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Autore: SidV    03/07/2021    1 recensioni
Non sono capace di innamorarmi. Lo so bene.
Anche se, all'epoca, non riuscii a farne a meno.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Kaede Rukawa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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capitolo 9

Ayako mi diede la notizia dell’infortunio di Rukawa la mattina seguente appena entrate nel complesso scolastico mentre ero ancora affannata dalla corsa che avevo dovuto fare per non arrivare in ritardo, visto che lui non era passato a prendermi in bici come tutti i giorni. Ero ovviamente anche a dir poco furiosa per il suo non essersi presentato e stavo proprio pregustando il momento del suo arrivo per poterlo ricoprire con tutti gli epiteti poco carini del mio vasto vocabolario di insulti quando lei mi afferrò per un spalla, voltandomi nella sua direzione con una espressione assolutamente seria e grave in viso.
- non verrà oggi - mi disse, probabilmente notato come lo stesso cercando con sguardo omicidio nel cortile - si è slogato il polso e dovrà stare a riposo per almeno un mese e mezzo -
Avrei voluto sommergerla di domande, ma non ne feci neanche una, conscia di potermi rispondere ormai anche da sola. Come mai oggi non sarebbe venuto a scuola? Perché aveva bisogno di metabolizzare l’accaduto in pace. Quanto sarà grave? Non poi così tanto, ma impedire di giocare a basket a lui è terribilmente pesante come cosa. Come starà? Male, che cavolo di domanda scema. Ovviamene starà male… sentirà dolore e si starà chiedendo come diavolo sia potuto succedere a lui un incidente così idiota proprio all’inizio del campionato. Perché proprio a lui.
Sarà arrabbiato con me, me ne starà dando la colpa? A questa però non sapevo rispondermi… però in un certo senso poco aveva importanza perché mi stavo già accusando da sola a sufficienza, non mi servivano anche i suoi rimorsi per avermi aiutata. Sapevo bene fosse colpa mia… sapevo che se non fossi caduta indietro sulle scale come una vera cretina lui non avrebbe mai avuto modo di farsi male cercando di salvami dallo spezzarmi l’osso del collo. Non mi ero mai sentita così in colpa in tutta la mia vita… fosse successo a qualsiasi altra persona probabilmente non ci sarei stata così male io stessa… ma ormai lo conoscevo abbastanza da sapere che la sua impossibilità momentanea nel giocare o anche solo nell’allenarsi lo avrebbe fatto uscire di testa. Kaede Rukawa non ama nulla, non è interessato a nulla, non gli piace niente e non ha amici che non siano quella dannata palla da basket. Se a uno come lui si toglie quello, che cosa gli rimane? E mi fece pena… tantissima… avevo un grosso macigno sul cuore che mi impediva quasi di respirare… e così decisi di fare tutto il possibile per aiutarlo. Sono un tipo orgoglioso, ammetto che almeno la metà delle mie motivazioni erano per levarmi il senso di colpa di dosso e per non dovermi sentire in debito con lui in futuro, ma l’altra metà erano effettivamente perchè ero davvero in pensiero per lui. Così mi feci in quattro e domandai a Haruko di farmi avere un copia dei suoi appunti della giornata, essendo lei in classe con lui e appena finite le lezioni corsi a fotocopiarli tutti. Ad allenamento riuscii a filmare tutto il discorso post partita di Miyagi con il cellulare e così feci lo stesso per gli allenamenti. Finito lì corsi al supermercato più vicino e comprai tutto quello che risultava sotto la voce “cibo rinvigorente” e, dopo essermi fatta dare il suo indirizzo da Ayako ed essermi persa una dozzina di volte visto il mio pressoché inesistente senso dell’orientamento, eccomi qui, carica come un mulo di borse davanti al cancello di casa sua. Che poi la parola cancello temo sia limitativa… qui siamo difronte a un monumento in ferro battuto a dir poco. Mi trattengo a sento dal fissare l’imponenza della struttura e della casa dallo stile occidentale e moderno che sorge poco dietro a bocca aperta e, proprio mentre sto considerando l’idea di fare dietro front e ritirarmi sconfitta nel piccolo appartamento che divido con Hana e la nonna, una vecchietta un po’ ingobbita esce dall’edifico. Appena mi nota, e non ci vuole molto perché so di essere piuttosto appariscente, mi dedica subito un sorriso gentile che un pochino mi tranquillizza.
- posso esserti d’aiuto, ragazza? - mi domanda.
Annuisco con fin troppa enfasi, quasi facendomi cadere la busta della spesa dalle mani - si, grazie! Sto cercando Kaede Rukawa, abita qui vero? -
Il sorriso della signora si allarga ancora di più se possibile, mostrando una fila di denti impeccabili - ah, sei una amica del signorino? -
Ignoro il fatto che lo abbia apostrofato come “signorino” perchè quel titolo riferito a quel musone mi pare terribilmente ridicolo e non vorrei scoppiare a ridere in faccia a questa gentile signora - più o meno… - biascico.
