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Autore: KikiWhiteFly    27/06/2021    0 recensioni
Cosa significa essere una fangirl e doverlo nascondere ai più?
Quando Marta Marchesi, prossima alla Laurea in Scienze dello spettacolo, si trova a fare uno Stage curricolare presso un Magazine online, l'ultima cosa che immagina è che la sua vita segreta possa tornarle tanto utile. Apprende ben presto che lo Stage propone una ricerca di mercato ben specifica, il fenomeno del fandom.
Un sogno che si avvera, ma anche il peggior incubo, poiché Marta dovrà celare il suo vero io, soprattutto al suo redattore, il quale detesta con ogni fibra l'argomento e non vede l'ora di chiudere quella ricerca.
Ce la farà Marta a non farsi scoprire?
"La vita di una fangirl non è facile, sarebbe più semplice confessare di essere una spacciatrice".
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. Il manuale della fangirl: fingi finché non li convinci
La Professoressa osserva con severa austerità il plico di fronte a lei, lo studia più e più volte e ne
legge attentamente tutti i punti; infine, dopo un attento esame, si accinge ad apporre la sua firma.
«Lei ne è proprio sicura?»
Marta trasecola, ora che la Professoressa Fabrizi la fissa con quello sguardo solenne non ne è più
così convinta. Lei prende il silenzio come una forma d'assenso, però, risparmiandole la tortura di
doversi fare l'ennesimo esame di coscienza.
«E va bene, signorina Marchesi. Se è proprio questo il tipo di stage che desidera fare, eccola
accontentata. Sarà un'esperienza formativa, se non altro.»
Nel proferire quelle parole, le porge anche una bella pila di fogli e così può dir concluso l'infinito
iter burocratico che l'ha costretta a seguire, quasi alla stregua di un segugio, la responsabile di
Dipartimento.
La Professoressa Fabrizi è una donna schietta e sincera, le ha fatto intuire sin da subito che fare uno
stage presso un Magazine online poteva voler dire solo una cosa: uno svergognante sfruttamento,
una parabola italiana che tristemente non ha mai cessato di essere contemporanea.
Afferra il suddetto plico, ringrazia la sua papabile futura relatrice e si avvia verso l'uscita, tirando
un gran sospiro di sollievo.
Marta Marchesi, classe 1996, futura (si spera) laureata in Scienze dello spettacolo e produzione
multimediale in tempi non troppo epopeici, ha finalmente tutto ciò che le serve per poter procedere
all'ultimo tirocinio della sua vita da studentessa. Poi, forse, inizieranno quelli da lavoratrice
sottopagata, nelle migliori ipotesi, ma non è ancora un problema all'ordine del giorno.
Quindi, cammina a passo spedito verso la Segreteria per consegnare la modulistica e sperare che la
sua richiesta venga accettata quanto prima.
Le avevano consigliato di far domanda ad un laboratorio cinematografico, sua madre le aveva
persino dato una lista di attori ai quali chiedere un autografo, immaginandola come una mera stalker
sul set, ma la verità è che Marta ha bisogno di essere sfidata per poter rendere.
Fare qualcosa in cui dovrebbe solo apprendere dietro le quinte, non aizzerebbe il suo animo
impetuoso. Se non è stimolata, se non è messa sotto costante pressione, accompagnata da una sana
scarica di energie e adrenalina, non è in grado di reagire al meglio.
Così, quando ha letto che il Magazine online Le voci - Proposte per il futuro era in cerca di stagisti,
anche sotto forma di tirocinio curricolare, Marta ha inviato la sua candidatura per quel che
proponevano con tanto ardore e trasporto, almeno stando all'annuncio.
Si tratta di uno stage alquanto atipico, in effetti non sa nemmeno perché sia comparso nel suo
motore di ricerca. Voci di corridoio dicono che l'Università stia tentando una strada del tutto nuova,
per prendere in prestito un'espressione americana pare che stiano pensando al di fuori degli schemi.
Il Magazine propone un laboratorio interattivo, finalizzato ad una ricerca di mercato che le
consentirebbe di apportare il suo contributo. In termini molto pratici, significherebbe avere delle
referenze da poter inserire nel suo Curriculum e non ha nascosto né a stessa né alla Professoressa la
reale ragione che si cela dietro tanta insistenza.
