Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: LADY ROSIEL    03/07/2021    2 recensioni
Soltanto una piccola bugia che le era scivolata dalle labbra come burro, senza nemmeno accorgersene.
ATTO I▶ Nella penombra di quel giardino fiorito, il primo seme della discordia venne originato.
ATTO 2▶ Il prelibato fiore della discordia nutrendosi dell’odio, prosperava famelico.
ATTO 3▶ Nell'utopia silente, l’avvenente fiore della discordia germogliava con ardore non solo nel giardino, ma anche nel cuore di quella dolce ragazzina che anni prima aveva strappato alla bontà, corrompendola con il suo fascino al veleno.
Questo racconto è risultato fra i vincitori della I biennale del bando letterario nazionale – anno 2013 – "La Sinfonia della Menzogna" di AFRAM per l’arte – Galleria “Il Germoglio.”
Genere: Dark, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Germogli MALEFICI


ATTO – III

All’età di ventisei anni, Chiara era finalmente una persona diversa. Una persona nuova. Era rinata e ora che finalmente aveva affrontato i suoi peggior incubi, fra cui quel desolante periodo di depressione, era tornata a sfidare il mondo a testa alta, imparando a trarre profitto da quelle scomode e pesanti verità che aveva sperimentato sulla sua stessa pelle.

Era diventata forte; spietata.

Si confondeva fra la folla, cercando di assomigliare alle persone che le stavano accanto, fingendosi interessata alle loro conversazioni e alla loro amicizia, e trincerandosi dietro ad un sorriso, analizzava e rifletteva attentamente sulle parole che sentiva sputar fuori da quelle loro labbra velenose. Ammaliata, scorgeva ogni più piccolo movimento del corpo di chi gli stava accanto, idealizzando carattere e indole di ogni individuo. Lo faceva persino con i bambini. E le volte in cui il suo affinato intuito si sbagliava erano davvero poche – le si poteva contare sulle dita di una mano.
Il suo era un dono speciale; unico.
Ed ora che era diventata abbastanza cinica riusciva ad utilizzarlo nel migliore dei modi: ingannando il suo prossimo, traendo spesso vantaggiose soddisfazioni personali.
Dopo svariati anni, finalmente, la ruota della fortuna era tornata a girare.

La dolce e poetica Chiara, quella ragazzina vivace e candida come neve s’era frantumata come cristallo ed aveva lasciato lo scettro a quella nuova sé stessa, quella forte, razionale ed opportunista. Ci aveva impiegato anni per racimolare i cocci di sé stessa, saturando le ferite del cuore che le era stato strappato dal petto, e si era aggrappata a quell’unica speranza maturata dall’odio per se stessa: non sarebbe più crollata.

Non le sarebbe più importato quello che persone avrebbero potuto dire o non dire di lei, non le sarebbe interessato far soffrire allo stesso modo chi probabilmente non se lo meritava affatto. Non era più una timida gazzella impaurita, non sarebbe diventata ancora una volta la preda di qualcuno. No, non era più quella fragile e malsana ragazzina che non faceva altro che preoccuparsi per gli altri e richiedere affetto e protezione.

Per anni si era sentita insignificante come un granello si sabbia al vento, per anni aveva lottato contro quel suo desiderio di abbandonarsi alla vita, di giungere sino alla morte, per poter bloccare, almeno in parte, quel dolore sconfinante che le squarciava il petto.
La realtà che i soli occhi le mostravano era così alterata che non riusciva più a cogliere di quale colore fossero quelle rose splendenti al calar del sole, e persino i giudizi erano solo dei diavoli tentatori – crudeli bugiardi – come li chiamava lei.
Solo allora comprese che doveva accertarsi del valore delle cose e delle persone riuscendo a contare solo su sé stessa. E così, si camuffava ricercando la maschera più avvenente che di volta in volta trovava in vendita. Ci appiccicava su un sorriso e un’indole fittizia, e mascherandosi abilmente in qualcun altro riusciva a cogliere la verità dietro alle menzogne più feroci.

Ingannava il suo prossimo con la stessa abilità con cui ingannava sé stessa. 
Era una lotta frenetica e continua. Ed ora che era finalmente un’adulta in tutto e per tutto, poteva essere libera di andare dove voleva, intraprendendo la strada che più le sembrava adeguata, e libera di fare quello che segretamente bramava con passione.
Eppure, nonostante quella sua libertà sembrasse infinita, continuava a sentirsi imprigionata in un’invalicabile cella. Una cella molto più grande e spaziosa dell’amabile teca di cristallo in cui i suoi genitori l’avevano custodita per lungo tempo.
Quell’assurda prigionia aveva il sapore delle arance e la fragranza intensa del limone e dei fiori primaverili. 
Forse però, stava solo sragionando una volta ancora.

