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Autore: thebumblebee    18/06/2021    0 recensioni
E vide riflesso nei suoi occhi quel pensiero, quel suo stesso pensiero che tanto l'aveva turbata nel corso della convalescenza.
Rivide i propri sorrisetti sghembi, stampati su un viso fresco, sereno, incorniciato dai boccoli dorati capaci di incantare qualunque passante per strada.
Rivide il sorriso di circostanza, freddo, che si allungava su un volto provato, segnato da un dolore antico che non avrebbe potuto mai spiegare, accompagnato da una cascata luminosa come una luce troppo accecante.
Infine vide ciò che le era rimasto, il sorriso caldo e maturo di chi ha sfiorato la mano della morte, il viso finalmente sereno pur nel terrore di chi ha trovato la via, i ricci lunghi, snodati, delicati, caldi come un campo di grano dalle spighe dondolanti.
Si chiese chi era stata, chi era diventata e chi era davvero adesso. E in quegli occhi, specchio dei suoi, trovò la verità.
Lo sviluppo hegeliano di Delphine tra tesi, antitesi e sintesi.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Cosima Niehaus, Delphine Cormier
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Parte prima: These



“Che ne pensi di questa? La morte, se così vogliamo chiamare quella irrealtà, è la più terribile cosa; e tener fermo il mortuum, questo è ciò a cui si richiede la massima forza. Non quella vita che inorridisce dinanzi alla morte, schiava della distruzione; ma quella che sopporta la morte e in essa si mantiene, è la vita dello spirito

Delphine chiuse il libro con un tonfo secco prima di sollevare lo sguardo e di incenerirla con gli occhi.

“Cosima...tu non morirai. E io non dovrò sopportare un bel niente” sbuffò, esausta, per l'ennesima volta nel corso della settimana.

Cosima si lasciò andare in una risata piena, seguita immediatamente da un colpo di tosse.
Le piaceva fare quei discorsi in quei momenti perché era solo l'inizio della malattia, non c'era nulla di cui aver troppa paura. Okay, c'era molto di cui aver paura. Ma per lei era ancora sopportabile scherzarci su.
Lo stesso non si poteva dire della sua ragazza. Quel colpo di tosse era stato il terzo della serata, avevano iniziato a contarli inconsapevolmente.

“A quanto pare dovrò sopportare il tuo cinismo!” sbottò alla fine, spostandosi in cucina per procurarsi due calici e la solita bottiglia di vino rosso.

Cosima le lanciò un'occhiata innocente da sopra le pagine impolverate che stava sfogliando.
L'appartamento di Delphine era il luogo più accogliente in cui si era trovata a trascorrere il suo tempo da quando si era trasferita da Berkeley.
Non era esattamente il genere di arredamento che avrebbe voluto scegliere, non vi erano gli odori a cui era abituata, persino i colori erano troppo tinta unita, troppo poco sfumati per i suoi gusti.
Eppure lì si respirava così tanto aria di Delphine, si sentiva come un pezzo di puzzle che aspetta di incastrarsi al suo gemello. Sentiva che tutte le differenze che esistevano tra loro erano fatte per completarsi in qualche modo.

La bionda tornò da lei, un'espressione neutra sul volto aveva già sostituito quella irritata di poco prima. Cosima decise di addolcirla quando lesse una frase più carina, una di quelle che preferiva del filosofo. Voleva che Delphine indovinasse chi fosse.

“Va bene, proviamo con questa allora.
L’autocoscienza raggiunge il suo appagamento solo in un’altra autocoscienza

Delphine sollevò lo sguardo in tempo per cogliere il guizzo negli occhi di Cosima.
Un sorrisetto le si dipinse sul volto quando riconobbe l'argomento.

“Okay, secchiona...Hegel” sussurrò, bevendo un sorso dal calice, cercando di celare la sua soddisfazione.

Cosima annuì felicemente, accarezzando il resto della frase scritta sulla pagina.
Quel libro lo aveva trovato nella libreria di Delphine e racchiudeva il pensiero dei maggiori filosofi degli ultimi tempi, quelli che avevano cambiato totalmente la visione del mondo.