Ora che le beghe burocratiche possono dirsi concluse, Marta può finalmente concedersi del sano
relax scongelando l'ennesima pizza sulla quale far affidamento e una nuova maratona televisiva,
poiché nulla la separerà dall'imperituro amore che prova nei confronti del catalogo di Netflix.
Sta per l'appunto sfogliando le serie storiche che il catalogo offre, commentando tra sé e sé
l'encomiabile capacità di sintesi delle sinossi, quando viene distratta dallo sguardo indagatore della
sua coinquilina.
«Sei in una delle città europee più mondane e indossi i calzini di pile alle 21:30.»
Greta, la sua nuovissima e gaudente coinquilina, la sta osservando dallo stipite dalla porta a braccia
conserte.
Vivono insieme da quasi sei mesi ormai, eppure non ha ancora imparato le basi della civile
convivenza: bussare alla porta è una tecnica che non è stata ancora affinata, ad esempio, sebbene le
abbia lanciato delle occhiatacce al riguardo più e più volte.
Non le ha ancora fatto il cosiddetto discorsetto poiché nel tugurio qual è la loro casa, sito nella
periferia milanese, vorrebbe evitare il cosiddetto drama ove non strettamente necessario.
La sua gioviale coinquilina possiede tante doti, la schiettezza è tra le più notevoli senza alcun
margine di dubbio; alcune volte era stata anche capace di convincerla a mollare la sua serie
televisiva preferita, impresa non da poco, per immergersi nei turbinii della vita mondana, ma la
maggior parte delle volte si limitava ad elargirle consigli non richiesti.
«Nuova moda autunno-inverno! Tu, invece, sempre alternativa.»
Greta sfoggia un mezzo sorriso, è quasi certa che si stia trattenendo per non dargliela vinta.
Quello, d'altronde, è il loro modo di scherzare e sebbene Marta non abbia mai conosciuto qualcuno
di più incompatibile a livello caratteriale, per qualche strana ragione vanno d'accordo.
«Be', si dà il caso che stasera abbia un appuntamento.»
Si siede comodamente sul lettino con l'intento di mostrare il suo nuovissimo vestito di velluto nero,
ha tutta l'intenzione di essere un acquisto che le farà centellinare la spesa per le prossime due
settimane.
Ormai ha imparato a riconoscere i segnali, quando Greta lascia in sospeso le frasi così senza
aggiungere ulteriori dettagli, si intende desidera solo un appiglio che dia il via al libero sfogo.
Marta chiude il suo portatile, si rende ben presto conto che il suo party hard in compagnia della
filmografia di Tom Hiddleston può dirsi iniziato e concluso in una frazione di secondo.
«E chi sarebbe questo tipo? O meglio, chi sarebbe questa settimana?»
E soprattutto, anche se non glielo chiederà mai, quando ne ha il tempo?
«Donna di poca fede. Stavolta è quello giusto, me lo sento.»
Grande classico della sua coinquilina, le fa quasi tenerezza, è la frase più quotata del suo
vocabolario. Il punto è che, nonostante l'estremo cinismo e la schiettezza di sottofondo, Greta non è
poi così lontana da Anna Scott quando confessa a William Thacker di essere solo una ragazza che
sta di fronte ad un ragazzo e gli sta chiedendo di amarla.
Tutto questo, però, non lo ammetterà mai anche se ha sentito le battute di quel film almeno
quattro volte negli ultimi mesi provenire dalla sua camera.
«Comunque, l'ho conosciuto a lezione» prosegue, osservandosi le unghie smaltate.
«Oh, abbiamo anche il tipico cliché» Marta fa per avvicinarsi con la sedia girevole. «Mi sembra che
ci siano tutti gli elementi per l'inizio di una commedia romantica
«No, non hai capito...»
Greta si tortura in maniera un po' insolita le dita, ma prima che possa proseguire il campanello
suona e mette fine a quella chiacchierata.
Marta scatta in piedi: «Non mi dire che ti è venuto a prendere sotto casa.»
Vorrebbe affacciarsi alla finestra, ma Greta glielo impedisce: «Non ti far sgamare così!»
