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Autore: Hikary    22/06/2021    4 recensioni
È un dato di fatto che per un animo in perenne subbuglio come Matsuyama Hikaru - che a dodici anni é già pronto a dibattere sul senso della vita e a sfidare il mondo per difendere la sua tragicomica cotta per l'amico Misaki - l'unica anima gemella possibile sia Fujisawa Yoshiko.
(Buon Pride Month 2021 dalla mia power couple del cuore ♥)(tag aggiuntive all'interno!)
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Taro Misaki/Tom, Yoshiko Fujisawa/Jenny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Qualche settimana fa ho messo su la serie nuova, “per vedere un paio di episodi mentre lavoro” e niente, due giorni dopo stavo già facendo applications ad un Master in Svezia delirando sulle mie future tesi a tema “Matsuyama icona bisessuale” e “Taro Misaki is a queer cautionary tale” (grazie alle mie amiche che non mi bloccano neanche quando mando vocali urlando che il magliocino arancione di Tom Becker al tramonto io me lo ricordavo).

Che dire. Il 2021 é l’anno delle Cose Che Forse Pensavo Anche Prima Ma Doveva Succedere Roba Perché Venissero Fuori. Hikaru é l’uomo della mia vita da quando avevo cinque anni ♥ ora siamo grandi tutti e due e ho scoperto che amo scrivere di lui nel modo in cui mi piace leggere/scrivere di tutti i personaggi della mia infanzia – scavando un po’ più a fondo del contesto in cui sono nati e immaginandoli nel nostro mondo, in particolare nel mio arcobalenissimo 2021 ♥ HAPPY PRIDE MONTH! ♥

Cose utili:
- nessuna timeline o continuity pervenuta, sono cresciuta religiosamente con ‘Holly & Benji’ ma non ho mai fatto un rewatch completo e puntuale da adulta
- mi sono sforzata molto di usare i nomi originali in questi ultimi anni, ma non avendo mai visto l’anime in lingua originale non ho molto la consapevolezza di come i personaggi si rivolgono agli altri (nel doppiaggio della serie nuova mi é sembrato di sentire un po’ di caos, non mi sento abbastanza ferrata dopo aver visto solo quella seppure con i nomi originali), anzi, accetto super volentieri consigli al riguardo
- Yoshiko non può essere stata per metà della sua vita negli States e non essere diventata una Expat TM che usa parole inglesi a casaccio ♥ we stan a byelingual queen ♥
- mi sono sciolta i neuroni su "L'ultima notte al mondo" e "Incanto" del buon Tiziano, sono entrambe due canzoni perfette per loro due, titolo e cit sono tipo un mischione simpy
- postata anche su AO3, mi sento una criminale di guerra non potendo taggare, queste sono le tag fondamentali che ho messo lì: #Coming Out #First Love #Bisexuality #Polyamory #Polyamorous Character #Coming of Age #Friends to Lovers #Childhood Friends #Fluff #Long-Distance Relationship #Slice of Life #Bilingual Character(s) #implied Wakabayashi/Schneider #pre Taro/Tsubasa #Awkward Crush #First Crush 

 

Tra milioni di occhi (il tuo sorriso dolce fa finire il mondo)

 

'Quando posi la tua testa su di me, il dolore tace
 
Che se sommo insicurezze, entusiasmi e poi silenzi
Il mestiere dell'amore al tramonto è nei tuoi occhi.'

 

Hikaru ricordava perfettamente il giorno: un martedì pomeriggio, gelido come solo Furano a gennaio sapeva essere; ma non avrebbe saputo dire l’anno, perché la sua memoria era sempre stata del genere inutile e melodrammatico, che lo portava a trattenere i dettagli più minuziosi, ma a perdere completamente di vista il grande disegno delle cose. La scena era stampata nella sua memoria con una tale chiarezza che gli pareva di sentire il freddo o di poter toccare l’altro ragazzino se solo avesse allungato un braccio. Taro, con addosso il maglione preso in prestito proprio da Hikaru, in attesa di comprarne uno altrettanto pesante, aveva le guance arrossate dal freddo, e ciò nonstante i suoi grandi occhi castani erano spalancati, pieni di meraviglia davanti al paesaggio innevato. ‘Avevi ragione, é ancora più alta di stamattina!’, aveva esclamato, per poi sorridere a Hikaru come se, in qualche modo, fosse stato suo il merito. Hikaru non era certo delle parole esatte, né dei momenti successivi, perché nell’esatto istante in cui Taro si era voltato verso di lui pronunciando quelle parole – con quel sorriso, quegli occhi, quel maglione – era successo qualcosa, in un punto specifico tra il cuore lo stomaco.

