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Autore: SkysCadet    28/06/2021    0 recensioni
La cittadina di Filadelfia sembra un borgo tranquillo, in cui la gente comune passa la giornata senza occuparsi degli strani avvenimenti che accadono da diverso tempo. Tuttavia, Simon si ritrova - suo malgrado - a combattere per la salvezza delle anime sfuggite al potere dei Lucifer. Tra questi c'è Joshua, un ragazzo con un dono particolare. Il giorno in cui Ariel - una matricola impulsiva dell'università di Filadelfia - lo incontra per la prima volta, capisce che in lui c'è qualcosa di diverso dagli altri ragazzi. Solo un nome sembra in grado di cambiare il corso degli avvenimenti, un nome che i Lucifer non possono nominare...
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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«Sì, il numero sette» aveva ripetuto il Padre, disegnando un sorriso sotto la folta barba. Quando Simon vide il suo sguardo illuminarsi a sentire quel numero, lei indietreggiò d'un passo, stringendo le braccia al petto e cominciando ad avvertire una sensazione di timore.

Quando entrarono nello studio, Ariel fu subito attratta dalla grande libreria alle spalle della scrivania di Simon. Ecco da chi ha preso Joshua...

«Lei è Ariel» la presentò lui.

«Lo sa» ribatté lei, prima di sedersi senza distogliere lo sguardo da Simon. Joshua si voltò con lo sguardo accigliato verso Ariel, che strofinava i palmi sulle ginocchia.

«Allora...» iniziò Simon «Devi dirmi qualcosa? Domandarmi qualcosa?»

Ariel si voltò verso Joshua e poi verso Lucia prima di iniziare; entrambi si trovavano in piedi ai lati della stanza ma non batterono ciglio alla sua silenziosa richiesta di intervenire. Poi ispirò e si fece coraggio, anche se sapeva che avrebbero potuto benissimo prenderla per pazza.

«Ho un presentimento.» osservò il volto del Padre che si protendeva verso di lei con quel sorriso serafico e si sentì profondamene turbata. In pochi giorni, il suo mondo aveva preso a girare vorticosamente verso il luogo in cui si trovava.

«Di che genere?» le dita incrociate e i gomiti puntellati alla scrivania, con un paio di rughe sulla fronte.

«Innanzitutto, so che loro le hanno detto tutto di me» indicando col pollice la figura di Joshua che ascoltava silenzioso con le spalle al muro.

«No, Ariel, non è esatto...» la voce di Lucia la fece girare nella sua direzione. «Non ho detto nulla di te. Io confido solo ciò che riguarda la mia anima al Padre, non ciò che riguarda altre anime.»

Quando proferì quelle parole, Lucia avvertì il mutamento nell'animo del fratello che aveva accanto; alzò il mento nella direzione di Joshua e, come aveva sospettato, il suo volto rivolto al suolo nascondeva occhi vacui di chi riempie la mente di pensieri e ricordi.

«Sì, quindi...» continuò Ariel, fissando nuovamente gli occhi bruni di Simon che la guardava attento, scrutando ogni sua minima espressione. «Dicevo che ho un presentimento, e...» iniziò a sorridere, in maniera nervosa «Sicuramente sembrerà una follia anche per lei...» e in quel momento, si accorse di non riuscire a pronunciare la parola Padre; deglutendo vistosamente vide Simon che le riempiva un bicchiere d'acqua e glielo avvicinava «Sembrerà una follia perché io penso che Joshua sia...»

Effettivamente non ne aveva avuto modo di parlarne con nessuno, ma da quando il ragazzo aveva reso polvere un essere vivente, la sua mente non faceva altro che collegare il termine Figlio di Dio a Joshua. L'unica cosa che cozzava con quel presentimento era il suo comportamento la sera del tè.

A quel ricordo Ariel si morse il labbro inferiore e Simon inarcò un sopracciglio incuriosito. Qualunque cosa avrebbe voluto dirgli Ariel, lui sapeva già cosa albergava nell'animo del ragazzo.

«Ecco, io penso che Joshua sia la reincarnazione di Gesù Cristo...» disse quasi sussurrando e abbassando gli occhi.

A Simon venne difficilissimo trattenere le risate; Joshua, invece, iniziò a tossire, vittima della sua stessa saliva andata di traverso.

«Bene Ariel, ti sembrerà strano, ma non è poi tanto sbagliato ciò che hai detto.» gli rispose Simon, levandosi con l'indice una lacrima involontaria.