Si sistema le pieghe inesistenti dell'abito di velluto, si aggiusta un po' i ricci e corre a rispondere al
citofono, lasciando Marta a metà tra l'incuriosito e il sospettoso.
«Adesso mi dirai che ha pure la macchina» la interrompe, mentre sta afferrando la pochette
glitterata.
Deve aver colpito sul vivo, poiché lei non la sferza con alcuna risposta.
Prima di chiudersi la porta alle spalle, come al suo solito, le lancia un ammonimento: «Non mi
diventare una hikkomori, mi raccomando.»
Marta fa un cenno di diniego col capo, pensa che il suo repertorio di improperi si debba essere
ampliato a dismisura per andare a prenderli addirittura in prestito al vocabolario del Sol Levante.
«Sto aspettando una chiamata, se ci tieni a saperlo!»
«E se ne perdono tante altre, cara mia. Vabbè, buonanotte...»
E così se ne va così com'è entrata nella sua camera, con la battuta sempre pronta e il tempismo
perfetto per erogarla, salvo poi ripensarci l'indomani lasciandole un pensiero sul tavolino in cucina.
Greta fa sempre così, d'altronde, quando la sua lingua non riesce proprio ad attorcigliarsi attorno
alle parole e non è capace di metter loro un freno a mano: il giorno dopo se ne pente e le lascia un
biscottino, una caramella, una bandierina bianca materiale e figurativa.
Greta si tira la porta verso di sé e Marta sta ancora sventolando la mano, presa com'è dal dar forma
a quelle ultime parole. Rinsavisce solo quando il richiamo del suo cellulare le fa notare che ha la
batteria scarica, quindi torna nella sua camera e riprende laddove aveva lasciato.
Apre il laptop, dopodiché avvia il suo Desktop remoto una simpatica chicca che suo padre,
informatico di professione, le aveva preinstallato e insegnato tanto tempo fa , tira in avanti le
braccia per sgranchire le dita e si perde in quel mondo che le appartiene da una vita e, pur tuttavia,
preferisce tener segreto.
La vita di una fangirl non è facile, sarebbe più semplice confessare di essere una spacciatrice.
Come spiegare alle persone che guardare fan video fino ad orari improponibili in posizione fetale,
rigorosamente sotto le coperte, ha un potenziale quasi curativo dopo una stressante giornata e che
quei video correlati sono di gran lunga più piacevoli e terapeutici di qualsiasi torpore da ubriacatura
si prospetti all'orizzonte?
E come spiegare che le fan fiction sono la prova schiacciante che debba esistere un Dio da qualche
parte, dacché le donano una fiammella di speranza laddove gli autori l'hanno distrutta per sempre?
E che, anzi, i fan writer talvolta riescono a colmare le lacune ben più degli autori stessi, portandola
a credere che quel che legga sia mille volte più reale di quel che è stato pubblicato e vergato su
carta.
Non è facile assistere alle blande conversazioni in Università, tra una lezione e l'altra, con la voglia
di intervenire a favore di un personaggio bistrattato o di una serie televisiva liquidata con un: "Non
ci si capisce niente, vai a capire il significato", mordicchiandosi il labbro inferiore perché ci si è
appena scritto un post d'analisi nella propria pagina, ma la persona in questione non verrà mai a
saperlo e non potrà mai rifletterci su.
Essere una fangirl significa celare la propria identità, il proprio estro creativo, l'anima che vorrebbe
uscire allo scoperto, ma alla fine se ne sta rinchiusa là, in una gabbia dorata, a godersi la dissoluta
vita in un angolo dello schermo (ben remoto, attenzione).
*
La famosa chiamata arriva di lunedì pomeriggio, mentre è intenta a rispondere alla dimenticatissima
posta arrivata nella sua pagina.
Non è che voglia ignorarne il contenuto, è solo molto difficile gestire una grande comunità di
persone, intrattenerle con dei contenuti accattivanti e star dietro a tutte le attività che gestire una
pagina porta con sé.
Una voce pacata le rammenta l'indirizzo e l'orario in cui dovrebbe presentarsi in Ufficio, Marta
annota tutto nella sua agendina poiché sa già che la sua labile memoria non preserverà quelle
preziosissime informazioni.
