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Autore: MaikoxMilo    04/07/2021    15 recensioni
Sulla scia del racconto de "Il Piccolo Principe", la storia dell'evolversi del difficoltoso rapporto tra Camus e Hyoga, maestro e allievo, padre e figlio, tra inciampi vari, incomprensioni, modi di essere così apparentemente distanti eppure così simili. Perché proprio come l'aviatore, anche Camus impara a ritrovare sè stesso solo grazie al bimbetto dai capelli color del grano che, un giorno di febbraio lontano, in Siberia, entra nella sua vita, per lasciarci il segno.
DAL CAPITOLO SECONDO:
“Devi guardare dritto davanti a te, sempre! - rimarcai, rialzandomi in piedi, prendendolo però per mano per aiutarlo a muoversi in mezzo a tutta quella neve – Non dietro, non di fianco, dritto!”
Hyoga sembrò rimuginare su quella frase durante tutto il corso del nostro viaggio per tornare all’isba, il luogo che gli avrebbe fatto da casa da quel momento in avanti… speravo… se il suo fisico avesse retto a tali climi.
“Dritto davanti a sé, però… non si può andare poi così lontano!” mi fece notare al termine della sua riflessione, un poco meno timidamente di prima, guardandomi con quegli occhioni e stringendo la presa sulle mie dita.
Imparai a mie spese che 'dritto davanti a sé' era davvero sin troppo limitato!
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aquarius Camus, Cygnus Hyoga, Kraken Isaac, Nuovo Personaggio
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Passato... Presente... Futuro!'
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Camus’s POV

 

 

Ci sono dei libri che riescono a perforarti da dentro.

Dei libri che sembrano stati scritti apposta per te, la tua biografia, come se tu stesso avessi preso in mano la penna e avessi cominciato a scrivere.

Ne ho molti così… essi coprono varie fasi della mia esistenza, la intercorrono, quasi la sublimano, intersecandosi.

Ho sempre amato leggere, quasi fosse un’abilità innata. Ho amato leggere di tutto.

Ma se dovessi scegliere un libro che rispecchi perfettamente la mia vita; un libro in cui la voce di un personaggio sia la stessa mia, sarebbe di sicuro “Le Petit Prince” di Antoine de Saint-Exupéry.

Tuttavia non sono io il protagonista di questo racconto, bensì Hyoga, è lui il Piccolo Principe, io ne sono solo l’aviatore, colui che credeva di insegnargli e che invece ha imparato così tanto da lui.

Da lui, il mio ometto dai capelli color del grano!

Credo di aver letto cinque volte, durante la mia fanciullezza, il libro, senza mai capirlo del tutto pienamente. Ero troppo piccolo, ed ero cresciuto troppo in fretta. Presto me ne dimenticai, quasi ne persi le tracce, finché… proprio come il Piccolo Principe che comparì nel deserto davanti all’aviatore; anche Hyoga piombò nella mia vita, stravolgendola.

Quello fu senza ombra di dubbio l’inizio di tutto, ed è una storia che merita di essere raccontata, perché è intessuta con noi, con me e il mio allievo, tanto da esserne l’ambasciatrice.

Dunque… come l’aviatore, partirò brevemente dal mio principio.

In un tempo che mi pare lontano, anche io ebbi 6 anni e mi trovai, di capocollo, al Santuario, separato dalla mia famiglia, dagli affetti, per volere di altri, senza nemmeno sapere perché. Contrariamente all’autore, non disegnavo boa sia fuori che dentro, ma “i grandi” coloro che erano considerati tali da me, consigliavano vivamente, e sempre maggiormente, di lasciar perdere le cose da “piccoli” per concentrarsi su ciò che contava davvero, perché eravamo designati a grandissime cose, il nostro destino sarebbe apparso più luminoso di qualsiasi altro bimbo, poiché eravamo tra i prescelti per diventare Cavalieri d’Oro e proteggere così la giustizia sulla Terra al fianco della dea Atena.

Fu così che all’età di 5 anni e ¾, appena appena intiepidito dai sentimenti, io rinunziai per sempre alla mia infanzia, gettando indietro le mie uniche certezze in previsione di un futuro che era misterioso ma era decantato più luminoso che mai.

