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Autore: Corydona    26/06/2021    0 recensioni
Come in una partita a scacchi, due fazioni si ritrovano schierate l'una contro l'altra, pronte a dichiararsi una guerra che entrambe non vorrebbero. Da un lato gli Autunno, la cui potenza sembra inarrestabile, dall'altra i Primavera-Inverno, che possono contare su un'influenza senza eguali.
Una situazione di apparente stasi: apparente, perché nell'ombra i sovrani cadono e le successioni al trono sembrano più complicate del previsto. La guerra sarà dichiarata? Termineranno i regicidi? Quale delle due parti avrà la meglio?
Un'antica profezia annuncia la disfatta degli Autunno: si realizzerà? O rimarranno solo vaneggiamenti di un passato caduto nell'oblio?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Selenia '
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*Attenzione*
Ho aggiornato con tutti gli ultimi capitoli del Trono, perché tra qualche giorno (stay tuned!) arriverà il secondo "libro" di Selenia. Se eri in pari con la lettura, ti consiglio di tornare al 19.1, per riprendere la lettura da dove l'avevi interrotta. Se invece hai aperto per caso questa pagina, benvenuto, ma torna all'inizio: qui ci sono un sacco di spoiler!



Ultimo capitolo

Erik non era mai stato nel regno dell'Autunno, ma trovare Castelfango non fu difficile, nonostante la pioggia che aveva iniziato a battere sul suo capo da quando aveva varcato il confine con il Mare. A distanza regolare erano sistemate le indicazioni per giungere alla residenza reale, che lui era riuscito a leggere, anche se il cavallo, dopo un paio di ore sotto l'acqua aveva fretta di giungere a un posto riparato e asciugarsi.

Peves non avrebbe corso così tanto.

Ma ormai c'erano quasi. Erik non avrebbe saputo dire se fosse davvero il tramonto, perché quelle nubi scure che l'avevano accolto lì – e che non sembravano intenzionate a lasciarlo – impedivano che il sole le trafiggesse con solo uno dei suoi raggi.

Il castello degli Autunno sorgeva su una collinetta, circondata da un muro in pietra. Delle bandiere zuppe, che recavano quella foglia di quercia spezzata in due indicavano gli ingressi, ma erano talmente intrise di acqua e spinte dal vento da essersi avvolte sulle loro aste, che l'Inverno intravide a malapena. Spronò il cavallo sconosciuto e si avvicinò, distinguendo molto poco di quello che aveva intorno. Non sapeva se Raissa lo stava già attendendo, e non doveva fare altro che giungere dove lei gli aveva dato appuntamento, all'ingresso settentrionale, per avere una risposta.

Eppure, una minuscola parte di lui non voleva davvero arrivare. Voleva conoscere l'identità di chi aveva ucciso Guglielmo Lotnevi? Certo che lo voleva, era partito per il Pecama per sapere se si trattava di Ariel...

Ma quella scoperta a cosa l'avrebbe portato? Era pronto anche per scoprire se Iris aveva a che fare con la morte dei Dal Mare?

Non si portò una mano al petto solo perché altrimenti il destriero lo avrebbe disarcionato e sarebbe fuggito lontano, lasciandolo immerso nella fanghiglia autunnica. Tuttavia, il cuore gli saltò alla gola, battendo furiosamente. Ormai era lì, non poteva più tirarsi indietro.

Mise a tacere così i suoi pensieri e si concentrò nel tenere le redini del cavallo, che aveva iniziato a salire lungo il pendio. In alto, illuminata a malapena da una torcia e riparata da una tettoia, una figura era in piedi, in attesa. Quando Erik giunse fin lì, scrutò i suoi occhi scuri coperti dal cappuccio, su cui la pioggia si riversava irrispettosa.

Raissa Autunno gli sorrideva, in trionfo sotto quell'acquazzone.

«Il cavallo può aspettare qui» gli disse con voce melodica, mentre lui ne scendeva. Indicò un piccolo spazio ben riparato dal vento e dalla pioggia da un muricciolo in pietra. L'Inverno lasciò lì l'animale, pronto a seguirla all'interno, ma lei era ferma a contemplare il panorama davanti a sé.

«Guarda» gli consigliò con un sorriso trionfale dipinto sulle labbra, illuminate fiocamente.