Non le sembra vero, potrà finalmente sbarazzarsi dell'aberrante abbigliamento casalingo che da
qualche tempo si è quasi cucita addosso in favore di una linea decisamente più professionale.
Presa dall'entusiasmo del momento comincia a tirar fuori dal suo armadio una quantità non
indifferente di capi sulle nuance del beige, si sfila la discutibile felpa che sta indossando e inizia a
combinarli insieme, specchiandosi per ammirarne il risultato.
Dal riflesso può vedere la sua felpa con le Superchicche e, in effetti, l'accostamento di quei capi così
differenti sul suo letto pare quasi un ossimoro, forse più che mai rappresentativo delle sue due
personalità.
Quando Marta mette piede nel cosiddetto Laboratorio del futuro, testuali parole nell'annuncio, con
la sua mise da donna in carriera ispirata a Elle Woods, si trova davanti una scena a dir poco
spettrale: stormi di persone vagano da una parte all'altra dell'ufficio, gridando e insultandosi
perlopiù.
Le scrivanie sono piuttosto scarne, piene di tazze di caffè ormai stantio lasciate distrattamente
accanto al monitor e una immane quantità di fogli sparsi nella sala, a terra, persino appiccicati sotto
ai suoi tacchetti sta iniziando a pentirsi di averli indossati, a saperlo li avrebbe conservati
immacolati sino alla laurea.
In mezzo a tutto questo frastuono, si fa avanti un giovane ragazzo e inutile dire che sta venendo
proprio verso di lei, l'unica persona alla quale non sta partendo un embolo.
Ha un abbigliamento casual, sembra anche piuttosto giovane, ma qualcosa nel suo sguardo le
suggerisce che dev'essere più grande di lei, nonostante non sia in grado di dargli una età.
«Fammi indovinare, stagista al primo giorno» la bercia, puntandola con la matita. «Tutte
preconfezionate, eh.»
Marta inarca un sopracciglio, non sa assolutamente cosa voglia dire questo sconosciuto e non sa
nemmeno se ci tiene a saperne di più, in effetti.
Prima che le dia il tempo di ribattere, però, il suddetto soggetto le fa cenno di seguirla e le ricorda
che si occuperà di spiegarle le basi, quindi dovrà fare molta attenzione poiché ci tiene a non doversi
ripetere.
Marta osserva da una distanza effimera l'andatura un po' incerta del suo personalissimo Cicerone e
tenta di prendere appunti mentalmente, ma lui vomita una serie di informazioni e lemmi sembra
che abbia inghiottito un vocabolario, Marta denota che a malapena riprende fiato , dei quali
peraltro ignora completamente il significato.
Solo quando giungono in quella che sembra un'ampia, luminosa sala riunioni, in netto contrasto con
il caos al di là dei vetri, la sua mente si focalizza finalmente su tre agognate paroline.
Ricerca di mercato.
Il tonfo di un consistente blocco di fogli tenuti insieme da una rilegatura a spina di pesce emette
un'eco nella stanza, mostrandole in primissimo piano una serie di grafici in bianco e nero.
Marta impallidisce quando inizia a vedere tutta una serie di statistiche e di numeri, la matematica
non è il suo forte non a caso, lo ammette a sé stessa senza alcuna vergogna, conta ancora sulle
dita.
La sua espressione dev'essere piuttosto lampante a occhio nudo, ne segue una smorfia salace da
parte del suo diretto interlocutore: «Oh, ma tu non devi fare questo. Abbiamo i nostri esperti per un
motivo ben preciso.»
Marta annuisce poco convinta, poggia l'indice sul voluminoso blocco e si scuote con un certo vigore
quando si accorge di non aver fatto una domanda fondamentale.
«E quale sarebbe la ricerca di mercato?»
«Marta, giusto?»
«Sì.»
Il ragazzo di fronte a lei si sistema la montatura, la osserva per un sol momento e la invita con lo
sguardo verso l'uscita.
«Marta cara, tu hai studiato Forme della serialità televisiva... no?»
Si chiude la porta dietro di sé ed ecco che ripiombano nel caos dell'Ufficio, fatto di imprecazioni
colorite e fotocopiatrici che si inceppano. Lui accorre con galanteria verso la suddetta
fotocopiatrice, salva una poveretta sull'orlo di una crisi di nervi e poi le si affianca nuovamente.