“Sai, non penso che abbia tutti i torti.
Pensa alla lunga serie di coppie di persone che hanno ipotizzato la natura di una serie di fenomeni.
Ad esempio, pensa all'esperimento di Griffith. Validissimo, aveva davvero tutti gli strumenti per passare alla storia come la mente che aveva fatto la scoperta più grande del secolo...ma non fu abbastanza. Era solo, aveva presentato i suoi progressi da solo” iniziò la bruna, prendendo quell'argomento serio con la naturalezza e la tranquillità con cui faceva tutto il resto, come se stesse fumando o giocando a un gioco da tavola o risolvendo un paio di problemi di fisica per Kira.
Delphine non riusciva neppure a pensare a quanto snob e intellettuali avrebbero potuto sembrare, si ritrovava talmente rapita da lei da risponderle senza rendersene conto, da continuare quei suoi ragionamenti come se le loro menti fossero legate da un filo invisibile.

“Vorresti dire che senza la conferma di Hershey e Chase, tutti i suoi studi sarebbero rimasti...incolti?”

Cosima scoppiò a ridere, sollevando poi il bicchiere in un brindisi per quegli scienziati.

“Non avrei usato quella parola, ma sì.
Intendo dire che la sua autocoscienza solitaria ha fatto scoccare la scintilla, ma poi l'ha lasciata spegnersi come un fiammifero che strofina male. Invece nel momento in cui l'autocoscienza di Hershey si è specchiata in quella di Chase...”

Cosima non concluse a parole la frase, ma lo fece gesticolando, avvicinando gli indici delle due mani e facendo sfiorare delicatamente i polpastrelli.
Delphine la guardò con un sorrisetto, rapita dal modo in cui Cosima aveva abilmente fatto un riferimento scientifico partendo da un libro di filosofia.

“E poi beh, diciamo che lo condivido anche sotto un altro aspetto” accennò ancora, mordendosi il labbro.

Quel vizio, pensò la bionda, lo aveva preso da lei. Trascorrevano così tanto tempo insieme che ormai avevano iniziato a condividere qualsiasi cosa.

“Va bene, Watson, è il momento di andare a dormire. Non ho intenzione di strattonarti tutta la mattina domani, abbiamo del lavoro serio da sbrigare” sussurrò la bionda, ignorando il riferimento, buttando giù l'ultimo sorso di vino prima di abbandonare il calice sul tavolino di ciliegio che le divideva.

Delphine adorava stare stesa mollemente sul suo divano di pelle nera mentre Cosima preferiva la poltroncina che lo fiancheggiava su cui si appollaiava come il più maldestro dei gatti, le gambe gettate oltre il bracciolo e la schiena incuneata in angolo.
Delphine era affascinata persino dal modo in cui la bruna adorasse quelle posizioni totalmente scomode. Era in grado di tenerla stretta a sé con il braccio poggiato dietro alle sue spalle per l'intera notte, senza mai lamentarsi del dolore muscolare.

“Scusa, perché sarei io Watson?” disse curiosa, versandosi un ultimo calice di vino e scolandolo rapidamente, facendo scuotere la testa alla bionda con un lieve accenno di esasperazione.
Delphine si alzò lentamente, sfilandosi con nonchalance la camicetta, rimanendo in pantaloni e reggiseno davanti a lei.
Cosima si zittì immediatamente, le parole le morirono in gola e il dito scivolò sulla pagina, perdendo il segno che aveva tenuto per continuare la frase.

“Okay, sai una cosa? Puoi essere chi vuoi” si corresse con un sussurro. 

Delphine stava sorridendo maliziosa, sapendo che l'altra avrebbe potuto immaginarlo anche se non la stava guardando in viso. Si allontanò di qualche passo verso la camera da letto, ancheggiando appena, mettendo in scena quello spettacolo solo per lei.
Cosima lasciò scivolare il libro in fondo alla poltrona mentre guardava rapita il modo in cui quei fianchi perfetti fendevano l'aria ritmicamente. Tutti i pensieri negativi che si era costretta a ignorare per tutta la sera, leggendo instancabilmente, sparirono ora improvvisamente. 
Delphine si portò le mani sulle spalle, sotto le scapole, slacciandosi il reggiseno con delicatezza per far poi scorrere le bretelle lungo le braccia chiare.
Cosima ebbe l'immediato e insostenibile bisogno di raggiungerla, di toccarla, di baciarla, ma decise di godersi ancora per un po' quella tensione.
Delphine si liberò dell'indumento, facendolo ondeggiare con la punta di un dito in aria, con un ritmo disturbante, totalmente diverso da quello delle sue anche.
Cosima sentì la bocca asciutta, completamente secca, quando la bionda lo lasciò finalmente cadere sul pavimento, rendendolo dietro alla camicetta il secondo mattoncino dorato che l'avrebbe condotta nel mondo di Oz.

