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Autore: Demy77    03/07/2021    3 recensioni
Cornovaglia, 1783. Dopo aver combattuto per l’esercito inglese durante la guerra di indipendenza americana Ross Poldark ritorna in patria e convola a giuste nozze con il suo grande amore, la bellissima Elizabeth Chynoweth, che lo ha atteso trepidante per tre lunghi anni.
Due giovani innamorati, una vita da costruire insieme, un sogno che sembra realizzarsi: ma basterà per trovare la felicità?
In questa ff voglio provare ad immaginare come sarebbe stata la saga di Poldark se le cose fossero andate dall’inizio secondo i piani di Ross.
Avvertimento: alcuni personaggi saranno OOC rispetto alla serie tv e ai libri.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Dopo l’incontro con Demelza presso la chiesa di St. Andrew Ross era stato di umore nero tutto il giorno. Elizabeth aspettava pazientemente ed in silenzio che l’ira del marito sbollisse, al fine di poter raccogliere i frutti della sua maligna trovata. Aveva messo Ross di fronte al fatto compiuto del matrimonio di Hugh e Demelza, che doveva costituire la prova finale della slealtà della loro ex domestica. Ross era stato fin troppo calmo con gli Armitage, aveva porto educatamente le sue congratulazioni e non aveva dato motivo di farla vergognare in pubblico; doveva però essere furioso per essere stato preso in giro dalla ragazza, per essersi illuso di aver fatto romanticamente breccia nel suo cuore, mentre lei mirava unicamente al denaro e a migliorare la propria posizione. Elizabeth era tremendamente invidiosa per la sorte di Demelza, ma ciò che le interessava in quel momento era aver vinto la battaglia mettendola definitivamente fuori gioco.
Non dovette neppure attendere troppo perché quella sera, in camera da letto, Ross ammirò il suo splendido corpo come da tempo non faceva, la strinse tra le braccia e la fece sua. L’ardore dei primi giorni di vita insieme sembrava magicamente ritrovato.
In realtà, ciò che Elizabeth non poteva immaginare era che il desiderio mostrato quella notte da Ross non era altro che la manifestazione esteriore del tormento che aveva in corpo. L’opinione che aveva di sua moglie non era affatto mutata; Ross aveva solo provato per qualche ora a dimenticare che quella stessa notte - almeno in base a quanto poteva presumere -Demelza e Hugh stavano consumando il loro matrimonio. Il pensiero che un altro uomo stesse facendo l’amore con Demelza, la donna che si era reso conto di amare al di là di ogni buon senso , gli stava facendo perdere il lume della ragione.
Al mattino, quando Elizabeth gli svegliò, le chiome castane morbidamente discinte sui cuscini, Ross era già vestito e stava riempendo un baule.
“Cosa stai facendo, Ross?” – gli chiese con gli occhi ancora impastati di sonno.
“Torno a Nampara – rispose lui serio - ma solo per qualche giorno. Darò istruzioni a Henshawe e Zacky per la miniera, e poi tornerò qui a Londra. Ma non per molto”- aggiunse.
“Che cosa vuol dire non per molto? Mi spieghi che cosa sta succedendo?” – sbottò lei, mettendosi seduta.
“Succede che ho deciso di arruolarmi di nuovo. In fondo sono passati solo tre anni da quando mi sono congedato, non ho neanche trent’anni e posso ancora servire il mio Paese come capitano di fanteria.  Vado a riprendere la mia vecchia uniforme, poi mi recherò al comando dell’esercito qui a Londra e chiederò di essere inviato in Portogallo, dove è di stanza il mio vecchio reggimento”.
Elizabeth lo fissò, sperando di aver capito male. “Sei forse impazzito, Ross? Arruolarti? Non ti bastano le tue miniere e le tue terre? E poi, soprattutto, che cos’è questa decisione così repentina, non avremmo dovuto discuterne prima insieme?”
Ross scoppiò a ridere.
“Discuterne insieme? Quando tra di noi non c’è mai stato dialogo? Suvvia, Elizabeth! Credi che sia un completo imbecille, che non mi sia reso conto che sapevi benissimo cosa avremmo trovato lì a st. Andrew? Che non abbia capito che sei stata tu a mandare via Demelza da casa nostra, sospettando che tramasse chissà cosa ai tuoi danni? Non fare la santarella, è evidente che sei stata tu! Se prima ne avevo solo un sospetto, ieri ne ho avuto la certezza! Sono mesi e mesi che non sei sincera con me, ed ora pretendi sincerità?”