Educatamente lei mi tiene aperto il cancello alle sue spalle - si trova in casa, temo dovrai suonare il campanello però cara perché io devo rientrare in fretta da mio marito, sai se non ha la cena in tavola alla stessa ora tutti i giorni chi lo sente più - ride appena in modo estremamente dolce e improvvisamente mi ricorda mia nonna e mi viene quasi voglia di abbracciarla - se non ti risponde insisti, a volte il signorino è solo troppo pigro per alzarsi dal divano - aggiunge e, infine, prima di andarsene definitivamente mi regala l’ennesimo sorriso amichevole e bonario - spero di rivederti presto signorina… -
- Izumi! Izumi Sakuragi! -
Annuisce - allora è stato un piacere signorina Sakuragi. Io sono Mahiko Morisawa, la governante della famiglia Rukawa. Se tornerai a trovare il signorino ci rivedremo -
Ci salutiamo e, mentre arrivo al portone mi ritrovo a pensare che hanno pure la governante… che non avrei mai immaginato lui potesse essere un ragazzo di buona famiglia. Ma mi dò anche della scema da sola perché c’è da dire che Rukawa solo una specie di principe poteva essere.
Mi attacco insistentemente al campanello come mi aveva suggerito la signora Morisawa e, infatti, ci vogliono almeno cinque minuti prima che quel mostro di pigrizia si degni di venire alla porta e aprirmi. Quando il suo viso fa capolino dallo stipite la sua espressione è assonnata e leggermente più irritata del solito, i capelli scompigliati come se si fosse appena svegliato e indossa solo un paio di pantaloni della tuta neri e che gli arrivano al ginocchio.
- tu che ci fai qui? - sbotta, piantandomi gli occhi indagatori addosso come se tutto si aspettasse tranne vedermi appostata davanti a casa sua.
Io sbatto gli occhi un paio di volte, costringendomi dal distogliere lo sguardo dal suo petto nudo a pochi centimetri dalla mia faccia, anche se mi segno mentalmente di palpeggiarlo più spesso - faccio il mio dovere, caprone! - dico, gonfiando il petto come un pavone - e ora levati e fammi passare che tutta sta roba pesa -
Passo letteralmente sotto il suo braccio teso e, a passi ben distesi, mi faccio strada in casa sua, in un soggiorno che temo sia grande quanto l’intero appartamento dove sto io. Al centro fa scena un imponente divano ad angolo blu notte e, senza farmi tanti scrupoli, ci butto sopra tutte le mie borse e mi ci lascio cadere sopra poco elegantemente, a dir poco sfinita della giornata, tirando un gran sospiro di sollievo. Se dovessi chiedergli un massaggio alle gambe chissà in che modo mi manderebbe a quel paese.
Lui mi raggiunge poco dopo, anche se rimane in piedi e continua a fissarmi con un sopracciglio alzato.
Gli dedico il migliore dei miei sorrisi - stavo dicendo… - inizio, cominciando ad aprire tutti i miei sacchetti - ti ho portato gli appunti di scuola di oggi. Sia mai che rimani indietro con le lezioni, poi mi hanno anche detto che a giorni hai un test importante e se lo fallisci sai meglio di me che il tuo stop sportivo potrebbe anche prolungarsi ulteriormente… -
- Sakuragi… -
- qui dentro invece ci sono i dati della partita di ieri e inoltre, siccome sono una manager a dir poco eccellente, ho filmato tutto quello che ti sei perso con il mio cellulare e, se ti comporti bene e mi vai a prendere da bere, sarò anche così magnanima da farti vedere il tutto… -
- Sakuragi… -
- e per finire ti ho fatto un po’ di spesa perché oggi mi sono informata e, a quanto pare, il brodo di pollo e della verdura fresca sono un ottimo rimedio quando non si è in buona salute. Certo, c’è l’unico irrilevante ostacolo della mia pessima cucina, ma mi guarderò un tutorial e sono certa di riuscire a farti mangiare qualcosa di pressoché commestibile. Ah, ho comprato anche delle arance, che danno energia. Hai uno spremi agrumi vero? -
- Izumi! - sbotta e io quasi cado dal divano sentendolo pronunciare il mio nome - che diavolo stai dicendo? -
Mi ritrovo a fissare il suo polso fasciato fino alla mano e un brivido mi corre lungo la schiena, ma mi ostino a non guardarlo meglio occhi. Sono troppo orgogliosa e non vorrei mai che si accorga dei miei veni sentimenti e del fatto che sto annaspando in un buco nero fatto di sensi di colpa.
- che ho tutta l’intenzione di farti da infermiera - dico invece, ammiccando nella sua direzione. Questa volta il brivido temo lo abbia lui e io ridacchio - che è quella faccia? Guarda che c’è gente che pagherebbe per stare al tuo posto! -
- io non ho bisogno di niente - dice, il tono come al solito scontroso, la voce bassa e tagliente - stavo andando a fare una doccia, quindi puoi anche andartene -
Scatto in piedi immediatamente alle sue parole e lui quasi fa un salto indietro, sempre più palesemente confuso dalle mie azioni - ma è perfetto! - dico, battendo le mani presa dall’entusiasmo e ignorando totalmente le sue parole - allora meno male che ci sono io! Come avresti intenzione di lavarti per bene con quella mano fasciata senza di me? -
Lui alza le spalle - a pezzi -
Sbuffo - oh certo, e per i capelli come conti di fare? - dalla smorfia scontenta che mi rivolge dopo aver riflettuto immagino che effettivamente non ci avesse ancora pesato e no, non ha una soluzione decente che non contempli del contorsionismo - appunto! - lo afferro per il braccio e lo tiro su per la lunga scalinata che credo porti al piano di sopra, quindi alle camere - fai strada! -
Si lascia trascinare da me quasi a peso morto per parecchi metri, già stranamene sconfitto, prima di mugugnare solo un “terza porta” che immagino mi indichi il bagno ma, entrando, mi ritrovo in quella che credo sia camera sua. E’ enorme e molto luminosa grazie a una grande vetrata che occupa l’intera parete. Al centro c’è un grosso letto a due piazze con sera delle lenzuola scure spiegazzate, segno che non deve essersi alzato da molto, un televisore al plasma difronte e non molto altro a parte una scrivania con due libri buttati a casaccio su e un impianto stereo che credo costi come la mia vita. Per il resto è terribilmente spoglia, nessun poster alle pareti o foto appese, nessun gadget o oggetto personale che non siano qualche rivista sportiva accatastata malamente accanto al letto.