«Mi sta dicendo che lei mi crede?» aveva esclamato, con voce acuta.

«Proprio così. Vedi, noi sappiamo che Gesù Cristo abita in ognuno di noi. Chi, come Joshua, fa la Sua volontà, assume a volte sia le sue caratteristiche sia le sue stesse tentazioni»

Simon aveva sottolineato l'ultima parola con un diverso tono e Joshua non potè far a meno di sentirsi chiamato in causa; si sentì accaldato avvertendo l'irrefrenabile desiderio di evadere da quella stanza; tutto di lui sapeva che lì dentro, alla presenza di Simon, abitava solo la Verità, e nessuno poteva sfuggire alla capacità dell'uomo di leggere nelle profondità di un'anima tormentata.

«Sì...» lo interruppe Ariel. «Ma io non sto parlando di teorie religiose, bensì di fatti.»

«Se ti riferisci alla vostra avventura fuori dall'università, sappi che questo conferma il fatto che Joshua sia stato guidato da una forza che lo ha portato ad essere nel posto in cui l'anima a cui si è legato aveva bisogno di salvezza. Come capitava a Gesù Cristo. Non è forse così, Joshua?»

Gli occhi di Simon sembrava che la scrutassero nelle viscere della sua mente, indagando nei suoi ricordi. Così, si irrigidì, abbassando nuovamente lo sguardo alla scrivania di legno scuro.

L'anima a cui si è legato... si ripetè.

«Ariel...» proseguì Simon con voce mielata. «Non è tra i miei compiti rivelare alcun segreto. Sono stato chiamato ad aiutare le anime a trovare la verità, impaurite dal mondo e da quel che il mondo possa pensare. Sono stato mandato a proteggerti dai Lucifer.»

Ariel avvertì un boccone amaro nella gola; sapeva di star reprimendo il pensiero che, forse, aveva mentito a se stessa: quell'uomo del sogno era il Cristo nel momento della Passione; sapeva che quella presenza avvertita accanto al suo letto, quella notte, era un angelo; sapeva che, forse, Dio gli avrebbe voluto dire qualcosa attraverso quel sogno.

«Ho fatto un sogno e...» Ariel alzò lo sguardo annebbiato da lacrime ribelli. «Penso che lei mi potrà dire cosa abbia a che fare con me.»

Così, mentre Ariel raccontava, il Padre ad occhi chiusi e con le mani intrecciate sulle labbra ascoltava attentamente, annuendo di tanto in tanto.

«Questo è quanto» concluse guardando Simon con una lacrima sfuggita al suo controllo.

«Non importa se vorrai credermi o meno...»

«Io le credo» lo interruppe bruscamente. «Perché è lei il Cristo del mio sogno.»

Joshua, Lucia ed Heliu avevano sbarrato gli occhi a quell'affermazione che aveva lasciato a bocca aperta anche il Padre, che, abbassando lo sguardo e rivolgendosi a tutto il gruppetto presente nella stanza, disse: «Questo cambia un po' di cose, Ariel» sospirò profondamente, prima di continuare: «Ascoltate attentamente: io ho segretamente mandato Nathan ad avviare le pratiche per la costituzione di un movimento politico che si ponga in antitesi al Partito Unico dei Lucifer nelle prossime elezioni. Come sapete ogni volta che la comunità di Filadelfia va a votare, succedono sempre fatti che scuotono gli animi della Città e, ogni volta, un membro dei Lucifer riesce a fare chiarezza sugli avvenimenti, arrivando a raggiungere il potere con un ampissimo consenso popolare.»

«E questo cosa ha a che fare col sogno?» domandò nuovamente Ariel, con sopracciglia aggrottate.

«Simon perdonami, ma io non riesco a comprendere...» era intervenuto Joshua.

«La Confraternita delle sette Chiese ha scoperto quanto avevo intenzione di fare e per questo mi ha convocato d'urgenza. Io temo - e lo temeva anche padre Peter - che la Confraternita abbia stipulato un'alleanza con la loggia dei Lucifer...»

«Sì, ma...» cercò di capire, Ariel.

«Questo c'entra col tuo sogno, Ariel, perché Gesù Cristo fu ucciso da tre poteri: quello religioso, quello politico e quello culturale. Scribi e farisei, rispettivamente cultura e religione dell'epoca lo portarono ai piedi di Pilato, la politica. Ed è lì che con forza dovettero agire per metterlo in croce, altrimenti, per la loro legge morale non avrebbero potuto. Tu hai visto tutto questo nel tuo sogno e Dio mi sta dicendo che sono io quello che, adesso, vogliono mettere in croce.»

