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Autore: Flappergiuly    22/06/2021    1 recensioni
"Lauren Smith non aveva ancora finito di studiare quando suonarono alla porta. Stava preparando la tesi di dottorato, sarebbe divenuta ricercatrice da lì a poco, visto che il giorno della seduta si faceva sempre più vicino. Sbuffava tra sè e sè, il momento era arrivato e lei come al solito si sentiva puntualmente impreparata, malediva il continuo rimandare e ridursi tutto sempre all'ultimo istante. Continuava a chiedersi chi mai poteva essere, la coinquilina, Ursula Marin, era uscita da poco, era più che ovvio, non poteva pensare di lei".
Una fan fiction particolare, one shot ambientata in un'unica scena: l'appartamento di una casa studenti di New York intorno agli anni '20. Genere storico, periodo delle emigrazioni, non era tra le scelte dei periodi storici per questo è indicato novecento e dopoguerra, riferendosi al primo.
Storia partecipante al contest “Evocami col mio nome, ti svelerò i miei segreti – Edizione speciale Setsy&Mystery” indetto da Setsy e mystery_koopa sul Forum di EFP.
È come sempre buona lettura a tutti, belli!
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Crack Pairing
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Il Novecento, Dopoguerra
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Lauren Smith non aveva ancora finito di studiare quando suonarono alla porta. Stava preparando la tesi di dottorato, sarebbe divenuta ricercatrice da lì a poco, visto che il giorno della seduta si faceva sempre più vicino. Sbuffava tra sè e sè, il momento era arrivato e lei come al solito si sentiva puntualmente impreparata, malediva il continuo rimandare e ridursi tutto sempre all'ultimo istante. Continuava a chiedersi chi mai poteva essere, la coinquilina, Ursula Marin, era uscita da poco, era più che ovvio, non poteva pensare di lei.

Quel sabato sera si era prefissata che non sarebbe proprio evasa, eppure era il suo compleanno. S'era preparata e menomale, a questo punto. L'aveva fatto ma poi ci aveva coscienziosamente ripensato, era troppo arretrata col programma non poteva permettersi affatto iperbolici lussi. Non aspettava nessuno, altrettanto, fuorchè pagine e pagine di libro che la fissavano minacciose. Di ricevere ospiti neppure se lo immaginava.

Svogliatamente si alzò dalla poltrona del suo living e, trascinandosi il peso sui piedi con odiosa pigrizia, si diresse verso alla porta, lo fece ugualmente.

Raggiunto l'ingresso dell'appartamento, si fermò un attimo, era troppa misteriosa quella scampanellata non poteva fidarsi e aprire, inoltre, era sera e sarebbe stato altresì pericoloso.

Sollevò lo spioncino e diede un occhiata fuori il pianerottolo della casa studenti, dopo di che aprì anche la porta, male che andava non era la sola in tutto l'edificio.

Apparve, così, Ursula, alquanto strano a primo impatto. Le sembrava completamente assurdo trovarsi già a casa una che tra le mura domestiche non ci stava decisamente mai.

"Sorpresa!" annunciò tutta festosa, dopo di che spuntarono due altri ragazzi, i loro migliori amici oltre che i rispettivi pretendenti.
"Ma sei impazzita?" tuonò lei mentre teneva ancora con la mano sinistra la porta aperta.
"Oggi è il tuo compleanno, Lauren! Basta libri, cara! Vedendoti sempre sola e silenziosa ultimamente, il che non è proprio da te, avevo pensato di stravolgere te e la serata, non te l'aspettavi proprio, eh? Quindi, una torta, quattro persone, quattro pizze, quattro birre e uno spumante sono il massimo per farlo! Ho optato per un compleanno all'italiana,  proprio come piace a te, irlandese mia bella! Non esci piu, picciridda mia!" sbraitò l'amica facendosi strada verso il soggiorno "E queste non vengono da zia Zoe, queste vengono dalla Pizzeria 'A Pasta 'Ncaciata sono ancora più buone, amica! Menomale che eri ancora vestita!" continuò ancora.

L'irlandese rimase con una faccia perplessa.

