Serie TV > Rizzoli & Isles
Ricorda la storia  |      
Autore: Zorn    21/06/2021    3 recensioni
[Fastidio
Era questo quello che provava Jane ogni volta che vedeva qualcuno flirtare con Maura. Certo, non che ci fosse qualcosa di male. Maura era libera di fare quello che voleva e con chi voleva. Anche se il problema era che molto spesso, troppo spesso, Maura non si rendeva neanche conto che qualcuno ci stesse provando. Magari se ne stava semplicemente lì a parlare con quel tipo, o tipa, con il suo stupido sorriso cortese stampato in faccia, con il suo stupido vestito firmato che le stava stupidamente bene e con quegli stupidi tacchi che voleva sempre indossare e che le valorizzavano la figura già stupenda di per sé.
Era quando capitavano scene simili che Jane provava fastidio.]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Jane Rizzoli, Maura Isles
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Fastidio

Era questo quello che provava Jane ogni volta che vedeva qualcuno flirtare con Maura. Certo, non che ci fosse qualcosa di male. Maura era libera di fare quello che voleva e con chi voleva. Anche se il problema era che molto spesso, troppo spesso, Maura non si rendeva neanche conto che qualcuno ci stesse provando. Magari se ne stava semplicemente lì a parlare con quel tipo, o tipa, con il suo stupido sorriso cortese stampato in faccia, con il suo stupido vestito firmato che le stava stupidamente bene e con quegli stupidi tacchi che voleva sempre indossare e che le valorizzavano la figura già stupenda di per sé.

Era quando capitavano scene simili che Jane provava fastidio.

Fastidio perché Maura non si rendeva conto di nulla e lei doveva sempre intervenire a salvarla. O almeno, salvarla era il termine che Jane si ripeteva per sentirsi meno in colpa del fatto che cercava, ogni volta, di scacciare via un eventuale pretendente.

Maura, però, non si rendeva conto nemmeno di questo e Jane non sapeva ancora definire se fosse un bene o un male. Certo, il fatto che lei non capisse che la sua migliore amica era innamorata di lei da un lato la confortava perché poteva continuare a fingere che fosse tutto come sempre; dall’altro la divorava perché l’impulso di prenderla, spingerla contro la scrivania del suo studio e farla sua, magari mentre le ripeteva quanto l’amasse, diventava sempre più forte.

Ma questo era niente in confronto a quando Maura le chiedeva consiglio su qualcuno che aveva catturato la sua attenzione o quando voleva raccontarle i dettagli di un’avventura. Ecco sì, forse, in quei momenti, Jane sentiva più che un semplice fastidio, però cosa poteva fare? Gridarle di smetterla perché mentre le raccontava della sua avventura le era venuta una gran voglia di prendere le manette, andare da quel tipo e arrestarlo così da non vederlo – e non farlo vedere a Maura – mai più? O forse avrebbe potuto dirle che l’amava e il solo immaginarsi qualcun altro vicino a lei le faceva venire voglia di salire al quinto piano di un palazzo e gettarsi giù?

All’inizio non aveva fatto caso alle fitte al cuore e al nervosismo crescente. Certo, non le piaceva molto parlare dell’argomento però credeva fosse perché era per natura riservata e quindi provasse un leggero fastidio quando qualcuno le parlava di cose simili.

Sì sì, molto convincente detective. Ripetilo ancora, magari ci credi.

Il suo fastidio non era certo dovuto a quello e non era nemmeno così leggero come si ostinava a credere.

Il suo fastidio era che Maura, ai suoi occhi – e non solo ai suoi – appariva perfetta e lei se ne era perdutamente innamorata e nessuno riusciva a sconvolgerle il sistema nervoso come faceva lei.

Solo che Jane era così impegnata ad avere fastidio che non si era accorta che da un bel po’ di tempo – anche troppo in effetti – Maura non usciva con nessuno e non parlava più di nessun flirt. Inoltre, non si era nemmeno resa conto che la Dottoressa Isles la cercava sempre più insistentemente e la invitava sempre più spesso a dormire a casa sua. Inviti che Jane, per paura di sentire qualcosa di sgradevole o per paura di fare qualcosa di inappropriato, rifiutava.

Quella mattina il fastidio di Jane arrivò ad una soglia tale che la tentazione di prendere la pistola e sparare a quel tipo era così impellente che (s)fortunatamente era arrivata una telefonata per un caso su cui lavorare.

