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Autore: Nanamin    21/06/2021    1 recensioni
Tara è una ragazza normale: studia, esce con gli amici, è preoccupata per gli esami, ha una cotta. La sua vita tranquilla continua, finché strani eventi cominciano ad accaderle, accompagnati da inspiegabili mal di testa.
Tara è una ragazza con un enorme potere sopito dentro di sé. Un potere che porterà grandi menti a scontrarsi, interi Paesi a sollevarsi e costringerà i Titans a fare i conti con i fantasmi di un passato che credevano ormai perduto.
-
“Sei sicura di volere questo? Che nessuno si ricordi di te? Pensi di ripartire da zero?”
Red X si alzò e si appoggiò al muro.
“La verità è che non puoi cambiare così. Tutto si ripeterà finché non rimarrai da sola.”
“Perché?”
La voce di Terra uscì roca dalla sua bocca. Red X fece una smorfia.
“Perché anche se le persone e i luoghi intorno a te non sono più gli stessi, sei sempre tu.”
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Red X, Robin, Terra, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Aggiungo questa piccola nota pre capitolo per avvertire della presenza di una scena piuttosto violenta.

 







IL DISTRUTTORE

 

 

 

 

 

 

 

Zero corse verso il portone. Le orecchie le fischiavano e non aveva intenzione di rimanere in quella stanza un minuto di più. Appena aveva visto Robin accasciarsi al suolo, aveva deciso che quello sarebbe stato il momento giusto per andarsene.
E quindi corse. I piedi nudi sbattevano sul marmo freddo; i suoi occhi s'illuminarono. Subito una pietra s'alzò da terra. Con un gesto la scaraventò verso la porta, sfondandola.
Mancava solo l'ingresso e poi finalmente se ne sarebbe andata da sua sorella. Basta con sua madre, basta con suo padre, basta con tutti. Sarebbero state solo lei e Quattro, finalmente dopo un tempo che le sembrava infinito.
Prese la rincorsa e saltò la gigantesca scalinata che la separava dall'entrata, mentre faceva levitare una lastra di marmo. Zero vi atterrò e s'accovacciò per acquistare velocità.
Un guizzo, nella coda dell'occhio, un luccichio scarlatto. Non volevano lasciarla andare.
Sbatté la mano sulla pietra per farla ruotare su se stessa a novanta gradi mentre lei s'issava con una mano al bordo e con i piedi a fare leva. Il marmo si girò di scatto e si pose in posizione verticale, parando tre batarang che si conficcarono perfettamente al centro. Si voltò all'indietro per vedere la porta che s'avvicinava: con un gemito fece ruotare la lastra su se stessa descrivendo un salto mortale e con i piedi la lanciò verso l'entrata.
La roccia volò veloce verso la destinazione e si schiantò, spaccandosi però in due come una mela. Al suo posto, tra i detriti, un ragazzo in tuta colorata: Robin.
Il leader dei Titans ruotò il bastone con mossa agile e si pose in posizione da combattimento.
“Di qui non passi.” disse.
Zero atterrò per terra e si strappò ancora di più il vestito in modo che fossero libere anche le ginocchia e le braccia.
“Fatti da parte.”
Robin scattò e lanciò due batarang. Zero li schivò scartando su un lato, quando un terzo la colpì sulla guancia, tagliandola.
Emise un gemito, una goccia di sangue scese dal suo volto, arrivando al mento. Robin era di fronte a lei e la provocava facendole segno di avvicinarsi con la mano.Il taglio si rimarginò così com'era stato fatto.
“Perché lo stai facendo?” chiese il ragazzo.