«Non riesco ad accettarlo, Padre» Joshua si era avvicinato e aveva occupato la visuale tra Simon e Ariel, poggiando le mani sulla scrivania. «Vuoi davvero candidarti per far sì che ti uccidano?»

«Joshua!» lo redarguì Lucia, ma visto il palmo alzato del Padre, si bloccò, rimanendo al suo posto.

«Lascia che parli, Lucia.»

«I loro tentacoli sono ovunque. Li avverto come una cappa sopra le nostre teste.»

«Pensi che io non sappia quello a cui sto andando incontro?»

Ariel li osservò, come chi assiste al confronto di un padre che cerca di far ragionare il figlio ribelle.

«Penso che non sia un bene rischiare la tua vita e la nostra per andare a gettarsi nell'ombra.»

«Se il mondo è nell'ombra, è nostro compito portare la Luce, Joshua. Non dimenticare il nostro mandato.»

Alla fine, Joshua aveva proposto a Simon di accompagnarlo e Ariel si intromise come una bambina che vuole andare in un luogo in cui le è proibito andare.

Joshua avrebbe dovuto aspettarlo in macchina dopo essere giunti alla Cattedrale, che, posta al centro della città, faceva confluire tutte le strade verso l'enorme costruzione gotica.

Il Padre, seduto nel sedile passeggero, guardava dal finestrino la strada che correva oltre il vetro punteggiato da goccioline trasparenti. Col palmo della mano sulle palpebre, aveva lasciato cadere la testa sul sedile, per immergersi nella riflessione. La sua mente vagava indietro nel tempo, ai giorni in cui lui era solo un discepolo e aspettava la parola da parte di Padre Peter, prima di compiere ogni passo.

Quella devozione aveva provocato brusche tempeste nella sua vita coniugale, soffrendo l'amore della moglie che, giorno dopo giorno, si allontanava da lui, con varie scuse.

E, mentre i dolci momenti e la tenera intimità erano sfumate dopo il primo anno di matrimonio, Peter cominciò pian piano ad iniziarlo a temi spirituali ai più sconosciuti. Spesso, lo chiamava in disparte per farlo entrare nel suo studio, per rivelargli i misteri di Cristo riguardo la lotta millenaria tra i figli della luce e i figli delle tenebre.

Fu proprio in uno di quei giorni, che, tornando a casa, aveva trovato Judas Damian, il datore di lavoro di Angela, che da poco aveva iniziato a frequentare la loro Chiesa. Lo trovò dentro casa, con solo un asciugamano avvolto in vita, nel bel mezzo del soggiorno.

E sì, l'aveva odiato. Era arrivato a desiderare la morte del futuro capo della Setta dei Lucifer.

L'aveva preso a pugni e calci, mentre un terrificante ghigno si disegnava nel volto dell'uomo che sembrava non provare dolore.

La donna aveva tentato di fermarlo con gli occhi sbarrati e terrorizzati, spingendolo verso la parete dell'ingresso.

Era finita lì. Era rimasto solo da quella notte, quella stessa notte in cui, come un pugnale al cuore, era arrivata la notizia della morte di Peter.

«Oh Dio, non vorrei essermi perso...»

La voce di Joshua l'aveva svegliato e riportato alla realtà.

Il ragazzo scrutava il paesaggio oltre il parabrezza, vedendo nient'altro che case signorili in stile liberty poste l'una di fronte all'altra su delle strade parallele, tutte simmetriche e identiche.

«No, Joshua, vai sempre dritto. Qualunque strada tu abbia preso ci condurrà alla Cattedrale.» Simon aveva risposto freddamente, senza voltare lo sguardo verso il ragazzo, mentre Ariel era appisolata nel sedile posteriore con il mento sul palmo della mano e la testa piegata verso il finestrino. Aveva fatto di tutto per andare con loro, col bisogno impellente di scoprire quale entità stava giocando con la sua vita e i suoi sentimenti.

«Non conosci la storia della tua città, Joshua Smith?» Il giovane aveva messo in moto e sentendo la domanda del padre inarcò un sopracciglio, stringendo le mani al volante. «No...» rispose con tono insicuro.

