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Autore: Laurell    27/06/2021    0 recensioni
Un'introspezione nei pensieri di Jeff Isbell dopo aver abbandonato i Guns n' Roses ed essere tornato a Lafayette.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Izzy Stradlin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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In origine c’era stata la musica, solo le note a unirli, poi il buio, le bevute, la droga, i litigi… niente di tutto quello che il successo aveva portato con sé era stato immaginato, previsto o studiato. Vi si erano trovati immersi forse troppo in fretta per dei ragazzini poco più che ventenni. All’inizio era stato divertente sentirsi onnipotenti e comandare tutti a bacchetta dall’alto di quel  piedistallo di notorietà e orgoglio, ma più ci si addentravano più quel mondo succhiava via loro l’anima, la creatività e la lucidità, fino a che… 

Non aveva mai riflettuto sulla concreta possibilità di tornare nella stessa città dalla quale era fuggito anni  prima. "Se la felicità è dietro l’angolo, la mia vita deve essere un cerchio" aveva sentito dire ironicamente una volta, e forse era così. Sicuramente per lui lo era stato fino a che non aveva avuto la forza e la coscienza di prendere in mano la propria vita e stravolgerla. Il suo cerchio andava chiuso prima di potergli permettere di cominciare nuovamente a camminare in linea retta. 
Aveva sempre cercato la felicità nel mondo là fuori, nella musica, nella vita che si rinnova in ogni città, nel grande successo, nella vita dissoluta ma piacevole da grande rockstar. Invece questo suo contorto cerchio lo aveva riportato al punto di partenza, rendendogli evidente che non ci può essere futuro senza passato e che ognuno di noi è l'ingiusto mix di geni, scelte più o meno consapevoli e contesto sociale nel quale ci si trova a crescere. Terminato il liceo aveva immediatamente cercato di spiccare il volo e andare via lontano ma le sue radici lo avevano riportato ben saldo a terra prima che librarsi in aria diventasse potenzialmente pericoloso e senza ritorno. 

Per lei era stato diverso: la malattia della madre l’aveva costretta a rimanere a Lafayette ma nella testa conservava il sogno di viaggiare e lasciarsi tanto dolore alle spalle. Era quella, probabilmente, la ragione per la quale avevano legato subito tra i banchi di scuola: si sentivano simili, vedevano il mondo con gli stessi occhi speranzosi, desiderosi di scoprire in quale angolo di mondo si era nascosta la loro anelata felicità. Il pazzo destino aveva previsto per loro uguale supplizio, anche a chilometri di distanza; lui prigioniero della gabbia dorata del successo senza rendersi conto di esserlo e lei consapevolmente rassegnata a vivere sempre tra le stesse quattro mura, spettatrice del mondo.   

Era stato semplice per lui prometterle una via di fuga una volta ritrovato il proprio equilibrio. Per una ragazza come lei anche il semplice spostarsi nella campagna circostante equivaleva a un’avventura e assorbiva con ingenua gelosia tutte le terribili storie che il moro le raccontava. Se solo avesse saputo tutto ciò che le veniva taciuto, i particolari più scabrosi o tormentati, quanto in basso potesse scendere un uomo pur di procacciarsi un bicchiere o una dose tutte le sue alte aspettative sarebbero miseramente crollate. Lui le conosceva tutte quelle brutte sensazioni e, se avesse deciso di mantenere la parola, avrebbe fatto in modo di non fargliele scoprire mai. Non fosse altro che per la piacevole sensazione che aveva provato nel rivederla e sentirsi chiamare con il suo vero nome; un caloroso ritorno a casa. Certo non avrebbe potuto considerare ‘casa’ le stanze d’albergo o quella serie di topaie che a lungo aveva condiviso con gli altri. Quelle quattro lettere avevano perso ogni significato nel corso degli anni facendo di lui un vagabondo che, nei momenti di necessità, si appoggiava alla sua sei corde come a un bastone. Ma quando questa non lo aveva più sorretto a sufficienza, aveva iniziato a innalzarli sinteticamente quei muri, sempre più alti fino a soffocarci dentro e non lasciargli altra via d’uscita che la fuga. 

Aveva accettato di percorrere l’ardua e scivolosa salita per tornare a galla dalla voragine che si era, più o meno consciamente, scavato da solo. Si erano impantanati tutti in una situazione esaltante ma che non erano preparati a gestire, perdendo ben presto il controllo. A peggiorare il quadro si era insinuato l’ego di cinque teste calde e l’indecisione di cosa o chi comprare con tutti quei soldi, che continuavano ad affluire a getto continuo. Sarebbe stata una menzogna recitare la parte del ragazzo retto e fingere che non gli fosse dovuto, quei soldi erano una giusta ricompensa per lo spettacolo che davano sul palco e per i calli sulle lunghe dita. Ad un certo punto, però, aveva avuto la meglio la piacevolezza di un periodo di sobrietà forzata che gli aveva permesso di abbracciare in pieno il cambiamento ancora in atto. 