“Cinque minuti e sono da voi” aveva ringhiato ad un ignaro Korsak mentre guardava Maura flirtare con quel tipo. Si era avvicinata con la faccia più gentile che fosse in grado di adottare in quel momento ma, a giudicare dall’occhiata confusa di Maura, Jane non ci era riuscita più di tanto. Voleva semplicemente presentarsi, capire chi fosse quel manichino biondo e, giusto così per conoscersi, avere anche qualche informazione in più per sbatterlo dentro. Ovviamente, la Regina dei morti aveva continuato a parlare come se nulla fosse e le aveva presentato Andrè. “Cosa dici Andrè? Ah, sei un dottore quindi? Un medico legale  proprio come la Dottoressa Isles? Non mi dire. Disturbo? No, ma quale disturbo, continua a provarci tranquillamente con l’amore della mia vita mentre io spero che ti cada il soffitto addosso”.

Dio che fastidio.

Eppure, Jane si era allenata tanto per acquisire un certo autocontrollo ma davanti ad Andrè non ci riusciva e, peggio, era dovuta andare sulla scena del crimine e lasciare Maura con lui. Sola. L’unica cosa che aveva potuto fare era ingoiare il groppo in gola che si era formato, salutarli con tutta l’educazione e la pazienza di cui era capace e vederli scomparire nell’ascensore mentre lui la invitava ad entrare con una mano sulla sua schiena. La schiena di Maura. La schiena della sua Maura. Oddio, le girava la testa e aveva bisogno di andarsene. Magari avrebbe potuto stampare la sua faccia e attaccarla su un bersaglio al poligono di tiro.

Il caso era un omicidio ma, invece di avere la Dottoressa Isles china sul cadavere, c’era Kent. “La Dottoressa Isles è con il Dottor Dubois e non voleva lasciarlo solo dato che a breve ripartirà per la Francia. Si è mostrato particolarmente interessato alle capacità di Maura e vorrebbe scambiare con lei alcune conoscenze. Per questo la sto sostituendo anche se non vedo l’ora di vedere due grandi dottori all’opera appena il cadavere verrà portato in laboratorio” le aveva detto un Kent troppo entusiasta ma Jane, da grande detective quale era, aveva il cervello programmato per elaborare solo le informazioni necessarie.

Il suo cervello aveva captato alcune parole chiave anche se c’era una parola che le rimbombava in testa: Francia.

Dio che fastidio.

Jane conosceva l’amore che Maura nutriva per i francesi, lo champagne, le grandi firme come Chanel, i formaggi con quell’odore sgradevole, le baguette, i croissant e tutto quello che fosse legato alla Francia.

Jane, inoltre, conosceva l’amore che Maura nutriva per tutto ciò che fosse scienza, ancor di più se il settore era la medicina.

Si era resa conto di una cosa molto – troppo – fastidiosa: Il Dottor Andrè Dubois era il prototipo di Maura. Nonostante a Jane piacessero le donne – più che le donne, Maura ­– non poteva certo negare la bellezza maschile e quel tipo era bello, come lo era Maura; era un medico legale, come lo era Maura; era intelligente – Kent aveva decantato per ore le sue doti intellettive – come Maura e, come se tutto ciò non fosse già più che sufficiente a far dolere il cuore a Jane, era anche francese. Insomma, parfait come avrebbe detto quel tipo.

Dio che fastidio.

Ma chi voleva prendere in giro? Certo, lei era una detective riconosciuta per la sua bravura e professionalità, l’avevano spesso etichettata come la migliore che il BPD avesse visto da anni ma non si sentiva di poter minimamente competere con quel francese. Già li vedeva lì a parlare di cose da scienziati di cui lei, sicuramente, non avrebbe capito nulla. Oddio, li vedeva anche ridere su battute che solo gente del mestiere avrebbe compreso.

Dio che fastidio.

Poi, come se tutto ciò non bastasse, non dimentichiamo che lui era un uomo e Jane era una donna. Sapeva che Maura aveva avuto diverse esperienze omosessuali al college ma, dopo, si era concentrata solo sugli uomini traendone anche gratificazione fisica, come spesso diceva ad una infastidita Jane.