I pugni di Zero s'illuminarono e due zolle s'alzarono spaccando il terreno. Urlando le lanciò verso di lui, una dietro l'altra. Robin caricò sulle gambe e saltò: atterrò sulla prima e la usò come piattaforma per balzare verso di lei con il bastone sguainato.
Zero chiamò a sé frammenti di marmo che corsero a ricoprire il suo avambraccio destro, come uno scudo. L'impatto con l'arma le fece fare una smorfia, l'onda d'urto si propago lungo tutto il suo arto.
Per un secondo si trovarono faccia a faccia, occhi negli occhi.
“Quattro.” rispose, per poi scaraventarlo via con un colpo.
Robin saltò all'indietro facendo una capovolta. Zero corse verso di lui, compattando il marmo su tutta la sua mano come un guanto. Affondò un pugno, ma Robin lo schivò e le prese il braccio, torcendoglielo dietro alla schiena.
“Quattro?”
Una fitta di dolore la prese fino alla spalla per poi sopirsi e riacutizzarsi a ondate. Con l'altro braccio gli diede una gomitata che lo colpì allo zigomo, allentando la presa del ragazzo per un secondo, quello che le bastava per piegarsi e ruotare facendogli lo sgambetto.
Robin cadde a terra. Zero lo sovrastò e caricò il colpo per poi scaraventare il pugno a terra. Il leader rotolò alla sua destra e osservò con orrore il cratere che si era formato dove prima c'era la sua faccia. Le lanciò una pallina addosso: una nuvola si fumo esplose e le appannò la vista entrandole anche nelle narici. Zero si portò la mano alla bocca e tossì piegandosi mentre cercava di vedere, ma sentiva gli occhi lacrimare e il fumo irritarle la trachea continuando a farla tossire.
Qualche secondo dopo, non appena il fumo si diradò, Robin era sparito. La ragazza si passò una mano in volto per pulirsi dai detriti e riprese a correre verso l'entrata. Quattro era l'unica persona per cui era lì, non le interessava minimamente del resto.
Uno stuolo di batarang si conficcarono nel pavimento di fronte a lei, a palizzata, prendendo a lampeggiare sempre più veloci. Zero si coprì appena in tempo prima dell'esplosione e si girò di scatto alle sue spalle, Robin era lì a pochi centimetri da lei.
“Buh.”
La ragazza eresse un muro d'istinto a dividerli, quando alle sue spalle udì un altro fruscio. Come? Si girò di nuovo e fece appena in tempo a pararsi con le braccia mentre il bastone di Robin cadeva rovinosamente sui suoi polsi. Urlò di dolore mentre sentiva le ossa frantumarsi al contatto e crollò a terra. Passò qualche secondo e il dolore diminuì, mentre sentiva le sue membra tornare a posto e rinsaldarsi. Robin la fissava concentrato, senza un filo di stanchezza. La rabbia le montò in corpo come non aveva mai fatto prima. C'era sempre di mezzo qualcuno, sempre. L'intero mondo aveva deciso di complottare per vederla infelice. Posò una mano aperta sul pavimento: dalle sue dita partì una spaccatura che si diresse fulminea verso i piedi del ragazzo. Lui saltò e le tirò altri batarang diretti al volto. Zero alzò il braccio ricoperto i marmo per pararsi il viso, quando qualcosa la colpì al fianco.
Urlò mentre crollava a terra e rotolava, con una fitta al fianco. Cercò di riprendere fiato mentre vicino a lei atterrava Robin.
Il ragazzo allungò il bastone e si mise in posizione. Zero si rimise in piedi e urlò, scatenando tutto quello che aveva in corpo. Il marmo si compattò ancora di più sul suo pugno e gli tirò un montante dritto nello stomaco, andando a segno.