Fu in quel momento che il Padre mostrò un sorriso prima di iniziare la lezione: «La nostra città era stata fondata da greci cristianizzati, cui diedero il nome Fil-adelfoi, ovvero 'amore fraterno', perché, seguendo le parole dell'Apostolo Giovanni, credevano che la vera religione risiedesse in quel concetto di amore che aveva mostrato Cristo andando in Croce. Tuttavia, secoli dopo, con l'avvento degli Illuminati e delle loro corporazioni segrete, quella che era stata la città più cristiana del nostro paese, divenne l'ambasciata più importante della Grande Loggia di Lucifer.

Si narra che a seguito del devastante terremoto del 1870, la città fu ricostruita secondo simbologie luciferine. Ecco perché la Cattedrale, sarà il luogo della mia fine.»

Joshua si era opposto violentemente a quella affermazione, ma il Padre non aveva dato segno di sdegno per il suo comportamento. Lo capiva, lo capiva benissimo.

Il ragazzo aveva premuto il pedale del freno molto lentamente, prima di fermarsi di fronte alla struttura della Chiesa.

Il lungo e profondo sospiro di Simon, prima di aprire lo sportello, fece aggrottare le sopracciglia della giovane Ariel, turbata. Aveva capito quanto il legame tra quell'uomo e Joshua fosse così diverso, così estraneo da tutto quello che lei aveva vissuto, come se in loro scorresse un sangue con una struttura genetica identica. Quando sentì Joshua tirare sù col naso, si affacciò verso di lui per imprimersi nella memoria l'immagine del ragazzo che lasciava scivolare sul volto spigoloso delle lacrime silenziose.

Simon entrò nella Cattedrale con un fortissimo senso di timore reverenziale e il tremore dell'anima tendeva gli arti e gli bloccava il respiro. Sapeva che si sarebbe trovato davanti i capi delle Sette Chiese il cui fondamento è il nome di Gesù Cristo.

La Cattedrale aveva una struttura che ricordava una Croce rovesciata. Le tre navate, arredate con panche color noce scuro e lucido e statue marmoree, permettevano al visitatore la visione della cupola centrale, da tre diversi punti di vista.

Solitamente utilizzata per riti canonici, nei giorni pari la Cattedrale era il luogo di riunioni solenni della Confraternita delle Sette Chiese.

Le Sette Chiese prendevano i nomi da quelle descritte nel Sacro Libro dell'Apocalisse: Efeso, Smirne, Tiatiri, Laodicea, Sardi, Pergamo, Filadelfia. A ognuna delle quali Dio aveva lasciato un messaggio.

E mentre i suoi passi riecheggiavano lenti e rumorosi nella navata centrale, dal suo cuore scaturiva quel messaggio rivolto alla chiesa di Filadelfia.

"Queste cose dice il Santo, il Veritiero, colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre: - Io conosco le tue opere. Ecco, ti ho posto davanti una porta aperta, che nessuno può chiudere, perché, pur avendo poca forza, hai serbato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome. Ecco, ti do alcuni della sinagoga di Satana, i quali dicono di essere Giudei e non lo sono, ma mentono; ecco, io li farò venire a prostrarsi ai tuoi piedi per riconoscere che io ti ho amato. Siccome hai osservato la mia esortazione alla costanza, anch'io ti preserverò dall'ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra. Io vengo presto; tieni fermamente quello che hai, perché nessuno ti tolga la tua corona."

I cantori gregoriani stavano intonando un canto che trasmetteva pace e sicurezza nonostante l'animo irrequieto del capo della Settima Chiesa; avvertendo l'ansia percorrere le vene come un fiume in piena, vagò nei ricordi, cercando di incoraggiarsi con le parole di Padre Peter.

"Simon, figlio mio, la Confraternita fu creata per mantenere la pace e la comunione tra le sette chiese più importanti, ma qualora le chiese dovessero staccarsi dalla vite d'amore che le lega, le tenebre potrebbero insediarsi e prenderne il controllo".

Padre Peter aveva sempre messo in guardia i suoi seguaci su ciò che il gruppo Lucifer - cui fondamento è il nome di Lucifero- avrebbero potuto fare qualora una sola delle Chiese della Confraternita avesse abdicato al suo dovere missionario. Le tenebre avrebbero preso il controllo dell'ultimo ramo di luce rimasto sulla terra.

«Fratello Simon, accomodati. Pace a te!»

Una voce calda proveniente dal centro della Cattedrale, in cui erano riuniti e seduti a semicerchio i sei capi delle Chiese, sotto l'ampia cupola, aveva invitato Simon a sedersi nell'unico posto vacante: al centro del semicerchio.