Quelle considerazioni l’avevano prosciugata e demoralizzata. L’amore è già di per sé doloroso, ma perché doveva esserlo così tanto? Si sarebbe potuta innamorare di qualsiasi altra persona sulla faccia della terra ma no, si doveva innamorare della sua migliore amica che non voleva perdere ma che non voleva nemmeno vedere con qualcuno che non fosse lei.

Per fortuna aveva il lavoro che la teneva impegnata fisicamente ma soprattutto mentalmente. Lei e Korsak avevano passato l’intera giornata a parlare con potenziali testimoni. Nina aveva chiamato dicendo che la vittima era un ragazzo beccato diverse volte per spaccio. Grandioso, quando si tratta di questi casi nessuno vedeva mai niente.

Anche se, per una volta, non le dispiaceva. La difficoltà del caso la teneva occupata mentalmente più verso l’omicidio che verso Maura.

Dopo ore di domande per cercare una pista utile, Jane era tornata in centrale nell’esatto momento in cui la Dottoressa Maura Isles la stava chiamando. “Jane ho analizzato alcune fibre sui vestiti della vittima, scendi in laboratorio così posso dirti cos’ho trovato” le aveva detto Maura con il suo tono serio e professionale che rievocava alla mente sogni che Jane aveva fatto. Sogni un po’, come dire, non appropriati che comprendevano lei, Maura e un camice per giocare al dottore. Si era alzata come un automa, in modo del tutto involontario ma poi si era bloccata. Perché? Era scesa moltissime volte ma questa volta c’era And – no, meglio chiamarlo quel francese – e a Jane non andava di vederli entusiasti a collaborare mentre le spiegavano quello che avevano scoperto. Quel francese le stava addirittura disturbando la sua routine con Maura. La sua Maura.

Dio che fastidio.

Alla fine, scese Korsak. Jane stava osservando con attenzione la lavagna con le foto di alcuni sospettati quando sentì l’ascensore aprirsi e li vide, tutti e tre, ridere e scherzare. Ecco, ora Jane si sentiva anche tradita dal suo partner. “Il Dottor Dubois è uno spasso Jane, sapessi quanti aneddoti ci sta raccontando” aveva detto il suo partner che ormai era passato al lato oscuro. La Detective Rizzoli aveva annuito, sorriso di circostanza e si era di nuovo concentrata sulla lavagna, o almeno questo voleva far credere. Non ce la faceva a vedere Maura ridere con lui; lui che aveva la mano ancora sulla schiena della sua dottoressa. Avrebbe voluto staccarglielo quel braccio. Avrebbe voluto fare tante cose ma, alla fine, l’unica cosa che aveva fatto era defilarsi con una scusa su un indiziato da interrogare ed era scappata.

In realtà, l’indiziato era un bar non molto distante dalla centrale in cui Jane si era seduta per bersi una birra. Certo, poteva andare al Dirty Robber ma non sarebbe riuscita reggere l’interrogatorio della madre. Se sua madre avesse aspirato a diventare detective, sarebbe stata sicuramente lei la migliore.

Dopo essersi calmata, si era alzata e si era diretta a casa. Aveva già programmato la serata: pizza, qualche birra come anestetico e magari un film d’azione o un film giallo per testare le sue capacità da detective anche da casa. Stava riflettendo su quale pizzeria chiamare quando la vide. Maura era davanti la sua porta ed era come una visione. Se ci fosse stato un elettrocardiogramma collegato al suo petto, sicuramente si sarebbe vista una linea piatta durare per qualche secondo. Qualche secondo che per Jane era l’equivalente di una vita. Quando il cuore aveva ripreso a battere e il suo cervello era pronto per farla parlare, Jane riuscì a dire solo “ciao”. Certo, non era un granché, ma considerando che il suo cervello si era rassegnato all’idea che, molto probabilmente, Maura sarebbe uscita con quel francese stasera, e invece era lì davanti a lei, era un grande traguardo.

L’aveva fatta entrare, anche se non sapeva bene dopo quanto tempo. Il cuore continuava a batterle incessantemente e si era già fatta più o meno un milione di film mentali su come poteva andare la serata. I suoi preferiti erano quelli in cui Maura si gettava tra le sue braccia e le diceva che l’aveva sempre amata.