- tu non sei un tipo particolarmente materialista vero? - neanche mi risponde, liberandosi solo dalla mia presa e sospirando per l’ennesima volta - camera mia al confronto pare una discarica tante sono le cose che ci ho buttato dentro! Che poi… almeno qualche trofeo dovresti averlo non è vero? Quelli dove li hai ficcati? -
- nello studio di mio padre -
- ah, ecco mi pareva strano! Posso vederli? -
- no -
Contrariata dalla sua risposta secca gli faccio una smorfia infantile alla quale lui risponde con un leggero arricciare del naso e per un secondo sembriamo due bambinetti dell’asilo che si fanno i dispetti e mi viene anche da ridere all’idea. Cavolo, se ci fossimo conosciuti da piccoli sicuramente io l’avrei spinto giù dallo scivolo già il primo giorno.
Con la testa fa un piccolo cenno verso una porta bianca nell’angolo - il bagno. Muoviamoci a finire così poi te ne vai - dice.
Io annuisco subito - ottima idea. Anche perché sono davvero stanca, per colpa tua è tutto il giorno che giro come una trottola - fa per rispondere ma lo interrompo subito - ora però prestami una maglietta -
- che? -
Mi metto le mani suoi fianchi, in posizione severa - una maglietta, cretino. Non ho alcuna intenzione di lavarmi la divisa scolastica quindi dammi qualcosa da mettere di tuo -
- ma che palle… - si lamenta senza farsi tanti problemi e, continuando a grugnire qualcosa, apre un armadio enorme e mi lancia la prima cosa che gli capiti tra le mani.
Mi ritrovo con una vecchia canotta di una qualche squadra di basket di parecchie taglie più grandi della mia, ma almeno potrebbe farmi quasi da vestito quindi non replico neanche sulla poca accortezza che ci ha messo nella sua scelta ed entro in bagno per prima a cambiarmi. Comincio a togliere tutto quello che ho indosso, a parte le mutandine, decidendo di non rischiare di dover tornare a casa fradicia e rischiare di prendermi un accidente. Piego accuratamente la divisa e la appoggio su una sedia che trovo in quello che a tutti gli effetti è il suo bagno personale e colgo l’attimo per guardarmi un po’ intorno, ma continuo a non trovare niente di caratteristico o che mi faccia pensare in un qualche modo proprio a lui. Voltandomi però trovo uno specchio e fisso per un paio di secondi la mia immagine riflessa, chiusa nei suoi vestiti. L’orlo mi arriva appena sotto il sedere ma non ci bado molto perché mi sale al naso improvvisamene l’odore di lui, impregnato nella canotta. Eccolo di nuovo, il campo di girasoli. Afferro la stoffa e me la porto su viso, respirandone l’aroma più intensamente e chiedendomi come sia possibile che una persona che ricordi così tanto la notte in tutti i suoi colori, possieda invece un odore così diametralmente opposto. Ravano nell’armadietto cercando una qualche boccetta di profumo che almeno spieghi questo mistero ma nulla, se non un deodorante al borotalco e una crema palesemente mai aperta. Eccetto, perché lo stronzo ha anche la pelle talmente impeccabile da non necessitare di nulla per essere perfetta. A volte la vita è terribilmente ingiusta.
Spalanco la porta di getto e me lo ritrovo seduto sul bordo del letto a braccia incrociate a guardare un punto indefinito sul muro e mi pare per un attimo un cane in attesa del suo padrone lasciato legato fuori dal supermercato. Certo, un dobermann, ma pur sempre un cane. Così mi batto un paio di volte le mani sulle cosce e mi rivolgo a lui abbassandomi leggermente in avanti.
- dai su, vieni qui! Da bravo -
Praticamente mi ringhia addosso e io non posso fare a meno di scoppiargli a ridere in faccia. Se adesso abbaia giuro che svengo.
- vai al diavolo - dice, sorpassandomi ed entrando in bagno. Lo osservo guardarsi un po’ intorno, come cercando di studiare il da farsi. Prima prende una sedia e la piazza davanti alla vasca da bagno, poi tira fuori da un cassetto un paio di asciugamani e infine si siede in modo scomposto e puntandomi come se fossi una mosca sulla sua cena. Carino davvero.
Io inarco un sopracciglio - beh? Che conti di fare così? Non entri in vasca? -
- col cazzo -
- guarda che io mica mi imbarazzo. Non ho nessun problema con la nudità maschile, ti ricordo che Hanamichi è mio fratello e in famiglia non ci siamo mai fatti chissà quali problemi… -
- non mi interessano le pratiche della tua specie di famiglia, io non mi spoglio più di così. Se ci tieni così tanto ad aiutarmi fatti andare bene la cosa -
Alzo le spalle - come ti pare. Ma sappi che non ti facevo un tipo così pudico… -
Mi avvicino a lui il più possibile e mi allungo a prendere il doccino alle sue spalle e quello che leggo essere lo shampoo lì accanto.