"Che hai figghia? Ti vedo assente!" replicò la sicula.
"Dove? E dove l'hai trovato lo spumante? Non l'hai sentito di nuovo Roosevelt,  il Proibizionismo si fa ancora più aspro!" aggiunse la ragazza mentre spostava sul sofà il libro che era rimasto sul tavolo, lo fece presto.
"Io posso tutto, comare!" gli strizzò un occhiolino l'altra.
"E come? La soluzione ė solo una e non va, non ci devi andare in quei posti e io che mi fidavo di te!" tuonò l'aspirante ricercatrice che conosceva bene quella zona e che aveva sempre saputo discernere ed evitare i punti più "bui".
"Non sai niente, forse! L'alcol, qui, ormai, d'ora in poi resisterà solo col contrabbando o niente, morirà del tutto se no, come è morto in questa casa! Se è così non lo tollero proprio! Quindi, via! Ok, ormai, questa è lultima volta dopo di che basta, ok?" borbottava ancora la gaelica.
"Ok!" sbuffò l'italiana mettendoci un po' a rispondere.

Erano Bradley Ford e Kevin Young. L'avevano conosciuti quando erano appena arrivate al college, non erano arrivate insieme, venivano da posti piuttosto differenti ma non fu assai difficile trovarsi e ritrovarsi.

L'amicizia era nata lì, esattamente in quella casa, esattamente tra quelle quattro mura di Brooklyn Heights, era fiorita tra le faccende domestiche e le bollette continuamente da pagare, tra le crostate fatte in casa e le tazze di tè irlandese dai più impensati aromi e dalle più improbabili spezie, tisane offerte dalla casa, ora Smith, ora Marin avendo imparato anche lei la ricetta segreta. Erano andate avanti malgrado gli inconvenienti, la vita da emigrati non era facile e pensare che fortunatamente loro erano un passo più avanti rispetto a tanti altri, erano riuscite a mettere qualche dollaro in più per mantenersi gli studi oltre che l'indispensabile per vivere integrando anche con una piccola sistemazione lavorativa stagionale trovata in una via relativamente vicina da lì, malgrado Lauren avesse avuto un periodo in cui era contraria a frequentare certi posti per via di certe dicerie poco raccomandabili in riguardo.

Eppure si era abituata ed era tornata ad amare quella zona come prima da perfetta straniera. Almeno in parte, almeno quell'angolino di quella strada ormai era tornato ad essere gradito da lei e tanto. Lo pensava anche lei, lo faceva e come.

Un'intera via piena di locali era quella così chiamata Mulberry Street. Una metropoli dai palazzi più buffi, strani e variopinti. Era il quartiere italiano di Little Italy, residenza di molti italiani ormai molti dei quali sedimentati da tempo e altri che continuavano a farsi spazio come meglio potevano in quel che per loro apparivano una nuova, incognita e speranzosa realtà. Anche Ursula un tempo vi abitava, poi, per staccarsi dal nucleo familiare aveva optato per l'open space limitrofe, tra l'area indigena e quella cinese di Chinatown.

Come poteva mai un bel posto incutere così tanta paura? Eppure sgomentava e come. Pur essendo sempre una zona affollata di gente cordiale non era facile viverci.

Da un lato c'erano i meridionali calorosi ma al loro fianco c'era anche l'altro angolo, l'altra faccia della medaglia, l'altro lato della luna, quello più tetro e celato.

Era il mal celato angolo della Mano Nera, una cosa, una sola cosa, Our Thing. Era questo a preoccupare Lauren e tutto il mondo intero, non c'era mostro più viscido di quel polpo, non c'era cosa peggiore della Mafia.

"Ok, ora, accomodiamoci tutti!" terminò Lauren sedendosi al tavolo del living, le passò tutto.
"Buon appetito e ancora auguri, Lauren!" trovarono in coro.
"Hmm... proprio buona questa pizza! Lento come al solito! Ancora tutta là è la tua!" beffeggiò Bradley rivolgendosi all'amico.
"Ah, aspetta, dimenticavo una cosa, picciotta!" si risvegliò improvvisamente la voce di Ursula dal nulla più assoluto e sconfinato.

S'alzò poi dalla sedia e si diresse verso la stanza. Tempo pochi istanti ed era di nuovo a presenziare l'atmosfera con le mani piene di giornali. Li strappò con massima destrezza e rapidità e poi riprese nuovamente a intonare.

"Vedrai presto a che serviranno!" insinuò la ragazza.

Lauren si alzò e si avvicinò al grammofono giacente su un tavolino di vetro a ridosso del sofà, un lungo sofà in velluto color porpora che fungeva da salotto, il box della sua pizza era già vuoto, s'era decisamente ingozzata.

Il disco era già inserito, quel che urgeva era solo posizionare la puntina e quindi farlo partire, il che così fece.

La musica così partì e incominciò a danzare.

Fece di nuovo tappa a i fornelli sculettando e sgambettando come una bambina a ritmo di foxtrot come la musica avanzava e si propagava nella stanza.

Cominciarono anche gli altri a mettersi in movimento, persino la stanza girava.