“Jane è tutto ok? Oggi non sei scesa in laboratorio e mi sei sembrata distante” le aveva detto Maura con un tono triste e gli occhi bassi. Un forte applauso a Jane Rizzoli che, non riuscendo a gestire le sue emozioni, fa soffrire gli altri. Anche se Maura non era gli altri e questo le faceva ancora più male. La verità era, più dei tipi che ci provavano con Maura, più di quel francese che le aveva fatto il filo tutto il giorno e più dell’idea di irraggiungibilità che si era fatta della sua amica, la cosa che dava più fastidio a Jane era la sua codardia. Codardia che stava facendo soffrire la donna che amava.

Dio che fastidio.

Non riusciva a dirle che l’amava perché aveva paura di perderla e al solo pensiero le si contorcevano le budella e le veniva da vomitare. Però non riusciva nemmeno a simulare indifferenza, facendo soffrire Maura. No, questo non andava bene. No, questo era inammissibile. Per colpa sua, Maura non doveva star male perché lei era sempre stata trasparente e sincera, forse costretta a causa dell’orticaria che le veniva dopo aver mentito certo, ma rimaneva sempre limpida e non si meritava questo trattamento.

Jane doveva prendere una decisione e farlo subito, del resto, Maura stava ancora aspettando una risposta. Qual era la risposta corretta? “Sì sì tranquilla, ero solo impegnata con questo caso complicato”? Era una bella via di uscita, magari non ci avrebbe creduto ma sapeva che Jane spesso si estraniava dalla realtà quando era concentrata su un caso. “No. Chi era quel francese e cosa voleva da te?” Nonostante fossero proprio quelle le domande di cui voleva risposte, non era la strategia migliore usare la gelosia. “No, sono innamorata di te e mi dà fastidio quando flirti con qualcuno che non sono io o quando qualcuno flirta con te. Mi dà fastidio quando ti trovo raggiante il mattino dopo che sei stata a letto con qualcuno. Mi dà fastidio il modo in cui mi bruci l’anima e nemmeno te ne accorgi. Mi dà fastidio il fatto che sto logorando il nostro rapporto solo perché ho paura”? Sì, carino Jane, e magari poi prendi immediatamente il primo areo per una destinazione ignota, senza possibilità che Nina ti rintracci e continua a farti film sulla risposta che Maura avrebbe dato solo perché non hai avuto il coraggio di ascoltarla.

“Dio che fastidio

“Cosa hai detto Jane? Ti do fastidio per caso?” aveva detto Maura con un tono tra il deluso e lo scocciato. Come darle torto. Non era di certo nella sua testa e non poteva sapere che quella frase – che poi perché l’aveva detta dannazione – era frutto di discorsi su discorsi su discorsi che esistevano solo nel suo cervello. No. Detta così sembrava proprio che lei le desse fastidio anche se, forse, era l’unica persona al mondo che non l’aveva mai fatto ma era diventata, per casualità del destino, la prima persona a cui l’aveva detto in faccia, se non contiamo i criminali ovviamente.

Ok, serve una via d’uscita ma una veramente buona. Jane prese istintivamente il suo telefono sperando che arrivasse la notizia di un omicidio, un furto, una scomparsa, un gatto su un albero o un tombino saltato. Insomma, andiamo Boston, va bene qualsiasi cosa. E invece no, il telefono non squillava, Maura continuava a fissarla in attesa e Jane aveva iniziato a sudare. Sudare freddo per l’esattezza.

“E’ troppo per te rispondere Jane?” le aveva detto Maura che aveva perso completamente l’ombra di delusione e ora era totalmente scocciata dal suo comportamento. Aveva passato la giornata a pensare a cosa avesse potuto fare di sbagliato ma non le veniva in mente nulla. Eppure, quando le aveva detto di scendere in laboratorio era rimasta delusa nel vedere Korsak. Perché non voleva parlare con lei? Lei che era la sua migliore amica.

“No Maura, non era riferito a te”. Bravissima Jane, sei stata fenomenale. Magari la prossima volta sforzati di più e pensa a qualcosa di intelligente. Sempre se ci sarà una prossima volta. Può anche darsi che Maura ora prenda la giacca, la borsa griffata e con tutta la classe che madre natura le ha dato, se ne vada e ti lasci qui a riflettere sul perché non riesci ad affrontarla. Questa è una possibilità, dolorosa ma è una possibilità. Jane si passa una mano sulla fronte e si sente improvvisamente stanca. Stanca di provare un fastidio che, con molta probabilità, aumenterà sempre di più e finirà per rovinare un’amicizia.