- dimmi se l’acqua così ti va bene - chiedo e lui annuisce appena, di nuovo chiuso nel suo solito silenzio selettivo. Tiene gli occhi serrati e la testa rivolta all’indietro così che, mentre comincio a bagnargli i capelli passandoci anche le dita in mezzo, posso studiare i lineamenti del suo bel viso a fondo senza incorrere nelle sue ire. La pelle è davvero chiara, se si guarda bene si intravedono tante piccole venette attraverso, ha le ciglia lunghissime per essere un ragazzo e sono nere come la notte, esattamente come le sopracciglia folte ma pure quelle perfette, anche se dubito seriamente sia uno che si curi. Le labbra sono leggermente sottili e con un curioso taglio leggermente all’ingiù sui lati che gli conferiscono un aria ancora più seria di come già sia lui stesso. Però sono morbide e delicate e… porca miseria tutto ad un tratto mi balena in mente l’immagine di come ci siamo baciati l’altro giorno, ai piedi di quella cavolo di scalinata. Intensamente, con una passione che non ho idea da dove ci sia saltata fuori e un avidità uno della bocca dell’altro che non possedeva limiti. Sento improvvisamente caldo e so di avere le gote arrossate ma non posso farci niente perché ho appena metabolizzato una cosa:
Kaede Rukawa sa baciare. Sa baciare dannatamente bene.  
Con la scusa di levargli un paio di gocciole che gli stanno scendendo lungo il viso, comincio a sfiorare appena la sua pelle candida con la punta delle dita. è terribilmente soffice e sembra anche fragile come la carta velina, al contrario di noi Sakuragi che invece abbiamo a dir poco la pellaccia, assolutamente glabra e non credo lui abbia neppure idea di cosa sia un rasoio perché sulle guance non noto una minima traccia di peluria. L’unica cosa che intravedo sono due piccole rientranze ai lati della bocca e posso giurare che sei mai dovesse ridere, cosa che ancora mai mi è capitato di vedere, e dovessi scoprire che lui abbia pure le fossette… beh, non intendo rispondere delle mia azioni. Quella sarà la volta buona in cui lo ucciderò… o, cosa più probabile, temo lo violenterò. Quelle sono davvero dannatamente illegali.  
- passami lo shampoo… - chiedo quasi in un sussurro, cercando di sviare la mia mente dalla perfezione dei suoi tratti e dai ricordi che mi portano alla mente le sue labbra.
Appena lui lo fa, comincio a massaggiarli a testa dopo essermene versato un po’ sulla mani ma, ben presto, mi accorgo di essere terribilmente scomoda e di dovermi allungare ben più del possibile per riuscire nel mio intento.
- diavolo, hai le gambe assurdamente lunghe! - dico irritata - così proprio non ci non ci arrivo -
Kaede sbuffa e prova a divaricarle, una espressione più tediata di così impossibile da fare.
Io mi esibisco in una smorfia da manuale - e credi che così andrà meglio? -
Lui alza le spalle, palesemente annoiato e io faccio uno sforzo enorme per trattenermi dal tirargli un bel pugno su quello zigomo perfetto che si ritrova.
Studio la situazione per qualche secondo prima di illuminarmi tutta come una lampadina ed esclamare un “ci sono” davvero convinto. Dopo di che, senza pormi ulteriori indugi, mi siedo a cavalcioni sopra di lui - ecco fatto! Perfetto! - esclamo soddisfatta.
Lui però non pare del mio stesso avviso perché palesemente si irrigidisce tutto e mi afferra per i fianchi, quasi cercando di farmi alzare - perfetto un cazzo. Spostati subito! -
Scuoto il capo, decisa - negativo, mio caro. Così sono comoda, non ho intenzione di farmi venire uno strappo alla schiena per colpa tua -  
Senza aspettare una sua risposa mi scrollo le sue mani di dosso e ricomincio la mia operazione. Kaede però rimane immobile come uno stoccafisso e, incrociando per caso il suo sguardo, noto che qualcosa è cambiato nel sup atteggiamento. Ora sembra molto più vigile e non cerca di evitarmi, ma mi punta per bene gli occhi addosso e leggo nel suo sguardo qualcosa che non mi è del tutto chiaro ma mi sento un po’ come dovrebbe sentirsi una gazzella quando si rende conto che il leone ha deciso di sbranare proprio lei. Faccio però mentalmente spallucce e ignoro la cosa, lasciandolo a cuocere nel suo brodo tanto è risaputo che a questo ragazzo non vada mai bene assolutamente nulla.
- comunque sappi che non è vero che ti odio -
Lui emette solo un roco - che hai detto? - senza ancora cambiare niente della sua posizione rigida come un tronco di un albero.
- ieri ti avevo detto di odiarti. Ma era una bugia, non lo credo veramente. Però ero arrabbiata con te per come erano andate le cose poco prima con Akira - noto appena un leggero guizzo sulla sua mascella ma decido di continuare a parlare perché non solo si è fatto male per colpa mia ma temo di aver davvero esagerato con le parole ieri - sai Akira… -
- non nominarmelo - fa lui, la voce più roca del solito.