Non poteva più continuare a smarrirsi nel passato. Adesso era agile e invincibile quanto un potente leone.
Un leone che, nonostante la sua mole, si fingeva ancora una tremante gazzella pronta a sbranare la sua deliziosa preda in un agguato mortale.

«Sono davvero stremata! E’ tutto il Santo giorno che corro da una parte all’altra della città! D’altro canto come potevo perdermi la prima domenica di saldi?!» domandò senza neppure attendersi una risposta plausibile dall’amica.
«Hai ragione. Tu adori lo shopping sopra ogni altra cosa!» proferì Chiara, porgendole un bicchiere d’aranciata fresca, e sedendosi accanto a lei.
«Non so proprio come tu riesca a fare acquisti solo tramite internet! Non sopporterei di perdermi l’attimo in cui, dopo ore di coda, sbaragli la concorrenza, aggiudicandoti l’oggetto dei tuoi desideri!» aggiunse poi la sua collega, trasognando ad occhi aperti.

In verità quella donna, più grande di lei solo di un anno, non era solo una semplice collega di lavoro, ma era anche la figlia del suo capo. E beh, certo non poteva mostrarsi scontrosa con lei, nonostante la detestasse terribilmente.
La odiava.
Non c’erano mezze misure, Chiara odiava Francesca, ma nonostante tutto cercava di andarci mortalmente d’accordo, fingendosi addirittura una delle sue migliori confidenti. Intraprendere una relazione d’amicizia con lei aveva avuto, nel corso di quegli anni, notevoli vantaggi per Chiara – soprattutto quando si trattava di frequenti ritardi mattutini sul posto di lavoro, giornate di riposo e perché no, anche sullo stipendio!
In fin dei conti doveva solamente mostrarsi solare, garbata e prestare attenzione a quei discorsi frivoli e patetici di quella sciocca ragazzina viziata!

Non era poi così difficile…
Il gioco valeva la candela, e Chiara lo aveva capito da tempo, ormai.

E quindi, anche quella domenica pomeriggio, si era ritrovata a dover offrire ospitalità a Francesca, preparando un caffè molto più aromatico del suo solito, e offrendole gentilmente stuzzicanti dolcetti di marzapane e frollini fatti in casa. Per l’occasione, aveva anche preparato il miglior servizio di porcellana che custodiva gelosamente nel ripiano più in alto della credenza. Ora non le rimaneva altro che donarle uno dei suoi sapienti e accomodanti sorrisi al limone, mostrandosi quanto più amabile e pronta ad ascoltare ancora una volta la sua tremenda voce gracchiate.

«Ah! Meno male che posso sempre contare su di te! Sei davvero un’amica!» esclamò entusiasta Francesca, sorseggiando il suo caffè bollente.
Chiara, dal canto suo, avrebbe preferito optare per una risposta molto più diretta e sincera, come ad esempio: "sei davvero insopportabile! Non ti sono amica nemmeno un pochino, sia chiaro! Se poi, per amica intendi una che ti punterebbe volentieri un coltello fra le scapole, allora siamo davvero amiche!”
Fortuna però, che la razionalità di Chiara era la sua miglior compagna di vita, e così, nascondendosi ancora una volta dietro ad un sorriso, proferì dolci parole di zucchero oscurando del tutto i suoi pensieri.
«Figurati! Non ho fatto davvero nulla di particolare. Sei un’amica preziosa per me, è naturale che mi preoccupi per la tua salute e m’interessi dei tuoi problemi. Sei sempre la benvenuta in questa casa!» Al termine di quelle sue parole non poté non notare una leggera e volubile commozione negli occhi un po’ arrossati di Francesca. E senza aggiungere altro, si lasciò abbracciare dolcemente, cullandosi in quel calore velenoso che sapeva sempre farla sogghignare all’ombra di sguardi indiscreti.