I Sei erano avvolti da un mantello scuro che copriva le loro figure, finendo col nascondere il volto sotto un cappuccio.

«Fratelli miei...» iniziò con cautela «Sono forse messo sotto giudizio per qualcosa?»

Era rimasto in piedi ad osservare i sei candelabri d'oro posti l'uno accanto all'altro, proprio alle spalle di ogni seggio occupato dai capi.

Il suo candelabro era posto nel mezzo, di fronte al suo seggio.

«Cosa te lo fa pensare?» Era una voce più autorevole e secca della precedente che gli fu rivolta come uno schiaffo in pieno viso.

Laodicea...Pensò fra sé, prima di accomodarsi nel suo seggio: una savonarola di legno scuro come le altre sei.

«Mi avete convocato d'urgenza e avete spostato il mio candelabro, cosa che può fare solo Nostro Signore.» sentenziò con un profondo astio che gli faceva irrigidire ogni singolo muscolo.

«Tu ci insegni che dentro ognuno di noi risiede il Cristo, Filadelfia...» il capo di Laodicea, aveva continuato, con tono provocatorio, ad interrogare il Padre. «Perché, dunque, non potremmo spostare il candelabro di un fratello?»

Simon sapeva di non dover cedere a quelle provocazioni perché lo Spirito gli aveva suggerito che lui era lì solo per la verità. Avrebbe potuto pure vedere il suo candelabro sotto i piedi di uno dei capi delle altre Chiese, ma non avrebbe dovuto mostrarsi orgoglioso, né autoritario. Davanti al Creatore, i Sette erano sempre sette stelle poste nella sua divina mano.

«Perché solo Lui può» deglutì, serrando la mascella.

«Dicci allora cosa ti ha spinto a mandare Nathan, il tuo figlio spirituale, lì dove è il potere senza nemmeno consultarci ?»

Simon alzò gli occhi al soffitto ampio e decorato da affreschi che richiamavano le scene della Crocifissione, notando, solo in quel momento, che, quell'edificio sacro, non era il luogo di somma importanza solo per la Confraternita.

Un pentacolo - un simbolo magico e occulto utilizzato dalla Loggia Lucifer da tempo immemore per riconoscere i propri adepti - era stato dipinto insieme alle immagini sacre e a figure di angeli dai volti demoniaci.

La stella a cinque punte capovolta era proprio sopra la testa di Simon e in direzione del suo seggio.

Con un bruciore lancinante alla bocca dello stomaco abbassò il capo e decise comunque di continuare: «Il Capo di Pergamo mi ha insegnato a non temere le tenebre, perché noi siamo la Sua luce nel mondo. Il nostro fratello, come sta scritto nel Sacro Libro, risiede dove è il trono di Satana, eppure conserva la fede, nonostante le persecuzioni. Io, fratelli, voglio solo imitare la sua fede. Non ho coscienza di peccato.»

Non appena finì il suo discorso, uno dei capi si alzò in piedi e levandosi il cappuccio mostrò il volto bruno e gli occhi neri del pastore di anime della chiesa di Pergamo. «Io sono col fratello Simon!» esclamò autorevole.

L'esclamazione del Capo di Pergamo, aveva messo in subbuglio gli altri capi, che si erano confrontati con toni accesi l'uno con l'altro, mentre i due si scambiavano larghi sorrisi di complicità.

«Non è possibile!» aveva urlato il Capo di Sardi, soffiando via quel velo di fede che aveva coperto il volto di Simon. «C'è un trattato da rispettare!»

«Quale trattato?» Simon aggrottò la fronte e stringendo i manici del seggio fece per alzarsi, quando la mano di Joshua lo bloccò per la spalla lasciandolo a bocca schiusa di stupore.

«Joshua... Vai via di qui, subito!» gli ringhiò sottovoce, con occhi supplichevoli.

Quello alzò il capo verso i personaggi incappucciati di fronte a sé e, vedendo le vene della sua fronte pulsare, e il rivolo di sudore, annuì e andò a nascondersi dietro uno dei numerosi pilastri a fasci, presenti all'interno della struttura ecclesiale.

«Vedo che ti sei chiamato i rinforzi, fratello.»

Simon serrò la mascella perché riconobbe in quella voce il seduttore che aveva distrutto la sua famiglia e la credibilità del mandato di Peter. La bile iniziò a circolare nel sangue. «Con quale autorità, proprio tu, siedi nel seggio di una delle Sante Chiese di Cristo?» ringhiò tra i denti.