E lui ubbidì, fissando assorto quella mescolanza di cielo e terra in cui i colori fangosi di quel regno si mescolavano l'ebbrezza delle nuvole. Qualche lampo illuminava di tanto in tanto un agglomerato di case, una boscaglia, la capitale, mentre le tinte del paesaggio si facevano sempre più fosche, come se la pioggia non attendesse altro che la notte per sprigionarsi con tutta la veemenza di cui era capace.

«Dai, ora andiamo.»

La sua voce non suonava imperiosa, come Erik si aspettava, ma gentile e delicata, quasi non volesse urtare l'illustre ospite. Lui si lasciò guidare attraverso l'ingresso e poi nel groviglio labirintico dei corridoi del castello. Camminava alle sue spalle con passo sicuro, stupendosi che non ci fosse nessuno in quel groviglio di quadri con personaggi antichi e di rifiniture dalle tonalità cupe e brillanti allo stesso tempo. Raissa doveva aver avuto l'accortezza di scegliere con cura un tragitto che li avrebbe condotti indisturbati dove voleva lei. Non si guardò intorno, rapito com'era dalla frenesia di conoscere una risposta ai suoi dubbi.

Giunsero a una sala arredata di arazzi dalle tinte sanguigne, in cui i colori primeggiavano sulle forme e in cui non si capiva cosa fosse rappresentato. Se non avesse compreso di ritrovarsi in una delle stanze private di Raissa Autunno, Erik ne avrebbe sicuramente riso.

«Prego, siediti» lo invitò lei. Con un cenno della mano gli indicò un divano morbido attorno a un tavolino di cristallo, su cui erano sistemate delle bevande scure accanto a due bicchieri.

«Hai detto che sai chi ha ucciso Guglielmo» disse lui, prendendo posto, mentre lei versava da bere.

«Certo che lo so.» Il suo tono era accomodante, come se volesse metterlo a suo agio, eppure l'Inverno non si sentiva tranquillo tra quelle pareti. Raissa gli offrì uno dei due bicchieri, ma lui ricambiò con uno sguardo sospettoso. «Pensi che lo abbia avvelenato? No, la mia è solo cortesia.»

«La stessa cortesia con cui hai pugnalato il re di Cmune?» commentò Erik, sarcastico. «Cosa ti impedirebbe di uccidere anche me?»

Lei rise. «Non ho intenzione di ucciderti, altrimenti non sarei stata tanto sfrontata da chiederti un incontro. Sicuramente ne avrai parlato con i Dal Mare e se tu sparissi dopo essere venuto da me... Sappiamo cosa accadrebbe in quel caso. E per quanto riguarda il Lotnevi, mi spiace deludere la tua aspettativa, ma non sono stata io.»

«Ma sei stata tu a volere la sua morte, giusto?» domandò l'Inverno. «Avresti avuto un grandissimo vantaggio nel conquistare lo Cmune, se lui fosse morto e Nicola condannato per la sua uccisione.»

«Ho avuto dei problemi per la condanna del nostro Nicola» ammise Raissa, a malincuore.
«Lui si è salvato dall'incendio» mormorò Erik, fissando ipnotizzato il liquido nei bicchieri. «Per questo non hai attaccato lo Cmune, sapevi che loro avrebbero resistito nell'attesa del suo ritorno.»

l'Autunno scosse la testa. «Non si tratta di questo. Ho scorto la possibilità di stringere un'alleanza preziosa nel Vorrìtrico. E quell'alleanza mi ha portata qui.»

«Non vorrai di certo raccontarmi delle tue alleanze?» chiese Erik, con rinnovata ironia.

Raissa sorrise e sorseggiò dal suo bicchiere, che continuò a tenere in mano. Scrutava il principe con un misto di curiosità e impazienza: la divertiva ascoltare le sue errate conclusioni, eppure sapeva che lei non avrebbe potuto rivelargli ogni cosa tanto rapidamente.

Le verità necessitano di tempo per essere credute.

«Perché non dovrei? So che tu fremi per conoscere il motivo per cui sei venuto qui e so che non si tratta solamente del povero Guglielmo Lotnevi, che è stato troppo cieco per rendersi conto di quale trappola lo stava incastrando. Non avrebbe dovuto accettare di vedere qualcuno di nascosto.»

