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Autore: Dark Lady 88    03/07/2021    1 recensioni
Epoca d’oro dei pirati, Caraibi: Henry Avery, lo spietato capitano della Fancy issa bandiera rossa, il che significa una cosa sola: lotta senza quartiere. L’attacco alla Ganj-i-Sawai, la più grande nave del Gran Mogol, gli frutta un tesoro inestimabile. Ma le insidie sono molte, e l’equipaggio della Fancy ha necessità di nascondere il bottino, per tornare in un secondo momento a recuperarlo.
La misteriosa Isola dello Scheletro è il posto scelto per farlo: quello che Avery e il suo equipaggio non si aspettano però, è che sull’isola si troveranno a combattere con le proprie paure e le proprie debolezze. C’è qualcosa o qualcuno che impedisce loro di salpare? Qual è l’atroce delitto che vi si è consumato e che ha portato alla distruzione di un’intera flotta spagnola?
La storia presenta dei riferimenti alla serie tv Black Sails e al romanzo L'isola del tesoro. Ho deciso comunque di inserirla nella sezione Originali perché i personaggi sono figure storiche o inventate da me.
Genere: Azione, Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Oceano Indiano, 1695
 
Il capitano Ibrahim Muhammed si portò una mano alla testa. Non sentiva nulla in quel momento, solo un fischio continuo e sordo ed il cuore che gli martellava nella tempia. Per un attimo gli si offuscò la vista. Quando riaprì gli occhi, la prima cosa che vide fu la bandiera rossa che si gonfiava al passaggio del vento. L’aria era satura di polvere da sparo; molti uomini erano a terra, immersi nel sangue. Avevano le bocche spalancate come se stessero gridando, ma lui non riusciva a sentirli. 
Il teschio si muoveva sinuoso sulla bandiera rossa che risplendeva al sole. Il capitano sapeva bene cosa significasse quel simbolo: pirati. Era a conoscenza, quando era salpato a bordo della Ganj-i-Sawai, di cosa rischiava addentrandosi in quelle acque. Gli uomini di cui disponeva erano marinai esperti che aveva ingaggiato con la promessa di un cospicuo salario: il grande veliero indiano trasportava un immenso bottino appartenente all'imperatore Moghul Aurangzeb. La cupidigia aveva abbagliato gli uomini, convincendoli a correre il rischio di attraversare quelle acque insidiose, pur sapendo quanta gola il tesoro avrebbe fatto ai bucanieri.

Nei giorni precedenti il capitano Muhammed e la sua ciurma avevano resistito ad un primo, feroce attacco, ma ora si sentivano stanchi e fiaccati. La nave, che disponeva di quaranta cannoni, aveva tentato di respingere l’assalto, ma lo scoramento che gli uomini avevano provato, avvistando le navi pirata all’orizzonte, si era ben presto tramutato in terrore: era bastato un solo, fortunato colpo di cannone per affondare l’albero maestro della Ganj-i-Sawai; dopodiché, prima ancora che i pirati iniziassero l’arrembaggio, un cannone era esploso, scagliando molti degli uomini in mare, e gli altri orribilmente mutilati.

Il capitano Muhammed sapeva quale prassi avrebbero seguito gli assalitori: i rampini della nave pirata si erano già agganciati, ed i malviventi stavano salendo a bordo; sfoderate le spade, tagliavano senza pietà le gole degli uomini già a terra, inermi.

“Ci arrendiamo!”, gridò Muhammed, “Risparmiate almeno le donne!”

Intorno a lui, gli uomini opponevano una flebile resistenza. Avevano combattuto strenuamente nei giorni appena trascorsi, ma quel nuovo attacco li aveva totalmente spiazzati.

L’uomo si diresse verso di lui senza esitazione. Muhammed immaginò fosse il capitano: era alto, il volto arrossato e gli occhi lucidi, come in preda alla febbre, eppure i lineamenti erano distesi in un’espressione impassibile. Anche la voce con la quale gli si rivolse stonava con lo sguardo acceso: era calma, ma come il mare piatto, l’indiano sapeva quante insidie potesse nascondere.

“Mi chiamo Henry Avery, sono il capitano della Fancy, la nave che vi ha appena abbordato. E come è vero Dio, oggi voi ed i vostri uomini morirete. Le donne verranno stuprate, ogni oncia d’oro rubata dai miei pirati. Non ci sarà pietà, né giustizia, né alcuna esitazione. Nessuno verrà risparmiato. Potete abbandonare ogni speranza”.

Fu inaspettato perché i suoi occhi non tradirono alcuna emozione. Il capitano Henry Avery trafisse il suo avversario con la sciabola. Un’unica, fredda e precisa mossa dritta al cuore. L’indiano ebbe un sussulto. Un rivolo di sangue caldo gli sgorgò dalle labbra insieme ad un gemito che sembrava più di stupore che dolore. Poi il suo sguardo divenne vitreo.