L'uomo che aveva parlato si alzò dal seggio, facendo echeggiare le suole all'interno della cattedrale e, camminando lentamente, lasciò ondeggiare il mantello; spostò il cappuccio all'indietro per mostrare il suo volto fine, ornato da capelli neri di media lunghezza. L'attenzione dell'interlocutore era sempre canalizzata verso gli occhi azzurri come zaffiri, capaci di sedurre qualsiasi essere umano. Quei due baffi e il pizzetto da uomo d'altri tempi, Simon li avrebbe riconosciuti a chilometri di distanza.

Judas...
Alla fine, era riuscito nel suo intento. Aveva provato a prendere la chiesa di Filadelfia e dopo qualche tempo aveva cercato di sedurre le menti della Chiesa di Smirne.

«Io ho avuto il permesso di essere la guida della chiesa di Sardi. Come osi insinuare che io abbia usato un'autorità? A quale autorità ti riferisci?» Domandò l'uomo, mostrando un ghigno sinistro al Padre che ormai sentiva il cuore pulsare ad un ritmo irregolare e la fronte bagnata di sudore.

Quella voce tagliente agitava i demoni del passato di Simon: realtà spirituali difficilmente controllabili anche da uno dei Capi delle Sette Chiese.

Era il più potente - quel Judas Damian - e diretto erede dello spirito di Giuda Iscariota.

Si diceva che i Lucifer cambiassero i nomi dei propri adepti associandoli a modelli di vita negativa presenti nelle vicende bibliche per enfatizzare l'avversione a tutto ciò che era il buono dei vangeli; un altro motivo per cui i membri della Setta utilizzavano questo metodo era il camuffamento e la perdita delle loro tracce. Ma questo, poteva saperlo solo chi aveva passato la vita a studiarli e a indagare sul loro conto, come aveva fatto Nathan per molto tempo. Ecco perché Simon aveva scelto proprio lui per quel compito.

«Mi riferisco... » rispose Simon, con respiro affannoso «Al... Al modo in cui il tuo potere agisca sulle persone che devi annientare» sapeva che era Judas a provocargli quel malessere, ma, in quel momento, era la carne ad essere debole. Lo spirito, invece, era forte.

«Il tuo fratellino di Sardi ha abdicato, caro mio, fattene una ragione» sentenziò, voltandogli le spalle. «E per tua informazione, il Trattato di Pace firmato da cinque delle Sette Chiese con il Grande Partito Lucifer tu non puoi conoscerlo, perché non hai mai partecipato alle nostre riunioni» spiegò con voce cupa.

«Ovviamente, perché Voi non mi avete mai invitato a queste riunioni, caro Judas Damian!»

Nel sentire quel cognome, pronunciato dalla voce àltera di Simon, Joshua percepì uno spasmo ai muscoli. Poi il terrore: se uno dei Lucifer era riuscito a diventare uno dei Sette, allora la Fine doveva essere vicina.

«E che motivo avemmo avuto?»

Mentre Joshua rifletteva, scivolando con la schiena lungo il pilastro per sedersi nel pavimento marmoreo, i due capi disputavano a parole, nell'ora in cui i chierici spargevano incenso.

«Perché con tutta la mia anima mi sarei opposto alla decisione sconsiderata di far capeggiare una delle sante chiese di Cristo a uno sporco seduttore di anime, figlio di Lucifero

L'ira di Simon era tale che la sua voce riecheggiò per qualche secondo all'interno a Cattedrale, seguita da un tuono improvviso. Le vene furono evidenti nel collo e nelle tempie, mentre le ampie vetrate colorate venivano colpite da pesanti gocce d'acqua.

«Ti conviene moderare i toni,» lo incalzó Judas «o sguinzaglieró i miei cani, Simon.»

Fu quello il momento in cui Acab mostrò la sua figura, sbucando dietro le spalle di Simon brandendo nella mano destra un pugnale.

«O, forse, dovrei dire, il mio fedele cagnolino» concluse Judas.

Simon roteò il busto, e, fissando il ragazzo negli occhi, riuscì solo a provare un grande senso di pietà. Tanti erano i giovani che accecati dallo splendore della fama e del potere arrivavano a servire i Lucifer; agghindati con abiti firmati dai più rinomati stilisti mondiali, andavano in giro vestiti sempre dello stesso completo nero elegantissimo che indossava anche Acab in quell'occasione.

