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Autore: Chiccaxoxo    01/07/2021    1 recensioni
Ester, diciannove anni appena diplomata, figlia di uno scienziato di fama mondiale. Sia lei che i suoi amici sono irresistibilmente attratti dal lavoro di suo padre e dalle sue spettacolari invenzioni, nell'arco di un'estate, in un piccolo paesino, non potranno resistere alla tentazione di provarne alcune. Ho cercato di immaginare come potrebbe essere il mondo nel 3007.
Genere: Avventura, Science-fiction, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lunedì 10 giugno 3007, i cancelli del Centri di Ricerca Koller si sarebbero spalancati al pubblico. Tutto era stato organizzato nel migliore dei modi, coloro che avevano intenzione di visitare i laboratori del Centro dovevano aspettare, presso delle apposite fermate, piccoli autobus a magneti, messi a disposizione dagli stessi organizzatori della gita, che passavano a distanza di mezz’ora uno dall’altro. Ai familiari e agli amici di coloro che lavoravano al Centro di Ricerca Koller, era riservato un diverso trattamento, essi non pagavano il costo della gita e non erano nemmeno costretti a salire sugli affollatissimi autobus, accompagnati dagli stessi familiari o amici, avevano la precedenza su tutti gli altri visitatori. Quella mattina Ester si era svegliata di buon’ora ed era anche in perfetta forma, o almeno così la aveva detto lo specchio elettronico che era in bagno. In forma al 98%, questo era apparso sul vetro mentre si lavava i denti. A dire la verità si sentiva smagliante dalla sera della festa del diploma, sentiva che qualcosa si era come sbloccato, per lei, Andrea, Cris, Jessica e persino Giovanni, era stata una serata magica che aveva lasciato una traccia importate dietro di se, c'era stato un prima e ci sarebbe stato un dopo. Anche Cris era tutto pimpante quella mattina, non faceva altro che parlare come mitraglietta impaziente aspettando l'arrivo del suo nuovo amico Alessio, la sorella maggiore e i genitori erano soddisfatti di vederlo finalmente così. Gli amici di Ester avevano tutti accolto l’invito, Andrea e Giovanni arrivarono per primi all'appuntamento a casa della villa della famiglia Lanfranchi, circa dieci minuti dopo era giunta anche Jessica con il suo motorino a batteria solare, salutò Giovanni con un piccolo bacio a stampo sollevandosi sulle punte dei piedi, era vestita molto semplice qual giorno, per i suoi soliti standard, jeans a vita alta, sneakers verdi perfettamente abbinare con la maglietta, infilata dentro i pantaloni e la cintura che aveva stretta in vita. Ester e Andrea si sorrisero a vicenda salutandosi, gli occhi della ragazza ebbero un breve lampo di gioia mentre li raggiungeva anche Alessio arrivando con il suo motorino. Ester, Jessica, Andrea e Giovanni si recarono al Centro di Ricerca con Damiano, mentre Enrichetta accompagnava Cris e il suo nuovo amico. I genitori di Ester possedevano due automobili a levitazione magnetica, spesso la ragazza prendeva in prestito quella della madre che era un po' più piccola, molti altri mezzi di trasporto avevano questo dispositivo di locomozione come treni, autobus, motorini e persino pattini e monopattini. I mezzi a magneti si servivano di strade fatte anch’esse di calamita della stessa polarità dei magneti posti sotto ai mezzi di trasporto. I magneti, respingendosi reciprocamente con la strada, permettevano alle automobili di stare leggermente sollevate da terra, la spinta in avanti era data da potenti eliche che si muovevano grazie all’energia solare, la stessa tecnica valeva anche per tutti gli altri mezzi a levitazione magnetica. Le auto, i treni e gli autobus erano muniti di un computer di bordo nel quale si registrava l’itinerario da seguire, dopodiché, azionando il mezzo, esso seguiva la strada da solo. Teoricamente questi veicoli potevano essere guidati anche da un bambino visto che seguivano la strada autonomamente, ma praticamente no perché era molto complesso programmare il sofisticatissimo computer di bordo e la telecamera digitale, la quale arrestava il mezzo nel caso ci fosse stato qualche corpo in rotta di collisione con esso. Da quando esistevano questi veicoli gli incidenti stradali erano soltanto un lontano ricordo, di circa un secolo prima. I monopattini, invece, per muoversi in avanti, dovevano ricevere la spinta data dai piedi dell’utente ma, nonostante questo, potevano andare molto veloci, mentre nel caso dei pattini, i bambini si divertivano a saltare da una zona magnetica all'altra delle apposite piste per spostarsi in avanti,. Anche se stavano scomparendo, esistevano ancora alcuni mezzi solamente a batteria solare, come i motorini di Ester e Jessica, avevano ruote gommate molto spesse e larghe per fare presa sulle strade metalliche visto che ormai, da circa cento anni, non esistevano più le vie asfaltate.

Le automobili a magneti andavano molto veloce, per la mancanza d’attrito con il terreno, quindi Damiano ed Enrichetta impiegarono pochissimo per raggiungere il Centro di Ricerca Koller, che si trovava in periferia, in compagnia della loro famiglia e degli amici. Ester e gli altri erano decisamente i primi a varcare i cancelli del Centro, entrarono nel grande cortile dove erano posteggiate le unità mobili degli scienziati, si trattava di furgoncini a magneti sovrastati da antenne e attrezzature varie. Un grande tabellone elettronico, posto sopra la porta d’ingresso, mandava ologrammi; uno squalo sembrava balzare fuori dallo schermo per mangiarsi i visitatori, oppure un pallone sfuggiva dalle mani di alcuni ragazzi che stavano giocando a pallavolo per rimbalzare tra il pubblico, salvo poi smaterializzarsi in tanti piccoli triangoli colorati dopo tre salti. Ester, quando era stata piccola, si spaventava davanti a quelle immagini così ben fatte da sembrare reali, adesso sapeva che si trattava di finzione anche se pareva tutto vero.