«E tu come fai a sapere di chi si tratta, se non sei stata tu?»

Lei si limitò a sorridere, senza rispondere. «Credo che tu sia abbastanza intelligente da arrivarci: io non agisco mai da sola.»

Erik sollevò lo sguardo su di lei, fissandone gli occhi neri. Se Ruggero e Amelia non osavano esporsi, lui non conosceva altri della loro corte che non fossero i reali. E se Deianira era, a quanto si sapeva fuori dal Ruxuna, tanto malata... «Melissa?»

«Era l'unica che potesse inoltrarsi non vista nella reggia di Mitreluvui» disse l'Autunno, prima di far tintinnare teatralmente il suo bicchiere contro quello ancora colmo che aveva riempito per il suo ospite. «Sa rendersi invisibile agli altri. Non scompare, intendiamoci: ma non viene notata.»

«Com'è possibile?» L'espressione incredula dell'Inverno la divertiva e lei si concesse un altro sorso di vino prima di parlargli ancora.

«Mi deludi, pensavo che tu avresti compreso che quelle sul nostro conto non sono solo dicerie.»
Lui si portò due dita alle tempie. Puntò lo sguardo sul calice pieno ed esitò al pensiero che del liquore l'avrebbe aiutato ad accogliere la verità. Non lasciare che ti travolga, sii parte di lei.

Sollevò la testa, e Raissa gli sorrideva affabile. Si sentiva scosso, non comprendeva come potesse aver sentito la sua voce senza che lei avesse aperto bocca.

«Non crederai che la magia sia una frottola per bambini, vero?» domandò l'Autunno. «Gli incantesimi di illusione sono così semplici per Melissa che non si è dovuta impegnare molto affinché tu vedessi esattamente ciò che lei voleva. Che io volevo.»

Lui non disse nulla, rimanendo immobile a fissare il vino che gli parve contorcersi nel vetro, come se bramasse di scorrergli nella gola. Cos'altro aveva creduto di vedere e invece non era reale?

«La città non era vuota, ma tu l'hai percepita tale attorno a te» proseguì Raissa. «Se ti può consolare, nessuno si è accorto della tua presenza: tu eri invisibile a loro e loro a te. L'unica persona che davvero hai visto è stata lei, indossava una parrucca che l'avrebbe resa simile ad Ariel Dal Mare.»

«E il pugnale... L'ha preso lei!» esclamò. Su questo aveva avuto ragione lui: la regina marese aveva commesso un errore nel fidarsi dell'autunnica.

«Ma certo. Non dev'essere stato difficile per Melissa incantarlo perché sparisse e poi prenderlo mentre lei non guardava» assentì Raissa. «Erik, non farmi sembrare una donnaccia da taverna, bevi anche tu.»

Tuttavia, l'Inverno non mosse un muscolo, tutto il corpo in tensione per quella domanda che gli pizzicava la punta della lingua. «Perché?»

«Perché tu eri diretto lì e avresti dovuto notare il pugnale prima di chiunque altro. La corte di Cmune non avrebbe mai potuto vederlo.» Tacque e si godette l'espressione sbalordita dell'Inverno, impietrito ancora una volta, quasi stentasse a crederle.

«Non è possibile» asserì lui. «Chiunque avrebbe potuto vederlo, era sotto un tavolo!»

Lei sorrise, trattenendo una risata. «Melissa ha seguito ogni tuo passo nello Cmune: ha incantato la corte in modo che non si comportasse in modo lucido – non ti sono sembrati fuori di senno? – e ha nascosto il pugnale ai loro occhi. Solo tu avresti dovuto vederlo. Nulla di quello che è accaduto è stato casuale, tutto ha seguito il mio piano.»

«Devi avere dei grossi piani per lo Cmune, se ti sei presa il disturbo di uccidere il re e di fare in modo che il principe venisse condannato» commentò, con amara ironia. Gli sembrava folle, non riusciva a distinguere quale fosse il disegno più grande dietro alle mosse degli Autunno.