“Dicevi, ma chérie?” soffiò Delphine, il tono basso, caldo, inondato di quell'accento francese che la mandava del tutto fuori di testa.

Sinceramente, Cosima non ne aveva idea. Rimase ad ascoltare il rumore della zip dei pantaloni che veniva tirata giù quando il corpo della sua ragazza fu scomparso dalla visuale, dietro alla porta della sua camera da letto.
Quando udì il fruscio dei pantaloni che venivano scalciati via e li vide effettivamente volare nel corridoio, decise che aveva resistito a sufficienza.

La pagina del libro su cui si era soffermata in quegli ultimi dieci minuti rimase segnata da un orecchione all'angolo in basso, la cui punta sfiorava malandrina quella frase lasciata in sospeso.

La relazione di ambedue le autocoscienze è dunque così costituita ch’esse danno prova reciproca di se stesse attraverso la lotta per la vita e per la morte”


*


“Ho avuto un'idea” sussurrò Cosima, giocando con la mano della bionda.

Intrecciarono le dita, improvvisamente sveglie nonostante fossero stremate a causa dell'attività erotica con cui si erano dilettate per tutta la notte.

“Riguardo a?” chiese Delphine, apprezzando le ombre delle mani che le prime luci dell'alba allungavano sulla parete alle loro spalle.

“Riguardo al genoma di Sarah. Stavo pensando che la stiamo guardando dalla prospettiva sbagliata” 

Delphine si mosse nel loro abbraccio, sollevandosi per poter scambiare un'occhiata con Cosima.
Lei le sorrideva serena, il respiro un po' più accelerato del solito, il pallore del viso giusto più accennato.
Delphine sapeva che i cambiamenti fino a quel momento erano stati minimi. Ma lei riusciva a vederli.
Riusciva a vedere che Cosima le stava nascondendo la reale portata dei suoi dolori fisici e psicologici. Sapeva che la ragazza era abile con le parole, era capace di drogare, di consumare con quella lingua arguta.
In realtà però si beava di quei brevi momenti di piacere, a letto con lei, abbracciata a lei o al telefono con Sarah, o Felix, a scherzare su delle sciocchezze.
Continuava a fare battute sulla morte, ma cercava solo di alleggerirne l'ineluttabile venuta. Continuava a ridere finché aveva il fiato, ma anche nei sogni lavorava con lei su quella maledetta cura.

“Cosa intendi, chérie? Cosa è cambiato?” 

Cosima si beò di quella curiosità, del modo in cui le sopracciglia di Delphine si erano tese sui suoi occhi, rendendo la sua espressione assurdamente comica.
I suoi riccioli d'oro le sfioravano la spalla, dandole delle scosse di piacere impercettibili ma totalmente insostituibili.
Cosima le carezzò una guancia lievemente, con il palmo della mano, beandosi di quella momentanea ingenuità. Adorava quei momenti in cui Delphine non era in modalità dottore, ma fidanzata, ragazza o quel che era.
Adorava non essere più il suo soggetto, non solo. Era la sua amante. La donna per cui stava rischiando la carriera al DYAD, facendo il doppio gioco, per cui si era messa in gioco andando oltre le idee sociali che le erano state inculcate, ma che stava egregiamente valicando, soprattutto facendole quella cosa con le labbra assurda in mezzo alle gambe...

Era una relazione complessa ma era in quei momenti che Cosima si sentiva davvero bene, davvero al sicuro.
Certo, non sarebbe stata tanto sciocca da fidarsi davvero di lei, ma tralasciando la questione cloni, Cosima si era innamorata dal primo momento in cui l'aveva vista.
Si era innamorata del modo in cui si portava il ciuffo indietro, del modo in cui a volte le mancavano le parole in inglese e si trovava costretta a pronunciarle in francese per ricordare la traduzione, del modo in cui le lanciava quelle occhiatacce quando superava i limiti della decenza con quella lingua appuntita (non a letto per lo meno. In quei casi anzi la pregava di continuare).
Si era innamorata dei suoi capelli sbarazzini, dal modo delicato in cui se ne prendeva cura, dei prodotti per la pelle che usava, dei profumi, degli oli, di tutta quella roba che le riempiva i vestiti di profumo francese.
Si era innamorata della sua ignoranza degli idiomi americani e del modo in cui curiosamente, senza mai prendersela, si faceva prendere in giro per poi farsi spiegare il significato.
Sì, anche la Delphine in modalità dottoressa era la cosa più sexy e professionale e totalmente fuori dagli schemi che Cosima avesse mai visto, ma la donna che in quel momento giaceva nuda al suo fianco...quella era la sua donna.
La donna che avrebbe voluto per sempre accanto.