 
***
 
“Ho sentito dire che i festeggiamenti per la vittoria sono durati giorni”, stava raccontando il giovane davanti ad un boccale di birra.

La locanda era affollata e rumorosa. Odore di alcol e sudore impregnavano le pareti. Le prostitute ammiccavano al bancone, civettavano con gli uomini vestiti con abiti logori. Molti di loro avevano i volti solcati da profonde cicatrici. Quasi tutti erano ubriachi. Una serata come un’altra sull’Isola di New Providence.

“Io ho sentito dire, che i tuoi cosiddetti festeggiamenti, per gli uomini della Fancy non consistono in altro che stupri e torture ai danni dei poveri diavoli che hanno la sfortuna di sopravvivere ad un loro assalto”, borbottò l’altro.

“Hal, tu sei sempre così prudente. Non capisco come hai fatto a finire quaggiù, in questi luoghi dimenticati da Dio”.

“Vuoi dire che non ho la stoffa del pirata?”

“La stoffa l’avresti pure. Ma quello che ti manca è la cattiveria. Bevi un po’ di rum, altro che birra!”

“Tu risolvi così ogni discussione, Craig. Ma per alcuni di noi ingozzarsi fino a dimenticare il proprio nome non è la soluzione ad ogni cosa”.

Craig proruppe in una sonora risata. Poco dopo Hal lo imitò.

“Tu sei troppo serio, Hal. Dovresti goderti un po’ la vita”

“Forse. O forse è per questo che di vita ne ho ancora una. E anche tu. Se non ci fossi io a guardarti le spalle…”

“Oh, al diavolo!”, sbottò Craig.

Il giovane pirata trangugiò quello che rimaneva della propria birra con un sorso. Si pulì la bocca con il dorso della mano: “Al diavolo”, ripeté, “Tu e la tua prudenza. Mi sono imbarcato per il Nuovo Mondo in cerca di avventura, poi ho incontrato te e ancora non ho visto un soldo bucato. Da quel che si dice sul capitano Avery, con l’ultimo arrembaggio ha reso i pirati della sua ciurma uomini molto ricchi”.

“Lo so”, lo interruppe Hal, “Stando a quanto si dice, il bottino della Gunsway[1] ammonta a circa 600.000 sterline. Praticamente il capitano Avery potrebbe andarsene in pensione oggi stesso, e vivere di rendita per il resto della sua vita. Non credo che si tratterrà a New Providence per molto tempo ancora”.

“Il Governatore gli ha dato il suo benestare per rimanere sull’isola. Avery non se ne andrà tanto presto, secondo me”.

“Forse”, gli concesse Hal ingurgitando l’ultimo sorso di birra, “Forse vorrà nascondere il tesoro, prima”.

“E perché mai dovrebbe farlo? Io sperpererei tutto fino all’ultimo centesimo…”

“Perché tenere in tasca tutto quell’oro, su un’isola gremita di pirati non mi sembra proprio una buona idea. E a te?”

Craig non rispose; indicò con un cenno del mento l’uomo che era appena entrato. Aveva gli occhi chiari, una barba leggera dalla quale spuntavano le labbra sottili e tese, simili ad una ferita che gli attraversava il volto, e la pelle abbrustolita dal sole. I capelli scuri, percorsi da qualche striatura grigia, erano legati in una coda bassa sulla nuca. Indossava abiti di ottima fattura, come potevano esseri quelli di un ufficiale della marina in un momento di svago.

Hal si accorse che molti altri lo stavano osservando. Il rumore era calato all’improvviso, anche se non era del tutto cessato; le risate sguaiate degli ubriachi si erano affievolite di qualche tono.

Quell’uomo incuteva un timore reverenziale anche senza sapere chi fosse. Ma Hal e Craig lo riconobbero subito: si trattava di Henry Avery, capitano della Fancy, che pochi giorni prima era riuscito a compiere un’impresa della quale tutta l’Isola di New Providence era già a conoscenza, e che ben presto sarebbe diventata leggenda.
 
***
 
Gli uomini che aveva lasciato di guardia alla Fancy erano i più fidati che avesse mai avuto. Avevano seguito Avery in ogni sua decisione senza mai contestarlo, dal giorno in cui aveva avuto l’idea di ammutinarsi sulla Charles e proclamarsi capitano. Da quel giorno, la nave era stata ribattezzata Fancy, e la ciurma al comando di Avery era passata dal servire un capitano corsaro, all’uccidere sotto la bandiera rossa dei pirati. Il Jolly Roger che Henry Avery aveva fatto cucire infatti, era rappresentato da un teschio di profilo con le sciabole incrociate, e svettava su uno sfondo rosso come il sangue.