Lasciai le cose per bambini ad altri, volgendomi in avanti, credendomi pronto: io sarei diventato Cavaliere, e un Cavaliere non ha tempo per simili distrazioni, qualcuno doveva farlo, e quel qualcuno non potevo che essere io.

Abbandonai quindi tutto, sforzandomi di maturare e diventare sempre più forte. Diventai in fretta Aquarius, viaggiai, fui iniziato allo Sciamanesimo Siberiano, crebbi a vista d’occhio, sperimentai i miei primi, veri, lutti, per poi ritrovarmi, ancora in giovanissima età, come maestro; maestro di poveri bambini sventurati.

Svetlan…

Lisakki…

Isaac…

Due di loro morirono nel processo di crescita forzata. Il mio, ma anche il loro. Perché essere aspiranti Cavalieri esigeva il sacrifico di qualcosa di grande, di immenso, che tuttavia non si riusciva ad acciuffare ancora a causa della troppa inesperienza; qualcosa che non sarebbe più tornato, che sarebbe scomparso per sempre: l’infanzia, le emozioni, la spensieratezza, lo stesso approccio alla vita…

Mi credevo pronto, non lo ero, e furono loro a pagarne il fio. Irreversibilmente.

Rimase il solo Isaac al mio fianco… io tredicenne, lui di soli sette anni, con la tempesta negli occhi, l’animo audace, la sofferenza di chi doveva costringersi a crescere a stento trattenuta.

A 13 anni si è praticamente ancora dei bambini, degli ometti in miniatura, ed io avevo il compito di far crescere in fretta e furia, strappandogli l’innocenza, un bambino più piccolo di me.

Lo feci comunque, lui mi seguiva con devozione, sforzandosi di stare al mio passo, di perseguire le mie orme senza dimostrare mai la stanchezza. Il sacrificio si ripeteva, ancora e ancora. Sapevo non sarebbe stato giusto, per lui, per me, ma non mi posi il problema se fosse sbagliato o meno: diventare forti era l’unica soluzione, o si era degni o si periva, questo avevo imparato subito.

E Isaac… era ben più che degno!

Ero soddisfatto e fiero di lui, al punto da non desiderare più alcun altro. Dal mio punto di vista, lui era talmente abile e dotato che non sarebbe servito sacrificare nessun’altra esistenza in nome di un ideale aleatorio che ci avevano inculcato in testa per una dea quasi senza nome e mai vista.

Trascorse quindi un anno, prima di ricevere una nuova lettera dal Grande Sacerdote. In quella missiva c’era il preciso ordine di recarmi nella locanda di Pavel, dove mi stava attendendo un nuovo allievo. Ero mal disposto al solo pensiero che avrei dovuto sacrificare la vita di un altro ragazzino, ma, ancora una volta, non mi opposi e, dopo aver raccomandato ad Isaac di rimanere all’isba, ormai la casa di entrambi, mi recai nel luogo in questione.

Ora ti immaginerai che, proprio come il Piccolo Principe, io mi sia trovato questo esserino su per giù a guardarmi dal basso verso l’alto, chiedendomi di disegnare una pecora, ma… non fu così e, del resto, Hyoga non è mai stato un tipo da rompere lui per primo il ghiaccio, né da chiedermi qualcosa. Il nostro incontro, in effetti, fu molto più… a senso unico!

Quando entrai nella locanda e vidi subito questo piccoletto dai capelli color del grano, infagottato nella sua giacca, pesante, certo, ma non abbastanza per i rigori siberiani, intento a dormire sul tavolo per la stanchezza del lungo viaggio cui era stato costretto, qualcosa nel mio cuore sussultò, riconoscendolo istantaneamente come se fosse una mia creatura. Non ne conoscevo ancora il nome, ma… lo sentivo, dentro di me, è difficile da spiegare, ma… lo sentivo, più forte che mai!

“Vedo che avete già individuato subito il nuovo venuto, Maestro dei Ghiacci, assolutamente degno di voi!”

“Pavel… - riconobbi la sua voce prima ancora che il giovane uomo, dai capelli rossicci, entrasse nel mio campo visivo – Cosa mi puoi dire di lui?” indicai il bimbo con un cenno del capo, andando dritto al punto. Non era da me perdere tempo in formalismi.

