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Autore: GReina    23/06/2021    2 recensioni
Sakusa Kiyoomi aveva sempre sofferto d'ansia, soprattutto nei luoghi pubblici e affollati. Tra tutti, non avrebbe mai immaginato di poter ritrovare la propria calma in Miya Atsumu.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una musica che scalda il cuore

Era eccezionale. Non c’erano altre parole per descriverlo. Il modo in cui le dita danzavano sulla tastiera, il ritmo del piede sui pedali, la melodia che si irradiava per tutto l’ambiente, il rumore molesto della vita quotidiana che si trasformava in un silenzioso rispetto per quelle note straordinarie. A un tratto era tutto calmo. A un tratto Kiyoomi non era più nel luogo pubblico che tanto lo aveva messo in ansia solo l’attimo prima.
Lo schiacciatore deglutì e si perse nei lineamenti di Miya. Non avrebbe mai immaginato sapesse suonare, figurarsi così bene. Si chiese dove avesse imparato; si chiese quale fosse la sua storia. Provò a non chiedersi, invece, perché dal nulla avesse lasciato la conversazione con Hinata e Bokuto a metà per mettersi al piano. Provò a non chiederselo perché conosceva la risposta: l’aveva fatto per lui. Era talmente ovvio da risultare imbarazzante. Tutta la squadra era a conoscenza della sua misofobia, quindi chiaramente tutti s’impegnavano affinché il corvino stesse il più a suo agio possibile. Ma quanto capitava che le circostanze lo costringessero in una situazione di stress, c’era poco che i membri dei Black Jackals potessero fare. Gli stavano alla larga, per lo più. Quello era l’unico modo che conoscevano per aiutarlo, e se anche Kiyoomi ne avesse conosciuto uno migliore, orgoglioso com’era, sicuramente non l’avrebbe rivelato.
A causa del loro lavoro tutti i membri della squadra si ritrovavano a compiere viaggi in aereo un finesettimana su due in modo da disputare partite contro le squadre più forti del Giappone lungo tutta la Nazione. Sebbene Sakusa abborrasse i mezzi pubblici, prendere un aereo così spesso non era quindi una cosa che potesse evitare. E non importava quanto spesso lo facesse: non ci si sarebbe mai abituato.
Alcuni giorni erano peggio di altri. E quel giorno, in particolare, si era prospettato essere tremendo.
I suoi compagni di squadra non se n’erano accorti. Con la mascherina in viso e lo sguardo basso quasi mai nessuno si rendeva conto del suo stato d’animo, e a Kiyoomi andava bene così: voleva dire che non lo guardavano, voleva dire che Kiyoomi era distante da loro come loro da lui.
Questo, tuttavia, non valeva per il paio di occhi nocciola del loro alzatore. Perché lui osservava; perché lui sapeva.
Kiyoomi, tra tutti, cercava di evitare Miya il più possibile. Si sentiva a disagio accanto a lui; troppo osservato, accanto a lui. Ed ecco quegli occhi intenerirsi al suo pallore, ecco quegli occhi preoccuparsi del suo respiro veloce. I loro sguardi si erano incrociati, poi Atsumu aveva sorriso ed interrompendo qualunque cosa Bokuto gli stesse dicendo si era alzato esclamando: “Senti qua, Omi!” erano state le ultime parole che aveva pronunciato. Poi ci fu spazio solo per le note.
Chiunque avesse pensato per primo di mettere un pianoforte in aeroporto doveva essere stato un genio. Tutte le note stonate ed i tasti premuti a caso dai bambini più fastidiosi valevano la pena di essere sopportati se poi arrivava qualcuno come Miya in grado di far cadere l’intera sala in ammutolita contemplazione.
Kiyoomi non aveva occhi che per lui, non aveva orecchie che per lui, e ad un tratto si rese conto di star respirando come si deve, che l’attacco di panico era sparito, che lui stava bene.
La canzone finì e tutti applaudirono. Sakusa rimase immobile, il suo corpo capace solo di deglutire. Atsumu gli sorrise ancora come a dirgli: “Visto? Tutto a posto.” ma non gli si avvicinò. Non gli parlò. Tornò invece da Bokuto ed Hinata che entusiasti stavano chiedendo perché non l’avesse mai fatto prima.
“Non ne vedevo la ragione.” gli sentì rispondere scrollando le spalle.
L’ansia non riuscì più ad attanagliare Sakusa, quel giorno. E lo dovette a Miya.
 