Il rosso era stato usato da sempre dai pirati provenienti dall’Asia che popolavano i racconti che Avery aveva ascoltato fin da bambino. Ormai, la bandiera più diffusa tra i filibustieri era quella nera, ma il capitano Avery non aveva dimenticato quei racconti.

Ben presto, la reputazione della Fancy aveva fatto il giro dei sette mari, e quando il capitano dava l’ordine di issare la bandiera rossa, sapeva di aver fatto la scelta giusta. Erano ben poche le navi spagnole che non si sottomettevano, affrettandosi a sventolare la bandiera bianca. La temibile Jolie Rouge del Capitano Henry Avery infatti, recava un solo messaggio: morte certa.

La Fancy era immersa nell’oscurità e nel silenzio. In quella notte placida, anche l’acqua era immobile. Erano tre gli uomini di guardia che di tanto in tanto borbottavano qualcosa tra loro. I volti sonnacchiosi, ma le orecchie sempre allerta al minimo suono.

Non ebbero alcuna esitazione quando li videro: sei uomini con i volti coperti si muovevano nel buio, avvicinandosi di soppiatto alla nave. I tre della Fancy si scambiarono un’occhiata d’intesa, mentre il gruppetto, ormai consapevole di essere stato scoperto, si avvicinava con più convinzione.

Il capitano Avery aveva predetto che sarebbe successo: la voce sul tesoro dal valore inestimabile conquistato dalla Fancy si era sparso con rapidità su tutta l’isola. A Nassau in particolare, erano molti i criminali del nuovo mondo che si muovevano in tutta libertà, con il benestare del Governatore, fin troppo facilmente corruttibile.

La nave necessitava di fare carena, ma Avery esitava; il capitano aveva deciso di attendere anche a svuotare la cambusa, ancora stipata dall’ingente bottino conquistato. La Fancy attendeva, immobile sulle acque immobili, nella notte.

Avery aveva in mente di portare il tesoro in un posto sicuro, e solo in seguito dividerlo con la sua ciurma. Lo avrebbe fatto quando le acque si sarebbero calmate, e non avrebbero più corso il terribile rischio che al contrario, vivevano in quei giorni. Non si fidava più neanche dei suoi stessi uomini: la maggior parte di loro era dedita ad ogni tipo di vizio, e molti avrebbero voluto scialacquare subito la propria parte in donne e rum. Per questo, la decisione di aspettare era parsa subito molto impopolare: quei tre uomini che il capitano aveva messo di guardia alla nave, erano gli unici che non avevano emesso un fiato. Gli unici di cui sperava di potersi fidare, almeno per qualche giorno, finché non avesse trovato una soluzione un po’ più duratura.

Per ora, la Fancy stanziava nel porto di Nassau, in attesa di essere assalita. Avery lo aveva quasi sperato: in questo modo avrebbe dimostrato alla ciurma che le sue supposizioni erano esatte, e che nessuno di loro era al sicuro sull’Isola di New Providence, nonostante il benestare del Governo.

I tre uomini di guardia si mossero come uno solo: senza alcun bisogno di parole, si schierarono a difesa della nave: quello era il bottino che avevano conquistato con il loro sangue, e la ricompensa che spettava loro non sarebbe andata perduta. Per nessun motivo al mondo.

I sei assalitori estrassero le spade, ma i tre della Fancy furono altrettanto veloci. Da lontano, un osservatore poco attento avrebbe visto nient’altro che lo scintillio delle lame squarciare l’oscurità per qualche secondo; avrebbe forse udito il tintinnio delle spade che si scontravano, ed il rantolo soffocato degli uomini che cadevano.

Erano tre contro sei. Finito lo scontro, solo due erano i sopravvissuti, entrambi appartenenti all’equipaggio della Fancy. Gli altri erano morti quasi senza un lamento. I pirati rimasti si sbrigarono a derubare gli altri di ciò che potevano avere addosso di valore. Michael Darren, questo il nome di uno dei due rimasti in piedi, prese a frugare anche nelle tasche del compagno morto. L’altro lo guardò con riprovazione.

“Non possiamo fare più niente per lui”, si giustificò Michael con un’alzata di spalle.

Fecero luce con le torce, frugando anche nelle bocche dei cadaveri. Trovarono un paio di denti d’oro che staccarono senza troppi complimenti. Se ne misero in tasca uno ciascuno. Si pulirono le mani sporche di sangue addosso ai vestiti dei morti. Poi salirono sulla balaustra; trasportarono i cadaveri sulla nave uno alla volta. Ed uno alla volta, li restituirono al mare.

Per quella notte, il tesoro era salvo, rifletté Michael. Ma per quanto sarebbero sopravvissuti nella baia di Nassau, prima che una ciurma meglio organizzata avesse deciso di attaccarli?
 

[1] Altro nome con il quale gli inglesi chiamavano la Ganj-i-Sawai
  
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