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Autore: trullitrulli    30/08/2009    3 recensioni
Vedere due stelle cadenti contemporaneamente è un fenomeno più unico che raro, che cosa può succedere se si esprime un desiderio in questo caso? Bulma e Vegeta le hanno viste quando erano ragazzi e hanno chiesto la cosa che più preme sapere a qualcuno: il futuro. Ma è davvero giusto rivelare loro gli avvenimenti di cui saranno protagonisti? Si può sempre arrivare a un compromesso: un'avventura ambientate prima del ritrovamento della prima sfera del drago. Come si risveglieranno Bulma e Vegeta dopo aver espresso il desiderio?
Genere: Romantico, Commedia, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Bulma, Nuovo personaggio, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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D'un tratto
la luna riuscì a passare per quell'ammucchiata
di nubi e a sistemarsi bella linda
tonda nel cielo; più morbida
ed evanescente, più tonda e bella
brillava nell'acqua del fiume,
dove un rapido vapore passando,
la sbrindellò.
(Un tratto della poesia "La luna coperta" di Rino Passigato)

Il risveglio fu un improvviso spalancarsi di cielo pieno di nuvole davanti a sé.
Fece la smorfia con cui di solito ci si protegge dalla luce, ogni ricordo della sera prima era come velato da una patina di attutimento; gli occhi gli si erano fatti sempre più piccoli dal sonno, e poi si era svegliato.
Tramortito fece per alzare il braccio sinistro e sfregarsi gli occhi col pollice e l’indice, ma qualcosa gli fece resistenza; improvvisamente era difficile muoversi.
Si divincolò con una comica confusione tra vergogna ed irritazione per sfilarsi dalla presa di Bulma, che aveva prediletto il suo petto come guanciale e era avviluppata al suo braccio con la tenerezza e l’amore con cui ci si abbraccia al peluche che assolve l’importante compito di conciliarci al nostro sonno profondo.
Bulma si mosse infastidita e picchiò la testa contro la roccia dietro di sé. Scattò in avanti col busto e le mani afferrate alla nuca, soffocando con i denti l’urlo: il dolore l’aveva distinto benissimo nel sogno leggero che già dissolveva e impallidiva contro la forza dirimpetto della luce fuori dal sonno.
Smarrita, superfatta di trovarsi lì, talmente abituata era a trovar sotto un divano e il groviglio di una coperta, si mise a tastare e a guardarsi in giro.
Ma non era solamente agitata perché non si trovasse in una casa, era secondario, aveva il senso che non avrebbe dovuto essere sola, di essersi addormentata col sottofondo più morbido del silenzio di un respiro e di un cuore che batteva contro l’orecchio.
Alla fine sbuffò, contrariata, ragionò come il suo orgoglio voleva che ragionasse e mentre si raddrizzava piano e stirava il vestito di balze con la mano pensò che Vegeta fosse troppo assorto nel ruolo del guerriero Sayan duro e puro per poter pensare di rimaner lì a vegliare sul suo sonno, anche giusto perché volesse assicurarsi di conservarla per il plenilunio; non voleva più aggiustarsi il suo piano? Si permise di compiacersi ed il labbro superiore si stirò in un sorrisetto strano che non donava alla sua bellezza azzurra per contrasto con l'aspetto angelico.
Per il sonno in arretrato il suo volo verso casa fu malfermo e diseguale e, insonnolita che era, cominciava a perdere il controllo dei nervi e l’attenzione perdeva presa sui contorni delle cose.
Dormire sul suo divano le avrebbe fatto bene almeno fino alla festa.
Eppure, con un senso di più fine della ragione, sentiva che ci fosse ancora qualcosa ad incombere sul suo destino.