“Accidenti, è fantastico!” esclamò Giovanni indicando il tabellone ad ologrammi, guardando Jessica mentre le stringeva la vita con un braccio. Un'antichissima locomotiva a vapore, vista solo nei libri di storia e si internet, correva sbuffando sulle rotaie diretta verso il pubblico, il rumore era talmente realistico da dare sul serio l'impressione di essere improvvisamente catapultati nel passato, si avvicinava sempre di più allo schermo, al momento dell’urto il tabellone sembrò esplodere in mille pezzi mentre il treno parve uscire fuori dal muro e piombare nel cortile.

“È un classico, anche se rivisitato alla perfezione” commentò Ester sorridendo, ma da piccola non era stata della stessa opinione, aveva temuto davvero di essere investita da quell’antichissimo treno a vapore.

Quello schermo ad ologrammi era l’orgoglio del Centro, non se ne vedevano di così belli nemmeno nel centro della città. Questo era molto grande e si vedeva benissimo dalla strada, più di una volta gli scienziati del Centro di Ricerca Koller avevano sorpreso gruppi di curiosi fuori del recinto che ammiravano le stupende immagini ad effetto.

“Venite, ragazzi, seguitemi” disse il padre di Ester “Vi farò io da guida.”

I sei ragazzi seguirono Damiano, Enrichetta, invece, si staccò dal gruppo dicendo sorridente: “Io devo condurre gli altri visitatori, ci vediamo a fine giornata o, eventualmente, in pausa pranzo.”

Finalmente entrarono, si avvertì immediatamente il contrasto tra il caldo soffocante dell’esterno e la piacevole frescura dell’aria condizionata. Il locale d’ingresso del Centro era molto ampio, di un bianco immacolato, per l’occasione era stato decorato con piante e fiori, nella parete di fronte all’entrata un piccolo schermo ad ologrammi dava il benvenuto ai visitatori. Il personale correva avanti e indietro indaffarato, quel giorno Damiano non era in tenuta da lavoro dato che aveva il compito di accompagnare i visitatori.

“Salve, Damiano” lo salutò un uomo molto abbronzato fermandosi presso di lui.

“Luigi, come va?”

“Sono atteso giù all’impianto di potabilizzazione dell’acqua, questi sono i tuoi ragazzi?” chiese l’uomo sfoderando un sorriso a trentadue denti il cui colore candito contrastava con la sua pelle scura.

“Sì, Ester e Cris, gli altri sono amici” dicendo questo Damiano posò le mani sulle spalle dei suoi figli.

“Ester, sei cresciuta tantissimo, assomigli sempre di più a tua madre, Cris invece è la tua fotocopia, Damiano” osservò Luigi masticando la gomma americana.

“Devo portare questi ragazzi a vedere il Centro, sono i primi visitatori in assoluto” affermò Damiano “Che ne dici se iniziamo con l’impianto di potabilizzazione?”

“D’accordo” rispose Luigi, mentre sorrideva fece sollevare leggermente i suoi occhiali sugli zigomi “Seguitemi.”

Si avviarono in un lungo corridoio sulle pareti del quale si trovavano diverse porte marroni, tutte chiuse.

“Cosa c'è lì dentro?” domandò Giovanni

“In ogni stanza si trovano le apparecchiature per fare qualcosa” rispose Damiano sempre molto gentile e felice di vedere dei ragazzi giovani così interessati al suo lavoro “In una addirittura si producono gli altoparlanti che si trovano all’interno delle casse degli stereo e dei supercomputer, qui, invece, si programmano i computer di bordo per i mezzi di trasporto, io ed Enrichetta solitamente lavoriamo qui, di fronte, invece, si costruiscono i supercomputer come Argon e Rex, anzi, se devo dire la verità Argon è nato proprio qui.”

“Tutto molto interessante, spero che potrò contare su di voi per integrare i miei studi alla facoltà di informatica” affermò Alessio sistemandosi gli enormi occhiali tondi sul naso.

Ad Ester sembrava di essere su un altro pianeta, non ricordava di aver mai visitato quella sezione del Centro, probabilmente non l’aveva fatto. Mentre camminava lungo quel corridoio aveva la sensazione di volare tanto questo era alto e candido e tanto l’aria era fresca.

Luigi giunse ad una grande porta di metallo dicendo: “Peter, facci entrare.”

Peter era il sofisticatissimo supercomputer che controllava l’edificio, aveva lo stesso nome del fondatore del Centro, Peter Koller.

“Siete i primi visitatori oggi” rispose Peter mentre la serratura della porta metallica si sbloccava con un improvviso clangore che echeggiò per tutto in corridoio.

Non appena il gigantesco infisso ebbe finito di spalancarsi, davanti ai loro occhi apparve un posto del tutto diverso. Il grandissimo ambiente aveva muri grigi e grezzi, una luce verdognola illuminava un groviglio di grossi tubi al centro della stanza dal quale si alzava l’insistente fruscio dell’acqua.

“Vedete, ragazzi” cominciò a spiegare Luigi “Un tempo l’acqua potabile esisteva, non bisognava produrla, la si estraeva da delle falde sotterranee, poi, a lungo andare, le falde si sono esaurite o inquinate, così adesso dobbiamo prendere l’acqua dal mare, dissalarla e depurarla, tutto ciò viene fatto in questo impianto il quale rifornisce d’acqua tutta la zona.”

“Veramente una volta era possibile trovare l’acqua già potabile così in natura?” chiese Ester piuttosto stupita.