D'un tratto, la massiccia porta centrale di ciliegio scuro si aprì facendo sentire un cigolio gracchiante mentre la pioggia copiosa batteva prepotente fin dentro la Cattedrale.

Sembrava il vento avesse avuto una forza tale da aprire quella porta imponente e contornata di bassorilievi ma, in realtà, era stata Ariel a sfruttare le condizioni climatiche per insinuarsi carponi tra le panche per sfuggire alla vista dei presenti.

Quelli, presi dalla discussione non si accorsero di lei, ma Joshua sì. Non appena la vide posizionarsi dietro l'ultima panca, si mise una mano sugli occhi e la fece scivolare fino al mento. Poi, vedendo che stava per farsi vedere, con uno scatto, la prese dalle braccia e la tirò indietro verso il punto dove si era nascosto.

In pochi secondi, Ariel si ritrovò praticamente stretta a lui; l'avambraccio all'altezza del petto e il palmo della mano sulla bocca per impedirle di urlare.

Una volta che Joshua fu sicuro di averla nascosta ai loro occhi, la liberò mostrandole il dito sulle labbra in segno di silenzio.

Ariel capì, ma tentò di sbirciare allungando il collo verso l'esterno del pilastro, la mano di Joshua si posò leggera sulla sua spalla, facendola sussultare proprio nel momento in cui era intenta ad ascoltare la conversazione dei confratelli.

Agli occhi di Joshua, Ariel era diventata una calamita ambulante di guai, così la tirò nuovamente indietro e curvandosi all'altezza del suo orecchio le ordinò: «Non ci dobbiamo muovere. Hai capito, Ariel?» risoluto.

Lei avvertì in quel tono una sorta di astio malcelato nei suoi confronti e vista la situazione evitò di controbattere qualsiasi cosa; quindi deglutì e annuì per seguire l'intervento di Simon.

A quanto sembrava, avevano chiamato Simon per una sorta di processo dottrinale. Da quello che ricordava Ariel, le Sette Chiese avevano sette modelli di vita differenti: si diceva che Laodicea, per esempio, fosse quella più ricca, ma, nonostante questo, aveva fama di compiere poche opere buone in favore degli ultimi; Sardi era forse quella più vicina ai contesti mondani di quanto non fossero le altre sei; di Smirne aveva sempre sentito parlar male, ma aveva conosciuto almeno un paio di persone per bene che operavano per i poveri della Città; di Filadelfia, invece, si diceva di tutto, ma quelli che avevano avuto modo di avvicinarvisi erano rimasti abbagliati dall'amore disinteressato.

«Allora, la mia presenza qui a cosa serve?» domandò Simon sussurrando, non tanto ai confratelli, quanto al suo Signore.

«Serve a mantenere la pace tra le Chiese» rispose il capo di Laodicea con voce calda e ferma.

«No...» negò Simon, che sorrise di sbieco mentre una goccia di sudore gli rigava la gota barbuta. «Non serve affatto alla pace delle chiese, poveri stolti...»

Stringendo convulsamente i pugni ai fianchi, avvertì la punta acuminata del pugnale di Acab vibrare quasi a contatto con la pelle; a separare l'arma dal tessuto vitale del Padre, c'era ancora il maglione candido perché il cappotto era già stato oltrepassato.

«Il mio sacrificio in questo luogo segnerebbe solo la più rapida ascesa dell'Anticristo. Come predetto dalle Sacre Scritture: negli ultimi tempi la carità dei più si raffredderà, immersi nell'amore per il denaro, per il potere, la ribellione, il proprio ego...»

A sentire quelle parole, Ariel pose una mano sulla collana con il timore che le gelava il sangue nelle viscere. C'era qualcosa di profondamente sbagliato in tutta quella situazione; così si mosse di un passo per avvicinarsi agli uomini incappucciati. Joshua la vide e, agli occhi del ragazzo, quell'azione sconsiderata avrebbe potuto far degenerare una situazione già di per sé precaria. Quindi la fermò per il polso prima che potesse essere vista.

«Cosa stai facendo, stupida?!» le domandò a denti stretti, fissandola con autorevole apprensione. «Vuoi avvicinarti nuovamente alla morte?»

Lei non poteva saperlo, ma era legata a quella realtà di morte da quando suo padre aveva combattuto Judas nel tentativo di insediarsi nella Chiesa di Smirne; era stato per quel motivo che le avevano bruciato la macchina. Adesso i Lucifer volevano vendicarsi di tutti coloro che avevano messo ostacoli al loro piano di controllo.