Il ragazzo urlò. Il suo corpo volò all'indietro sotto la botta e cadde per terra a peso morto.
Zero lasciò che la terra liberasse il suo braccio e i suoi occhi s'illuminarono d'azzurrino mentre i detriti si piegavano sotto al suo volere e saettarono verso Robin. Lo ancorarono al suolo per le caviglie e per i polsi, immobilizzandolo.
Il ragazzo gemeva ancora a terra per il colpo inflitto: il suo volto era deformato dal dolore e la schiena cercava di contorcersi, ma era bloccata dal marmo.
“Dovevi lasciarmi fare.”
Robin la guardò con odio.
“Vuoi ammazzare qualcun altro nel mentre?”
Zero lo guardò. Non capiva di cosa stesse parlando. Aveva i ricordi di Terra, sapeva che il ragazzo che aveva colpito non era niente per lui, allora perché prendersela tanto?
S'avvicinò al leader e si chinò vicino a lui.
“Non era per lui il proiettile.”
Robin la fissò, sembrava esterrefatto dalle sue parole.
“Pensi cambi qualcosa? Ma hai mai voluto bene a qualcuno in vita tua?”
La voce del ragazzo uscì violenta tra una fitta e l'altra, mentre cercava di divincolarsi dalla stretta.
Zero si rabbuiò. Non sapeva nemmeno perché stesse perdendo tempo a parlarci. Per Slade, o per sua madre, per quanto avesse importanza, avrebbe dovuto eliminarlo subito. Tanto non la capivano. Ogni volta che provava a dialogare con loro la guardavano come se fosse uno strano animale.
“Per questo sono qui,” si limitò a rispondere.
Strinse il pugno mentre una zolla si sollevava dal terreno. Senza nemmeno guardarla la scolpì a cuneo, come un enorme pugnale.
“Devo ucciderti.”
Robin assottigliò gli occhi mentre la guardava. Il suo respiro era più lento e l'espressione non sembrava nemmeno più arrabbiata. Era... sconfortata.
“Potevi essere libera.”
Zero aggrottò la fronte. Avvicinò la mano al volto del ragazzo e prese la maschera tra indice e pollice, la tolse con delicatezza. Sotto di lei, un volto che aveva immaginato di non vedere più.
“Non sei Robin.”
X le rivolse lo sguardo, gli occhi delusi e non rispose.
“Purtroppo lo è.”
Zero sussultò, la voce veniva dalle sue spalle. Fece per girarsi me una mano le tappò la bocca, sbattendole un sassolino nel palato. Robin la avvolse con il corpo tenendola ferma mentre premeva le dita sulle sue labbra.
Zero tentò di tossire ma fu tutto inutile, la pillola scese nella sua gola diretta verso lo stomaco.
Un senso di fastidio la invase, mentre perdeva il controllo del pugnale di terra, che cadde al suolo con un tonfo.
La testa iniziò a girarle, mentre la nausea saliva fino alla sua bocca dove sentì un sapore amaro e impastato. Lo stomaco si contorse in una morsa mentre la vista s'annebbiava.
Crollò all'indietro e sentì delle braccia prenderla al volo. Ormai non vedeva più e nelle orecchie solo un ronzio.
 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

 

Il laboratorio s'aprì immenso e scuro, ricoperto di metallo come un'enorme scatola decorata a bulloni. I suoi passi riecheggiarono nell'eco dei macchinari spenti, che ne definivano il perimetro come dei gargoyle moderni.
La punta della katana strisciava sul pavimento, lasciando uno stridio fastidioso che sembrava un grido disperato e agonizzante.
Di fronte a lui, un uomo era ricurvo sul terminale principale, dandogli le spalle.
“Dov'è.”
Il corpo dell'uomo venne sconvolto da un sussulto.
“Sei arrivato tardi,” mormorò.

Fece un altro passo, la katana si sollevò dal pavimento.
“Ho chiesto,” iniziò mentre il suo unico occhio si assottigliava, “dov'è.”

La punta della spada sfiorò il collo dello scienziato: una goccia di sangue scarlatto affiorò e rimase immobile, senza osare scorrere.
L'uomo alzò le mani verso l'alto, piano. Le braccia tremavano così tanto da sembrare scosse da attacchi convulsivi; sul collo la pelle d'oca.
“Non c'entro niente, te lo giuro!”
Slade inspirò. Sentì l'aria entrare nelle sue narici e percorrere gelida la sua trachea e i suoi bronchi, fino ai polmoni.
“Girati, Mark.”

L'uomo si girò: il viso era bianco, cereo, le labbra sottili semiaperte. Gli occhi erano arrossati, vitrei e il naso paonazzo. Stava piangendo.
“Ti-ti prego...” cadde in ginocchio e giunse le mani in preghiera. “Farò tutto ciò che vuoi, te lo giuro!”

Slade inclinò la testa di lato, alla sua destra, poi alla sua sinistra. Il collo scrocchiò due volte. Avvicinò la spada al mento dello scienziato e tirò su il suo volto con l'acciaio.
“Allora, puoi rispondere a una semplice domanda. Dov'è Grant.” Ripeté, scandendo bene le parole. La sua voce vibrò un istante nel pronunciare quel nome, per la prima volta dopo anni.
“N-non...”
“Dove.”
“N-non...”