“Cosima...?” fu richiamata per averla lasciata senza una risposta.

“Scusa, piccola...mi ero distratta. Sarà il tuo profumo...” 

Delphine non riusciva ad abituarsi a quelle frasi, a quei complimenti, al modo in cui qualcuno la riempiva di attenzioni come solo Cosima sapeva fare. Persino dopo aver litigato continuava a notare quelle attenzioni, quelle battutine, quella continua ricerca di un'altra anima con cui parlare, che sappia ascoltare e comprendere.
Cosima ridacchiò del suo lieve imbarazzo, della punta di rosso che spiccava sulle sue gote.

“Quello che intendevo è che noi stiamo cercando di capire cosa Sarah ha in più rispetto a noi, no? Ma stavo pensando, davvero il genetista credeva di riuscirci? Davvero aveva addirittura scoperto come ricreare una prole?”

Delphine rimase senza fiato, capendo immediatamente dove voleva andare a parare.
Si sollevò di scatto, coprendo le ombre delle loro dita intrecciate con quella del suo profilo.
È così perfetta, pensò Cosima, adorante, sognando di poterla ritrarre così, davanti a sé, con la vena del collo pulsante, le clavicole svettanti e quei meravigliosi seni bianchi, talmente proporzionati...
In più la faceva impazzire il modo in cui il lenzuolo pendeva dalla sua spalla, pigro, ignaro di quale capolavoro stesse coprendo.

“E se fosse Sarah ad avere il difetto e non voi?” la fece breve Delphine, dando la perfetta conclusione al ragionamento di Cosima.

Ti amo, pensò la bruna.
Ti amo ti amo ti amo.
Ma non lo disse, le sorrise soltanto. Le sorrise e si spinse sulle sue labbra, imprigionandola nell'ennesimo caldo bacio con cui avrebbe iniziato il percorso per farle raggiungere il più alto apice del suo piacere.

#

“Merde...siamo in ritardo!” borbottò la bionda, afferrando maldestramente il cappotto scuro e le chiavi di casa.

Cosima, totalmente a suo agio - non che fosse una novità per lei - stava finendo di rollarsi una canna.
Si prese un intero minuto per assicurarsi che fosse perfetta prima di degnarsi di sollevare lo sguardo per incontrare gli occhi fiammeggianti di Delphine.

“Cosa? Non vedi l'ora di bucarmi, eh?”

“Cosima...muovi quelle chiappe, non ho intenzione di rifarmi la reputazione”

“Oh si, ci mancherebbe che Dr. Cormier passi per una lesbica ritardatar...AHIA” 

Cosima scoppiò a ridere come una bimba felice, nonostante si fosse beccata una dolorosa pacca sul sedere. Delphine fu contagiata da quell'allegria spontanea, totalmente sua.
Nonostante fosse malata, nonostante le fosse rimasto poco tempo, nonostante avesse una relazione col suo controllore e fosse alle dipendenze della società che l'aveva resa un brevetto, Cosima rideva continuamente.
C'erano momenti di scoraggiamento, ma nessuno era mai riuscito a buttarla davvero giù, mai.
Sapeva sempre che dire, aveva sempre la risposta pronta, aveva sempre una sciocca battuta o una frase a effetto per tutte le occasioni.

Invece Delphine si ritrovava sempre più silenziosa, sempre più preoccupata, sempre più immersa nei suoi segreti.
Eppure a volte si ritrovava imbambolata a fissarla, mentre fumava, mentre leggeva, mentre canticchiava qualche canzone hause, mentre semplicemente era lei.
Sé stessa. Qualcuno di gentile, buono, valido...
Qualcuno che la stava cambiando, che stava totalmente ribaltando i piani.