«Sì. Sì, ho già dato un esame.»
«Mh. Ai miei tempi non eravamo ancora così avanti...» si gratta il mento, forse la mente si perde in
congetture e vecchi ricordi. «Ne saprai sicuramente di più. La nostra ricerca è proprio questa, ci
scriveremo su un articolo e realizzeremo un Laboratorio»
Un momento, un Laboratorio sulle Forme della serialità televisiva?
Vale a dire, parlare di serie televisive ed essere addirittura pubblicata per farlo?
La mente di Marta vola ai format che potrebbe citare e alle citazioni che potrebbe scovare il
tutto sempre molto professionalmente, beninteso, senza dare nell'occhio e con un attento spirito
d'osservazione.
Intanto, mentre la sua fantasia pascola già altrove, non si è accorta dell'ennesimo foglio A4 finito
sotto ai suoi tacchetti e quando deve abbassarsi quanto basta per sfilarlo, non può fare a meno di
porre una domanda spontanea: «Ma... è sempre così da queste parti?»
«Come?»
Ormai l'ha detto, non esistono modi carini per evitare il fluire dei suoi pensieri.
«Un covo di scimmie urlatrici, ecco.»
Lui osserva il gran baccano nei paraggi, afferra alcuni fogli da una scrivania e poi obietta senza
mezzi termini: «Nella tua vita scoprirai che gli uffici sono ben lontani da quelli de Il diavolo veste
Prada.»
Okay, se lo è meritato.
Non osa ribattere, dopotutto non ha ben chiara la natura e il ruolo del soggetto che le è di fronte.
Forse sarebbe il caso di chiederglielo, ma ancora una volta la sua curiosità trionfa sopra ogni cosa
quando lui si perde a spiegarle una serie di lemmi coi quali è sin troppo familiare.
A quanto pare la ricerca di mercato riguarda un'area ben precisa, il suo interlocutore si prodiga di
spiegarle il tutto sin nei minimi dettagli e, sebbene la sua espressione attenta e seriosa palesi un
certo distacco emotivo, quel che sente smuovere dentro di sé è un marasma che non le dà pace.
Tutto questo, però, deve tenerlo ben segregato nei meandri del proprio cuore, sia mai che sveli la
sua reale natura.
«Scusami, mi vuoi dire che dovrei analizzare...»
«Il cosiddetto fandom, sì. Spero che tu sappia di cosa stiamo parlando.»
Solo di mattina, pomeriggio, notte e notte fonda, sarebbe tentata di rispondere Marta, ma sta ancora
cercando di dare un senso alla discussione.
«Credo di sì.»
«Bene. Perché ti spiegherò come fare una ricerca quantitativa e qualitativa. Prima, però, ti devi
studiare tutta una serie di definizioni.»
A quel punto lui tira fuori una serie di fogli che dovrebbero servirle da vademecum e, ci potrebbe
giurare, ha visitato gli stessi siti che le sta stilando la notte prima.
Difficile non palesare entusiasmo, soprattutto quando le capitano sotto gli occhi una serie di
vocaboli sin troppo conosciuti: «Fangirl, fandom, fan fiction, fan video...»
Si rende conto di averli letti a voce alta solo qualche secondo dopo, ma quando ormai se ne accorge
l'espressione del suo interlocutore è già fissa su di lei, sembra ammonirla sardonicamente con lo
sguardo.
«Riesci a crederci? Roba da non avere una vita» infila le mani nelle tasche, un leggero cenno di
diniego col capo. «Faremo uno studio sul fenomeno. E temo che avremo bisogno di campioni. Per
cui se ne conosci qualche disagiato o disagiata... povera te, ma mettiti in contatto con queste
persone.»
Campione di disagiata numero uno sull'attenti, tra l'altro della specie peggiore: fangirl,
amministratrice di pagine, fan writer e video maker.
Marta ha sempre pensato che se fosse stata lasciata sulla Torre come Raperonzolo per diciotto anni,
non se ne sarebbe lamentata così tanto. A patto di avere un Wi-Fi al quale rimanere connessa,
ovviamente.
