavaliere, avvicinandosi ai due con il cappuccio abbassato "E lì con voi c'è?" Domandò guardingo l'altro, ma sempre stordito dal sonno "La nipote di un mio amico che deve tornare a casa entro l'alba."

I due si scambiarono uno sguardo di intesa, decidendo sul da farsi "E' stata colpa mia se si è attardata tanto" spiegò il cavaliere "Accidentalmente mi ero addormentato e anche la ragazza si era assopita. Vi prego di lasciarci passare, non vorrete far concludere un'amicizia così duratura per una tale disattenzione". Ma i due soldati non si fidavano "Mostrateci la ragazza" decretarono. Aurilda sentì il sangue gelare, uno dei due si stava avvicinando, pronto per abbassarle il cappuccio, ma Ser Zalikoco si frappose "Vi prego, sono un uomo d'onore!" disse vagamente arrabbiato, ma più che altro offeso "Così mi offendete! Il sonno vi ha fatto forse dimenticare anche le buone maniere?!" I due soldati si guardarono nuovamente, vagamente a disagio e con gli occhi arrossati dal sonno "Andate" concordarono, troppo esausti per continuare quella discussione e il Ser tornò sul cavallo trionfante, e ad Aurilda parve di intravedere un sorriso sul volto dell'uomo brillare nell'oscurità. I due tornarono ai fianchi della porta e quando Ser Zalikoco uscì non gli badarono nemmeno, ma quando toccò ad Aurilda uno dei due le sbarrò la strada, improvvisamente vigile e sveglio "Un momento, Ser" bisbigliò, con la fronte corrugata "Voi non dovevate fare la guardia alla porta della signorina Aurilda questa notte?" Il compagno sbarrò gli occhi, alzò il braccio e con un gesto fulmineo abbassò il cappuccio ad Aurilda, rivelandone inevitabilmente l'identità. Gli occhi dell'uomo brillarono per la sorpresa e, prima che i due potessero fare o dire qualcos'altro, Ser Zalikoco sguainò la spada e gliela conficcò nella gola scoperta perché priva di elmo, poi con un agile movimento riservò il medesimo trattamento anche all'altro. Gli uomini si accasciarono a terra con il sangue che zampillava dalle loro gole, gli occhi sbarrati e le espressioni assenti. Erano morti. Ser Zalikoco li guardò brevemente, il suo sguardo era rammaricato ma fermo, fece cenno ad Aurilda di sbrigarsi ad andare, mentre lui pulì subito la lama della spada insanguinata nel mantello. La fanciulla non se lo fece ripetere due volte, si mise nuovamente il cappuccio per celare i capelli vaporosi e attraversò al trotto la porta che la separava dalla libertà, dando definitivamente iniziò alla fuga con Ser Zalikoco. Chiusero la porta e si addentrarono nel bosco Nero, pronti per raggiungere il Tempio dei Profeti.

 

   
 
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