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Autore: Najara    27/06/2021    2 recensioni
La guerra distrugge tutto, soprattutto l'essere umano e a volte si può solo fuggire.
Storia partecipante al contest "Gigante avanza!" di Anatra.Valeria.
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Tornare a casa
 
Gemette piano, come un bambino, gli occhi sgranati dalla paura. Il fango gli penetrava tra le dita, mentre con angoscia egli lo artigliava. Avanti, avanti. L’elmetto gli scivolò sugli occhi, troppo grande per la sua testa, vi badò appena, mentre continuava a spingere sulle ginocchia.
Strinse la bocca mentre un altro gemito sfuggiva alle sue labbra. Una doccia di terra fangosa cadde su di lui. Un odore strano si espanse. Chiuse gli occhi che ormai bruciavano. Al buio continuò, come un verme, a strisciare.
Non sapeva verso cosa, gli occhi li teneva ancora chiusi al riparo dal gas che li stava facendo lacrimare.
Trovò davanti a sé del vuoto, allungò la mano e la immerse nell’acqua, rapido portò le mani a coppa e le tuffò per poi schiaffeggiarsi con l’acqua il volto, una, due, tre volte. Aprì gli occhi.
La pozza era ampia, all’interno numerosi corpi giacevano confusi gli uni con gli altri, le uniformi ormai tutte uguali grazie al fango e al sangue. Senza esitare si lasciò cadere in avanti, attraversò la pozza e continuò a strisciare, le sue orecchie tornavano a funzionare, dietro di lui udì i colpi dei fucili, gli impatti dell’artiglieria. Andò avanti.
Qualcuno urlò alla sua destra, qualcuno chiamava la mamma, ignorò le richieste di aiuto, ignorò le suppliche. Via, doveva andare via.
Non seppe per quanto continuò a strisciare nel fango, seppe soltanto che ad un certo punto smise di essere fango e divenne erba, gialla e malata, ma pur sempre erba. Il suo cuore batteva veloce, la sua bocca era ancora digrignata e i suoi occhi lacrimanti erano sgranati, ma quella era erba e lui si cullò nella gioia di quel ritrovamento.
Non guardò indietro, invece continuò ad andare avanti. L’erba si trasformò in un boschetto di betulle, bianche betulle dalle foglie gialle e dorate. Poi fu notte e lui continuò a camminare sotto le stelle. Era quasi come essere a casa, era quasi come camminare nei suoi boschi quando era bambino. Ridendo lasciò cadere l’elmetto, poi tolse la giacca ignorando il freddo della notte autunnale. Camminò al buio e i suoi piedi non inciamparono mentre andava avanti, sempre avanti.
Gli occhi grandi, il corpo che tremava, la bocca storta in una smorfia, il soldato rideva sotto le stelle.
Nella sua mente solo casa, non i compagni morti, non i compagni mutilati, non la paura, il rumore, la morte.
Camminò tutta la notte e camminò anche il mattino fino a quando, nell’aria non sentì l’odore del mare. Allora iniziò a correre. Arrivò nell’acqua e si lanciò, ridendo follemente. Era di nuovo quel bambino che la madre aveva portato a vedere il mare per la prima volta. La sua mente era vuota, gli orrori erano spariti, il fanciullo giocava tra le onde del freddo mare.
Giocò fino a quando non fu esausto, poi tornò a riva e si stese sulla spiaggia chiudendo gli occhi, sul viso un sorriso che era quasi normale, quasi quello di un tempo.
Dormì fino a quando non fu svegliato da un calcio.
“Ehi!” Lo apostrofò un uomo. Nascondeva il sole, la sua uniforme era sporca di fango, il suo sguardo era venato di rosso.
Lui lo guardò, gli occhi che si sgranavano di nuovo.
“Non voglio più combattere.” Piagnucolò, come un bambino, come quel bambino che non voleva tornare a casa, dopo la giornata al mare con la mamma.
“La guerra è finita.” Gli comunicò l’uomo, ma non vi era un sorriso sulle sue labbra, vi era freddo disgusto.
La guerra era finita? Si chiese la mente torturata del soldato.
“Posso andare a casa?” Domandò invece.
“Casa?” Chiese l’uomo, poi alzò lo sguardo, fissandolo verso il mare, casa era così vicina dopo tutto.
“Sì, voglio andare a casa.” Spiegò lui e la sua voce era piccola e fragile.
L’uomo non lo guardò, invece fece un gesto, due uomini, le uniformi sporche e lacere quanto lo era stata la sua, si fecero avanti. Lo afferrarono, tirandolo in piedi. Il soldato notò che aveva perso gli stivali. Quando era stato? Nella foresta? Mentre strisciava? I suoi piedi avevano macchiato di rosso la sabbia.
“Per aver abbandonato il tuo posto e i tuoi compagni…” L’uomo parlava, ma il soldato riusciva solo a fissare i suoi piedi sporchi di sangue. Cosa avrebbe detto la sua mamma?
La canna era fredda sulla sua pelle calda. Ebbe il tempo di chiedersi perché: la guerra non era finita? Poi il suo corpo si accasciò sulla spiaggia.
Non sarebbe mai più tornato a casa.
  
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