«Oh, la condanna di Nicola» sorrise lei. «Sì, hai ragione, è stata opera mia. O meglio, di mia madre... All'inizio non aveva visto di buon occhio che usassimo la magia per incastrarlo, e la lettera scritta di suo pugno è un falso che solo in pochi avrebbero potuto smascherare. Non per il contenuto, sia chiaro, ma perché è intrisa di una potente magia di illusione. Come ti dicevo, Melissa è molto abile.»

«Puoi spiegarmi meglio?» chiese Erik, approfittando della parlantina della principessa. Ogni sua parola era una confessione e aveva compreso solo in quel momento che spingerla a scoprire le sue carte e a mostrare di cosa lei e Melissa erano capaci poteva essere utile per contrastarla. Al suo ritorno nel Defi, o anche da Ariel, avrebbe avuto delle informazioni importanti da condividere.

«Vedo che iniziamo a intenderci» disse lei. «Chiunque avesse letto o ascoltato il contenuto di quella lettera non avrebbe mai potuto comprendere che si tratta di una falsificazione. Con due eccezioni: si poteva sapere in anticipo, e non intendo congetture astratte ma proprio conoscenza certa, che era un inganno volto a incastrare Nicola Lotnevi.»

«Oppure?»

«Oppure bisognava avere precedenti esperienze di magia» rispose Raissa. «Che io sappia, nessuno dei presenti ai Lupfo-Evoco rientrava in queste due categorie.»

«Potresti non conoscere così a fondo tutti» notò Erik.

«Probabile» annuì lei. «Per questo non so spiegarmi come mai il Dal Mare abbia scatenato una rissa proprio perché era l'unico a dire la verità. Ma per comprenderlo ci sarà tempo.»

Posò il calice vuoto sul tavolino, con il tintinnio attutito dalla tovaglia di velluto, e si versò altro vino.

«Quindi ci sono delle falle nel tuo piano» commentò Erik.

«Il mio piano non ha falle, anzi,è andato tutto esattamente come doveva andare» ribatté Raissa con un sorriso complice.

«Lo Cmune non è finito sotto il tuo dominio, come progettavi...»

«Io non mi riferivo allo Cmune, ma a noi due qui.» Alzò lo sguardo su di lui, divertita; prcepiva il disorientamento del principe, e l'incredulità dipinta sul suo volto ne era la conferma. «Dovresti fare più attenzione a chi hai intorno. Non hai notato niente ai festeggiamenti per il Figlio del Mare?»

Solo a quelle parole, Erik accettò l'invito a bere, perché sentì di averne bisogno. Capì che in arrivo c'erano rivelazioni ancora più importanti di quelle sugli eventi del continente: ora si trattava di lui. Il liquore dolciastro gli attraversò la gola bruciando e lo riscosse, nonostante lui si sentisse come risvegliato da un incubo. Se l'Autunno aveva accennato alla festa in maschera per Vudeli, sicuramente si riferiva a Iris e dunque l'accusa di Dante nei suoi confronti riprendeva vigore ai suoi occhi. Tuttavia, non voleva crederci, non poteva credere che la donna che amava fosse stata in grado di ingannarlo. Ingannarlo? E per quale motivo?

«Non sto parlando di lei» ridacchiò Raissa. «Credo che poco prima di rientrare in camera verso la fine del ricevimento dei Dal Mare, tu abbia bevuto un bicchiere di vino, che ti è stato servito da un giovane. Sbaglio?»

Lui annuì. Ricordava di aver lasciato Iris da sola per uno o due minuti, mentre lui controllava se qualcuno si fosse incuriosito nel vederli allontanarsi insieme. E aveva davvero preso quel bicchiere di vino bianco dalle mani di un ragazzo dagli occhi scuri e dallo sguardo che, in quel momento gli apparve chiaro, lo scrutava con interesse, come se avesse capito chi aveva appena servito.

«Che cosa mi avete fatto?» chiese, con la voce che gli uscì strozzata.

Raissa sorrise, accavallando le gambe sotto la gonna bruna. «Nulla che non avresti fatto da solo. Abbiamo solo reso più veloce i tuoi sentimenti e quelli della tua amante. Sapevo che sei uno che con le donne ha... Un certo tipo di rapporto» gli disse, ammiccando. «E non c'è nulla di male: se l'avessi incontrata per caso a Ehoi, ti sarebbe piaciuta lo stesso, credimi. Ma avresti perso così velocemente la testa per lei?»

