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Autore: adrienne riordan    04/07/2021    0 recensioni
[La calaca de azùcar]
La vita a Esqueleto sembra tranquilla ma non lo è affatto. A farne le spese saranno i suoi abitanti, quelli nuovi, quelli vecchi e... quelli antichi.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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11 ottobre odore di marciume

Piccolo disclaimer: sia chiaro, non sto seguendo una trama logica. Sostanzialmente, il mio è più un giochetto fine a se stesso à prendo un prompt e mi chiedo come si possa piegare o interpretare nel mondo di Calaca in modo verosimile. Ergo, magari nel prossimo capitolo parlerò di tutt’altro e quello che ho scritto qui non avrà più seguito. O forse sì, vedremo.

Altra piccola nota. Quando ho scritto le prime storie, avevo rispettato una challenge che richiedeva la pubblicazione di una storia al giorno. Alcune cose, quindi, erano scritte con superficialità (oltre che non una grammatica un po’ meh). In teoria, pure questo goretober richiedeva una pubblicazione giornaliera dei prompt ma era davvero impossibile per me rispettarla, nemmeno se avessi avuto tutto il tempo libero. Comunque, all’inizio avevo dichiarato che Alma era arrivata ad Esqueleto a 8 anni e che era stata prigioniera 5 anni, portando la sua età a 13 anni, praticamente quasi coetanea dei gemelli Molotov. Nella mia immaginazione, però, lei è più piccola di Delia, Johann e Carol, quindi ho ritoccato l’età iniziale e, nel capitolo, la sua età si è abbassata a 6 anni e gli anni di prigionia ridotti a 4, in modo che, nella linea temporale attuale, abbia tra i 10 e gli 11 anni. Non che ai fini della trama cambi qualcosa, ma almeno è più in linea col mio immaginario. Ho ancora qualche dubbio riguardo le linee temporali, ma spero vada tutto bene. Semmai rettificherò.

***

 

Erano passati diversi giorni da quando Emanuel aveva costretto Mordecai a compiere un sacrificio umano nel corso della sua ultima sfida, e non era successo niente. A seguito della libagione di sangue imposta al biondo, i poteri di Quetzalcoatl, a lungo sopiti, erano tornati in pieno regime, sebbene il legittimo proprietario non se ne fosse nemmeno accorto. Per Mordecai, nulla sembrava essere cambiato, eccetto il fatto che, al tramonto, non si trasformava più in un daino. Mordecai aveva continuato a comportarsi come aveva sempre fatto: lavoro al Pavo durante il giorno, incontri più o meno imbarazzanti con gli avventori del locale, serate in compagnia dei fratelli a parlare del più e del meno – il biondo non accettava deviazioni  di conversazione su altri tipi di argomento. Era diventato molto più sospettoso e stava molto più sulla difensiva nei confronti dei suoi amici e fratelli, e questo era l’unico cambiamento degno di nota nel suo atteggiamento. Non era la conseguenza che ci si sarebbe aspettati da qualcuno che avrebbe dovuto riottenere dei ricordi sopiti da troppo tempo.

Questa mancanza di consapevolezza non avrebbe dovuto verificarsi, a meno che…

Emanuel aveva già avuto qualche sospetto quando, molti mesi prima, aveva visto un etereo barbagianni sottrarre il medaglione a Mordecai per guidare il giovane dritto da Jason e Moravich. Dopo l’ultima sfida, il suo sospetto si era intensificato, e il moro era ben intenzionato a farlo diventare una certezza, prima di decidere la mossa successiva.

Naturalmente, Emanuel poteva spostarsi ovunque, all’interno di Esqueleto, trattandosi di una sua creazione. Quanto all’accesso al cimitero, non gli serviva certo il permesso di una niña, avendo già avuto il benestare di Dorian da sempre. Gli scocciava dover giocare a nascondino, ma la niña, molto probabilmente, aveva già saputo che era lì e, probabilmente, era già entrata in modalità coniglietto, nascosta dietro a qualche tomba. Non che le lapidi potessero offrire chissà quale riparo, per quanto fosse minuta la bambina.

Contrariamente alle sue aspettative, la trovò invece intenta a cercare qualcosa tra le aiuole, mentre arricciava in continuazione il naso, a tal punto concentrata da ignorare completamente il suo visitatore. La bambina sembrava più in forma rispetto all’ultima volta che aveva avuto a che fare con lei, e il colorito del suo incarnato ben più sano, come quello che aveva avuto Malintzin. Il suo ragno da guardia stava appollaiato pacifico sulla testa della bambina, come fosse stato un docile criceto. Nel frattempo, qualche quaglia beccava pigramente in giro.