Non si era demoralizzato nemmeno quando erano arrivati i classici sintomi da astinenza: tremori, crampi, sudorazione, incubi, insonnia, tachicardia… il campionario al completo. Col passare del tempo alcuni di questi erano scomparsi mentre l’insonnia e gli incubi gli tenevano ancora compagnia come costanti presenze nell’ombra della notte. In quelle lunghe notti tormentate aveva più volte creduto di impazzire o di essere tornato preda delle sue dipendenze. E la stessa paura l'aveva vista riflessa negli occhi di lei quelle poche volte che avevano dormito insieme. Spesso si chiedeva se valesse la pena di soffrire tanto per ripulirsi e  se la vita da tossico potesse essere un’alternativa pericolosa ma non letale.
Sì e no. 

La sua unica certezza era il voler continuare a fare musica per molto tempo ancora ed era pressoché sicuro di non non voler morire. Il buio eterno sì che gli faceva paura! Era ora di agire e nessuno poteva farlo al posto suo, nemmeno la dolce e protettiva compagna che lo coccolava e gli teneva la mano nei momenti più duri, guidata dall'eterno bisogno di sentirsi utile e condividere l’amore che aveva accudito dentro per anni. Doveva ammettere però che, nonostante lo apprezzasse molto, a volte si sentiva soffocare… no, forse non era il termine più adatto ma di certo se ne sentiva travolto. Non era abituato a ricevere tanto amore né a darne. 

Una passeggiata era quel che ci voleva per far entrare nei polmoni aria nuova e pulita al posto del fumo nero delle sigarette, per imparare nuovamente a camminare da solo e allontanarsi dalle braccia della ragazzina ormai cresciuta che lo aspetta paziente da tutta la vita. Era la prima volta da quando era entrato in città in macchina con suo padre, la visiera del cappello nero calata fin sugli occhi, che gli era venuta la voglia di affrontare il mondo fuori di casa in pieno giorno. Per il primo periodo non aveva guardato nulla né incrociato lo sguardo di nessuno; si era sentito un estraneo, un mostro, un fantasma. Sentiva la necessità di riscattarsi ai suoi stessi occhi, capire quali sarebbero stati i suoi progressi, prima di tornare a vivere da uomo per quelle strade che lo avevano sempre circondato. Gli occhiali da sole erano un vezzo del passato, il nuovo sé voleva avanzare a testa alta e sguardo fiero. 

Il parco era esattamente come lo ricordava: con un sorriso nostalgico ripensò a tutte le cadute e i tentativi di scendere con lo slittino senza capovolgersi insieme a quello scapestrato di William. Chissà come se la passava il suo amico; non riusciva a smettere di pensare che lo aveva lasciato a crogiolarsi nella sua ostentata superbia  ma non si sentiva affatto in colpa. Aveva meditato a lungo la sua partenza dai Guns ed era arrivato alla conclusione che fosse giusto mettere al primo posto sé stesso e ciò di cui sentiva di aver bisogno davanti alle richieste della band. E poi, come avrebbe potuto aiutare gli altri se lui per primo non fosse stato bene? 

La terra umida accolse le sue mani. Era ora di tornare alle radici delle proprie passioni, da tempo dimenticate nel tamburo di qualche siringa. Occhi chiusi e respiro lento, ecco la colonna sonora di quel momento perfetto; le cavolate sulla meditazione stavano funzionando bene dopotutto. 
"Come ho fatto a dimenticare il caldo bacio del sole, il calore del corpo di una donna, il sorriso gioviale di un ragazzo di trent’anni?" 

La speranza gli accese lo sguardo più del solito sotto quei capelli ormai corti. Ce l’avrebbe fatta, si sarebbe ripulito completamente. Lo doveva a sé stesso, prima di tutto. In fondo anche Jeffrey Dean Isbell aveva diritto a un pò di felicità in quel pazzo pazzo mondo.  








Angolo dell'autrice: 
Questa oneshot è stata frutto dei mille messaggi con la mia amica C., amante dei Guns. Ho sempre trovato affascinante la personalità e il carattere di Izzy tanto da voler provare a mettermi nella sua testa per cercare di capirlo, almeno un pò. 
Non so se quello che ho scritto trovi riscontro, almeno in parte, nella persona di Jeff Isbell ma, ahimé, non lo conosco realmente. 
Inoltre non ho ancora letto la sua biografia che probabilmente mi farà scoprire una personalità differente ma comunque il risultato di questa fantasia non mi dispiace troppo.
Grazie a chi leggerà e commenterà, sono tutt'orecchi!
Laurell

 

   
 
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