“Certo” le rispose il padre “Veniva estratta dalla terra mediante apposite pompe.”

“È vero, mi sono ricordata di averlo letto su un libro” intervenne Jessica arrotolandosi, come sua abitudine, i capelli biondi intorno a un dito “I buchi in cui venivano infilate le pompe si chiamavano pozzi.”

“Esatto” confermò Luigi sorridendo.

“Sembra quasi impossibile tutto questo” commentò Cris cercando una conferma sul viso di quel genio di Alessio, Ester e Andrea si guardarono reciprocamente esterrefatti.

“Bene, Damiano, sono costretto a lasciarvi” affermò Luigi “Peter si è accorto di una giuntura che potrebbe rompersi, devo andare a controllare.”

“Si trova nel settore ovest” aggiunse il supercomputer.

“Mentre visitiamo l’impianto vi spiego come funziona” disse Damiano incamminandosi affinché i ragazzi lo seguissero. Li condusse in un ambiente dove si trovavano degli altissimi silos all’interno dei quali, in trasparenza, si notava l’acqua che scendeva stando incollata alle pareti, interrompendosi ad intervalli regolari.

“Vedete” iniziò il padre di Ester“Da quei depositi l’acqua entra in quelle quattro grosse serpentine nelle quali viene mandata ad una temperatura di cinquecento gradi.”

I ragazzi si voltarono a guardare i quattro tubi attorcigliati su loro stessi che vibravano sotto il movimento della pompa che li riempiva d’acqua marina.

“L’acqua, evaporando quasi istantaneamente, lascia sul fondo del primo tratto delle serpentine il sale e maggior parte delle sostanze nocive, dopo il vapore viene immesso in quel groviglio di tubi dove si condensa a passa attraverso vari filtri di carbone attivo. Alla fine del percorso, dove si trova la porta da cui siamo entrati noi, l’acqua viene disinfettata e immessa nella tubatura che la trasporterà all’industria di imbottigliamento dove, ovviamente, dovrà subire nuovi controlli.”

“Dove finiscono il sale e le sostanze inquinanti che si depositano sul fondo delle serpentine?” domandò Giovanni mentre stavano tornando indietro.

“Grazie per la domanda, molto perspicace, Giovanni, Peter provvede a ciò ogni mezz’ora” rispose sempre molto gentilmente Damiano “Le serpentine vengono fermate a turno e il nostro computer immette dentro di esse un piccolo robot che effettua la pulizia.”

Ancora qualche passo e si ritrovarono davanti alla enorme porta metallica dalla quale erano entrati, Damiano salutò Luigi che stava saldando la giuntura pericolante di un grosso tubo, poi ordinò: “Peter, apri la porta.”

Si ritrovarono nel candido corridoio che avevano percorso poco prima, quello sul quale si aprivano le porte marroni di molti laboratori.

“Potremmo visitare uno di questi studi, per favore?” chiese Andrea al padre della sua amica

“Ma certo, avevo intenzione di portarvi in quello dove si costruiscono gli altoparlanti.”

“Lo trovo molto interessante, grazie” fu la risposta di Alessio.

La porta era proprio quella sulla loro sinistra, Damiano ordinò immediatamente al supercomputer di aprirla, senza dare ai ragazzi nemmeno un momento di preparazione psicologica per ciò che avrebbero visto. La stanza era piena di macchinari, da cima a fondo, in mezzo ad essi si aggirava una donna dai lunghi capelli biondi e mossi.

“Buongiorno Diana, hai l’onore di far visitare il laboratorio ai miei ragazzi e ai loro amici” scherzò il ricercatore.

“Lo accoglierò volentieri” Diana con un sorriso mise in mostra i suoi denti bianchi e ben allineati.

“Venite, ragazzi, vi faccio vedere” disse Diana facendo loro segno di avvicinarsi ad un contenitore rotondo in cui c’era un liquido grigio continuamente rimescolato da un braccio meccanico.

I ragazzi si avvicinarono mentre la ricercatrice spiegava: “Questa è la lega metallica che compone gli altoparlanti, attraverso quel tubicino viene mandata negli stampi che le danno la forma, dopodiché viene raffreddata.”

Finito di dire queste parole, Diana azionò la macchina, la lega metallica iniziò a risalire un corto tubicino, quando il liquido fu nella giusta quantità, la macchina lo spinse all’interno di un grosso cilindro verde.

“Lì dentro la materia prende la forma di un piccolo e sottilissimo rettangolo e viene raffreddata” continuò a spiegare Diana.

La donna si spostò poi verso la fine del cilindro dal quale uscì, come aveva precedentemente illustrato, un piccolo rettangolo argentato, senza dire niente Diana prese in mano il pezzetto di metallo, questo appariva piuttosto floscio.

“Sembra carta stagnola!” esclamò Andrea.

Diana gli sorrise poi attaccò un piccolo cavo ad una estremità del rettangolo dicendo: “A vederlo così non gli si darebbe un soldo, ma adesso vedrete di che cosa è capace.”

La donna premette un pulsante e, come per magia, quello che sembrava solo un piccolo foglio di carta stagnola, riprodusse in modo molto fedele un brano di musica.

Ester si lasciò sfuggire un piccolo gridolino di meraviglia.

“Sembra impossibile” commentò Jessica

Diana staccò il cavetto dall’altoparlante affermando: “Sono dappertutto questo genere di amplificatori, negli stereo, nei proiettori tridimensionali, negli schermi ad ologrammi e nei supercomputer. ”

“Non ne avevo mai visto uno e soprattutto non avevo idea di come si facesse per fabbricarli” esclamò Ester molto interessata.