Sospiro ancora tornando a parlare - so che non lo sopporti anche se non ne capisco bene il motivo ma non è molto importante ora come ora.  Quello che vorrei farti capire è che lui è sempre stato una persona davvero gentile e so che era sinceramente innamorato di me. Io al contrario non sono mai stata capace di ricambiarlo del tutto, anche se gli volevo davvero molto bene. Quindi siccome so di averlo già ferito abbastanza, non avrei voluto che quella che alla fine è solo una stupida scommessa tra di noi, gli spezzare il cuore ancora di più rispetto a come già avevo fatto io qualche mese fa. Tutto qua -
Akira è buono, gentile e ha sempre una parola di incoraggiamento per chiunque. In più sorride davvero come un bambino spensierato, come se nulla potesse preoccuparlo seriamente. Per questo so molto bene che le sue lacrime sono molto più pesanti di quelle di molte altre persone e sapere di essere la causa del suo dolore è un peso difficile da portare. Poi allo stesso tempo sai anche che a uno come lui nessuno dovrebbe avere mai il diritto di mentire, per questo sono sempre stata sincera, anche a costo di farlo soffrire, ma lui merita davvero la verità, sempre. Ci ho provato con tutte le mie forze a innamorarmi a mia volta ma, per quanto il mio affetto e stima crescessero sempre di più ad ogni suo abbraccio e ad ogni suo sorriso, quella punta di sentimento in più non è mai arrivata.
- non sono cose che mi riguardano queste - dice Kaede, un tono di voce distaccato.
Io però sorrido ugualmente - sapevo lo avresti detto. Stai diventando prevedibile, lo sai? - lui inarca appena un sopracciglio e io continuo - in ogni caso se non mi fossi alterata così tanto non avrei perso l’equilibrio e non sarei caduta. E tu non ti saresti fatto male - abbasso lo sguardo fino a posarlo sulla sua mano fasciata, che cade abbandonata lungo un lato della sedia - di questo mi dispiace sinceramente, Kaede -
Riprendo il doccino in mano e comincio a sciacquargli i capelli e lui piega appena la testa indietro, agitandomi il lavoro, e passa qualche minuto prima che lui torni a parlare.
- non è colpa tua - dice solo ma è stranamente sufficiente a farmi sentire già leggermente meglio.
- ti fa molto male il polso? - gli chiedo.
Piega ancora il collo, venendo incontro al tocco della mia mano e adesso sembra un grosso felino che si stiracchia sotto il sole, pigro e domato da una piacevole sensazione.
- no. Ma è una scocciatura - credo stia minimizzando un po’ perché so che adesso probabilmente si sentirà un po’ come un animale in gabbia al quale è impossibile tornare alla libertà di prima.
Allungo una mano e afferro un asciugamano bianco per poi calarglielo sulla testa - quasi finito, ora ti asciugo! - comincio a frizionargli i capelli e, per farlo meglio, gli tiro il capo il più possibile verso di me. Ci vogliono pochi attimi prima dell’accorgermi della vicinanza che al momento abbiamo, esattamente quando sento il suo respiro farsi leggermente più breve all’altezza del mio petto, dove la larga maglietta mi lascia scoperta una grande porzione di pelle sensibile. Le sue labbra sfiorano, dopo un suo piccolo movimento, l’attaccatura del mio seno e non riesco a trattenere un brivido che sento scendermi lungo la schiena.
- comunque non ti devi preoccupare - ricomincio a parlare a macchinetta, cercando di non badare al mio improvviso disagio - ci penso io ad aiutarti in questo periodo! Praticamente diventerò la tua ombra! Ti sarò di aiuto con la scuola, scriverò per te i compiti, mi subirò tutti i tuoi piagnistei, cercherò di aiutarti al meglio nello studiare i prossimi avversari e le loro tecniche, ti nutrirò a dovere e mi occuperò perfino della tua igiene personale! Sentito? Dovrebbero farmi santa! Non avrai che da chiedere e la mia meravigliosa persona non si porrà limiti nel cercare di soddisfare tutte le tue esigenze dall’alto della mia spropositata generosità! -
- Izumi? -
Sono troppo presa dal mio delirio di auto-santificazione che non bado al suo tono di voce, adesso sempre più roco e stranamente più calmo del solito.
- che c’è? Non hai più parole per via della della mia immensa bontà d’animo per un povero storpio come te? Oppure hai già qualche desiderio? -
- ti rendi conto della posizione in cui siamo? -
Sto per dirgli di non osare mai più interrompere il mio glorioso monologo quando si, a tutti gli effetti capisco cosa mi stia dicendo. Perché al momento sono ufficialmente seduta in braccio a Kaede Rukawa, la sua canotta, che ovviamente sono riuscita a bagnare, mi sta incollata addosso e si è alzata ulteriormente lungo le gambe così da lasciami le cosce completamente scoperte, lui ha praticamene il viso premuto contro il mio seno e il mio bacino sfrega ripetutamente addosso al suo perché non sono mai stata capace di stare ferma un attimo.
- oh! - dico solo prima di sentire una vampata di calore salirmi fino alle guance.
- e sai anche io sia un maschio... -
- ma…ma certo! Cosa c’entra ora! - balbetto.
- tu provochi… -
- che? No! Io… -
- ed è da almeno cinque minuti che blateri sul tuo essere a mia completa disposizione - aggiunge lui e vorrei davvero fargli notare che non ho idea di cosa lui stia parlando ma di sicuro le mie intenzioni erano altre prima che lui alzi appena il capo, ancora semi nascosto dall’asciugamano e io riesca a vedere i suoi occhi scrutarmi intensamente, di un blu intensissimo, talmente profondi che rischio di perdermici per sempre. E capisco solo ora che prima non mi stava guardando come se fossi la sua prossima preda, ma come se lui fosse solo un ragazzo e io una ragazza e lui volesse si divorarmi, ma in tutt’altro modo.