Alla successiva trasferta la scena si ripeté e a quella di due settimane dopo anche. Le spalle di Kiyoomi non potevano fare a meno di irrigidirsi ogni volta che varcava la soglia dell’aeroporto, e adesso il corvino sapeva esserci gli occhi intelligenti di Miya ad osservarle. L’intera squadra si sedeva al gate per aspettare l’imbarco; Atsumu affidava il proprio bagaglio ad Hinata, sorrideva a Sakusa e si metteva al piano.
Era così ovvio, così ovvio che lo facesse per lui da essere imbarazzante, eppure Kiyoomi tutto voleva fuorché che smettesse. Ancor più che ammettere di sapere che Miya suonasse solo per lui, comunque, era dilaniante per lo schiacciatore ammettere cosa il biondo gli stesse combinando nel cervello.
Atsumu suonava, e suonava ancora. Danzava con le dita, poi gli sorrideva e tornava a parlare con Hinata e Bokuto. Si limitava ad una sola sinfonia, il più delle volte, eppure bastava che quello sguardo che gli rivolgeva alla fine non lo convincesse di aver risolto la sua ansia affinché tornasse a fare la sua magia.
“Come?” si chiedeva in quei frangenti Kiyoomi “Come ci riesce? Come lo capisce?” ma sapeva che quelle domande non avrebbero mai lasciato la sua testa, perché non poteva ammettere ad alta voce quanto Atsumu lo stesse scombussolando; quanto decifrarlo stesse diventando essenziale per la sua vita.
Dopo sei mesi di viaggi e melodie, il corpo dello schiacciatore iniziò a reagire e la sola presenza del biondo si ritrovò ad essere un fattore tranquillizzante. Sakusa iniziò a preoccuparsi. Doveva smetterla. Doveva farlo smettere. Si disse che alla prossima trasferta gli avrebbe detto di non suonare, o se non quello si sarebbe allontanato, o quantomeno avrebbe indossato delle cuffie.
Non lo fece. Come tutti, al viaggio successivo Kiyoomi venne rapito da Miya e da quello che riusciva a fare muovendo leggere quelle magiche dita da setter sui tasti bianchi e neri.
La sinfonia finì, Atsumu sollevò la testa e gli sorrise e – stavolta – Kiyoomi sorrise di rimando. Gli occhi castani che tanto lo avevano osservato si spalancarono sorpresi mentre le guance sotto di essi prendevano colore. Gli occhi di Sakusa si illuminarono divertiti a quella vista, ma presto distolse lo sguardo. Gli era scappato un sorriso, poco prima, ed era già troppo. Sapeva che la volta successiva avrebbe dovuto trattenersi di più, ma non ci riuscì.
“Cosa mi sta succedendo?” si chiese mentre ammirava Atsumu “Perché non riesco a smettere di sorridere? Perché ho mal di pancia?”
Infine, arrivò il momento di un’ennesima trasferta e – già pronti per salire sull’autobus – coach Foster li avvertì:
“Miya oggi ha importanti impegni di famiglia. Ci raggiungerà con il primo volo di domani mattina, ma le prime due partite del weekend dovremmo disputarle senza di lui, quindi preparatevi.”
In quel momento le partite erano l’ultimo pensiero nella testa di Kiyoomi. Arrivarono davanti l’entrata dell’aeroporto e lì il corpo di Sakusa si immobilizzò.
Imprecò, poi si costrinse a fare un passo dopo l’altro.
Fu brutto. Parecchio brutto. Erano mesi che non si sentiva così male, ma si impose di calmarsi. Sfilò le braccia dalle maniche della giacca che trattenne tuttavia ugualmente sulle spalle in modo che lo avvolgesse il più possibile. Le mani congiunte e le spalle curve. Si mise in un angolo e lì aspettò che l’imbarco iniziasse. Voleva solo che finisse; voleva solo che nessuno lo avvicinasse. Voleva solo Miya e la sua musica. Chiuse gli occhi e tentò di ricordare com’era, ma non poteva esistere immagine che gli rendesse giustizia e l’ansia non poté far altro che accentuarsi.
Quando Atsumu raggiunse la squadra i Black Jackals erano in campo e stavano giocando il quarto set contro i VC Kanagawa. Il biondo si scaldò in fretta e sostituì la propria riserva. Fu solo mezzora e una vittoria dopo che lui e Kiyoomi poterono finalmente parlare come si deve; le parole di Miya che lo fulminavano all’istante:
“Stai bene, Omi?” lui aveva sbarrato e poi corrucciato gli occhi.
“Perché non dovrei?” era difficile dire se a quella domanda l’alzatore fosse arrossito o meno, il suo volto era ancora affaticato per il gioco appena concluso.
“Sì, insomma…” indugiò “Pensavo a ieri.” fu il turno di Kiyoomi di arrossire, così lo schiacciatore non poté fare a meno di ringraziare l’affanno che rendeva tanto difficile capire se quello sul suo viso fosse stanchezza o imbarazzo.
Sakusa dovette raccogliere le idee, ma l’unica cosa che infine riuscì a dire fu:
“Avrai molti altri impegni di famiglia nelle prossime settimane?” Atsumu tentò di nascondere un sorriso felice. Non era difficile interpretare le sue parole: “No, non sono stato bene. Sto bene solo quando ci sei tu.” sarebbe morto piuttosto che dirlo apertamente, ma non era giusto mentire sminuendo quanto i gesti di Miya significassero per il suo benessere.
“Nessun impegno di famiglia nell’immediato futuro.” lo rassicurò, così Sakusa annuì mentre tornava a sistemare le proprie cose nel borsone per lasciare lo spogliatoio. Il resto dei membri della squadra era già uscito e d’altronde non era raro per lui ritrovarsi ultimo. La sua routine di pulizia era molto più meticolosa e approfondita e richiedeva tempo. Rimanevano solo lui ed Atsumu.
Percepì gli occhi nocciola dell’alzatore perforargli la schiena mentre sistemava le ultime cose, così come sentì i piedi del biondo muoversi a disagio mentre spostava il peso da un lato all’altro del corpo. Quando il corvino si voltò per capire cosa lo stesse rendendo tanto nervoso, vide il viso di Atsumu prendersi di coraggio per poi dire:
“Non ho impegni in generale, in effetti. Ti va di uscire insieme, Omi? Una volta tornati a Osaka.” si fissarono per dei secondi interminabili. Sakusa aveva osservato Miya ancora e ancora. L’aveva osservato perché voleva capirlo, perché non poteva farne a meno. L’aveva osservato perché voleva capire se stesso. Non era arrivato a nessuna risposta, però. Non sapeva perché il biondo gli facesse quell’effetto; non sapeva perché la sua musica gli desse quel tale senso di pace.
Una cosa, però, la sapeva: non voleva dirgli di no.
Annuì.
“Solo noi due?” volle chiedere in conferma.
“Solo noi due.” sussurrò il biondo. Era quasi come se non riuscisse a credere di aver avuto successo.
“In un posto poco affollato, però. E non troppo tardi.” Atsumu si affrettò ad annuire.
“Al Kosenji Park alle 19, allora.” propose “Da lì si sente l’orchestra di Osaka suonare quando ci sono i concerti.” si guardarono a lungo negli occhi, entrambi con lo sguardo luminoso.
“È un appuntamento, allora.” Miya sorrise felice.
“Lo è.” disse; infine lasciò la stanza. Sakusa non era ancora riuscito a darsi una risposta per quello che provava, ma forse non ce ne sarebbe stato bisogno. Atsumu era strano, ma sicuramente stargli accanto lo faceva sentire bene, e non era questo l’importante?
Da quel giorno Kiyoomi non dovette più attendere la trasferta per avere quei momenti intimi con il biondo; da quel giorno non dovette più fingere di essere sempre disinteressato; da quel giorno poté iniziare a capire Atsumu, poté iniziare a conoscerlo e poté iniziare ad amarlo. E lo fece sempre, fino alla fine con la sua musica a scaldargli il cuore.
 