“Io a dire la verità sì” ammise Alessio “Ne ho visto uno quando mi si è rotta una cassa dello stereo e ho cercato di ripararla da solo.”

Cris lo guardò ammirato.

Non appena furono di nuovo nel bianco corridoio Damiano disse: “Seguitemi verso l’ascensore, vi porto su al sesto piano dove si studiano le malattie genetiche, su questo la scienza ha fatto davvero degli enormi progressi, pensate che le possiamo individuare e curare sui feti di cinque mesi, moltissimi bambini hanno avuto la possibilità di nascere sani grazie a questa tecnica.”

I ragazzi seguirono il ricercatore verso la grande stanza d’ingresso, dove si erano trovati subito dopo aver varcato le porte del Centro. I primi visitatori si stavano dividendo in tre gruppi a capo di uno dei quali stava Enrichetta, il marito la salutò velocemente con un gesto della mano; il piccolo schermo ad ologrammi, che si trovava nella stanza, faceva saltare fuori dal muro scritte tridimensionali di benvenuto le quali poi si autodistruggevano facendo balzare le lettere variopinte in ogni direzione. Comunque nessuno schermo ad ologrammi riscuoteva tanto successo quanto quello che si trovava all’esterno, Ester, guardando attraverso la porta a vetri dalla quale si entrava, poteva vedere le facce delle persone che ammiravano gli stupendi ologrammi mentre si esibivano sulla facciata del Centro. A volte, sui volti dei visitatori si dipingevano anche espressioni di paura, soprattutto quando quello squalo sembrava balzare fuori dal muro per mangiarsi qualcuno, o quando il treno a vapore sfondava lo schermo per precipitare giù, verso gli spettatori.

Il gruppo giunse ad un’ampia porta argentata, Damiano ordinò al computer: “Peter, chiama l’ascensore.”

Dopo pochi secondi la porta si aprì dividendosi in due e sparendo dentro il muro, Peter aspettò che fossero entrati tutti prima di provvedere a richiuderla.

“Peter, portaci al sesto piano” disse ancora Damiano al supercomputer.

“Papà, dopo possiamo andare a vedere la pista che servirà a far decollare…come si chiama? La macchina che potrà andare più veloce della luce?” chiese Cris mentre cominciavano la risalita dell’edificio.

“La macchina si chiama Freccia Solare, la pista è ancora in costruzione, la macchina è nel laboratorio a casa nostra, devo fare ancora degli accertamenti, prima di scendere giù a vedere vi faccio visitare il laboratorio dove stiamo mettendo a punto il teletrasporto” Damiano era comunque soddisfatto che il figlio minore iniziasse ad interessarsi a qualcosa che non fossero videogiochi.

“Piano sesto, corsa completata” annunciò Peter.

“In che cosa consiste di preciso il teletrasporto?” chiese Andrea a Damiano mentre uscivano dall’ascensore.

“Servirà a trasportare persone e oggetti da un posto all’altro alla velocità della luce utilizzando un'antenna trasmittente nel punto di partenza e una ricevente nel punto di arrivo, un computer provvederà a materializzare nuovamente il viaggiatore sulla piattaforma di arrivo, le attuali stazioni ferroviarie e aeroporti verranno sostituite da questo più comodo e veloce sistema.”

“Questo significa che le persone, nel teletrasporto, verranno smaterializzate?” domandò Ester.

“In un certo senso sì” Le spiegò il padre mentre camminavano lungo un corridoio simile a quello dabbasso “Persone e oggetti viaggeranno via etere, come le onde radio, la piattaforma dalla quale il viaggiatore parte è munita di un computer il cui compito è quello di trasformare il codice genetico della persona o la materia, nel caso si tratti di un oggetto, in onde radio che viaggeranno poi verso la meta alla velocità della luce. Una volta giunto a destinazione il viaggiatore verrà ricostruito mediante un altro computer capace di decodificare e ricostruire il suo codice genetico, o la sua materia, in questo modo percorreremo in un attimo grandi distanze, il teletrasporto potrà rivelarsi molto utile anche nei viaggi nello spazio.”

“Tra quanto tempo questa tecnica verrà utilizzata?” intervenne Giovanni, in realtà aguzzavano tutti le orecchie interessatissimi alle delucidazioni dello scienziato.

“Non lo sappiamo” rispose Damiano “È ancora in fase di sperimentazione.”

“Che cosa prova una persona mentre viene teletrasportata?” volle sapere Jessica.

“Nulla” affermò il ricercatore “Avrà solo l’impressione di arrivare in un posto dopo un attimo.”

Intanto erano arrivati a destinazione, adesso avrebbero visitato il laboratorio in cui si studiavano e curavano le malattie genetiche.

“Peter, apri la porta.”

L’entrata a vetri satinati si dischiuse facendo diffondere nel corridoio un odore di disinfettante.

“Damiano, mi stavo appunto chiedendo se saresti venuto a farmi visita” affermò un uomo alto sulla cinquantina con gli occhiali quadrati e una frangetta di capelli neri.

“Ester è sempre stata molto interessata alla genetica, oltretutto da autodidatta, non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione del genere” affermò il padre guardando la figlia orgoglioso.

“Bene” fece l’uomo sorridendo “Io sono Leonardo e ora vi spiegherò come funziona questa strana macchina che vedete qui.”

In effetti era veramente un congegno insolito, un lettino bianco era posto in mezzo alla stanza, sonde, aghi, fili di ogni genere lo sovrastavano, sulla parete di fondo erano allineati diversi monitor in standby.