“Davvero? Eppure, non mi stai neanche guardando. C’è qualcosa che ti preoccupa al lavoro Jane?” le dice mentre le afferra le mani e la guida sul divano. “Jane parlami” le dice con il tono più dolce che ha. “Se ho fatto qualcosa o ti ho ferita dimmelo, io ci tengo troppo a te”. È la fine e Jane lo sa. Vede tutta la sua barriera crollare inesorabilmente mentre Maura la fissa con quegli occhi gentili e amorevoli. Si scioglie completamente e si rende conto che, il solo contatto con gli occhi e le mani di Maura, l’hanno rilassata. Le vorrebbe fare i complimenti ed uscirne con una frase sarcastica del tipo “wow Dottoressa Isles, mi ha curato la tachicardia, la ringrazio” eppure non ce la fa e le dà fastidio anche questo. Possibile che la Detective Rizzoli non riesca ad elaborare una strategia vincente per avere Maura sempre con sé senza che ci siano episodi simili a questo? Senza che debba dichiararsi?

“Va bene Jane capisco che tu non-” non le lascia nemmeno finire la frase. “Mi dà fastidio perché ti amo” le dice di getto, senza nemmeno pensarci – o forse ci ha pensato anche troppo. Nei suoi sogni si è sempre immaginata una scena simile in cui, magari, la tirava a sé, la baciava e lei ricambiava. Una classica scena da “e vissero tutti felici e contenti”. Nei suoi sogni Jane era così sicura di quello che faceva perché era sicura che Maura la amasse ma questa è la realtà. Almeno si è liberata del fastidio anche se ora ha paura e il cervello non riesce più ad analizzare la situazione. È un bene o un male? Che poi “mi dà fastidio perché ti amo” non è nemmeno molto esplicativa. Fosse stata un’altra situazione, la Dottoressa Isles avrebbe detto “Jane, la frase non è grammaticamente corretta perché è implicito cosa ti dà fastidio. Se l’interlocutore non lo sa, finisce che ci sarà incomprensione”. Magari avesse detto una cosa simile e invece sta lì a fissarti come se non ti vedesse – o come se ti vedesse davvero per la prima volta – e tu non sai che fare. Com’era quella frase? Volere è potere giusto? Ecco, Jane vorrebbe tanto che Maura le dicesse qualcosa simile ad un “anch’io”.

“Io non so cosa dire Jane” le dice mentre abbassa lo sguardo e inizia a giocare con l’orlo della gonna. Jane si sente un po’ come quando era piccola e andava in sala giochi e, dopo aver perso, appariva a caratteri cubitali la scritta “GAME OVER”. Però, ai tempi, poteva ricominciare infinite volte e, forse, era possibile un rewind di quella fastidiosissima giornata.

“Maura non devi dire nulla, sono i miei sentitamente e mi dà fastidio che tu ti possa sentire in qualche modo oppressa. Se vuoi prenderti i tuoi spazi lo capisco”. Certo che oggi la parola fastidio è entrata nel Guinness World Record per il maggior numero di volte in cui è stata detta/pensata. Jane fa una smorfia mentre pensa a questa considerazione ma poi ritorna lo stato di angoscia e paura. Lo sa, sì che lo sa, qualcosa si è rotto e non si riparerà più ed è solo colpa sua.

“Anche io oggi sono piuttosto infastidita” Ok Jane respira e preparati a prendere tutti gli insulti che sta per lanciarti. Magari, prova a girarli verso quel francese se può aiutare a non scoppiare a piangere. Avrai tempo dopo per farlo, tanto tempo.

Mi dà fastidio che tu oggi non mi abbia quasi per nulla parlata e che non sia scesa in laboratorio ma abbia mandato Korsak. Mi dà fastidio perché volevo vederti e parlarti e no ferma Jane, non interrompermi” ti dice mentre ti fulmina con lo sguardo ma tu non la volevi interrompere, volevi solo capire se il tuo cervello avesse davvero elaborato bene le frasi di Maura o se è partito per Fantasilandia. “Oggi ero al settimo cielo quando il Dottor Dubois mi ha parlato dei nuovi macchinari testati in Europa ed ero così felice che volevo parlartene, anche se so che non ti importa ma amo condividere le cose con te. Quindi, quando hai mandato Korsak mi ha dato molto fastidio Jane.”