Mark Hale singhiozzò, le lacrime cadevano copiose dalle sue guance, mentre il volto diventava viola. Piantò gli occhi in quello di Slade.
“T-te lo giuro! È stata lei! Te lo giuro su Dio!”
Lo scarpone del mercenario piombò sul suo volto sbattendolo per terra. Il dottore s'accasciò sul pavimento urlando per il dolore e portandosi le mani al naso. Il sangue colò tra le dita imbrattando le maniche del camice accompagnato dai lamenti.
“Cos'avete fatto a mio figlio, Mark.”
La voce uscì fredda dalla sua bocca, tagliente come la lama di metallo. Slade s'abbassò sull'uomo agonizzante.
“Cos'hai fatto a mio figlio!” Urlò, tirandogli un pugno in volto.
Lo scienziato urlò straziato e crollò sul fianco, singhiozzando e tossendo in una pozza di sangue. Da lui uscirono solo dei borbottii.
Slade affondò la mano sul suo collo. Nonostante la stazza riusciva quasi a segnarne tutto il contorno con le dita. S'alzò, portando quella carcassa d'uomo con sé.
“Cos'hai detto?”
Il dottor Hale tossì, imbrattando di rosso il guanto del mercenario.
“P-posso...” rantolò “portarti...”
“Da lei?” concluse Slade.
Lo scienziato inspirò con un fischio e gli occhi a mezz'asta, per poi annuire con un flebile cenno del capo.
Slade strinse le dita attorno alla gola dell'uomo: la pelle si compresse senza fatica, come fosse di burro. Le palpebre del dottore si spalancarono, i bulbi oculari quasi fuori dalle orbite; le sue mani s'alzarono verso quella di Slade, graffiandola, ma le sue unghie non furono altro che carezze.
Il petto era immobile, mentre le vene riaffiorarono su tutto il suo volto come intrecci di una ragnatela sulla pelle cadaverica.
“Non ce ne sarà bisogno.”
Slade s'avvicinò al volto dell'uomo, mentre la morsa delle sue dita aumentava. Il suo viso divenne bluastro e nelle sue pupille dilatate l'occhio di Slade apparve come un unico tizzone ardente.
“Ti faccio una promessa, Mark.”
Slade lasciò la presa. Il dottor Hale crollò al suolo in un tonfo. Con un rantolò spalancò la bocca e il suo petto s'allargò a dismisura per far entrare più aria possibile. Rimase qualche secondo riverso a terra come un animale in punto di morte.
Il mercenario lo girò riverso sulla schiena usando la suola della scarpa. Il volto dell'uomo riprese un po' di colore, mentre gli occhi non riuscivano a staccarsi dal suo e le labbra spaccate respiravano un misto di ossigeno e sangue.
“Una volta finito qui, cercherò Elise.”
Slade assottigliò l'occhio mentre lo guardava, freddo.
“Cercherò Elise.” ripeté “E poi, cercherò Edward. E li troverò; mi vedranno in ogni vicolo, in ogni riflesso, in ogni ombra.”
Slade puntò di nuovo la spada sull'uomo, stavolta a sfiorare il petto.
“Diventerò il loro primo pensiero la mattina e l'ultimo prima di dormire. E poi, solamente poi...”
Spinse sul manico della katana e affondò la punta di un centimetro nel suo costato. Il dottor Hale gettò un urlo.
“...pagheranno anche loro per i tuoi errori.”
Il dottor Hale lo guardò, terrorizzato. Slade abbassò la spada con un colpo secco.
Tutto tacque. Per qualche secondo niente ruppe il silenzio nel laboratorio, mentre il mercenario guardava con aria vuota il terminale e i documenti accatastati alla rinfusa.
Estrasse la katana dal corpo dell'uomo: la lama scorse docile in un rumore ovattato. S'avvicinò al tavolo lasciando una scia di sangue come un animale ferito.
Spostò i file con la mano sinistra, scorrendo con le dita sui loro dorsi, finché la sua mano non tentennò. Prese un fascicolo rosato. Sulla copertina capeggiava una scritta a penna in una grafia disordinata.

 

 

P. RAVAGER

 


Lo aprì. La foto di un ragazzo moro dai capelli corti lo guardò di rimando. Slade sentì una fitta al cuore, che però non arrivò al suo viso imperscrutabile.
Gettò l'occhio sui documenti al suo interno. Credenziali, data di nascita, stato generale di salute mentale e fisica, data del ricovero: 06/09/2000.
Scorse i fogli velocemente fino agli ultimi, risalenti a pochi mesi prima. Analisi, fogli di operazioni, prove neurologiche.
Appoggiò la katana sul terminale, imbrattando di sangue la tastiera e poi spostò il peso su entrambe le mani sul tavolo. Si permise un lungo sospiro. Il penultimo foglio era in realtà una lunga lista di prelievi.

17 luglio 2006
27 luglio 2006
6 agosto 2006...

Slade scorse l'indice sulle date, precise come un orologio svizzero. Una ogni dieci giorni, per due anni. Sul retro, queste si bloccavano improvvisamente.