“Qui individuiamo e curiamo molte malattie genetiche sui bambini che stanno per nascere” iniziò a spiegare Leonardo “Facciamo sdraiare la paziente a rischio su quel lettino e, tramite una sonda, controlliamo il patrimonio genetico del bambino, questi test si può fare già sui feti di cinque mesi, mentre faccio questo controllo, guardo la situazione del Dna del bambino su quel monitor laggiù, quando individuo qualche anomalia, Peter avvia un raggio laser capace di ricostruire il Dna danneggiato.”

“Possiamo vedere la macchina in azione?” chiese Cris.

“No perché fortunatamente le malattie genetiche che hanno bisogno di questa invenzione sono molto poche” affermò Leonardo.

“Sarebbe statalo molto interessante per me osservare il suo funzionamento” disse Ester.

“Allora, visto che ti attrae molto questo settore della ricerca, facciamo così” propose Leonardo con un sorriso educato “Quando mi capiterà di usare la macchina ti chiamerò, va bene?”

“Io, non so come ringraziarla, ci conto” Ester gli strinse la mano.

Il gruppo proseguì la visita diretto ad ammirare il tanto atteso teletrasporto, anche se ancora si trovava in fase del tutto sperimentale.

“Peter, apri la porta.”

Davanti ai loro occhi apparve uno scenario quasi magico, al centro della stanza stavano due piattaforme bianche fatte di un materiale che sembrava vetro opaco, sulla loro sommità erano montate due piccole antenne. L’antenna che si trovava sulla piattaforma alla loro sinistra aveva una forma simile ad un tamburo, mentre su quella alla loro destra era montata una piccola parabola.

“L’antenna a tamburo deve essere trasmittente mentre l’altra è ricevente” affermò Alessio lasciando ancora una volta il suo nuovo amico Cris a bocca aperta.

“Infatti” confermò Damiano con un sorriso : “Siete un gruppetto davvero sveglio, qui per motivi di spazio, le piattaforme sono moto vicine, ma in teoria si potrebbe coprire qualunque distanza in un attimo.”

Ester seguiva con lo sguardo i cinque ricercatori che si aggiravano per la stanza, tre di loro erano uomini, le altre due donne.

“Gli oggetti vengono teletrasportati dalla piattaforma di sinistra a quella di destra, non è vero?” domandò Andrea.

“Ancora un'intuizione giustissima” confermò il padre di Ester.

“Avete mai teletrasportato persone?” chiese Jessica.

“No, ma oggi, proprio sotto ai vostri occhi, faremo un passo avanti, questo potrebbe essere un giorno che entrerà nella storia e voi ne sarete testimoni.”

Finalmente una donna dai capelli rossi tagliati a caschetto si accorse della loro presenza.

“Mara” la chiamò Damiano “Sally è già pronta per il viaggio?”

“Sì, ma facciamo un passo alla volta” affermò lei “Prima vi faremo vedere il teletrasporto di un oggetto poi entrerà in scena Sally.”

“Papà, chi è Sally?” chiese Cris.

“Dopo la vedrai.”

“Allora, ragazzi, accendete la macchina e facciamo vedere ai nostri ospiti il teletrasporto di questo cappello” il tono di Mara era diventato perentorio mentre si rivolgeva al gruppo di ricercatori raccogliendo da un piccolo tavolo accanto a lei un cilindro nero.

“Peter, avvia il sistema” ordinò un uomo al computer .

I ragazzi si avvicinarono a Mara mentre lei diceva: “Peter, dai energia al laser e alle antenne”

Un lieve sibilo crescente si udì nella stanza.

La donna posò il cappello sulla piattaforma trasmittente del vano poi ordinò: “Peter, avvia i computer di teletrasporto e fai partire l'operazione.”

Peter azionò i due calcolatori che avevano il compito di smaterializzare il cappello, farlo viaggiare alla velocità della luce e ricomporlo nella piattaforma ricevente, i loro monitor furono percorsi da codici incomprensibili per i sei ospiti.

Non appena Mara si accorse che l’antenna a tamburo sulla piattaforma di partenza cominciò ad allinearsi con quella dell'arrivo, disse ad Ester e ai suoi amici: “Ora guardate attentamente, ragazzi.”

Un laser azzurro fece dissolvere in un istante il cilindro nero dalla loro vista come se fosse scomparso dalla faccia della terra, la sua apparizione sulla piattaforma di destinazione fu istantanea, non ci fu neanche un secondo di attesa, Mara si avvicinò e afferrò trionfante il cappello nero.

“Posso toccare il cappello?” chiese Jessica come se non credesse a ciò che era avvenuto proprio sotto ai suoi occhi.

Mara glielo porse e lei cominciò a rigirarselo tra le mani con aria esterrefatta.

“E’ incredibile!” commentò Andrea a bocca aperta.

“Come vedete il teletrasporto degli oggetti ci riesce alla perfezione” affermò Mara “Ma oggi, come vi avevo già anticipato, tenteremo per la prima volta di far compiere il viaggio ad un essere vivente, portate qui Sally.”

Una donna arrivò poco dopo tenendo in braccio una cagnolina barboncina bianca e simpaticissima con il suo mantello tutto riccioli, Mara la presentò ai ragazzi.

“Com’è carina!” commentò Ester guardando l’animaletto nei vispi occhietti marroni.

La bestiola si guardava intorno incuriosita mentre Jessica domandava: “Non le farà male?”

“Assolutamente no” assicurò Mara “Non si accorgerà di niente.”

“State per assistere a qualcosa di veramente straordinario, ragazzi” intervenne Damiano “Sally è il primo essere vivente in assoluto ad essere teletrasportato, entrerà nella storia, e voi avrete l'onore di vederlo per primi”

Mara sorrise prendendo in braccio Sally, per posarla sulla piattaforma di partenza. Ester pensò distrattamente a Laika, la prima cagnolina che aveva fatto da cavia per i viaggi nello spazio ormai tantissimi anni prima, per lei era stato un viaggio senza ritorno, si sentì stringere lo stomaco pensando che forse anche per Sally sarebbe potuta essere la stessa cosa.