“Non nego né l’una né l’altra cosa – rispose Elizabeth, sentendosi ormai alle strette - ma devi ammettere che ci avevo visto giusto fin dall’inizio. Se non ti avessi mostrato con i tuoi occhi di che pasta è fatta quella donna, tu non mi avresti mai creduto, mi avresti accusato di essere invidiosa e prevenuta!”
“Non mutare le carte in tavola, Elizabeth – disse Ross – non voglio discutere di come Demelza si sia comportata, stiamo parlando del fatto che tu non mi hai mai rispettato, mi hai tenuto nascosto cose importanti e hai preso decisioni al posto mio! Ad esempio, potevi consultarti con me prima di scacciarla da Nampara, raccontandomi dei tuoi dubbi; potevi dirmi di aver scoperto che Demelza stava per sposarsi il giorno stesso che sei andata dalla modista, non a cose fatte, fingendo che fossimo finiti lì per caso…”
“Pensavi forse di riuscire ad impedire queste nozze, se lo avessi saputo prima?” – commentò Elizabeth con un certo sarcasmo.
“Non ne sono sicuro; non lo sapremo mai, grazie al tuo comportamento” - replicò Ross.
“La tua decisione di imbracciare nuovamente le armi è dettata quindi dalla rabbia perché quella pezzente ha sposato Armitage? O dal rancore nei miei confronti per aver cercato di difendere il mio matrimonio?” – commentò allora lei inviperita.
Ross non rispose. Sua moglie aveva ragione, era una decisione poco ponderata, presa per fuggire da entrambe le donne che aveva amato e liberarsi da una condizione che ormai gli stava stretta.
“E la miniera? - proseguì Elizabeth - Sembrava che non potessi vivere senza la tua Grace, ed ora te ne vai in Portogallo, dal quale tornerai, nella migliore delle ipotesi, una o due volte all’anno!”
“Anche in questi mesi mi hai costretto a stare lontano dalla Grace, ed è filato tutto per il verso giusto. I miei uomini sono assolutamente affidabili, la paga dell’esercito sarà un’entrata in più, anche se non cospicua , e poi ci sarai tu a curare i miei interessi”.
“Io in che senso?” – domandò la giovane.
“Sei mia moglie, giusto? Hai detto poco fa che hai agito al solo fine di salvare il nostro matrimonio, inoltre non hai accettato la mia proposta di separarci, qualche settimana fa; evidentemente questa unione ti interessa ancora! Essere sposati però comporta non solo onori, anche oneri: nella buona e nella cattiva sorte, così ha detto il reverendo quando ci ha sposati! Se vuoi essere una vera compagna di vita per me, devi condividere tutto ciò che è la mia vita: quando io non ci sono ti occuperai dei miei affari: discuterai con Henshawe della miniera, con gli affittuari dei contratti, con Pascoe delle questioni bancarie; prenderai le decisioni più immediate, impartirai tutti gli ordini a Jud e Prudie per la gestione di Nampara… è ora che tu la smetta di recitare il ruolo della damina di porcellana, devi assumerti tutte le responsabilità del tuo ruolo, saperti anche sporcare le mani, se necessario!”
“E se a me non stesse bene questa tua decisione?” – disse Elizabeth fulminandolo con lo sguardo.
Ross ricambiò l’occhiata penetrante. “In tal caso, mia cara, ti lascio libera di tornare a Cusgarne da tuo padre, ma dovrai abbandonare anche ogni pretesa sulla mia vita e sui miei beni!”
“Sei un essere spregevole, Ross Poldark!” – esclamò la donna, lanciandogli contro un guanciale.
“Ho avuto un’ottima maestra negli ultimi due anni!” – concluse il marito, schivando il colpo con il suo miglior sguardo da canaglia.
***
Nella carrozza che conduceva gli sposi a palazzo Armitage dove si sarebbe svolto il banchetto nuziale, Demelza tormentava nervosamente la stoffa della gonna.
“Una sposa imbronciata non è  esattamente ciò che gli invitati si aspettano – le disse Hugh accarezzandole dolcemente una mano – preferisci che mandi via tutti, adducendo un malessere?”
Demelza scosse la testa. “No, Hugh. Anzi, ti chiedo scusa. Il fatto è che non mi aspettavo di incontrare Ross Poldark in questo modo, mi sento tutta... scombussolata. Quando saremo a casa per il ricevimento prometto però di farmi tornare il sorriso!”