11 marzo 2008
Era l'ultima. Una grossa D era segnata a penna vicino a quella data.
Soppesò ancora una volta tutti quei numeri e passò al foglio successivo.
 

13/03/2008


Grant Wilson
13/08/1986
Sex: M
Blood Type: 0+


Attività elettrica corteccia cerebrale:
ASSENTE

Prova di apnea: NEGATIVA – pH 7.0 - pCO2 87 mmHg
Riflessi dei nervi cranici: ASSENTI


Conclusioni:

Il paziente può essere dichiarato clinicamente morto.


Appoggiò il palmo della mano sul foglio e rimase in attesa per qualche secondo senza nemmeno respirare. Più lo leggeva più il nome Grant Wilson s'insinuava nella sua testa.
 

 

 


Grant rivolse gli occhi azzurri alla lama di fronte a lui. La fronte tradiva un'espressione concentrata. Non parlò, rimase in attesa d'istruzioni.
“Questo è l’abura nuguishi,” disse Slade, porgendogli un foglio. “Fallo scorrere sul metallo, stando ben attento a non tralasciare nulla.”
Grant annuì e lo passò con attenzione lungo tutta la lunghezza della katana.
“Proteggerà la spada.”
Il ragazzo continuò a massaggiarla con la carta, assorto.
“Qualcosa ti preoccupa?”
Slade si chinò al fianco del figlio, che si trovava seduto a gambe incrociate sul tatami. Addosso, un'armatura simile alla sua, ma nera come la pece. Vicino alla sua coscia, una maschera con due occhi anch'essa nera.
Grant sollevò il volto e abbozzò un sorriso.
È la prima missione all'estero.”
Slade appoggiò una mano sulla spalla del figlio.
“Sei pronto.”
Il ragazzo gli rivolse un enorme sorriso, che però non incontrò uno sguardo più indulgente.
Slade si alzò in piedi e scoccò un'altra occhiata severa, ma calma al figlio.
“Ricordati che puntiamo alla perfezione.”


 

Chiuse il pugno e accartocciò il foglio, poi lo lasciò cadere a terra. Dopo di quello rimaneva solo il fondo di cartoncino del plico. Riprese a scorrere i fogli a ritroso, finché non tornò al primo.
Osservò con occhio vuoto il volto del figlio, l'espressione fiera e quei lineamenti tanto simili ai suoi.
Avvicinò le dita alla fototessera e la staccò con un colpo secco. Le grappette che la tenevano fissata saltarono con un tintinnio.
Si sentì scrutato da quelle iridi azzurre, ma non disse nulla. Portò la foto al petto e la infilò in una tasca nascosta. Riprese la katana con la mano e s'allontanò dal terminale: dei rumori provenivano dal corridoio, rumori di passi.
Si girò e gettò uno sguardo sullo scienziato riverso per terra come un sacco abbandonato. Attorno a lui la pozza di sangue s'era ingrandita a dismisura.
“Non preoccuparti Mark.”

Tirò fuori dalla tasca il suo localizzatore: un puntino rosso lampeggiava silente verso nord.

Si diresse verso la porta al lato opposto della sala e si fermò un secondo sull'uscio, senza nemmeno voltarsi indietro e con la spada ancora gocciolante al suo fianco.
“Non è nulla rispetto a quello che accadrà a lei.”
 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 



 