“E’ restio a parlare di sé, in tutta franchezza non ha spiccicato che poche, semplici, parole per farci capire che aveva sete, fame o sonno – iniziò a spiegarmi, guardandolo tristemente – Pensiamo sia orfano ma non ne abbiamo la certezza, ce lo hanno consegnato su per giù stamattina degli uomini vestiti elegantemente, neanche fosse un fagotto, quasi nessuna spiegazione, e poi si sono dileguati, troppo il freddo e assolutamente inadatto il loro vestiario. Il piccolo dormiva, si è svegliato poco fa per poi crollare di nuovo, il viaggio deve essere stato estenuante!”

Un altro orfano… come Svetlan, come Lisakki, come Isaac… sembra lo facciano apposta a prelevare bambini sfortunati!

Riuscii solo a pensare, scrutando a fondo il suo visetto addormentato, senza lasciar tuttavia trapelare alcuna emozione, prima di tornare sul giovane uomo.

“Altre informazioni?” chiesi, ancora più serio.

“Dai lineamenti sembra russo, anche se ha qualcosa di… non saprei come dire, ancora più orientale?!”

Affinai lo sguardo sul piccolo, effettivamente sembrava un meticcio, la pelle chiara, i capelli biondi, gli occhi un poco più allungati rispetto a quelli di Isaac. Era la prima volta che mi trovavo davanti quel miscuglio di etnie, un poco mi incuriosiva.

“E lui non parla? Non conoscete il suo nome?”

“No… è difficile intrattenere un discorso con lui, come vi abbiamo detto, non parla di sé… non parla proprio, in effetti, ma sembra un bimbo sveglio e intelligente, prima di cedere al sonno faceva costruzioni con i lego. E’ molto abile!”

Annuii comprensivo, avvicinandomi un poco a lui nel rammentarmi che anche io, da piccolo, amavo passare il tempo libero nell’ingegnarmi nel medesimo compito, ma quelle erano cose ormai passate, non aveva senso rinvangarle.

“Puoi… svegliarlo? - chiesi gentilmente al giovane uomo, osservandolo negli occhi – Meglio se sia tu a farlo, visto che ti conosce, anche se solo di vista!”

Pavel compì un cenno di assenso, prima di posare amorevolmente la mano sopra la schiena del piccolo in un modo che io stesso non sarei probabilmente riuscito a fare con uno sconosciuto. Ma, del resto, sapevo che lui e Leya, sua moglie, stavano provando a diventare genitori, erano quindi intrinsecamente portati con i bambini.

Finalmente, dopo alcune pacche tra le scapole, al suo terzo: “coraggio, piccoletto, svegliati!”, il bimbo riaprì gli occhi che si incrociarono con i miei, data la posizione. Subito lo vidi sussultare, forse imbarazzato dall’essersi fatto avvicinare da uno sconosciuto. Guardò intensamente Pavel, come a chiedergli chi fossi, lasciandosi poi rassicurare dalle parole dell’uomo.

“Sarà il tuo maestro da ora in avanti, Camus il Cavaliere d’Oro dell’Acquario e lo Sciamano, colui di cui ti ho parlato e che si prenderà cura di te da ora in poi!” gli spiegò, in tono soffice, non lesinando, ancora una volta, in tenerezze nell’accarezzargli i capelli del colore del grano.

Il piccolo mi fissò, accennando un passo nella mia direzione, prima di torturarsi un poco le mani, a disagio. Io lo fissai a mia volta, un poco rigido nella postura. Passarono alcuni secondi.

“Come ti ha detto Pavel, io mi chiamo Camus e sarai affidato a me da ora in avanti, finché non diventerai abbastanza forte per assurgere al ruolo di Cavaliere del Cigno. Lo sapevi già?”

Lui annuì, sempre muto, anche se al suono della parola ‘Cavaliere’ i suoi occhi si erano fatti brevemente più determinati: bramava quell’armatura per sé, anche se le motivazioni non le conoscevo ancora.

“L’allenamento sarà molto duro, potresti morire, ti hanno informato anche di questo?”

Lui di nuovo fece cenno di sì con la testa, riuscendo finalmente a sorreggere il mio sguardo senza tentennamenti.

“Potresti morire, bimbo, sotto questa bellissima aurora che avrai sicuramente visto prima di entrare nella locanda di Pavel. Ne sei sicuro? Non tornerai più indietro da questa scelta!”