Cos'era stata in principio Delphine, dopotutto? Si era approfittata di Leekie e del suo interesse nei suoi confronti per raggiungere una posizione di spicco al DYAD, per entrare in quel progetto folle che avrebbe cambiato la storia della scienza.
Non si era fatta scrupoli a incassare gli assegni di controllore per spiare 324b21.
Per spiare quella ragazza meravigliosa che le aveva rubato il cuore e che presto l'aveva fatta vergognare di conoscere il suo numero di brevetto prima che il suono della sua voce.
Delphine sentiva ancora sulla lingua il rimorso per essere tornata da lei, spinta da Leekie, e per averle rubato quelle informazioni, ferendola profondamente per aver giocato con la sua fiducia.
E ora ne stava ancora pagando il prezzo: quante volte l'aveva vista parlare al telefono con 'sua madre' nei momenti in cui lei era distratta? Quante volte l'aveva liquidata con risposte di circostanza per non far trapelare informazioni su Sarah o Alison? 
Sempre, continuamente. 
Ma forse era meglio così, Delphine non avrebbe saputo come comportarsi se avesse saputo troppo. Leekie avrebbe preteso lealtà. Cosima sincerità.
Il filo del rasoio su cui si stava muovendo era troppo pericoloso per mancare di cautela.

“Sulla parte della lesbica immagino che tu, mocciosa, abbia chiarito la mia posizione, o mi sbaglio? Spero che non lo faccia anche sulla professionalità” la rimbeccò subito, nascondendo un sorriso.

Mentre camminavano Cosima si fermò di scatto, facendola voltare furiosa, stavolta priva di qualsiasi punta di pazienza.

“Cosa hai visto stavolta...Cosima? Cosima...” 

Il cuore le si bloccò in gola mentre osservava la sua ragazza, poggiata a un lampione, che faticava a respirare normalmente, preda di un attacco di tosse troppo forte.
Le parole le morirono in gola e le fu subito accanto, tenendola a sé prima che potesse barcollare all'indietro.

“Cosima...respira. Respira, d'accordo? Piano...” 

La bruna si aggrappò alle sue spalle e chiuse gli occhi, poggiando la fronte alla sua. Non riusciva a respirare, non capiva come fare a inalare l'aria sufficiente per regolarizzare i movimenti del diaframma.
E Delphine forse non aveva la sua stessa prontezza nelle risposte argute, ma sapeva come agire. Aveva sempre pronto un piano B.
Le piegò la testa indietro delicatamente, tenendola per il mento. Poi si guardarono per un solo istante in cui si scambiarono più parole di quanto avessero fatto fino a quel momento, prima che le dita di Delphine potessero chiudersi sulle sue narici e le sue labbra potessero spingersi contro quelle pallide, tremanti di Cosima.
Fu profondamente intimo, forse persino erotico, pensò la bruna mentre l'aria respirata da Delphine per lei iniziava a fluirle lungo il tubo orofaringeo. 
Il suo cuore svolazzò lontano, chissà dove, mentre si lasciava trasportare dall'ossigeno caldo proveniente dalla bocca morbida di Delphine.
Forse svenne tra le sue braccia, ma continuò a sentire quel momento, a viverlo nella sua interezza.

Trascorsero solo un paio di minuti, ma quando Cosima si svegliò si ritrovò stesa su una panchina, la testa poggiata in grembo a Delphine, il respiro accelerato ma tornato per lo meno autonomo.
La donna le accarezzava i dread con dolcezza mentre parlava al telefono con quello che doveva essere il dr. Leekie.

“Sì Aldous...un ritardo di un'ora al massimo, d'accordo? Recupereremo nel pomeriggio. Sì, sta bene, non si è trattato di nulla di grave. Oui. À bientôt”

“Non mi piace...che ti parli in francese.
Sei troppo sexy quando parli in francese...”

Delphine la guardò, quasi commossa di sentirla parlare. Non era successo nulla di troppo grave, non c'era stato bisogno di chiamare l'ospedale, ma questo episodio l'aveva terrorizzata.
Ecco il poco tempo che avevano.
Ecco quali erano i veri danni fisici che stava subendo.

“Allora smetterò di parlargli in francese, mon amour...ma tu rilassati adesso. Non dire niente”

Per una volta Cosima fu felice di seguire il consiglio.
  
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