“Chi ha ordinato l'attentato?”
Jason guardò il re di Markovia chinarsi su di Rose. La ragazza era legata a una sedia, con la testa ciondolante e lo sguardo vitreo. Il suo intero corpo era abbandonato allo schienale come un sacco di patate e faceva fatica a tenere gli occhi aperti.
Rivolse lo sguardo verso Dick, preoccupato. Il fratello gli poggiò una mano sulla spalla a mo' di coraggio.
“Si rimetterà,” gli sussurrò.
Jason distolse lo sguardo e tornò a Rose, che ora sembrava così esile e indifesa. La ragazza tirò su la testa, facendola cadere all'indietro.
Mamma...” mormorò.
Gregor Markov fece un cenno alle guardie vicino a lui, che s'avvicinarono alla ragazza e le presero la testa, issandola bene sul collo. Jason s'irrigidì.
“Ho bisogno di un nome.”
Rose socchiuse gli occhi e sbatté le palpebre diverse volte, per poi fissare lo sguardo sul re. Dopo venti minuti, quello era il primo momento in cui sembrava vederlo.
“Ho bisogno di un nome,” ripeté lui.
Era composto come al solito, ma aveva gli occhi rossi e le guance scavate, come se fosse invecchiato di vent'anni all'improvviso.
“L'attentato...”
Rose aprì le labbra secche e boccheggi come un pesce fuori dall'acqua.
“È stata...”
Rose gettò un grido di dolore mentre la schiena s'inarcava come se fosse stata investita da una scossa elettrica. Urlò e i muscoli si contrassero. Lacrime uscirono dai suoi occhi.
“Rose!”
Jason fece per raggiungerla, ma Dick lo fermò per un braccio. Si girò verso il fratello, guardandolo allarmato. Lo sguardo che Dick gli rivolse era rassegnato e dispiaciuto.
La ragazza non sembrò nemmeno sentirlo. Cercò di recuperare il respiro a bocca aperta, mentre la pelle era ancora più pallida del solito.
“Vittings...”
Il volto del re cambiò espressione.
“Che cosa?”
Rose alzò la testa mentre rantolava e gettò lo sguardo direttamente in quello del re.
“Vittings...” ripeté.
“No!”
Tutti si girarono verso l'uomo in alta uniforme che indietreggiava, bianco in volto.
“Mente! Sta mentendo!”
La ragazza si bloccò e chiuse gli occhi, per poi riaprirli. Guardava fisso di fronte a sé ma sembrava non vedesse nessuno davvero. La voce che uscì poi, era monocorde e incolore, senza alcuna espressione.
“Vittings mi ha ordinato di uccidere Gregor Markov, re di Markovia. Voleva il trono e io gliel'ho dato. Per questo mi ha cercata, mi ha promesso soldi. Voleva il trono e io gliel'ho dato.”
Una volta finite quelle parole, la ragazza svenne.
Gregor Markov si girò verso il primo ministro e stese la mano contro di lui.
“Primo ministro Vittings, sarai citato in giudizio per alto tradimento.”
L'uomo alzò le braccia, mentre le guardie s'avvicinavano a lui per arrestarlo.
“Non sono stato io! Lo giuro! È stata la dottoressa Jace! Prendete lei!”
“Silenzio!”
Il re chiuse il pugno e lo riportò al suo fianco. Aveva le occhiaie e le labbra serrate, i capelli fuori posto e tutto il suo corpo tremava di rabbia.
Osservò il primo ministro venire ammanettato e accompagnato all'uscita. Con lui, se ne andava anche Rose, portata in braccio da un'altra guardia.
Jason guardò il suo braccio ciondolare e la testa rivolta all'indietro e il suo cuore di chiuse in una morsa, mentre la gola si seccava.
“Non pensavo le fossi così affezionato.”
Jason continuò a guardare avanti mentre uscivano dal palazzo. Il re di Markovia stava procedendo a passo veloce verso il giardino sul retro, dove avevano sistemato Brion.
Il parco s'aprì di fronte a loro, scuro sotto la cupola di pietra come fosse mezzanotte. Robin la guardò confuso, portando una mano al ricevitore.
X prese il suo telefono e inviò un messaggio. Così com'era stato inviato, un'altra scossa pervase l'area. La cupola iniziò ad aprirsi e i raggi a filtrare attraverso di essa. Robin e gli uomini all'interno dell'area spalancarono la bocca mentre i muri scivolavano all'interno del terreno tornando un tutt'uno.
Jason abbozzò un sorriso nel guardare quella scena. In una nuvola di polvere, la muraglia sparì e con lei la scossa: la luce del giorno invase il parco violenta, dando fastidio agli occhi ormai abituati alla penombra. Di fronte a loro, Terra li aspettava con Beast Boy sotto forma di rapace sulla sua spalla. La ragazza sorrise mentre accarezzava l'aquila sotto al becco con l'indice.

 

 

 

 

 

***


 

 


 

Raven condusse Cyborg e Starfire lungo il corridoio sotterraneo, lì dov'era arrivata utilizzando i suoi poteri. Si erano spostati più di quanto avessero immaginato. Senza i portali della ragazza sarebbero a malapena usciti dal palazzo.
I tre camminavano stretti tra di loro e in silenzio stando attenti a ogni minimo rumore. Nella luce bassa le uniche vere fonti di luminosità erano l'energia di Star e il cannone di Cyborg.
Arrivarono di fronte a una porta chiusa, apribile solo attraverso una password.
L'androide s'avvicinò al terminale e cominciò a digitare dei numeri che comparvero sul display, ma questo lampeggiò di verde, come disabilitato.
“Qualcuno è arrivato prima di noi.”
Cyborg dette un colpetto alla porta e questa s'aprì obbediente. La questione non prometteva nulla di buono.