‘Oh’, aveva pensato Hikaru, spaventato dalla facilità di quel pensiero quasi più che del pensiero stesso, ‘Misaki é proprio bello.’

Nessun dubbio su cosa significasse associare quella parola al suo amico. Misaki non era bello come Piqué, il suo idolo, quando faceva un goal spettacolare che lui sognava di emulare, o come il suo papà quando faceva ridere lui e la mamma con le sue pessime battute e Hikaru pensava che da grande avrebbe voluto essere proprio così, un padre e un marito meraviglioso. Misaki era bello in un modo semplice, ma che gli faceva battere il cuore fortissimo, come quando correva su e giù per il campo da calcio, o gli faceva venir voglia di prendergli la mano mentre camminavano verso casa al tramonto, appena finito l’allenamento.

Avrebbe voluto dirlo a qualcuno, condividere quei trenta secondi di sconvolgimento e gioia improvvisa – gioia, sì, perché lì per lì gli parve una cosa bella. Impiegò un paio di secondi per ricordarsi di non aver mai sentito dire niente del genere ai suoi amici; a loro piacevano sempre e solo le femmine, ora che ci faceva caso, e non che Hikaru volesse dar loro torto. Nemmeno tra gli adulti ricordava di aver mai sentito menzionare questa cosa. Così si fermò a a metà cortile e lì rimase, immobile, la neve fino a metà polpaccio e un’espressione corrucciata, mentre Misaki si allontavava ignaro della sua epifania; finché la mano di Yoshiko sulla spalla non lo riporto alla realtà.

« Capitano...? »

Hikaru sbattè gli occhi a quel nome. Era ancora buffo sentirsi chiamare così dalla sua migliore amica, ma lei si divertiva a vederlo arrossire e lo considerava un modo più consono di rivolgersi a lui, in egual misura.

« Mh » Hikaru scosse la testa, come per scacciare i propri pensieri; poi, fallito il tentativo, domandò bruciapelo « Tu pensi che Misaki sia carino? »

Hikaru – il “capitano”, quello che avrebbe dovuto guidarli tutti alla vittoria anche nei momenti più difficili – si pentì subito della domanda. Da sola, fuori contesto non aveva molto senso e tuttavia spiegare il contesto gli pareva un’impresa titanica. Le persone tendevano a semplificare tutto, Hikaru aveva notato, e facevano domande solo quando, in realtà, avevano già la risposta. Lui, invece, ogni tanto voleva solo pensare, senza che ogni pensiero dovesse portare da qualche parte. Misaki era bello, ma questo nuovo pensiero non doveva per forza avere un seguito; e voleva sentire l’opinione di Yoshiko, ma non per farci chissà cosa. Hikaru sarebbe stato ben contento di restarsene lì, a conversare con la sua migliore amica, interrogandosi su quella strana cosa tra il cuore e lo stomaco, sul perché i suoi compagni trovassero carine solo le femmine, su Misaki con il suo maglione e sul senso della vita in generale, senza aspettarsi di trovare una risposta alla veneranda età di dodici anni.

« Misaki, dici? »

Yoshiko suonava incerta.

(Tanti anni dopo, durante un drinking game celebrativo su Skype per festeggiare la fine del secondo anno universitario di Yoshiko, Hikaru le aveva confessato di essersi torturato per anni ripensando a quel momento e chiedendosi cosa diavolo avesse pensato di lui. Yoshiko gli aveva detto di aver ventilato l’ipotesi che Hikaru stesse facendo un qualche tipo di test della gelosia o che magari fosse davvero convinto che lei avesse una cotta per Misaki. Il dubbio era durato pochi secondi, però, poi Yoshiko si era ricordata che il suo migliore amico era tanto buono quanto tonto e che probabilmente con quella domanda non intendeva né più né meno di ciò che aveva chiesto.)

« Sì, Misaki. »

« Direi di sì. Molto carino. »

« Ci ho pensato solo ora, sai... »

Per un attimo, a Hikaru sembrò mancare il fiato per continuare. Fu un attimo soltanto, ne era certo perché quella manciata di battiti del cuore se la sarebbe portata dietro per sempre. Per qualche miracolo divino, al suo fianco in quel momento era capitata Yoshiko, e forse, no, quasi certamente, fu grazie a lei se Hikaru finì per crescere senza nessuna paura di condividere quello che gli passava per la testa.