 
-Sarà bellissima, sarà stupenda, la vedrò per la prima volta tutta intera!- Lah era in paradiso.
Bulma, tesa, in ripensamento si artigliava i capelli con le mani, li tirava su, li teneva in pugno in una coda, li scioglieva lungo le spalle in tanti marosi azzurri, ne attorcigliava ciocche attorno all’indice, li tormentava come se venisse da loro la colpa di tutto e se li gettava dietro le spalle.
-Ci sono le nuvole- ringhiò con la voce depressa di chi vien a proclamare la stessa cosa la seconda centinaia di volte perché il messaggio ha problemi a filtrare –non si vedrà nulla!-
-Si schiarirà! Ne sono sicuro, me lo sento qui!- si batte i due pugni sul petto stretto, poi unì le mani e si rivolse al soffitto come uno che prega –Oggi facci vedere una luna piena stupenda- recitò. Chiaro che per lui l’apparizione del disco avesse il valore di una festa e non della fine del mondo “non ne sa niente!” pensò Bulma “e non è chiaro neppure a me ciò che accadrà!” si disse.
Dopo i capelli toccò alla coda, se la legò sotto la gonna corta in modo che non facesse impressione alla gente.
Lah con quell’egoismo della felicità le sorrise nel tal candore dei suoi otto anni, che lei, alla vista di Maya appariva con più risalto abbattuta e floscia sotto tutti i problemi.
-Allora? Tu non ne sei impaziente? Io si? E tu? E tu?-
Bulma deglutì.
Maya, con la sua finezza di fiuto, sentiva il disagio nell’aria e guardava Bulma perforandola con lo sguardo da dietro.
Bulma effettivamente percepì un dolore ficcante alla nuca e si voltò verso la donna venuta dalla stanza attigua.
-Cosa c’è?- fece una smorfia, seccata, appuntò i gomiti, e ricambiò lo stesso sguardo squadrandola dalla cima delle antenne allo smalto delle unghie.
Era a piedi nudi decorati con l’henné, sotto tutti i bracciali che portava non si vedevano più caviglie ed avambracci.
L’abito era senza maniche, d'un candore smagliante, lungo e stretto ad evidenziare il punto vita sottile con una cinta rossa, Bulma si sentì impallidire al confronto.
Le antenne lunghe e nervose, che aveva gettate dietro la schiena, si intrecciavano e si scioglievano tra loro allo stesso modo di un terrestre che si sfrega le mani con risolutezza preparandosi a adempiere qualcosa di ingrato.
Dallo strofinio crepitavano sprazzi di corrente.
-Nulla…- era evidente che non capiva l’insistenza di Bulma a presentarsi ad una festa, e si vedeva che non si era mai fatta vedere molto nella città per pura abitudinaria asocialità.
Ma suo figlio era felice di andarci e questa era l’unica cosa che la mandava avanti nel suo proposito. Lah saltellava raggiando gioia dagli occhi grandi di blu monocromo e scuro verso tutta la casa.
Afferrò Bulma per entrambi i polsi con ansia di far tardi, tirando con imprevista forza verso l’uscita.
-Dai! Dai!- faceva estasiato –Dai! Dai!- indicava a dito i fari delle coreografie luminose che superavano i grattacieli e brillavano nel fiume.
 

 
La festa aveva esattamente l’aspetto del grande caso planetario che Bulma si era immaginata: un corteo esaltato di gente fatta, procedeva per le strade inglobando e fagocitando chi trovava di traverso alla strada.
Lo spirito che presiedeva all’euforia generale della festa si impossessava di loro per trascinarli nell’ eccitazione con cui si ballava, cantava, si correva per arrivare in testa.
Una corte di aliene vestite come damine bianche dalla faccia pitturata d’argento e polveri blu interpretavano con grazia la parte di tante piccole lune al seguito, coprendo la scia della sfilata di polvere argentea e svolazzi dei loro veli trasparenti.  
In cima al corteo i funamboli camminavano sulle mani, in mezzo alla folla qualche alieno schioccava le dita e da queste partiva un fuoco d’artificio incorporeo che travolgeva di luce purpurea e di fiammate la folla festante.
Al centro un carro con una strana forma di stereo accompagnava con musica la marcia entusiasta di milioni di gente, insieme ad aliene dalla pelle di un verdastro sgradevole a contrasto col tema argentato a cui si ispirava l’aspetto di tutti, ma con i visi delicati di  donne terrestri e voci da soprani talmente potenti ed aggraziate da commuover fino alle lacrime.
Bulma rimase, contro tutti i suoi sforzi, intrappolata e sedotta da tutta la bellezza della corte della luna, dalle voci bellissime, dall’eterogeneità di razze vestite tutte dello stesso tema, dalla maestria dei funamboli che improvvisavano con doti straordinarie, che i terrestri non potevano immaginare di imitare nemmeno nei loro sogni più vivaci, salti di metri, avvitamenti, piroette.
Lo spirito della corrente d’eccitazione padroneggiò anche la sua volontà e la buttò sempre più a fondo nella marcia allegra: si sparse la faccia di brillantina blu, saltava a ritmo di tutti, ogni tanto faceva bella mostra si sé, dell’arte di volare, la gonna le si sollevava nella corrente e lei si stagliava in volo contro la luce dei fari sul cielo di nuvole. Perdette d'occhio il rischio che si correva comunque (la luna, dietro le nuvole, continuava sempre a esistere) e perdette Maya e Lah.
Ritrovò Maya con la faccia tutta pitturata come le damine e come lei, volteggiava nel bel mezzo di un gioco pirotecnico. Tutti gli alieni, e soprattutto quelli che non erano natali del pianeta, facevano bella mostra di doti magiche, senza meno anche Lah e Maya si esibivano.
Vide Lah in testa al corteo dei funambuli che correndo urlava “Bastone allungati”.
Ficcò il bastone in una buca nell’asfalto: l’asta si piegò e come una catapulta lo proiettò verso l’alto, lui era in paradiso e si soffocava con le risate.
Eppure, di solito quando qualcosa è troppo bello per esser vero, vuol dire che non lo è: Bulma, improvvisamente ferma in strada, mentre quella corrente di gente entusiasta le scorreva attorno e le scivolava addosso, sentiva che era quello il caso.
C’era un ombra scura sulla città, e non si trattava di nuvole.
Come in risposta affermativa, due mani come badili si chiusero sui suoi fianchi stretti e tirarono verso acque più tranquille. Fece ogni resistenza: si attaccò alle braccia di sconosciuti, urlò aiuto, si aggrappò con tutte le forze ad un lampione, che come pastella prese l’impronta dell’interno del suo pugno stretto. Quando fu fuori dal cuore vivo della festa uno dei badili le tappò la bocca, troppo enorme anche per morderlo, l’altro la inchiodò a qualcosa di duro. Girò la faccia per quanto glielo permettesse la mano ruvida e si accorse di essere attaccata a Napa.
In risposta al suo sguardo terrorizzato il gigante si leccò le labbra -Ma che bella mise- il vestitino striminzito le parve più striminzito che mai e sotto la seconda pelle della brillantina sentì il sangue alla faccia un po’ per la vergogna un po’ per l’aura che saliva.
A testa in giù le svolazzò davanti prima la folta capigliatura di Radish poi la faccia del medesimo che calava per mettere il viso in linea col suo.
Fece una smorfia, raddrizzò il volo e le atterrò davanti coprendola tutta nella sua ombra.
-Ma guarda come siamo carini questa sera- proseguì Napa, che si beccò uno occhiata assassina dal compagno.
Bulma si agitò per resistere alla stretta e rispose sotto la mano, ma ne venne fuori un verso simile a –Afhiupho!-
Vegeta venne fuori dalla zona di semiombra dove era stato fino ad allora, nella solita posa statuaria, con gli occhi stretti che splendevano come diamanti appuntiti e duri.
Bulma lo vide ammantato del fascino che gliene veniva ad essere nel suo elemento ideale e per un attimo fu spaesata sul modo di reagirvi. Se dar retta all’istinto di esser docile e contrita che ispirava Vegeta o se resistere una volta di più a tutta l’arroganza con cui i Sayan speravano di fruir della sua nuova energia così disgustosamente affine alla loro.
Perché, ne era certa: se erano lì, se lei era lì con loro, era perché le strade attraverso cui può compiersi un destino sono tante, ed il destino di Bulma era davvero ingrato.