Scrollò la testa come a dire che non era importante, continuando a guardarmi nell’affinare ulteriormente la sua espressione. Mi piacque la sua determinazione, pertanto addolcii la mia espressione, accennando un breve sorriso.

“Ma questo da domani, per il momento… sei infreddolito, che ne dici di venire con me e mangiare una zuppa calda? Non è molto quello che possiamo offrirti, un pasto caldo e un tetto sotto cui ripararti, ma è già qualcosa, per il momento, no?” gli proposi, porgendogli la mano destra.

Lui alle mie parole sgranò gli occhi incredulo, come se gli avessi promesso il più bel giocattolo su questa pianeta. Come ti ho già accennato, non mi chiese di disegnare alcuna pecora, non rispose neppure, in effetti, ma nel nostro breve, brevissimo, dialogo a senso unico, avvertii qualcosa di caldo dentro di me e, forse, anche lui percepì la medesima sensazione.

Non mi disegnò alcuna pecora, allora... ma protrasse la sua mano nella mia direzione, prima di afferrare, con un poco di riluttanza, le mie dita e stringerle tra le sue, esattamente come sto facendo io ora.

Stringi forte questa mano, mio Hyoga, come quel tempo ormai lontano in cui le nostre strade divennero una sola. Io sono qui, al tuo fianco, stavolta non ti lascerò più solo!

 

 

 

 

 

 

Angolo di MaikoxMilo

 

Ed eccomi di nuovo qui per un esperimento, l’ennesimo. Stavolta, come è facilmente intuibile, l’ispirazione me l’ha data il Piccolo Principe, uno dei libri preferiti della mia infanzia.

E me l’ha data come, questa ispirazione? Semplicemente rileggendolo per l’ennesima volta, ho avuto come un flash, infatti la figura del Piccolo Principe e del “mio” Hyoga sono molto simili tra loro, così come quella dell’aviatore e del “mio” Camus, e da lì… PUFF, è partito tutto! Mi sono messa in testa di ripercorrere buona parte della storia del Piccolo Principe come quella di Camus e Hyoga, il loro percorso verso la crescita, il fatto che, alla fine dei giochi, sarà molto più il Cigno ad aver insegnato a Camus che non quest’ultimo.

La raccolta farà sicuramente parte dei “missing moments” del primo anno di addestramento di Hyoga (il secondo per Isaac) con una sorpresa in fondo.

Non riuscendo del tutto a scrivere storie completamente slegate dalla mia serie principale a cui sono legatissima, ho attuato questo procedimento, ovvero dei capitoletti accessibili e capibili da tutti che però raffigurano un quadro che sarà presente più in là nella Melodia della neve (la mia terza macro-storia).

Ne potete già individuare alcuni elementi, come il rivolgersi di Camus ad un “tu” e l’ultima frase che racchiude il pensiero del Cavaliere dell’Acquario proprio in quel momento, ovvero quando racconta a questo “tu” generico (che sarà chiarito) il suo primo incontro con il Cigno.

Tutti i capitoletti saranno narrati alla prima persona dal punto di vista di Cam, mi piace molto il suo POV, anche se è difficile renderlo abbastanza in linea con il personaggio XD

Per il primo incontro tra i due, ho optato, piuttosto che scegliere la versione di Kurumada sulla banchisa, presente durante lo scontro di Milo e Hyoga nel volumetto in questione, quella di Okada in Episode G Assassin, anche se ne ho cambiato il luogo. Alcune frasi sono liberamente ispirate proprio a quel momento infatti, come la zuppa e il fatto di morire sotto l’aurora.

Altro da dire? Ah, sì, Leya e Pavel saranno i genitori di Jacob, anche se lui non è ancora nato.

Svetlan e Lisakki invece sono, per me, i primi due allievi di Camus, parlo di loro qua e là nelle mie storie.

La storia si concentrerà sul travagliato rapporto tra Camus e Hyoga, ma anche Isaac avrà una certa importanza, infatti definirò maggiormente perché per l’Acquario il piccolo sia così importante per lui, nonché il legame che si instaurerà tra i due bimbetti.

Dovrei aver detto praticamente tutto, per dubbi, curiosità e altro non esitate a contattarmi, ho sempre molto piacere a scambiare riflessioni con gli altri.

A presto! :)

  
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