« E non ti sembra strano, vero? »

« Che cosa? »

« Che...che ci abbia pensato. »

« No no » Yoshiko scosse la testa con veemenza « non mi pare affatto strano. »

La sua mano aveva stretto un po’ la presa sulla spalla di Hikaru; e quando lui si voltò, trovando ad accorglierlo il sorriso radioso della sua migliore amica, quella cosa nello stomaco fece un’altra capriola. Anche Yoshiko era bella. Anzi, bellissima.


Non si poteva dire che Hikaru e Yoshiko parlassero di argomenti complicati o si scambiassero chissà quali segreti; anzi, durante il periodo delle medie, poco prima che Yoshiko partisse per l’America, le loro interazioni erano più che mai caratterizzata da lunghi silenzi. Eppure avevano, da sempre, un modo unico di esistere nello stesso posto, tutto loro, e un linguaggio fatto di piccoli gesti o mezze frasi che avevano senso solo se prese assieme. A volte, Hikaru si divertiva ad immaginare come sarebbero state le loro vite e se non avessero avuto entrambi una vocazione così forte – il calcio e la medicina – e dove sarebbero finiti. Insieme, per forza, perché non riusciva proprio ad immaginare una vita senza di lei. Hikaru riusciva a vedersi in qualunque contesto, specie se c’erano di mezzo spazio per correre e persone (o animali) di cui prendersi cura. Magari sarebbero finiti nel nord Europa ad allevare cani da slitta; oppure a bordo di uno di quelle imbarcazioni di Greenpeace per salvare le balene; oppure in qualche villaggio sperduto a costruire scuole o scavare pozzi per l’acqua potabile.

Quando iniziò il nuovo campionato, il calcio tornò ad essere il centro del suo mondo e una parte di lui si domandava se Yoshiko si sarebbe stancata, prima o poi, di non sentir parlare d’altro.

‘Se io fossi te e tu fossi me, anch’io vorrei essere sempre al tuo fianco.’

Hikaru non l’aveva detto ad alta voce e Yoshiko non l’aveva mai chiesto. Non che ce ne fosse bisogno. Lei aveva semplicemente iniziato a girare con una bottiglia di disinfettante e dei cerotti nello zaino, pronta a raccogliere il capitano – o quel che rimaneva di lui – ogni qualvolta decideva di tentare un tiro particolarmente complicato o mettere in piedi l’ennesimo allenamento in luoghi poco consoni.

« Un giorno ti farai malissimo. »

« E tu sarai lì a tirarmi su. »

« Mh, forse. » Yoshiko aveva finto di sbuffare, ma era arrossita « Se te lo sarai meritato. »

Hikaru si era messo a ridere e gli aveva posato una mano sulla spalla, con l’intenzione di fare qualche battuta stupida sui medici e il giuramento d'Ippocrate. Invece, quel gesto gli fece tornare in mente Misaki, l’inverno e i suoi pensieri complicati. Da allora gli era capitato altre volte di soffermarsi a guardare i suoi coetanei, maschi o femmine che fossero. Nessuno era mai carino quanto Misaki, però; nemmeno il suo amico Jun, che era bello come i principi delle fiabe, gli faceva accartocciare lo stomaco allo stesso modo.

Yoshiko sì mordicchiò le labbra, come se stesse meditando su una decisione importante, poi poggiò la propria mano sopra quella di Hikaru. Forse era il freddo, ma per un attimo si ritrovò a pensare di non aver mai provato niente di più piacevole, niente che lo facesse sentire a casa come la sensazione del palmo caldo di Yoshiko sulla sua pelle.

 

C’era una domanda nuova nella testa di Hikaru. Non avrebbe saputo dire da quanto – il traffico era sempre notevole tra i suoi pensieri, era impossibile starci dietro – ma era certo che fosse una sorta di test finale: risolta quella, sarebbe passato al livello successivo.

‘Devo dirle qualcosa’, continuava a ripetersi, ‘ma cosa?’