 
Mezz’ora dopo

 
-Dov’è? Bulma dov’è?-
-Mamma! Mamma!- pianse Lah –L’abbiamo persa di nuovo. L’abbiamo persa di nuovo-
-No, Lah. Non piangere. Non è persa, è da qualche parte- Si inginocchiò davanti a lui, asciugò una lacrima e gli prese il viso nelle mani.
-Vola in alto. Più in alto che puoi. Cercala da là. Non ho mai visto nessun altro con i capelli azzurri-
Lah tirò su col naso, annuì, e decollò.
Era preoccupata, Maya: il giorno di luna piena Bulma, l’ultima Sayan di cui si sappia sul pianeta, sparisce. Il cielo non dava nessun segno di schiarita, non c’era verso che Maya conoscesse in cui si potesse trasformare un Sayan senza luna piena. La corrente d’eccitazione l’aveva completamente abbandonata.
Passò mezz’ora.
L’ignoranza di tutte le maschere e di tutte le persone smascherate, degli acrobati e delle damine, ma soprattutto la musica che le suonava vibrando attorno, ed anche dentro il torace, erano tutte cose che, mentre si sforzava a pensare, contribuivano a mantenerla in uno stato di esasperazione non lontano dalla pazzia.
Si prese disperata la fronte tra le mani, mentre le antenne le si rizzarono in tutta la lunghezza
sulla testa, rendendola alta più di tre metri.
Intanto, sul tetto, una luna sorgeva pallida e languida come un fantasma.
 