- cosa stai cercando di dirmi, Kaede? - chiedo, cercando di mantenere un tono il più credibile possibile, nonostante lui mi posi una mano sul fianco e faccia un leggera pressione, costringendomi a drizzare la schiena.
- che ho dei desideri… - parla usando un tono con un tasso di erotismo che dovrebbe essere illegale e sento distintamente una forte sensazione di calore provenire dal mio basso ventre che, premendomi addosso, lui fa sfregare nuovamente contro il suo facendomi notare qualcosa che, diavolo, neanche fossi la persona più svampita del mondo potrei confondere.
è eccitato.
E io vorrei dare una spiegazione al perchè la consapevolezza di questa cosa mi faccia a mia volta lo stesso effetto, togliendomi quasi il respiro, ma proprio non la ho e non sono affatto in grado di mettermi a pensare ora.
Mi prende il mento tra due dita, costringendomi ad abbassare il viso verso il suo. So che così capirà che ho l’affanno e le mie guance tendono a un curioso color porpora ma proprio non mi interessa.
- …e voglio che tu li esaudisca -
- Kaede… - sospiro, posandogli le mani sulle spalle, come per sorreggermi.
- ti voglio, Izumi -
 
Non mi sono mai interessato alle ragazze, le ho sempre trovate banali, eccessive, noiose e troppo rumorose. Al massimo le degnavo di una qualche occhiata ma poi tendevo a evitarle come la peste. La cosa poi peggiorò durante le scuole medie perché per un qualche motivo sembra io avessi terribilmente successo tra le loro fila e tutto ciò non fece che alimentare la repulsione che provassi nei loro confronti. No, non mi ero mai fatto nessun tipo di domanda in merito, sicuro che in generale tutto quello significasse che rapportarmi con loro non facesse proprio per me. Al terzo anno però c’era una tirocinante che veniva da una qualche università nella nostra scuola, a quanto pare una ex giocatrice di basket anche piuttosto brava e lei si unì al nostro club per dare man forte. A oggi non so dire se fosse effettivamente carina come tutti dicevano, so solo che per la prima volta non provai una totale repulsione per una di loro. Certo, il fatto che lei mi parlasse praticamente solo di basket e avesse anche qualcosa di interessane da dire al riguardo sicuramente c’entrava. Passavamo parecchio tempo insieme e, non so neanche dire come sia accaduto, ma finii per andare a letto con lei. Successe dopo allenamento, nello sgabuzzino, stesi sopra di teli da allenamento. Se mi piacque? Direi di si. Ma non sto parlando di lei… lei al massimo poteva rientrare nella categoria “sopportabile”, io sto parlando proprio del sesso. Perché allora lo feci proprio con quella ragazza? Beh, perché mi si spogliò davanti e fu lì che capii che c’era effettivamente qualcosa di gradevole anche in loro: il corpo femminile nudo. Tutto là, è effettivamente molto più elementare e non c’è mai stato nessun altro tipo di coinvolgimento da parte mia se non fosse il piacere che la loro carne fosse in grado di darmi. Lei comunque non la rividi più da poche settimane dopo l’accaduto. Alla fin fine fu solo la prima di una lista che sembra essere ben più lunga di quello che so ci si aspetterebbe da me. Ma che sia chiara una cosa: il basket è sempre stato per me la cosa più importante, l’unica in grado di farmi alzare dal letto la mattina. Ma con l’arrivo dell’adolescenza capii che il mio corpo necessitava anche di altri stimoli e il non accontentarlo non faceva che peggiorare il mio rendimento sul campo. Credo si chiamasse frustrazione sessuale. Trovo sia brutalmente irritante dover stare dietro a quello che il mio cervello odierebbe fare, ma ormai ho dovuto rassegnarmi e una volta ogni tot cedere ai miei bisogni e aver a che fare con le ragazze. Ho creato una routine abbastanza elementare ma ben precisa nel corso degli ultimi due anni: andare in un locale frequentato, di quelli che credo vendano detti “all’ultima moda”, sedermi e attendere finché qualcuna non mi si avvicini. Scarto quelle che mi sembrano troppo giovani, quelle palesemente troppo emotive e quelle che parlano troppo. Solitamente la mia scelta casca sempre sullo stesso tipo: moderatamente appariscente, giù grande di me, con quella che cerco di intuire sia esperienza sulle spalle e una tipa abbastanza emotivamente stabile da capire che no, non la richiamerò mai. Una ragazza che sia lì per lo stesso identico motivo per il quale sono lì io, insomma. Non è ma successo che qualcuna la trovassi davvero interessante. Non è mai successo una la trovassi particolarmente bella. Non è mai successo una mi entrasse nel cervello e non potessi più dimenticarla. Figurarsi… a stento ricordo il loro visi il giorno dopo.
Poi è arrivata Izumi Sakuragi. Ecco, lei sarebbe esattamente l’opposto del mio tipo sulla carta. Perché lei è chiaramente troppo appariscente con quei capelli e il modo che ha di vestirsi, ha la mia stessa età, si atteggia da grande donna ma volte mi pare terribilmente infantile, parla per venti persone e non si può dire che lei sia troppo emotiva, anzi… Izumi è decisamente in balia delle sue emozioni e cambia umore una quantità infinita di volte al giorno, spesso senza nessun apparente motivo. Non sono in grado di capirla, di seguirla, qualunque cosa lei faccia mi causa un terribile mal testa e so per certo che se mai dovessi passare una intera giornata in sua compagnia mi scoppierebbero le sinapsi.