Ma no, la scienza ormai ha fatto passi da gigante, ho visto con i miei occhi che questa macchina funziona alla perfezione, devo avere fiducia in mio padre, ha mai sbagliato qualcosa?

Sally rivolse il suo sguardo in direzione dei ragazzi, Ester ebbe la netta impressione che quegli occhietti marroni stessero fissando lei.

“Siete sicuri che l’esperimento riuscirà?” chiese Giovanni confermando i timori della sua amica.

“Certo, abbiamo fatto centinaia di prove teletrasporto con gli oggetti” affermò Mara “Sono sempre riusciti alla perfezione e in modo istantaneo, il sistema non ha mai avuto il minimo problema.”

La cagnolina guardava incuriosita l'antenna che si allineava sopra la sua testa, muovendo le piccole orecchie udendo il sibilo prodotto da Peter che forniva energia ai laser, si leccò il musetto con la piccola lingua rosa.

“Sembra che non abbia per niente paura” affermò Andrea afferrando la mano di Ester per tranquillizzarla, rendendosi conto di quanto fosse sudata.

“Fai partire il sistema, Peter” ordinò allora Mara.

Come la volta passata, un laser cancellò all'istante l'immagine di Sally.

I ragazzi si voltarono tutti verso l’arrivo sicuri che, entro un millesimo di secondo, la cagnolina sarebbe riapparsa dall’altra parte. Trascorse un secondo senza che succedesse nulla, dopo circa cinque secondi l'antenna ricevente si allineò meglio con quella di partenza, ma di Sally neanche l’ombra.

“Peter, cosa sta succedendo?” domandò Mara.

“Il computer all’arrivo ha difficoltà a decodificare il codice genetico di Sally” spiegò il supercomputer.

Il sibilo dell'energia si intensificò

“Il computer decodificatore sta andando in tilt” disse Peter “Non si era mai trovato alle prese con un codice genetico, ma solo con della materia.”

“La complessità al livello molecolare è la stessa” affermò Mara : “E poi abbiamo fatto delle prove con alcuni vetrini di batteri.”

“Il computer sta andando in errore” la voce di Peter calma e piatta.

Ester sentiva il cuore esplodere mentre stringeva la mano di Andrea fino a fargli male, Jessica si era stretta a Giovanni mentre Alessio si sistemò per l'ennesima volta gli occhiali sul naso guardato fisso da Cris che sembrava cercare delle risposte si suo viso magro. Qualcosa si iniziò a vedere sulla piattaforma di arrivo, frammenti bianchi che turbinavano nell'aria, Ester pensava distrattamente, e attanagliata dall'angoscia, che si poteva trattare di alcuni ciuffi del mantello bianco di Sally.

“Il sistema si sta sbloccando” la voce rassicurante di Peter.

I ricercatori che erano nella stanza accorsero tutti per osservare la piattaforma ricevente. Quelli che sembravano essere coriandoli di cenere invasero in modo totale la stanza, i ragazzi fecero un salto indietro spaventati mentre lo strillo di Ester riecheggiava tra le pareti della stanza acuto e disperato, Jessica si copriva gli occhi con le mani, Sally si era letteralmente dissolta.

Carta? Cenere? Coriandoli? Glitter? È qualcosa di bello da vedere!

La mente di Ester vacillava sconvolta.

“Oddio...” mormorò Mara mentre l'energia fornita alla macchina diminuiva.

Ester continuava a gridare terrorizzata, teneva le mani premute sulle guance, mentre il padre la teneva stratta tra le braccia in mezzo a quella nuvola di coriandoli di cenere che cominciava a posarsi sul pavimento.

“Qualcosa, nella trascrizione del codice genetico, è andato perduto” affermò uno degli scienziati, analizzando il computer di arrivo: “Dobbiamo capire in che punto si è verificato l'errore.”

“È stato un incidente” Damiano tentava di calmare la figlia accarezzandole i capelli ma la ragazza uscì veloce dalla stanza.

Ester imboccò il corridoio completamente sconvolta, correndo faceva stridere le suole di gomma delle sue scarpe sulle mattonelle, si fermò solo d’innanzi all’ascensore.

“Peter, chiama l’ascensore” ordinò tremando al supercomputer.

Una giornata da libri di storia? Al massimo è buona per una festa di Carnevale venuta male, dannazione!

Ester sentì salire un singhiozzo nella gola per aver pensato questa frase senza senso, ma quando era triste o sconvolta di cose strane ne concepiva diverse, a volte iniziava ad attribuire la vita a degli oggetti come i pensili della cucina, le pareva di scorgere anche la loro faccia, era arrivata alla conclusione che il cervello aveva bisogno di distrazioni forzate quando si trovava in situazioni di dolore, e se gli stimoli reali mancavano, andavano inventati urgentemente o si rischiava di esplodere.

Non appena la porta metallica dell'ascensore si aprì la ragazza entrò dicendo: “Portami al piano terra.”

Mentre la discesa andava avanti Ester aveva deciso di dare libero sfogo alle lacrime dal momento che era sola. Non riusciva a togliersi da davanti agli occhi il musetto di Sally, i suoi occhietti marroni e la linguetta rosa con la quale si era leccata il nasino. E dopo quella cosa, coriandoli di cenere che turbinavano nella stanza.

Sei diventata cenere, Sally, oppure coriandoli? Papà, ma cosa hai combinato stavolta?