-Che facciamo? La spogliamo?- si lambiccava il cervello Napa.
Radish lo fissò una volta di più con gli occhi che lo volevano uccidere.
-Che vuoi! Non vorrei che le esplodesse il vestito!-
-Efhplohdule!- si agitò Bulma sotto la mano –Uhaaaa- piagnucolò -Nun vullioh efhplohdule! Nun fhatumu efhplohdule!-
-Le tappi bene quella bocca?- Vegeta con somma sopportazione si infilò la mano nel collo della battle-suite cavandone fuori un telecomando con due pulsanti: “accendi” e “spegni” e tre occhiali dalle lenti gialle che passò ai suoi soci.
Napa liberò la bocca della ragazza solo per schiaffeggiarla facendole uscire il sangue dal labbro.
Il pianto nella voce di Bulma si attenuò di nuovo nel palmo della mano di Napa e anche le lacrime finirono tra le sue dita.
La giovane Sayan si dibatté nella rete come un pesce in fin di vita, che nonostante sia più morto che vivo ha ancora in corpo l’istinto della sopravvivenza a perseverare al posto della ragione. E così resistere per lei era l’ultima fatica prima di diventare una distruttrice della risma adatta alla sua razza: se così doveva andare, voleva ricevere il battesimo del sangue non senza non poter dire di avervi opposto ogni brandello di forza.
La gamba sinistra si allungò a dare un calcio alla tibia di Napa, non si illuse neanche per un momento di fargli male, ma si azzoppò da sola.
Siccome insisteva a provare Napa la sollevò da terra lasciandola scalciare a vuoto. Se la sistemò meglio in braccio, tappò meglio gli urli e seguì Vegeta fuori dal vicolo.
Uscirono nella luce del lampione, passando per una strada secondaria adiacente, anche lì la corte della luna aveva lasciato il segno del suo passaggio.
Due vie oltre la festa continuava ignara.
-Bulma!-
La ragazza sollevò gli occhi lucidi al cielo alla ricerca dell’ultima speranza. Lah era un puntino sulle nuvole che veniva verso di lei. Bulma si spaventò ancor di più di quello che stava per succedere: si dimenò, urlò sotto la presa di Napa, cercò di far capire a Lah di allontanarsi, poiché lei stessa non sapeva quanto poco avrebbe risposto delle sue azioni.
-Chi sono? Bulma!- urlava, e tutti ora guardavano il piccolo alieno viola in mezzo al cielo.
Vegeta brandì il telecomando ironicamente cerimonioso all’indirizzo di un palazzo dietro il quale la sfilata carnevalesca era nel pieno dei suoi festeggiamenti, che non si facevano certo scoraggiare dalla mancanza della festeggiata. Sembrava che per la luna non ci fosse un momento migliore in cui fare un ingresso trionfale nel cielo.
Indirizzò a Bulma un sorriso che diceva “Alla fine ho vinto io” ed in merito a questo schiacciò il pulsante “accendi”.
Un raggio partì dalla macchina sul tetto del grattacielo e la sua luce convergeva tutta in un disco pallido che simulava, raggiandole intorno, onde Bluz. Lah si stagliava proprio davanti alla luna, oltre i palazzi qualcuno alla festa se n’era già accorto, ma Bulma era immobile, Napa le aveva liberato la bocca. Non urlava più, ma aveva le labbra schiuse delicatamente e gli occhi spalancati quanto li aveva grandi, le pupille si dilatavano lentamente e specchiavano la luna.
Dalla gola le salì una specie di risucchio strozzato, come se stesse per morire asfissiata, la coda le si era liberata dal nodo e le si agitava sotto la gonna.
-Beh?- fece Napa che ormai l’aveva lasciata del tutto e le stava dietro fissandola da sotto gli occhiali –perché non si trasforma?-
Radish gli diede uno scapaccione sulla nuca –La prima volta ci vuole un po’ di tempo, e poi lei è una femmina!-
All’improvviso un battito di cuore violento scosse le spalle di Bulma, poi, dalla gola le salì di nuovo il rumore di soffocamento e grugnì qualcosa con dolore –Non respiro! Non respiro!-
I colpi si erano fatti più veloci e ora la squassavano tutta, e Lah aveva la curiosa impressione che i vestiti le aderissero di più.
Ad ogni pulsazione del cuore una specie di corrente elettrica la attraversava facendola vibrare di dolore, ad ogni ripresa sembrava incurvarla ed allargarle spalle e collo. Ora aveva grosse spalle forti e gobbe come quelle di una scimmia e un mostruoso collo taurino, anche le braccia sembravano più lunghe.
Bulma ruggì di dolore con la voce umana quanto l’aveva alta, e come nello sforzo di uscire dalla sua pelle prese a contorcersi in maniera sempre più rivoltante, finché non divenne il doppio dell’altezza di Napa con grossi tendini tesi come corde di chitarra.
Lah rimaneva con la mascella cadente diviso tra il sollievo di essere troppo in alto per essere nella portata di Bulma e tra il dubbio che si sarebbe ingigantita.
Bulma ora era tre metri di muscoli fuori taglia ed il vestito le si era sbrindellato addosso, ma sulla nuca il pelo azzurro le si infittiva e le spuntava incolto sulla schiena, il pelo delle sopracciglia aveva debordato su tutta la faccia ed il muso le si allungava ed imbruttiva come quello di una scimmia ad ogni pulsazione del corpo.
La coda azzurra, ora, era spessa come un palo della luce…

  
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