Per qualche motivo, le parole per salutare la sua amica di sempre tardavano ad arrivare e lui iniziava a preoccuparsi che sarebbe stato troppo tardi. Fu proprio all’ultimo, come un goal segnato sul fischio finale, che arrivò l’illuminazione e Hikaru si ricordò che esisteva un modo per dirle tutto – che era la persona più importante della sua vita e che lo sarebbe sempre stata; che nessuno al mondo riusciva a farlo sorridere come faceva lei; e che avrebbero potuto esserci un oceano, mille oceani tra loro, non sarebbe cambiato nulla.

‘Ti amo.’


« Ha fatto cosa- »

Hikaru sghignazzò davanti all’espressione sconvolta della sua ragazza e non potré trattenersi dal fare uno screenshot – avevano una cartella condivisa con le loro espressioni peggiori.

« Te lo giuro. Poi Jun ha detto “prima o poi mi farete venire un infarto” ed è calato il gelo assoluto. Lo capisco, se non lo conosci sembra questo piccolo Lord, nessuno potrebbe mai sospettare quanto sia terrificante il suo senso dell’umorismo... »

« Poveri tedeschi! E Wakabayashi? »

« Mh, credo abbia finto fosse un problema di lingua e che Jun non si fosse espresso bene in inglese... Ha detto qualcosa in tedesco. Anche se... »

« Cosa? Che mi nascondi...?! »

Scoppiarono entrambi a ridere. Nel tempo, avevano scoperto di condividere una grande passione per il gossip, specie quando riguardava la Nazionale. Inoltre, ad un certo punto della loro adolescenza, erano diventati i consulenti di fiducia del loro gruppo di amici. Forse era per via della naturale calma e razionalità di Hikaru, oppure per il fatto che Yoshiko, ormai trapiantata negli Stati Uniti da diversi anni, aveva sviluppato una mentalità aperta e un’attitudine alle relazioni molto rilassata. Dopo un primo momento di incertezza in cui nessuno dei due osava fare il primo passo, entrambi avevano scoperto di essere di natura poco incline all’imbarazzo e che potevano parlare davvero di qualsiasi cosa, dall’ansia prima di una partita o di un esame importante, alle loro prime fantasie sessuali che li tenevano svegli la notte. I servizi di consulenza per gli amici, naturalmente, non erano da meno.

« Ti ricordi la storia del regalo? »

« Come no! Quando eravate a Parigi e si è messo a fare shopping “per un amico”... »

« Esatto. Misaki ha scoperto che ha comprato un regalo per un cane. »

« Un cane...? »

« E noi sappiamo bene chi ha un cane... »

« Holy crap! » Yoshiko si coprì la bocca con entrambe le mani « Schneider! »

« Brava la mia little Sherlock. »

« Comunque è un buon segno, no? Se compra già i regali... »

« Non so che dire, io non possiedo più un singolo oggetto che non abbia almeno una spilla arcobaleno. Più di così non so che fare. Se i nostri figli non sono pronti a confidarsi con papà e mamma » Hikaru assunse un’espressione esageratamente drammatica e finse di asciugarsi una lacrima immaginaria « non possiamo forzarli. »

« Saremo dei genitori così imbarazzanti... »

« Già. I nostri figli, quelli veri, non avranno scampo. Ai pic-nic e la scelta sarà se stare con noi o con la loro armata di zii ancora più imbarazzanti. Chissà se zio Misaki e zio Tsubasa ce l’avranno fatta per allora. »

« Magari per il nostro secondogenito. »

Hikaru scoppiò nuovamente a ridere davanti all’espressione impietosa di Yoshiko.

« E comunque, sai come la penso... »

« Yoshiko! » il ragazzo avvampò di colpo « Dai, non fare la scema! »

« Dico solo che secondo il mio parere dare un colpetto potrebbe giovare a tutti. Pensaci: tu realizzi il sogno di una vita, Tsubasa si rende conto di essere geloso marcio e si fa avanti. Cosa può andare storto? »

« Vediamo… il fatto che in questo scenario la prossima volta che io e te ci incontreremo sarebbe per il mio funerale? »

Fu il turno della ragazza di scoppiare a ridere.

« Giuro che non riesco proprio a immaginare il nostro caro capitano così geloso o tantomeno pericoloso. »

« Avresti dovuto vederlo quella volta con i francesi. Brrr. L’unico pensiero che mi rassicurava è stato che probabilmente la famiglia di Wakabayshi é di quelle che sanno come far sparire un cadavere. »

Yoshiko ormai rideva così forte da essersi accasciata sul letto, sparendo dall’inquadratura della webcam.