Tuttavia, ricomporsi è fondamentale per non dare nell'occhio.
Il manuale della fangirl prevede una regola non scritta fondamentale: fingere finché non si
convince, poiché rendersi un soggetto inimmaginabile equivale ad essere la meno sospettabile.
«Veramente proponete stage di questo tipo, qui?»
«Che c'è, lontano dalle tue aspettative?»
Al contrario, è il sogno recondito della sua vita da fangirl vita che, stando alla dispotica
posizione del suo collega, deve fingere di non conoscere affatto.
«No, no, era solo una semplice curiosità.»
«Bene. Anche perché è troppo tardi. Prenditi pure la raccolta dati, ma non condividerla con
nessuno» le intima afferrando un giubbino leggero dalla matassa di cappotti abbarbicati sull'unico
attaccapanni della sala. «E vai a studiarli. Domani ti voglio preparata, cominceremo di buon
mattino.»
Improvvisamente sembra che abbia tutto l'intento di liquidarla in poche battute, forse si è ricordato
di un impegno importante. O forse, molto semplicemente, non vede l'ora di togliersi di mezzo la
nuovissima piattola alla quale ha dovuto spiegare per filo e per segno una noiosissima bega
burocratica.
Questa circostanza, però, non frena Marta dal seguirlo altrettanto celermente, sfidando la dolenza
che le sta iniziando a provocare il suo nuovissimo acquisto.
«Ma... il redattore? A chi devo far capo?»
Si agita all'improvviso, accorgendosi anche di aver alzato il tono di un'ottava, poiché il coro di voci
alle sue spalle si tramuta lentamente in un imbarazzante silenzio.
Seguono alcune risatine di circostanza e mai come allora sta rimpiangendo il gran vociare. Sarebbe
comunque preferibile alla certezza che si sta pian piano facendo largo nella sua mente, portandola a
dannarsi per la sua lingua lunga e la capacità di ricezione di un criceto che dev'essere stato sbattuto
dalla ruota girevole alla più tenera età.
«Ce l'hai davanti. Per quanto sconvolgente per te, questo covo di scimmie urlatrici ha sempre
portato a termine qualsiasi progetto.»
Alcune volte dovrebbe esserci concessa la capacità di scavarci una bella buca nel bel mezzo del
nulla e sostarci dentro per il tempo necessario, tanto per evitare le responsabilità della vita.
Marta si tappa d'istinto la bocca, conscia dell'inutilità del gesto, come direbbe sua nonna ormai il
patatrac è fatto.
Tutto quel che riesce a dire si traduce in una sequela di sillabe che non si traslitterano in un discorso
compiuto: «Scusi, io proprio non sapevo »
La vendetta è un piatto che va servito freddo, ma anche un po' acido, poiché il suo redattore non
perde tempo a pronunciarsi, come se si fosse già studiato quell'invettiva.
«Ora lo sai. Riccardo Domizi, piacere. E la prossima volta, quando incontri un collega di lavoro,
sarebbe almeno il caso di presentarti. Così, tanto per
E il suo nuovissimo, pseudo passivo-aggressivo redattore da lì ai prossimi tre mesi scompare dietro
la porta di vetro, infilandosi nell'ascensore di gran lena.
Probabilmente pensa che sia una persona maleducata e in effetti, quando ha varcato la soglia
dell'ufficio, il primo pensiero non è andato alle buone maniere.
Rimedierà, ne è sicura, anche perché per una volta la sua buona stella l'ha assistita, almeno
professionalmente parlando.
Quindi si avvia verso la porta senza voltarsi di spalle, certa che l'intero Ufficio stia solo aspettando
che si allontani a sufficienza per poter spettegolare senza pietà, e d'altro canto non ha nemmeno le
energie per controbatter loro.
In verità Marta sta ancora mettendo a fuoco quanto accaduto nell'ultima mezz'ora, convincendosi
infine che non si annoierà affatto in Redazione, sebbene abbia molti punti da guadagnare agli occhi
dei colleghi e, soprattutto, del suo capo.
Nulla che una maratona televisiva sino a perdere i sensi non possa risolvere, pensa Marta,
ricorrendo ancora una volta alla soluzione più gettonata della sua vita.
   
 
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