Lo sguardo di Ariel si accigliò vagando nelle iridi verdi del giovane di fronte a sé: «Mi meraviglio di te, Figlio di Dio...» commentò a bassa voce. Un flash baluginò nella mente di Joshua: si rivide a casa sua, mentre reggeva in mano la Bibbia di Smirne. Tutto gli fu chiaro. Mollò la presa, drizzò la schiena e, attaccandosi alla pietra del pilastro. «Di cosa ti staresti meravigliando?» le domandò sottovoce.

La sua figura era avvolta nella semi oscurità e Ariel avvertì dentro di sé che qualcosa stava cambiando. In entrambi.

«Io vado a salvare Simon. Tu rimani pure qui a guardare come metto alla prova il tuo Dio.»

La ragazza aveva rivolto quelle parole con uno sguardo provocatorio, quasi a voler smuovere in Joshua qualcosa che lo inchiodava al buio. Lui temeva l'incrinarsi di una situazione già di per sé pericolosa, e pur di evitare un'ulteriore rischio per Simon, si ritrovò a sperare nell'intervento del suo Signore, affinché salvasse anche Ariel dalle mani dei Lucifer.

La osservò con terrore mentre piegata sulle ginocchia, era in procinto di adagiarsi completamente al suolo per iniziare a strisciare con gli avambracci attraverso le panche della navata laterale. Sembrava che la ragazza avesse un piano ben preciso, ma, in realtà, stava agendo con un istinto che non sapeva di possedere, una strana fiducia in un movimento del cosmo a suo favore.

A qualche metro dietro le spalle di Acab, Ariel alzò il mento e vide l'orrenda situazione in cui si trovava il Padre: Acab lo teneva fermo con la mano sul braccio sinistro, mentre nella mano destra teneva il pugnale con la punta già conficcata nella schiena di Simon che non emetteva suono.

"Quid agnus muta et non aperuit os "

Alle orecchie di Ariel ancora allenate alla lingua classica, giunse quella frase latina di semplice traduzione, intonata dai cantori gregoriani; la musica che aleggiava per tutta la Cattedrale era come un triste lamento.

Come Agnello muto... Non aprì bocca...Tradusse.

E mentre l'odore intenso dell'incenso le arrivava fino in gola, Ariel avvertì un forte senso di nausea percorrere l'esofago alla vista del pugnale contro la schiena del padre.

Odiava vedere il sangue e odiava il profumo dell'incenso.

Così, mordendosi l'interno del labbro inferiore, decise di continuare a strisciare come un militare in agguato.

Ma da dove mi arriva questo coraggio? Si disse, pensando che, forse, quel coraggio le stava germogliando dalla consapevolezza che di lì a poco avrebbe visto morire un uomo innocente.

Fu semplice ripensare al sangue versato dal Cristo del suo sogno.

Tutto quel sangue... Aveva sussurrato, ponendo la fronte al pavimento a scacchiera, assalita da un conato di vomito. Era innegabile: sembrava che Simon stesse ripercorrendo le orme di Gesù Cristo.

La riunione era su un piano rialzato rispetto alla posizione di Ariel, ecco perchè la ragazza non poteva essere ben visibile ai presenti.

Lei fece per proseguire rimanendo acquattata, ma nel muovere la mano in avanti senti un materiale viscido sotto il palmo. Si guardò le dita intrise di sangue e si bloccò le labbra con l'altra mano per non urlare. Con lo stomaco aggrovigliato puntò gli occhi sulla scia di sangue che proveniva dal pugnale di Acab ficcato nella carne del Padre.

Fu in quel momento che decise di agire: si alzò di scatto dalla fila di panche della navata centrale, provocando un mormorio indefinito tra i Capi; bastarono un paio di passi per avvolgere al collo di Acab la sua sciarpa ed esercitare una pressione tale da farlo boccheggiare.

«Per la prima volta nella nostra vita abbiamo una scelta, Acab.» gli disse, stringendo ancor di più il tessuto di cashmere al collo. «Tu, in questo caso, puoi decidere se sfilare il pugnale e gettarlo via, o morire soffocato. Io, la mia decisione, l'ho già presa.»

 

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NOTA AUTRICE:

PERDONATE LA LUNGHEZZA, ma non sono riuscita a dividerlo.

GRAZIE A TUTTI !

 

   
 
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