La musica era a palla, una negra che cantava a cappella, ormai lei era la sola a sentirsi e anche al di sopra dei pensieri. Era la Signora Moss, una cantante di colore assai in voga in quei mesi e quella canzone era diventata un vero e proprio tormentone della musica in quelle ultime settimane che rimanevano del 1919. Non c'era giovane alcuno che non conoscesse quei testi, ciascun ragazzo e ragazza possedeva l'intera compilation di quelle note che bruciavano di caldo swing. Si sposava perfettamente con quell'atmosfera di spensieratezza, il miglior compleanno, almeno degli ultimi, passato in compagnia d'amici. Seguiva quell'allegro ritmo incalzante, come l'aria e come anche lei, come si avvicinò Bradley, poi, cambiò decisamente tutto.

Uscito il tè, chiuse la manovella del fuoco, prese il bollitore e versò il liquido bollente in una graziosa teiera di un azzurro tenue, era proprio deliziosa, anch'essa esattamente come lei. Riempita, la mise sul vassoio facendo compagnia a sei tazzine con altrettanti piattini e cucchiaini dello stessa tonalità cromatica, erano tutti componenti del medesimo set.

Prese la zuccheriera, anch'essa parte del tutto, vi versò del dolcificante, ci teneva ugualmente alla linea, inoltre, con tutto il bendidio che aveva davanti a sè doveva giungere a compromessi. Nonostante fosse magra, non si dava alcunchè per vinta.

"A tavola, belli! Il dessert!" ordinò Lauren mentre accomodava il tutto sul tavolo.

Fu così che gli altri si fermarono e ritornarono ognuno sui propri passi, ai propri posti.

La festa continuò come continuò il concerto in falsetto.

Aprirono la torta, intonarono la solita litania, un mescolarsi di voci fu decisamente il risultato finale, solo e anche solo per poco, per qualche attimo, un attimo. Attimo interrotto dallo spegnimento delle candeline e poi di nuovo la baldoria fece ritorno con applausi e varie euforie.

Tagliata la torta, distribuito il tè, stappato lo spumante, ripresero a trangugiare.

"Che buona questa torta!" le scappò da dire la ragazza.

"E non volevi niente!" replicò l'amica.

Anche quel momento ebbe presto una fine e si rilanciarono a tutto spiano.

Il disco ancora sbraitava, un'altra canzone era finita. Tre secondi di silenzio nuovamente interrotto da una nuova canzone, stavolta era un lento, ballarono anche quello.

Nel frattempo era tutto un oceano di coriandoli, una casa così spenta e monotona adesso era diventata un vero e proprio acquerello e guai a dopo e a chi puliva.

Sul finire di quelle note, Ursula prese per mano Lauren e l'allontano dal living, erano nel corridoio, era cominciata la caccia al tesoro. 

Girò in lungo e in largo per tutto l'appartamento. Svolazzò per il bagno e per le camere, si tuffò in tutti gli angoli di quella casa.

Il risultato furono tre pacchi, tre come loro, ovviamente. Lauren capì subito di cosa si trattasse, ovviamente del risultato superficiale e non completo.

Erano tre pensierini, non finiva tutto lì, non terminava affatto tutto al bivacco, le magie sarebbero continuate.

Tornò nel living e iniziò a spacchettare.

"Non dovevate!" esclamò l'irlandese.

"Smettila!" tuonò Ursula a sua volta.

Si ritrovò nelle mani un libro, "Persuasione", s'intitolava, era una delle più grandi lettrici di Jane Austen ma stranamente era l'ultimo e unico della collana che non aveva ancora gustato come dovrebbe essere per un'ideale divoratrice di quelle parole così lontane e vicine al tempo stesso, non aveva avuto ancora modo ma da quel momento in poi ne avrebbe avuto decisamente a volontà.

Una pochette di Coco Chanel all'ultima moda, una borsetta color panna in frange e infine un paio d'orecchini, due perle tinteggiate Tiffany, saranno costate un accidenti.

Che geniali originalità, con quei due accessori sarebbe stata completamente una flapper girl, come più desiderava.  

Fu così che il tempo passava ed era già passato, non gli sembrò abbastanza ma doveva pur convincersi e accettare tutto.

I due ragazzi che si erano accomodati sul sofà si alzarono di nuovo, era arrivato il momento di congedarsi e così fece, stavolta diversamente, era completamente combattuta, su tutto.

Si rintanò così nella sua stanza, aveva congedato anche Ursula, aveva un sorriso interminabile e poteva finalmente lasciarlo andare.

Infine, s'accorse d'essere stranamente come sempre stanca ma felice.

 

   
 
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