Ma, allo stesso tempo, Izumi Sakuragi è fottutamente bella. Lei è diversa… quel tipo di ragazza che ti volti per strada a fissare non solo attirato dal suo bell’aspetto, ma perché c’è quella strana aurea intorno a lei che ti fa domandare come sia possibile emanare una estrema sicurezza in se stesse e al contempo la stessa quantità di fragilità. Non ti verrebbe mai l’istinto di darle protezione, perché quella ha la forza di un carro armato ed è in grado di distruggere una persona anche solo a parole, ma allo stesso tempo ogni singolo suo movimento emana una femminilità e una leggerezza che solo una donna potrebbe avere. Ricordo bene la prima volta in cui ci siamo letteralmente scontrati e altrettanto bene il fatto che l’avevo trovata davvero eccessiva. I capelli rosso fuoco, la divisa palesemente troppo corta, la pelle ambrata, la fila di orecchini lungo i lobi, l’altezza… tutto in lei gridava “eccomi, sono qui. Idolatratemi”. Solo in un secondo momento ho scoperto fosse il suo pensiero reale perché Izumi è assolutamente convinta di essere superiore a chiunque, di essere pressoché una manna dal cielo per gli altri comuni mortali. Ovviamente l’ho trovata ancora più tediosa di quanto avessi previsto. Ma, allo stesso tempo, me la ritrovavo anche sempre attorno: che fosse per assillarmi con i suoi dispetti che per il fatto che avesse avuto la pessima idea di unirsi alla squadra come manager. E solo poche settimane dopo il nostro primo approccio, se così si può chiamare, mi resi conto che la guardavo. Lo facevo davvero spesso, solitamente senza neanche accorgermene, ma i miei occhi finivano sulla sua figura e si soffermavano ben più del dovuto. Questo ovviamente mi diede terribilmente sui nervi perché continuavo a ripetermi cosa ci trovassi di così interessante in lei… poi però mi baciò a tradimento, la prima volta. E la seconda. Poi infine c’è stato il bacio di ieri… e lì ho definitivamente capito di non trovarla semplicemente interessante, ma di essere irrimediabilmente attratto da lei. Perché mi era già capitato di baciare ovviamente… ma mai l’avevo trovato davvero stimolante, semmai un qualcosa da fare per arrivare al dunque. Un contentino per le ragazze, mai qualcosa che io stesso desiderassi fare. Mentre io Izumi la vorrei baciare continuamente… quando mi urla addosso, quando fa la finta timida, quando mette il broncio, quando si pavoneggia, quando mi aspetta fuori dall’aula a pausa pranzo, quando i suoi capelli mi finiscono in faccia mentre andiamo in bici, quando durante la partita faceva il tifo per me agitandosi tutta… e ieri, cazzo, quando l’ho vista cadere non è affatto vero che io l’abbia aiutata per istinto, figurarsi. L’ho fatto perché ho pensato intensamente “non farti male”, perché volevo davvero proteggerla, non ho minimamente realizzato che potessi farmi del male io stesso e non sono neanche del tutto certo che quella consapevolezza avrebbe cambiato qualcosa. E poi l’ho vista lì, sdraiata, inerme, confusa.. ed era esattamente l’immagine con la quale erano settimane che mi svegliavo. Solo che lei solitamente era nuda. Ero talmente concentrato nella sensazione di puro appagamento che mi dava finalmente toccarla e baciarla come immaginavo che il dolore al polso non lo sentii minimamente finché non provai ad alzarmi. E sono terribilmente incazzato perché non so cosa mi stia succedendo, perché non riesco a pensare altro, perché nonostante sia costretto a stare a risposo per un mese e mezzo la cosa si mi disturba, ma neppure così tanto da farmi impazzire se non per il ricordo della consistenza della sua pelle sotto le mie dita. Mi ero ripromesso di smetterla di pensarci, di cercare di farmela passare a qualunque costo, di evitarla se possibile, di addossare tutta la colpa dell’incidente a lei e arrivare a detestarla… ma poi me la sono trovata davanti alla porta di casa, con quel sorriso sfacciato e infantile contemporaneamente, carica di borse come se dovesse espatriare e una volontà di farmi da infermiera irremovibile. Ci ho pensato, di sbatterla fuori senza tanti problemi ma quell’idiota se ne è uscita dal mio bagno con praticamente due metri di stacco di coscia completamente all’aria e credo di non essermi mai dato del deficente così tante volte da solo per aver scelto proprio quella canotta. Ho provato a tirare fuori tutta la mia forza di volontà che, solitamente, non mi manca affatto e non guardarla oltre ma poi, non contenta, ha deciso di sedersi pure sopra di me a gambe spalancate e a sbattermi in faccia quel seno incredibile che ha, che profuma ed è invitante da morire. Non credo Izumi abbia mai pesato di provocarmi veramente, lo capisco dal rossore che le compare sulle guance quando le faccio notare il tutto, ma rimane il fatto io non si affatto fatto di titanio e le parole di Miyagi di ieri sera non fanno che ronzarmi in testa.
“Tu tieni a lei. Izumi ti piace”
Ma andate tutti a farvi fottere.
Quando cerco le sue labbra le trovo già dischiuse così smetto del tutto di cercare di trattenermi e, infilandole una mano sulla nuca tra i capelli, la tiro verso di me, approfondendo il bacio e assaporando il buon sapore che ormai temo di poter associare solo a lei.