Hugh le sorrise. “Non devi essere costretta a fingere. Io e te sappiamo bene quali premesse ci sono alla base delle nostre nozze. Già avevo intuito, dai tuoi racconti, che tu avessi un interesse particolare per quell’uomo. Quello che non sapevo fino ad oggi è che anche lui nutre un certo interesse per te, altrimenti non avrebbe reagito in quel modo. Ha usato una affettata cortesia, al momento degli auguri, ma ho avuto l’impressione che se avesse potuto mi avrebbe fulminato! ”
“Tra me e Ross ci sono sempre stati molti sottintesi, Hugh – gli confessò Demelza -  non è mai stato esplicito, ma le parole non servivano perché entrambi sapevamo che non avevamo alcun futuro… Io non sono pentita della scelta che ho fatto sposandoti. Quello che mi ha turbato è lo sconcerto che ho letto sul suo viso. Non vorrei che pensasse male di me, che si facesse un’idea sbagliata… lui non conosce le motivazioni che mi hanno spinto ad accettare la tua proposta.”
Hugh la guardò serio. “Non credo che tu debba giustificarti con Ross Poldark per le tue scelte. Vi era stata qualche promessa tra di voi? Lui si è forse giustificato con te per essere rimasto al fianco di sua moglie quando si è accorto di provare qualcosa per te?”
“No, ma..”
“Se Poldark pensa male di te vuol dire che è un imbecille!  Non sei una persona superficiale, lo dimostra il fatto che non hai fatto nulla per portarlo via a sua moglie, anche se i sentimenti vi avrebbero potuto indurre in quella direzione. Hai anteposto sempre il bene degli altri al tuo, non hai mai preteso un risarcimento da parte della sua famiglia, da cui avevi ricevuto tanto danno. Voglio essere molto franco con te su di un punto: ormai sei mia moglie, e non potrei mai permettere che Ross Poldark venisse a soffiarmi la sposa sotto il naso! Così come tu hai rispettato i diritti di Elizabeth Poldark, così quell’uomo dovrà rispettare i miei. Per quanto affetto provo per te, non potrei mai sostenerti se adottassi condotte indegne della moglie di un Boscawen... Vorrei quindi che mi promettessi di essere sempre sincera con me, come lo sei stata oggi, e semmai dovessi accorgerti, in futuro, che la vita accanto a me è diventata un fardello troppo gravoso, me lo comunicassi subito, in modo da trovare una soluzione dignitosa per tutti.  Posso avere la tua parola d’onore che sarà così?”
“Te lo prometto, Hugh” – rispose lei, conscia che quel giuramento era il minimo che poteva assicurare a quel giovane generoso.
Quella sera, dopo che gli invitati furono andati via, Hugh mostrò a Demelza le stanze in cui avrebbero dormito: due camere comunicanti, separate da una porta con un chiavistello che si azionava dal lato di Demelza: in tal modo la servitù non avrebbe potuto sapere se e quando, durante la notte, i due sposi condividevano il talamo, evitando l’insorgere di fastidiosi ed inutili pettegolezzi sulla loro intimità.
Così Demelza iniziò la sua nuova vita da donna sposata. Trascorreva le giornate accompagnando Hugh in lungo e largo per la città; lui le faceva da cicerone mostrandole gli angoli più belli e panoramici di Londra, le impartiva nozioni di storia inglese, le declamava poesie o suonava il pianoforte, accompagnando il canto di lei. Quando poi il mal di testa non gli dava tregua era la rossa che gli leggeva qualcosa in camera o semplicemente lo vegliava, accarezzandogli il capo.
Hugh amava molto Julia Grace ed ogni sera, subito dopo cena, raccontava alla bambina delle favole. Pur essendo molto piccola infatti egli aveva il desiderio che imparasse a conoscere la sua voce, dato che, a causa della malattia, temeva che non avrebbe potuto coltivare quella abitudine a lungo.
Il tenente avrebbe voluto adottare la piccola e darle il suo cognome, ma su questo Demelza si era opposta fermamente. Non era prudente rendere noto che la bambina non portava il cognome del presunto primo marito di Demelza, ma il suo, Carne. Julia sarebbe stata per Hugh come una figlia per il poco tempo che gli rimaneva da vivere ed alla sua morte si sarebbe giovata delle sue fortune, ma non era necessario che si chiamasse Armitage di fronte al resto del mondo.
***
Come aveva detto a sua moglie, Ross trascorse la settimana successiva a Nampara.