Non appena entrati un odore forte pizzicò le sue narici: Raven si portò la mano al naso disgustata, quando Star cacciò uno strillo.
Allarmata richiamò subito la sua energia che le scorse nelle vene come un fiume in piena. Star indicò di fronte a loro.
Sul pavimento giaceva un cadavere, immerso in una gigantesca pozza di sangue. Cyborg avanzò col cannone puntato, attento a ogni possibile minaccia. Raven stese la mano sull'uomo. Il volto era completamente tumefatto e gli occhi ancora aperti, terrorizzati.
L'energia nera si posò su di lui e lo ripulì dal sangue, rivelando la causa della morte: una grande ferita nel petto. La ragazza si chinò su di lui e con la sua magia gli abbassò le palpebre, per poi staccare il cartellino dal taschino del camice.
“Il dottor Hale.”
Cyborg s'avvicinò al terminale, dove molti plichi erano accatastati alla rinfusa. Starfire lo seguì, levitando curiosa alle sue spalle. La ragazza indicò il fascicolo aperto, con le sopracciglia aggrottate.
“Cos'è quello?”
Il ragazzo scartabellò veloce il plico, per poi fermarsi al nome: P. Ravager. Sospirò e raccolse tutti i plichi che sembravano interessanti.
“Niente di buono,” rispose, mentre li metteva da parte per riportarli indietro.
“C'è una traccia.”
Raven indicò la scia di sangue che goccia per goccia segnava una via sul pavimento. I ragazzi si guardarono per un secondo e annuirono, prendendo a seguirla.
Questa li portò per dei corridoi, fino a scomparire di fronte a una parete vuota. Cyborg le dette un colpo con le nocche per cercare di capire se fosse vuota.
“Sembra ci sia qualcosa.”
Raven appoggiò la mano al muro.
“Azarath Metrion Zinthos!”
Un portale nero s'aprì sulla parete e la ragazza passò, seguita dagli amici.
Una sala enorme s'aprì di fronte a loro, tanto enorme da non vedere la fine. Era illuminata da file e file di luci al neon, fredde e incolori.
“Slade!”
Il mercenario era di fronte a loro, katana ancora grondante di sangue, e dava loro le spalle. Guardava dritto avanti a sé, in alto, senza rispondere.
Cyborg caricò il cannone e lo puntò dritto alla schiena dell'uomo, in mezzo alle scapole.
“Fossi in te mi girerei.”

Lui non reagì.
I ragazzi seguirono il suo sguardo, scavalcando la sua figura e puntando alla giusta direzione: il loro volto si dipinse di terrore.

“Dobbiamo andarcene di qui.”
“È troppo tardi.”
Le parole uscirono da Slade in un soffio. Raven rabbrividì, era la prima volta nella sua vita che lo sentiva spaventato.
Per l'intera distesa di fronte a loro, si trovavano capsule e capsule, inondate di uno strano liquido vischioso. A centinaia, forse migliaia.
Raven s'avvicinò al vetro di una delle capsule, alzò la mano e lasciò che questa s'illuminasse. Il bagliore rischiarò la superficie impolverata. Dentro al liquido azzurrino si distinse il volto addormentato di un ragazzo con i capelli biondi. Sussultò, spaventata.
Starfire fece lo stesso e mostrò lo stesso risultato. La ragazza mormorò:
“Sono tutti...”
“Cloni,” concluse Cyborg.
Si girarono tutti e tre verso Slade, che era rimasto immobile a guardare una teca più grande tra le altre. L'uomo s'avvicinò a essa e poggiò la mano sul vetro. Dal liquido scuro comparve una figura più grande di lui, immersa. Del suo volto rimaneva giusto una metà, mentre l'altra era coperta di placche metalliche con incastonato un occhio artificiale, spento. Al posto della bocca una maschera, dalla quale originavano dei tubi che passavano sotto al suo braccio sinistro, connettendosi alla schiena in altre placche metalliche.
“Cosa gli hai fatto!?”
Slade urlò in mezzo a tutto il laboratorio. I ragazzi si zittirono mentre videro l'uomo accasciarsi in ginocchio di fronte alla capsula. Il mercenario batté un pugno sul vetro.
“Cosa gli hai fatto...”
“Quello che tu non sei riuscito a fare. Renderlo perfetto.”
Raven rabbrividì, mentre Cyborg puntava il cannone in aria, cercando un bersaglio.