«Mi hai manipolato?» gridò lui, stringendo i pugni.

«Certo che ti ho manipolato, avevo bisogno che tu rimanessi qui fino al mio ritorno» spiegò la nobile. «Ma non pensare che anche Iris abbia fatto lo stesso con te, proprio no... Anzi, ho l'impressione che lei non volesse fare parte del piano e che abbia accettato solo perché credeva che si sarebbe trattato di un'avventura fugace. Eppure anche lei vi è rimasta intrappolata.»

«Quello che... Quello che provo è reale?» domandò Erik, a fatica. Serrò ancora di più le dita contro il palmo, sconvolto dall'irrealtà di quella situazione. Stava davvero parlando dei suoi sentimenti con chi avrebbe potuto utilizzarli contro di lui?

Lei chinò il capo. «Certo che è reale. Il filtro aveva un effetto potente solo nelle prime ore, se voi ancora vi amate, non è dovuto a quello che avete, vostro malgrado, bevuto.»

«Avete

«Oh, sì, lei era reticente, ti ripeto. Ma io avevo bisogno che le cose andassero proprio come avevo pianificato, altrimenti tu avresti partecipato a quello sfortunatissimo Roccei. E non era affatto quello che desideravo.»

«Quindi non mi vuoi morto?» domandò ancora Erik. Sentì le sue guance infiammarsi, forse quella non era la domanda giusta da porre, ma in quel momento fu l'unica in grado di formulare.
«Direi di no. Vedi, io posseggo una preziosissima informazione che potrebbe tornarti utile, in futuro... Tuttavia, proprio perché, sempre in un lontano futuro, ti sarà molto preziosa per ottenere quello che desideri, non posso fornirtela tanto a cuor leggero.»

«Vuoi qualcosa in cambio» comprese l'Inverno.

Raissa poggiò i gomiti sulle ginocchia e si chinò in avanti, con le dita intrecciate su cui posò il mento. «Certamente. Posso aggiungere che Alcina e Tancredi non solo accetteranno Iris nella loro corte, ma saranno felici al pensiero che voi due vi sposerete. Pensaci su, da quello che deciderai qui dipenderà il tuo destino.»

Erik rifletté per alcuni minuti, mentre Raissa ingannava l'attesa sfogliando un volume che aveva lasciato sulla scrivania di mogano. Si trattava di un testo epico che raccontava della tragica storia d'amore tra la dea Luna e il dio Sole, costretti a separarsi per non incappare nell'ira e nell'invidia delle altre divinità. L'unico a conoscere la verità era il dio della giustizia, Danào, che si premurò di nascondere la gravidanza di lei, che al momento del parto generò farfalle variopinte, e non un nume fanciullo che avrebbe ingelosito Vudeli.

L'Autunno amava quella leggenda, perché le dimostrava che tutto era possibile e che ogni amore, per quanto sfortunato potesse essere, aveva in sé i semi di un prodigio meraviglioso, nel bene o nel male. E lei sapeva che una grande capacità di amare permetteva di sopportare anche il sacrificio di una morte, o di un parto vuoto.

La mia bambina avrà un impero su cui governare.

Guardò la ricca miniatura che ritraeva le farfalle, quelle Alandre su cui i racconti popolari si erano sbizzarriti, arrivando a fare in modo che ognuno avesse una sua storia sulla loro origine. Un garbato colpo di tosse dell'Inverno la richiamò al presente, e lei richiuse il libro con un tonfo secco.

«Vuoi la mia alleanza, vero?» chiese lui. «Vuoi che spii le persone che mi sono vicine?»

Raissa si illuminò. «Devi essere davvero sicuro di volerla, perché da questo accordo non ci si tira indietro. Sono sincera con te, ti sto offrendo un futuro e l'opportunità di averne uno roseo con Iris. Ma in cambio c'è il tradimento alla tua famiglia, ai tuoi vecchi alleati, forse anche alle tue convinzioni: se accetterai, dovrai lasciarti alle spalle tutto questo; o quasi, perché sarai indiscutibilmente tu il sovrano delle tue terre e lì io non potrei mai avere voce in capitolo. Accetti?»

 

   
 
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