Informò della decisione che aveva assunto di arruolarsi nuovamente sia l’amico banchiere Harris Pascoe che gli amici di sempre, alla Grace, ed i suoi servi storici, i Paynter. Benchè tutti arricciassero il naso o apertamente tentassero di dissuaderlo, Ross non solo si mostrò irremovibile, ma neppure intese dare troppe spiegazioni sulle motivazioni che lo avevano spinto a tanto.
Evitò in ogni modo di incontrare Dwight Enys; gli seccava dover affrontare l’argomento Demelza, ed era anche piuttosto risentito per il fatto che né lui né Caroline si erano presi la briga di informarlo delle nozze di lei; eppure Dwight conosceva il suo indirizzo londinese perché si erano scambiati qualche lettera a proposito dei progressi nella deambulazione di Valentine. 
In ogni caso non aveva più senso discuterne. Si era deciso ad entrare a far parte dell’esercito e niente e nessuno gli avrebbero fatto cambiare idea.
Dal punto di vista burocratico non vi fu nessun ostacolo: fu sufficiente firmare una richiesta che avrebbe dovuto essere esaminata entro un paio di settimane dal Comando generale di Sua Maestà. Ross ritornò quindi all’alloggio di Londra, ove trovò una Elizabeth piccata ma piuttosto rassegnata, che si disse disponibile a rientrare a Nampara con figlio e suocera, sperando che quell’atteggiamento insolitamente docile da parte sua spingesse Ross a ritornare sui suoi passi. Il dado invece era tratto, e così alla bella Chynoweth non restò che organizzare la partenza e soggiacere alle condizioni che Ross aveva imposto per continuare ad essere una coppia.
Ross salutò con trasporto il figlioletto e gli promise – non sapendo fino a che punto vi avrebbe prestato fede – che si sarebbero rivisti molto presto.
Si era giunti intanto al 20 di novembre e Ross, che si recava quotidianamente all’ufficio preposto al rilascio del documento, finalmente ottenne la risposta che aspettava. Si incamminò a piedi verso casa con il suo destino fra le mani, una lettera con sigillo in ceralacca che avrebbe dovuto presentare al suo arrivo in Portogallo.
L’indomani mattina presto sarebbe andato ad acquistare il biglietto per la nave, poi, giusto il tempo di radunare i bagagli, avrebbe lasciato l’Inghilterra.
Ad un tratto il ricordo di Demelza gli affiorò alla mente. Erano passate più di tre settimane da quando l’aveva vista, sposa raggiante di un uomo giovane, ricco ed affascinante … era quello il motivo principale che lo spingeva a partire, ma sapeva che qualsiasi sforzo per dimenticarla sarebbe stato vano, anche se si fosse recato in capo al mondo. Quella donna gli era entrata nell’anima, e Ross pensò che forse soltanto affrontandola, sentendosi dire dalla sua viva voce che non lo aveva mai amato o che comunque un altro lo aveva soppiantato nel cuore, avrebbe trovato la forza di strapparla via dal suo.
Chiese ad un passante indicazioni e si rese conto che Kensington Street non era troppo distante dal luogo in cui si trovava. Percorse un’infinita serie di viali alberati che parevano tutti uguali, finchè non giunse nei pressi di una graziosa costruzione dalla facciata ocra e la base formata da lastre di pietra serena, circondata da un cancello grigio, cui si accedeva da una scalinata centrale. Ross pensò che Palazzo Armitage nella sua semplicità si addiceva alla sua nuova padrona, ma si chiese cosa Demelza avesse fatto di Garrick, visto che il palazzo non disponeva di un giardino ma soltanto di qualche sparuta aiuola.
Si era fatto quasi buio e Ross valutò che non poteva certo presentarsi dall’ingresso principale. Doveva parlare a Demelza da sola, senza la presenza di quel damerino del marito. Era un’impresa quasi impossibile, ma in fondo non aveva nulla da perdere.
Con circospezione fece il giro del palazzo. Sul retro vi era un albero di sicomoro, i cui rami più alti sfioravano i vetri dei balconi del primo piano. A novembre avanzato trovare una finestra aperta sarebbe stato un vero colpo di fortuna, ma anche tale difficoltà non sarebbe stata di ostacolo.
Attese che si facesse completamente buio. Per sua fortuna la zona non era molto frequentata, e nessuno notò l’agile capitano arrampicarsi sull’albero, piombare su un balcone e rompere un vetro con la mano guantata, per poi dall’esterno girare la maniglia, aprire la finestra ed introdursi nella stanza di soppiatto, come un ladro.

 
  
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