« Ogni tanto mi chiedo come facciamo a sopravvivere. Quando siamo tutti insieme diamo il peggio. »

« Ogni tanto? Amore, sei la mia persona preferita al mondo, ma io me lo chiedo tutti i giorni. »

Hikaru non poté darle torto.


Pur essendo il custode designato dei segreti di tutta la squadra, Hikaru non era solito condividere troppi dettagli della propria vita amorosa. Aveva iniziato con Misugi, per sbaglio, una volta in cui stavano disfando le valige nella camera d’albergo dell’ennesima trasferta, quando l’amico aveva domandato se dovesse chiamare Yoshiko, quella sera. Sovrappensiero, Hikaru aveva risponsto con nonchalance ‘no, ha un appuntamento’, per poi vedere il compagno di stanza sbiancare.

« Cioé, non nel senso che- » Hikaru agitò le mani davanti all’amico, in preda al panico « Non di nascosto. Ovviamente non di nascosto, perché te lo sto dicendo- Oh merda, non so bene come spiegarlo. Noi facciamo questa cosa, a volte- più sempre che a volte. »

« Non ho idea di cosa tu stia dicendo. » mormorò l’altro con un filo di voce e gli occhi sgranati.

« N-non é una cosa brutta! È una cosa nostra, che abbiamo deciso insieme. Lei può uscire con chi vuole e io lo stesso... Per me é okay. »

No, non erano le parole giuste.

Hikaru immaginò di avere la mano di Yoshiko sulla spalla, a dargli conforto, e prese fiato per continuare.

« È più che okay. Quando mi racconta delle persone che incontra e vedo che la rendono felice, ecco, io...mi sento bene. Sono felice che lei sia felice. »

Doveva aver trovato le parole giuste, tra tutte le parole al mondo, perché Jun riuscisse ad afferrare quel concetto di amore così diverso dal suo, perché l’espressione dell’amico si distese in un attimo.

« Che cavolo, mi hai fatto spaventare! Cretino. »

« Scusa, non é una cosa tanto facile da spiegare in due parole! »

« Mi hai quasi fatto venire- »

« Se dici “un infarto”, giuro che le prendi. »

« ...nemmeno un infartino piccino? » protestò l’altro, tutto fossette e un sorriso da schiaffi.

« Jun. »

 

Jun era stato il primo, a voler essere precisi, però il resto del gruppo aveva seguito nel giro di letteralmente poche ore. Wakabayashi aveva proclamanto che un venerdì sera a Berlino era un’occasione rara per i suoi compagni, specie perché non avrebbero iniziato gli allenamenti se non ben due giorni dopo, tempo più che sufficiente per smaltire anche la peggiore delle sbronze.

Hikaru varcò la soglia del primo della lista di locali che avevano in procinto di visitare quella sera e gli bastarono pochi istanti per decidere che era un buon momento per fare qualche precisazione in modo semplice e senza drammi. Il posto era un tripudio di arcobaleni, decorato apposto per il mese del Pride, e il suo sguardo si focalizzò subito su di un ragazzo biondo dal lato opposto del bar: teneva in mano un bicchiere mezzo vuoto e ricoperto di glitter, alcuni dei quali gli erano rimasti appiccicati alle labbra. Stava chiacchierando e ridendo con quelli che Hikaru immaginava fossero suoi amici.

« Ragazzi » annunciò con voce solenne, strappando di mano uno shot dal contenuto irrilevante ad un confusissimo Jun « siamo qua per passare una bella serata. »

Così dicendo, buttò giù il superalcolico in un colpo solo. Misaki lo guardò con un sorriso perplesso, chiaramente divertito da quel comportamento bizzarro ma anche curioso di sapere cosa diavolo gli stesse passando per la testa.

« Bene. Per contesto, io e Yoshiko abbiamo una relazione aperta e sono bisessuale. Ci vediamo dopodomani. »

Con la coda dell’occhio, riuscì a cogliere un paio di reazioni – tipo Wakabayashi piegato in due dalle risate, probabilmente in risposta all’espressione sconvolta di qualche compagno, e la faccia del Capitano, che continuò a fissare il vuoto con l’aria di chi non aveva la minima idea di come processare quelle informazioni, finché Misaki non gli sussurrò qualche parola all’orecchio.

Ecco, Misaki.

Hikaru si girò una volta soltanto, per cercare di cogliere una qualche reazione su quel volto che gli aveva tanto fatto battere il cuore da ragazzino. Taro incrociò il suo sguardo, le labbra strette per non scoppiare a ridere, e quegli occhi stupendi, sempre pieni di entusiasmo, che brillavano. Alzò le mani per mostrargli due pollici in su, completando il gesto con un occhiolino.