La voce di Anne Markov rimbombò nello spazio, senza un'origine fino a che il suo viso non comparve su un enorme terminale sullo sfondo. Gli occhi della dottoressa s'illuminarono di uno strano luccichio mentre pronunciava quelle parole.
Starfire strinse i pugni e venne circondata da un alone d'energia verde.
“Sei fuori di testa!”
La donna rise e li guardò dritti negli occhi.
“Prego, unitevi all'ultimo atto.”

Starfire s'alzò in volo, come a volersi mettere allo stesso piano della donna.
“Anne! Fermati!”
Slade si tirò su in piedi, tendendo ancora la mano sul vetro. Con la maschera era impossibile decifrarne l'espressione.
“Quella non è Anne Markov, quella è la dottoressa Helga Jace.”
La donna nello schermo rise di nuovo.
“Guardate i miei bambini. Guardate la nuova razza umana: finalmente avranno il posto che si meritano in questo mondo.”
Poi fissò gli occhi di nuovo sul mercenario.
“Non sarebbe mai stato possibile senza di te, grazie Wilson. Le tue doti e la tua ottusità insieme hanno portato a questo.”
Lo schermo si spense e le capsule s'illuminarono all'improvviso e con loro il liquido all'interno. Slade s'allontanò e strinse le dita attorno all'impugnatura della katana.
Raven levitò a mezz'aria con aloni d'energia attorno alle mani, così come Starfire. Se c'era una cosa che non avrebbe mai immaginato, era la possibilità di combattere al fianco di Slade. Ma in quel momento non c'era tempo di recriminare.
“È un intero esercito, non ce la possiamo fare!”
Cyborg indietreggiò di un passo. Il liquido all'interno delle capsule cominciò a brillare sempre di più d'azzurro per poi abbassarsi, scoprendo i soldati al suo interno.
“Cosa fate? Fuggite!”
Era stato Slade a parlare, mentre rimaneva immobile di fronte alla teca più grande, non curandosi delle altre, impassibile.
“Dobbiamo avvertire gli altri!”
Raven aprì un portale dietro di loro.
“Andiamo!”
Cyborg e Starfire s'avvicinarono al vortice e si girarono indietro.
“Slade!”
L'uomo rimase a specchiarsi nel vetro, senza nessuna intenzione di volersi muovere. Anche quel liquido iniziò ad abbassarsi, lento e silenzioso.
“Io rimango.” Disse, mentre fissava in trance l'essere all'interno.
L'oscurità li avvolse come una coperta fredda. L'occhio rosso del soldato s'accese, Slade rimase a guardarlo mentre si posava su di lui.












Note dell'autrice
Salve a tutti. Decisamente prima del solito questa volta, a malapena a una settimana di distanza. Che dire, spero di non aver osato troppo con questo capitolo. Sono preoccupata di non aver messo abbastanza indizi lungo tutta la storia su quello che stava per accadere. Spero che, anche in quel caso, rimanga di vostro gradimento. 
La cosa più difficile è stata il personaggio di Slade, come poi vedremo anche nei prossimi capitoli. Sono abbastanz ain hype per come andrà: si preannunciano battaglie che occuperanno almeno i prossimi due capitoli.
Siamo alla battuta finale e non vedo l'ora di finire questa storia.
Per qualsiasi domanda non esistate a chiedere. Spero di vedere qualche recensione.
Questa ost mi ha aiutato nel descrivere los contro Robin - Robin - Zero:

https://www.youtube.com/watch?v=kYX1XEVvvXU

È presa da Avatar the last airbender che vi consiglio di vedere.
Per la parte di Slade vs il dr Hale invece, mi sono lasciata ispirare da questa:

https://www.youtube.com/watch?v=0jXTBAGv9ZQ


Per la parte finale e per quello che sarà tutto il resto della battaglia, da queste due: 

https://www.youtube.com/watch?v=958p0qtFzdk&t=250s

https://www.youtube.com/watch?v=aR-KAldshAE

Grazie a tutti quelli che sono arrivati fino a qui!
Buon pomeriggio e buon inizio settimana 

xx C






 

   
 
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