é calda, è languida, è dolce, è assuefante… lei si scioglie praticamente tra le mie braccia e, quando sento suoi denti mordicchiarmi appena il labbro inferiore come per darmi l’ennesima provocazione involontaria, mando definitivamente a puttane l’autocontrollo. Mi alzo dalla sedia e porto lei con me, facendo leva con la mano libera dai suoi capelli sulle sue natiche. Izumi non protesta, anzi… stringe subito le gambe intorno ai miei fianchi, attaccandosi a me e non smette di baciarmi neanche quando, arrivando al letto, la faccio stendere sopra. Emette solo un piccolo mugugno di protesta e mi riporta subito sopra di lei, tirandomi per il collo. Cominciamo a baciarci con ancora più enfasi, sento tutta la passione che ci aveva assaliti ieri risalire e, mentre non smetto di giocare con la sua piccola lingua avida, comincio a toccare ogni centimetro della sua pelle lasciato libero dall’ingombro della mia canotta. Cristo, la sua pelle… è lisca, morbida e allo stesso tempo tonica, calda e sembra fatta per essere vezzeggiata. Salgo con la mano an su per il fianco, sfiorandole l’ombelico e accarezzando tutta la carne che trovo, come per imprimermene la consistenza in testa. Quando poi arrivo al suo seno e mi rendo conto essere libero dal reggiseno mi chiedo se lei sia veramente così ingenua da non pensare che un qualsiasi ragazzo al mondo a questo punto perderebbe il lume della ragione e se lo faccia apposta essere così dannatamente sensuale.
- toglimela -
Sento la sua voce bassa e roca, palesemente eccitata, parlarmi e riesco solo ad emettere un basso ringhio prima di ritrovarmi come al solito a ubbidirle, solo che stavolta io non aspettavo altro. Tiro la stoffa della canotta verso l’altro e subito Izumi mi facilità l’operazione alzando le braccia e inarcando la schiena, permettendomi di lanciare l’indumento da qualche parte sul pavimento. Sto per tornare ad avventarmi su di lei quando mi blocco improvvisamente, rimanendo a fissarla in silenzio per non ho idea di quanto tempo. Di donne nude ne ho viste abbastanza, se più o meno belle non lo so neppure dire… ma mai mi ero soffermato a guardare i loro corpi come sto facendo in questo momento perché lei, dannazione, è perfetta. Esattamente come l’avevo immaginata… con il fiato corto, i capelli sparpagliati sul cuscino che di aprono come una enorme fiammata, gli occhi offuscati e lucidi, le vene del collo lungo in rialzo, il seno pieno che si alza e si abbassa velocemente al ritmo del suo affanno in modo ipnotico, la conca piatta della pancia, un paio di slip di pizzo nero che dovrebbero essere illegali a coprire quel poco di carne che mi manca e le lunghe gambe ancora aggrappate al mio bacino che sento leggermente tremare, forse per l’eccitazione forse per altro, non lo so dire. C’è qualcosa che sento premermi forte contro la cassa toracica… è una sensazione stranissima, simile a quella dopo un duro allenamento, ma non so proprio come definirla. Così accantono il pensiero e torno da lei, torno a impossessarmi delle sue labbra gonfie e umide di baci ricevuti. Le bacio il viso, il collo e scendo lentamente lungo il suo petto mentre lei tiene le mani prima tra i miei capelli ancora bagnati, poi le sento accarezzarmi con la punta delle dita la schiena, disegnato cerchi immaginari. Mi abbasso ancora ma, facendolo, faccio uno foro eccessivo sul polso malandato e mi lascio scappare una smorfia di dolore che però Izumi nota immediatamente. Per un istante il suo viso assume una espressione dubbiosa, poi però mi sorride nuovamente e, facendo leva sulle mie spalle, ribalta la posizione, sedendosi ancora a cavalcioni sopra di me, che ora sto sdraiato a pancia in su nel letto.
- così dovrebbe andare meglio… - sussurra.
No, io questa ragazza non la capisco per niente e probabilmente mai lo farò… un attimo prima mi insulta, poi mi si stringe addosso come una specie di koala, poi mi sgrida di nuovo, infine mi protegge e mi tratta come se fossi fatto di porcellana. Ma fondamentalmente adesso proprio non ho voglia di mettermi a ragionare su tutto ciò così, quando si abbassa e torna a posarsi sulle mie labbra, chiudo gli occhi e mi lascio trasportare da lei.
E proprio nell’esatto istante in cui mi rendo conto di non farcela più, di volerla tutta in questo preciso momento, di voler affondare in lei il più possibile… lei fa uno scatto indietro e urla un qualcosa tipo “la carne!”. Sbatto gli occhi un paio di volte confuso, prima di guardarla nel peggior modo possibile, per niente soddisfatto di non averla più tra le mie mani mentre lei si alza del letto velocemente, acchiappando la canotta e infilandosela addosso al rovescio in modo agitato.
- che diavolo… - borbotto.
- Il pollo, Kaede! - mi sbraita addosso - ho comprato il pollo prima e devo farti il brodo per cena ma ho dimenticato di metterlo in frigo! Così poi va a male e oltre ad averti fatto a pezzi un polso poi ti causo anche una influenza intestinale! Dovrò farti da badante per l’eternità! -
- il pollo… -
- Il pollo, si! -
Niente, è ufficialmente la cosa più stupida nella quale io sia mai stato coinvolto.
E le scoppio a ridere in faccia.
 
  
  
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