Jane Clementine Rizzoli sta dando di matto o sembra che Maura, in qualche modo, ricambi? No, non deve essere possibile. Lei è troppo e Jane si reputa troppo poco paragonata a lei. In quel momento l’eventualità che Maura la ami per davvero le passa per la testa e le dà addirittura fastidio questa eventualità perché meriterebbe qualcuno di migliore e di più affidabile, qualcuno come quel francese che è così perfetto per lei.

“Jane, se devo essere onesta con te non mi è piaciuto il tuo comportamento. Se oggi non fossi venuta io a parlarti tu avresti fatto finta di nulla vero? Normalmente non mi importerebbe chiarire una cosa simile ma, dato che ti amo, mi dà fastidio che mi eviti e scappi via” le dice addolcendo il tono. Aspetta Jane, aspetta. Ha detto che ti ama? Davvero? Non è una delle tue tante fantasie vero? No, perché questa sembra troppo reale e se non lo fosse è davvero la volta buona che il cuore ceda del tutto.

“Mi ami?” I neuroni di Jane si complimentano tra di loro per essere riusciti a farle dire due parole che potrebbero, finalmente, darle una stabilità mentale sia in senso positivo, se lei dicesse sì, e sia in senso negativo, se dicesse no. Ma Maura non le risponde, la prende semplicemente per il colletto della camicia e la fa abbassare alla sua altezza per baciarla lentamente e con amore.

Ci dovrebbe essere una parola per lo stato di Jane in quel momento: blackout. Dio, questo sì che non dà fastidio. È più gratificante della cattura di un criminale, più emozionante dei Red Sox che vincono il campionato e più bello di qualsiasi cosa che le sia mai venuta in mente o che abbia sognato. Vorrebbe ritirare l’affermazione fatta prima sulla tachicardia. No, la Dottoressa Maura Isles non le ha curato la tachicardia ma l’ha peggiorata. Piacevolmente peggiorata. Jane l’abbraccia così forte che ha paura di farle male ma ha anche paura che scappi via e si dissolva.

“Jane non vado da nessuna parte” le dice ridendo ma non la nemmeno ascolta e si fionda sulle sue labbra come una disperata che aspettava questo momento da anni. Dio, quanto le vorrebbe dire che la ama ma non vuole staccarsi e cerca di trasmetterglielo con gli innumerevoli – e spera anche infiniti – baci che le dà.

Quando alla fine è costretta a staccarsi – non senza imprecare – si rende conto che era così concentrata ad instaurare un contatto fisico con lei che non si era resa conto della luce che hanno gli occhi di Maura. In quel momento, Jane ha ritirato qualsiasi offesa verso quel francese che era, improvvisamente, ritornato ad avere un nome e l’ha ringraziato mentalmente per aver permesso la realizzazione di un sogno. “Ti spedirò una t-shirt del BPD appena posso Andrè”. Il cuore di Jane ha cessato definitivamente di battere per lei ed ha iniziato a battere solo per Maura, così tanto da fare male. Ma le piaceva questo dolore; era molto meglio delle fitte che provava prima a causa dei suoi fastidi.

“E’ tutto ok ora Jane?” Dio, il suo nome non le era mai sembrato così bello come in quel momento. Si poteva avere una registrazione di Maura che lo ripeteva all’infinito per cortesia? Jane annuì perché non riusciva a dire o a fare altro. Maura rise e Jane capì che le sarebbe bastata la sua risata come medicinale a qualsiasi cosa brutta della sua vita.

“C’è qualcos’altro che la infastidisce, Detective?” le disse scherzosamente mentre la tirava per i fianchi, in modo da avvicinarla per farle sentire quanto il suo cuore batteva velocemente. Jane le mise una mano sulla schiena – che finalmente poteva dire essere la schiena della sua Maura – mentre l’alta mano le accarezzava la guancia con dolcezza.

“Un paio di cose dottoressa. Per prima cosa mi dà fastidio averti fatto stare male e, secondo, mi darebbe molto fastidio non recuperare il tempo perso”.

Aveva sempre sbagliato tutto: Maura non era la causa dei suoi fastidi. Era e sarebbe stata sempre solo lei la cura a tutto.
 






Ringrazio chi mi ha dedicato un po' del suo tempo per leggere questo racconto. 
 

 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Rizzoli & Isles / Vai alla pagina dell'autore: Zorn