“Sicuro
di non
voler venire?”. Hyuga si fermò sulla porta,
guardando il suo compagno di
stanza. Wakashimazu, seduto sul letto, annuì:
“Sì, stasera sono piuttosto
stanco e non ho molta fame, vorrei mettermi a dormire il prima
possibile”.
Mentre
l’altro prendeva
le chiavi della camera, Ken lanciò un’occhiata
alla caviglia dell’attaccante,
ancora avvolta dalla fasciatura: quel pomeriggio si era infortunato
nella
partita giocata contro la nazionale olandese, confronto che i ragazzi
giapponesi avevano perso per 7 a 0. Hyuga non si era lamentato
più di tanto per
il dolore, ma Ken immaginava che dovesse essere stato un contrasto
piuttosto
duro: “Ti fa ancora tanto male la gamba?”.
“Non molto, mi riprenderò in tempo
per la prossima partita. Tu piuttosto, stai bene?”.
All’attaccante, infatti,
non era sfuggita l’espressione mesta sul volto
dell’amico, che però liquidò
tutto con un gesto della mano: “Sto benissimo, ho solo
bisogno di dormire un
po’”. “Va bene, allora ti lascio
riposare”.
Appena la porta
si richiuse, Wakashimazu spense la luce e si buttò supino
sul materasso,
sospirando. Aveva mentito, non aveva affatto voglia di dormire, ma
aveva
bisogno di restare solo per un po’. La sconfitta gli bruciava
ancora. Se fosse
riuscito a parare i tiri degli olandesi, probabilmente Hyuga non si
sarebbe
infortunato cercando in tutti i modi di impedire loro di segnare ancora
e,
soprattutto, la squadra non si sarebbe trovata nei guai, costretta a
contattare
Tsubasa e Wakabayashi per cercare di risparmiarsi l’ennesima
figuraccia. Ed era
stata tutta colpa sua. Non aveva il coraggio di andare dagli altri e di
vedere
i loro sguardi delusi, ne aveva avute abbastanza di umiliazioni per
quella
giornata, senza contare il fatto che presto il suo rivale di sempre
sarebbe
arrivato a sostituirlo, relegandolo di nuovo in panchina. Possibile che
tutti i
sacrifici che aveva fatto, incluso andare contro la volontà
di suo padre, fossero
stati inutili? Era davvero questo il suo destino, vivere sempre
all’ombra di
Wakabayashi? E i suoi compagni … chissà cosa
pensavano ora di lui. Assorto
com’era nei suoi pensieri, Ken non si accorse di come la
stanchezza stesse
prendendo il sopravvento e, senza rendersene conto, si
addormentò.
Mentre aspettava
che l’ascensore arrivasse al suo piano, Kojiro
appoggiò la schiena alla parete.
Era veramente esausto. Tutti i ragazzi della nazionale giapponese
avevano
mangiato la loro cena in silenzio e,altrettanto silenziosamente, erano
tornati
uno dopo l’altro nelle loro camere. Nessuno aveva accennato
alla partita del
pomeriggio. Dopo due sconfitte clamorose, avevano perso la speranza, e
ora che lui
era infortunato battere l’Olanda sarebbe stato ancora
più difficile. Certo, la
caviglia aveva quasi smesso di fargli male, sicuramente avrebbe giocato
nel
prossimo incontro, ma sapeva che la sua presenza non sarebbe stata
sufficiente. Neppure
la possibilità di
un ritorno di Tsubasa e Wakabayashi li aveva tirati su di morale. Arrivato al suo piano, il
numero nove della
nazionale tornò verso la stanza che divideva con
Wakashimazu. Hyuga era
preoccupato per l’amico: aveva rifiutato di scendere a
mangiare ed era rimasto
in camera da solo, certamente questo non era da lui. Era stata una
giornata
lunga per tutti , ma che il suo strano comportamento fosse dovuto solo
alla
stanchezza?
Girata
la chiave nella toppa, aprì la porta e
sbirciò dentro: le luci erano spente, Wakashimazu doveva
star dormendo. Hyuga
cercò di far meno rumore possibile per non svegliarlo ed
entrò. Come
sospettava, il portiere era già nel mondo dei sogni e il suo
respiro lento e
regolare riempiva la stanza. Ken si era addormentato ancora vestito
sopra le
coperte e stava rannicchiato sul materasso, come se volesse occupare
meno
spazio possibile. Doveva essere veramente stanco. Quella scena quasi
fece
tenerezza a Kojiro, ma allo stesso tempo non gli sfuggì
l’espressione turbata
che, anche nel sonno, si era fatta strada sul volto di Wakashimazu.