“Non è vero, dannazione, non può essere vero!” diceva Ester tra i singhiozzi, intanto continuava a vedere incessantemente quella piccola lingua rosa che passava sul muso della cagnolina

Le porte dell’ascensore si aprirono ed Ester si trovò nuovamente nell’atrio da cui i visitatori cominciavano a partire seguendo le rispettive guide. La testa le rimbombava, le sentiva vuola e leggera, si lanciò di corsa verso la porta d’ingresso che era chiusa, dato che adesso nessuno degli ospiti si trovava più in cortile, attraversò velocemente la stanza urtando contro le molte persone che vi si accalcavano. Finalmente giunse alla porta a vetri ordinando con voce tremante: “Peter, apri la porta.”

“Non posso farlo” rispose il computer.

“Cosa? Come sarebbe non puoi!” sbraitò Ester.

“Tuo padre mi ha detto di non lasciarti uscire cosicché possa raggiungerti” affermò Peter con la sua solita voce, come se in quella stanza non fosse successo assolutamente niente.

“Non voglio stare qui un minuto di più, apri questa dannata porta e lasciami uscire!” strepitò Ester disperata facendo voltare nella sua direzione alcuni visitatori.

“Ho già informato tuo padre su dove ti trovi” disse Peter “Sta venendo a prenderti.”

“Traditore!” gridò Ester contro Peter dimenticando che i computer non possono capire certe cose, anche se sono sofisticatissimi sistemi, i sentimenti umani non trovano spazio tra i loro circuiti di plastica e metallo.

Ester sentì una mano posarsi sulla sua spalla destra, la ragazza si calmò e si voltò sapendo già di chi si trattava.

“Non fare così, purtroppo a volte nella ricerca scientifica succedono degli incidenti” le spiegò il padre “Anzi, sono proprio questi che la fanno andare avanti.”

“Sì, ma fino a che punto?” chiese la ragazza “Fino a che punto l’uomo ha il diritto di disporre della vita di animali indifesi?”

“Ester” continuò Damiano con calma “Quello che è successo oggi a Sally non è stato inutile, noi ricercatori che lo abbiamo visto in diretta, uniti agli scienziati di tutto il mondo, ne faremo tesoro per capire dove sia stato l'errore e per migliorare in futuro, evitando di far succedere di nuovo incidenti simili.”

“Lo sai che ci sei dentro anche un po' tu a quello che è successo oggi?” padre e figlia si guardavano intensamente negli occhi.

“La ricerca scientifica è totalmente in buona fede” continuò gentilmente Damiano “Essa è al servizio dell’umanità per migliorarne l’esistenza, ti garantisco che nessuno oggi, in quel laboratorio, aveva intenzione di far del male a Sally, non è certo così che deve funzionare il teletrasporto.”

“L’uomo non ha il diritto di considerarsi superiore alle altre specie, tu saresti felice se qualcuno che si ritiene più intelligente di te ti usasse come cavia?”

“Non credo, ma visto che il teletrasporto dovrà essere usato con le persone, ad un certo punto il passo di provarlo su di un essere vivente andava compiuto, se abbiamo deciso di farlo significa che a monte ci sono stati innumerevoli studi e prove, eravamo tutti sicuri che sarebbe riuscito, il fatto che abbiamo deciso di farlo davanti ai vostri occhi ne è la prova” Damiano accarezzava i folti riccioli neri della figlia.

Nonostante la ragazza sembrava essersi calmata, chiese al padre : “Portami a casa, per favore.”

“Non vuoi vedere la pista per Freccia Solare?” domandò Damiano alla figlia per convincerla a restare.

Ester scosse la testa, non le andava di tornare davanti ai suoi amici dopo che l'avevano vista così sconvolta, soprattutto Andrea, al momento non avrebbe saputo come gestire la situazione, era meglio prendersi qualche giorno di pausa per calmare un po' le acque.

“Va bene, vado ad avvertire Cris e gli altri e poi andiamo, non vieni a salutare i tuoi amici?” chiese Damiano incamminandosi.

“No, salutali tu da parte mia” Ester rimase presso la porta a vetri.

Poco dopo Damiano tornò per accompagnarla a casa, andarono via in silenzio, si dispiaceva terribilmente che la figlia avesse dovuto assistere ad una scena del genere, ma svolgere un lavoro come il suo a volte significava anche questo. Mentre suo padre programmava il computer di bordo e la telecamera digitale della loro automobile a magneti, Ester si voltò a guardare, lo schermo ad ologrammi sulla facciata del Centro, adesso stava mostrando il mostro di Loch Ness nel momento in cui emergeva dal lago mentre l’acqua ribolliva intorno a lui, la creatura ruggì, poi si voltò a guardare il pubblico con i suoi occhi iniettati di sangue, digrignò le zanne e, allungando il collo, cercava di mordere gli spettatori facendo uscire la sua enorme testa dallo schermo, l’ologramma di dissolse in tanti finti spruzzi d’acqua. Adesso non c’era nessuno ad assistere allo spettacolo, ma Ester era sicura che se ci fosse stato qualcuno avrebbe gridato, era un’immagine davvero molto reale e spaventosa.

In poco tempo giunsero a casa, Ester scese dalla vettura senza nemmeno guardare suo padre e si rivolse subito ad Argon dicendo: “Apri il cancello.”

Damiano tornò subito al Centro di Ricerca Koller per far continuare la visita agli altri ragazzi, intanto Ester entrava nel giardino di casa strascicando i piedi, Eddy la vide e le corse incontro scodinzolando, il cane era rimasto tutta la mattina a casa da solo ma Ester era convinta che non gli mancava nulla, a lui aveva pensato Argon, il fedele supercomputer aveva fatto calare nella ciotola del cane un po’ d’acqua e di crocchette. Anche la cuccia di Eddy era sotto il controllo di Argon, soprattutto per quanto riguardava il cibo e l’acqua, infatti il supercomputer, ad orari stabiliti, faceva scendere da due contenitori il cibo e l’acqua per il cane che, attraverso dei tubi, finivano nella ciotola.