‘Che mai avrò fatto’, aveva chiesto una volta a Yoshiko, mentre cercava di non addormentarsi guardandola studiare attraverso lo schermo del cellulare, nonostante fosse notte fonda da lui, ‘che mai avrò fatto per meritarvi?’. Lei aveva impiegato un attimo per capire. ‘Niente. Proprio niente. Tu sei la persona più buona e gentile di questo mondo. Ma non c’entra niente. Tutti si meritano quello che abbiamo io e te. Solo che noi siamo stati fortunati. Non credo ci sia un motivo. So soltanto che sono molto felice.’

 

Il ragazzo tedesco – Matthias – non solo si rivelò simpatico e interessanto a conoscere Hikaru; era anche un nerd della storia e un grande appassionato di cibo. Dopo una fantastica serata in giro per locali con Matthias e i suoi amici e un’ancor più interessante notte trascorsa nel suo minuscolo appartamento, Hikaru si ritrovò trascinato per un tour de force in giro per Berlino, tra un edificio storico e una donut vegana; e quando si ricongiunse ai suoi compagni di squadra, stravolto, lasciò credere che la sua espressione devastata fosse dovuta più a un weekend di sesso sfrenato che alla digestione del proprio peso in dolci e al mal di piedi da turista.

« Fa’ vedere. »

Misaki lo prese alla sprovvista, spuntandogli alle spalle. Hikaru si mise a ridere e tirò fuori il cellulare.

« Sei fortunato, abbiamo fatto un sacco di foto. »

Aprì la Galleria e iniziò a scorrere tra gli scatti recenti, che mostravano lui e Matthias in giro per la città o seduti in qualche caffè. Una foto particolarmente meritevole ritraeva Hikaru intento a mangiare un krafen ripieno, con le guancie gonfie come un criceto e una striscia di crema al cioccolato sul naso. L’aveva scattata Matthias per Yoshiko e lei aveva risposto con la foto del suo pranzo da microonde e un’emoticon triste. Matthias si era quindi lanciato in un messaggio vocale complicatissimo in cui dava a Yoshiko consigli su come rendere più appetibili i trsiti pasti da universitario – lui si era trasferito da poco in una casa con una cucina vera, dopo anni di dormitorio studentesco.

« Siete molto carini. » constatò Misaki, con tono di approvazione.

« Grazie. E sai quale altra coppia carina mi viene in mente? »

« Mh-mh » Taro scosse la testa, seppur con un sorriso imbarazzato, e iniziò ad indietreggiare con le braccia incrociate dietro la schiena « Non so proprio di chi parli. »

Hikaru alzò gli occhi al cielo.


« E se ti fermano ai controlli, tu di’- »

« Amore, stai tranquilla. Posso farcela. Ho già visto un areoporto internazionale! »

« Sì ma ora c’é quel dickhead del nostro presidente. »

« Niente potrà impedirmi di venire da te, ok? »

« Nemmeno una convocazione di emergenza della Nazionale? »

« No, sono le mie sacrosante ferie. Se mi vogliono sul campo, dovranno trascinarci il mio freddo cadavere. »

« Mh. Neanche se Misaki ti chiamasse dicendoti che lui e Tsubasa si sono finalmente dichiarati e stanno per sposarsi, ora, e serve un testimone? »

« ...saresti la prima a dirmi di andare. »

« Hai ragione, damn. »

« Ed é anche per questo che ti amo. »

« Quanto sei scemo. »

« È questa la risposta che si meritano i miei sentimenti? »

« Sorry, hai ragione. Ti amo anch’io, scemo. »

 

NOTE

Piqué citato completamente a caso dopo aver chiesto in chat ‘qualcuno di dica il nome di un calciatore bono ma anche bravo’ (grazie Aika ♥)

(non io che URLO su whatsapp nel cuore della notte quando Misaki manda una foto della casa nuova a Matsuyama nell’ultima serie-) (io, vecchia ciabattaH dentro: meh che schifo le ambientazioni moderne; sempre io, dopo quella foto e le mail di Wakabayashi e la selfie con Misaki: COMUNQUE IO L’HO SEMPRE DETTO CHE ERA UN’IDEA GENIALE METTERE GLI SMARTPHONE-)

  
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