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n.a.
Che dire! Non posso che ringraziare la mia cara LorasWeasley per aver avuto questa magnifica idea che mi ha ceduto! (Perché tanto lo so che era per farmi fare tutto il lavoro duro e poi goderti la lettura! Ma sta’ pur tranquilla che ricambierò il favore!) Come ha detto lei stessa: “ogni posto è buono per farsi venire in mente idee per una sakuatsu”, e in questo caso si è trattato essere la fila d’attesa del suo volo prima dell’imbarco! E come avrei mai potuto, io, resistere alla tentazione di parole come “ad ogni viaggio dei BJ Atsumu suona qualcosa per far distrarre Omi dall’ansia per essere in un aeroporto”??
Come solito mio ho fatto mille ricerche che nessuno noterà, ma il risultato è stato un appuntamento troppo carino! Ho cercato qualcosa che avesse a che fare con i pianoforti ad Osaka e ho trovato solo l’Orchestra. Lì vicino da Google Maps ho visto il Parco Kosenji, quindi eccoci qui!
Spero vi sia piaciuta! A presto!!
 
P.S.
Nel mio headcanon al loro (primo o un futuro) appuntamento Kiyoomi chiede ad Atsumu perché ha imparato a suonare il piano e lui gli risponde che ha vissuto con suo nonno, il quale amava sentire sua moglie suonarlo. Quando sua nonna è morta ha voluto fare qualcosa di carino per il nonno e ha iniziato a prendere lezioni. A quel punto Kiyoomi fa una smorfia e alla domanda di Atsumu del perché quella faccia, Sakusa risponde che avrebbe preferito una storia meno adorabile perché “stai pericolosamente diventando attraente”.
   
 
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