Eddy, sei un cane anche tu, avresti potuto finire in coriandoli oggi e nessuno avrebbe pianto per te.

“Argon, apri la porta di casa.”

Erano le due del pomeriggio e gli altri ancora non erano tornati, Ester decise di scendere in salotto dopo aver riposato sbuffò mettendosi a guardare un po’ il proiettore tridimensionale per distrarsi un poco.

“Argon, accendi il proiettore, voglio il canale uno.”

Le immagini tridimensionali che si formarono davanti ai suoi occhi la lasciarono di stucco, una donna di colore con i capelli lisciati e un vistoso rossetto rosa sulle labbra carnose parlava in un microfono guardando la cinepresa, sullo sfondo si vedeva il Centro di Ricerca Koller il cui schermo ad ologrammi sembrava andare a fuoco, alcuni finti pompieri risalivano in scala appoggiata al muro e si buttavano dentro lo schermo per spegnere l’incendio, l’ologramma spariva in un’esplosione di tante false scintille.

“Oggi il Centro di Ricerca Koller ha aperto i cancelli al pubblico” diceva la cronista “Così ne approfittiamo anche noi per entrare a fare una visitina.”

La ripresa era in diretta, la donna si avviò verso l’ingresso del Centro seguita dalle telecamere. Subito dietro la porta Ester riconobbe suo padre, accanto a lui stava Cris, dietro, tra la calca dei visitatori, si scorgevano Andrea, Giovanni e Jessica, stavano guardando in direzione degli obiettivi.

“Questo è Damiano Lanfranchi” affermò l’inviata mentre la telecamera inquadrò suo padre “Uno dei più famosi e brillanti scienziati del Centro.”

Poi iniziò con le domande: “Come mai avete organizzato questa giornata?”
”Perché vogliamo far conoscere alla gente il nostro lavoro che è così importante per la vita di tutti. Oggi i visitatori avranno la possibilità di vedere sia le macchine ancora in fase di sperimentazione, sia quelle già perfettamente operanti, tantissima gente ha accolto il nostro invito, soprattutto molti ragazzi e bambini, questo mi rende molto felice.”

“E’ vero che oggi sperimenterete nuove macchine davanti al pubblico?” continuò la giornalista.

“Sì” rispose Damiano cercando di soverchiare il chiasso della gente “Purtroppo questa mattina è successo un piccolo incidente, abbiamo scoperto che la macchina per il teletrasporto, ancora in fase sperimentale, non funziona come dovrebbe, oggi mettiamo davanti agli occhi del pubblico anche i nostri fallimenti, non solo i successi.”

Ester sospirò. Papà ti prego di scusarmi, tutti possono sbagliare, non hai perso la mia stima, io ti ammirerò sempre.

Avrebbe dovuto dirgliele certe parole, non solo pensarle, doveva trovarla l'occasione, il più presto possibile, prima che anche loro si trasformassero in qualcosa da nascondere nella nebbia dell'imbarazzo finendo dimenticate.

“Argon, spegni il proiettore” disse con un sospiro.

Il salotto piombò in un attimo nella penombra e nel silenzio, sembrava molto più vuoto e più piccolo senza le immagini tridimensionali.

Stava per ordinare ad Argon di accendere lo stereo ma si fermò, quel giorno non si parlava altro che del Centro di Ricerca Koller e del suo evento, lo aveva atteso così tanto ma non avrebbe mai immaginato che potesse finire in quel modo. Rimase a rimuginare seduta sul divano con tutte le tapparelle abbassate, pensava a come doveva essere stata la vita un secolo prima, nel Duemila. Lo aveva studiato a scuola l’anno precedente il secolo scorso nel quale ancora si viaggiava con veicoli a benzina che facevano un sacco di rumore, le macchine del tempo, il teletrasporto, e i supercomputer erano soltanto fantascienza nella mente degli uomini. Ci si serviva di rudimentali calcolatori comandati da diversi attrezzi, tutti manuali, tra questi ne esisteva uno buffissimo chiamato mouse, il nome era dovuto al fatto che assomigliava ad un topolino. La sua professoressa di storia, aveva mostrato loro un vecchio mouse e doveva ammettere che le sarebbe piaciuto moltissimo usarne uno. Il Duemila, un secolo di grandi cambiamenti e scoperte dopo il Novecento, un periodo pieno d’odio in cui la cattiveria degli uomini sembrava veramente aver toccato il fondo. Ad Ester sarebbe piaciuto vivere nel secolo appena trascorso, lo considerava un’era di rinascita dopo il funesto Novecento.

“Sono nata nell’epoca sbagliata” concluse poi ad alta voce.

Verso le sei di sera il portone di casa si aprì e i suoi genitori fecero ritorno insieme a suo fratello.

“Ester!” chiamò sua madre ad alta voce credendo che la ragazza fosse in camera sua.

“Eccomi, sono qui” disse lei sbucando dal salotto.

“Oh, tesoro” disse la madre posando la borsa e andandole incontro “Ho saputo dell’incidente con il teletrasporto, mi dispiace tanto.”

“Lo so, fa parte del vostro mestiere”

La madre la strinse dicendole: “Purtroppo sono cose che succedono, devi fartene una ragione.”

Ester decise che il momento giusto era quello, parlò davanti ai genitori e al fratello dicendo le parole che aveva pensato quel pomeriggio, Damiano fu immensamente felice di vedere la maturità di sua figlia che iniziava a sbocciare, l'abbracciò sorridendo.

   
 
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