Dio, come si sentiva potente in quegli attimi! Aveva il mondo ai suoi piedi!
E quella sciocca sgualdrina perennemente vestita in rosa, proprio come la peggior Barbie che i suoi occhi avessero mai incrociato, era solo l’ennesima preda che il destino le aveva servito su un piatto d’argento. L’agnello sacrificale.
Un’insignificante sacrificio per accomodare gli Dei del Cielo. E più il calore emanato dal corpo di Francesca si scontrava sulla pelle sempre un po’ fredda di Chiara, più il piacere che sgorgava dal suo cuore corrotto dall’oscurità aumentava vertiginosamente.
Le sue piccole mani candide stringevano con impeto quel corpo ricoperto di carne succulenta, privandolo un po’ alla volta di quel calore invitante e facendolo immoralmente suo. Chiara si sentiva in paradiso.

Interminabili note di violino si disperdevano nell’aria.
Una sinfonia armoniosa e pregna di malinconia assalì il suo corpo, torturandolo dolcemente. Stava manovrando con sapiente maestria quell’ennesima bambola di carne.
La faceva danzare sino a farle perdere il fiato nel suo roseo giardino fiorito.
Oscurando e mescolando verità e menzogne, fingendo di non sapere cosa fosse reale e cosa no, continuando a confondere sempre i suoi pensieri, Chiara non riusciva ancora ad avere fiducia in sé stessa.

Era diventata brava a narrare frottole, era diventata una nobile stratega, e ormai affrontava la vita come una grande partita di scacchi, dove ogni pedina prendeva vita e studiando l’avversario con astuzia, riusciva sempre a fare la mossa che più le conveniva, mangiando la pedina avversaria ogni qualvolta riuscisse a fare scacco matto. E nonostante questa sua incredibile vocazione, ancora faticava ad ascoltare la voce nascosta del suo cuore.

Tramutandosi nel leone che aveva sempre desiderato essere, aveva perso sé stessa. Aveva abbandonato i suoi sentimenti e ogni tipo di emozione che assomigliasse all’affetto e all’amore. In passato era stata tradita, e il dolore era ancora troppo grande per poter credere in un mondo dalle sfumature limpide e vivide come i caldi colori dell’estate.
Aveva tradito ogni suo principio, rifiutando la compassione e allontanando l’amore. Ed ora si sentiva felice.
Sorrideva, gioiva e piangeva, alle volte l’una non escludeva l’altra! Era folle e sgargiante quanto Arlecchino!
Attirava l’attenzione di tutti, e regalando dolcezza celava la sua codardia, fingendosi forte e indomabile.

Continuava a camminare come un’equilibrista, perennemente in bilico fra terra ferma e mare, facendosi forza con le sue sole ossa.  Il suo cuore stava inesorabilmente morendo, ma la sua mente stava finalmente assaporando la gioia di vivere.
Continuava a vacillare, cadendo nell’oscurità più assoluta, ma anche così, non si perdeva d’animo, e agguantando quell’unica certezza – confidando che mai nessun’altro avrebbe potuto distruggere un giocattolo già rotto – continuava imperterrita a camminare, correndo ti tanto in tanto.

In quel luogo, dove Chiara si sentiva a disagio persino nel respirare, tratteneva il respiro, rifiutando persino l’aria, annientando l’immagine della vera sé stessa che stingeva un poco alla volta. Era finalmente serena.
Poteva essere come desiderava, poteva non aver paura delle tenebre, poteva dar vita tranquillamente a quella parte tenebrosa di sé stessa.
Poteva essere ciò che aveva sempre desiderato. E senza accorgersene, continuava a versare lacrime oscure, cariche di orrore, come se ridesse a crepapelle e sorrideva senza sosta, come se piangesse a gran voce. Più diventava brava a dire bugie e a trovare scuse, più desiderava la freddezza di un abbraccio eterno.

 

    Nell’utopia silente, l’avvenente fiore della discordia brillava aggraziato quanto una stella nel cuore della notte. Dolcemente, prosperava solitario, cibandosi dei più meschini fiori che sciaguratamente avevano desiderato stargli accanto, regalandogli quella rara bellezza eterea e quel dolce nettare vitale che scorreva nel loro fragile stelo. Macchiandosi di peccato recideva la vita altrui, facendola sua un poco alla volta, inesorabilmente.

     Il fiore della discordia germogliava con ardore non solo nel giardino, ma anche nel cuore di quella dolce ragazzina che anni prima aveva strappato alla bontà, corrompendola con il suo fascino al veleno. Primo o poi anche quella ragazzina sarebbe stata completamente sua.



© LADY ROSIEL/ Luna Azzurra

forma3354-F
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: LADY ROSIEL