Lentamente,
con passo felpato come quello di un gatto, si avvicinò fino
ad arrivare accanto
al letto,alle spalle dell’amico addormentato e …
si lasciò cadere di peso sul
materasso. Wakashimazu, colto di sorpresa, si svegliò di
soprassalto e per poco
non gli tirò una gomitata, ma si accorse subito
dell’errore: “Hyuga, ma che
…?”
“Mi credi davvero così stupido?”. Le sue
parole non fecero altro che aumentare
la confusione di Ken, che avrebbe voluto rispondergli a tono, ma
l’altro fu più
veloce: “Ci conosciamo da sempre, Wakashimazu,pensavi che non
me ne sarei
accorto?”. “Di cosa stai parlando?”
“Del tuo comportamento! È tutta la sera che
hai un atteggiamento strano, non sei neppure sceso a cena, questo non
è da te”.
Ken ammutolì, perciò l’altro
continuò: “Se c’è qualcosa
che ti preoccupa puoi
dirlo. Non ti fidi di me?”. Il portiere ancora non reagiva,
sdraiato immobile
con la schiena voltata verso Hyuga, che sospirò:
“È per la partita, non è
vero?”.
Finalmente
Wakashimazu si decise a rompere il suo silenzio con un sussurro:
“Mi dispiace,
Hyuga, se solo fossi riuscito a parare i loro tiri
…” “Non è colpa tua,
è stato
un errore di tutta la squadra. Vedrai che la prossima volta ci
rifaremo.” “Non
ci sarà una prossima volta! Ho fallito, a
quest’ora la Federazione avrà già
contattato Wakabayashi per prendere il mio posto.”.
“Non dirlo neanche per scherzo!”. La forza della
propria esclamazione sorprese lo stesso Hyuga, che continuò:
“D’accordo, questa
volta è andata male, ma sei pur sempre il nostro portiere,
non ti puoi
demoralizzare così! La squadra ha bisogno di te”.
Ken non rispose
per un po’, e Hyuga pensò addirittura che si fosse
riaddormentato, ma dopo
qualche minuto di silenzio, udì di nuovo la voce del
portiere, talmente sottile
che dovette avvicinarsi ancora di più a lui per poter capire
le sue parole: “Mi
sostituiranno?”. “Non lo so”, ammise,
“E anche se fosse, non
pensare neanche per un secondo di aver deluso me o
qualcun’altro”. Abbassò
leggermente la voce: “Non essere così duro con te
stesso, Wakashimazu. Abbi
fiducia e ti prometto …”, le sue braccia andarono
lentamente a circondare la
vita del compagno, “Ti prometto che questa partita la
vinceremo insieme,
d’accordo?”. Sentì il portiere tremare
leggermente nell’abbraccio, ma fu solo
un attimo, poi Ken rilassò i muscoli e lasciò
andare l’aria che fino ad allora
aveva trattenuto nei polmoni: “Grazie”.
“Di nulla”, rispose Hyuga, stringendolo
più forte. Wakashimazu poteva sentire il cuore nel petto
dell’altro battere
veloce contro la sua schiena, ma non disse nulla, forse per paura di
rovinare
il momento. Chiuse quindi gli occhi e si addormentò, cullato
da quel battito.
All’alba
si
ritrovarono ancora così, abbracciati sul letto di Ken. A
svegliarli fu la tenue
luce del sole che entrava dalla finestra che avevano dimenticato di
chiudere
con la tenda. Non parlarono di quello che era successo la sera prima,
non ce
n’era bisogno. Subito si alzarono e scesero al campo, dove
sapevano di trovare
anche il resto dei loro compagni di squadra, determinati a vincere la
prossima
partita.
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Dopo millenni sono finalmente tornata su questo sito, e torno con questa fanfic Kojiken (ovviamente) che avevo scritto a novembre dell'anno scorso, ma che per questioni di tempo non ero mai riuscita a pubblicare. Adesso che gli esami sono finiti penso di riuscire a scrivere anche qualcos'altro, a cominciare dall'ultimo capitolo di "Tiger or cat?" (che in realtà avevo già scritto ma non mi piace com'è uscito, quindi dovrò rifarlo da capo).
Tornando a questa fic, spero vi sia piaciuta e vi chiedo di lasciare una recensione per darmi la vostra opinione.
A presto!