“Buongiorno” attirò piattamente la sua attenzione. La niña saltò con uno strillo per la sorpresa, voltandosi verso il moro, come fosse stata beccata con le mani nel sacco in un momento poco opportuno. A seguito del brusco movimento, il ragno era precipitato dalla testa di Alma come una piccola patata, e guardava ora il nuovo arrivato con indignazione.

“Che sorpresa vederti qui Emanuel!” pigolò. Il moro non rispose. Non era lì per fare convenevoli, e trovò strano il fatto che la bambina non avesse notato la sua presenza.

“Dorian non è qui” disse la piccoletta mentre si sfregava le narici con le dita. Sembrava infastidita, come se avesse un’allergia ai pollini, seppur fuori stagione.

“Non sono qui per lui” replicò l’altro.

“Cercavi me?” si stupì la bambina. In fondo, quella era la seconda volta in quattro anni che le rivolgeva la parola.

“Vedi qualcun altro intorno?” domandò scettico, ma comprendendo solo un attimo dopo la stupidità della sua domanda.

“Beh… sì” rispose Alma con mezzo sorrisetto, alludendo alla sua capacità di vedere i defunti che avevano avuto la disgrazia di morire in quel luogo, carico di una magia così antica da averli intrappolati lì nel corso dei secoli, da ben prima che Dorian lo indicasse ad Emanuel, in cerca del posto perfetto che fungesse da base per creare la sua città maledetta.

La bambina approfittò del momentaneo sovrappensiero di Emanuel per allontanarsi alla chetichella ma il moro l’acchiappò quasi subito per il colletto della maglietta.

“C’è una cosa che vorrei chiederti, niña blanca” disse il moro sollevandola e poggiandola gentilmente a sedere sopra una lapide per non farla sgattaiolare via facilmente, con espressione seria.

“Guarda che ce l’ho un nome. Potresti chiamarmi Alma come fanno tutti.” brontolò la bambina, scandalizzata per quella violazione del suo spazio personale.

“Tutti chi?” alluse al fatto che non vi erano molte persone viventi con cui la bambina potesse interagire.

“Beh, io mica ti chiamo Devastatore di capelli”.

“Ce l’hai con me per la tua treccia tagliata al tuo arrivo?”.

“Potevi spiegarmelo in un altro modo che mi sarei incenerita se avessi messo piede fuori dal cimitero!” replicò indignata.

“È stato più semplice e rapido così. Comunque Alejandro te li ha sistemati, quindi non lamentarti”.

“Vorrei vedere te se avessero tagliato i tuoi!” protestò in tono polemico.

“Lo stai facendo apposta?”

“Che cosa?”

“Sviarmi dalla domanda che devo farti”

“Ci stavo riuscendo però”

“Potrei essere meno gentile di così”

“Certo, come lo sei stato con Jason?” chiese, serafica. Emanuel, con la mente occupata da pensieri ben più urgenti, tra perdita del medaglione e l’arrivo in città del serpente piumato, non si era accorto, al tempo, della presenza di Alma durante l’interrogatorio subìto dal giovane l’anno precedente, proprio al cimitero, e conclusosi con l’intervento di Dorian.

“Non è educato guardare di nascosto” replicò calmo.

“Io guardo quello che mi pare. C’eri tu a casa mia, non il contrario”

“Casa tua?” continuò a mantenere lo sguardo serio ma si compiacque di quella affermazione.

“Va bene, casa sua, ma qui ci vivo io, non lui” replicò, alludendo a Dorian.

“E comunque non dire che non ti è piaciuto quello che hai visto. So bene che Jason e Moravich non ti sono… simpatici”.

Alma cercò di trattenere un sorrisino, senza tuttavia riuscirci. Il moro non aveva affatto torto. Emanuel decise di aver perso fin troppo tempo e andò al sodo.

“Bene, allora fa’ la brava e rispondi alla mia domanda. I poteri di Quetzalcoatl si sono risvegliati, ma la sua coscienza è ancora sopita. Perché Mordecai non ricorda niente del suo passato?”

“Perché ci sei andato giù pesante con la tua ultima sfida, probabilmente” commentò, soffiandosi il naso con un fazzolettino pescato da una tasca.

“Oh, io non credo proprio. Perché ho come l’impressione che c’entri tu?”

“Perché hai l’impressione che c’entri io?” chiese, senza nemmeno guardarlo, intenta a mettere via il fazzoletto. Emanuel si chiese per un momento se lo stesse prendendo in giro.

“Sei stata tu a praticare l’incantesimo che lo ha reso mortale. Questo, ormai, lo dovresti ricordare”.

“Come fosse successo ieri” ammise Alma candidamente.

“Hai trattenuto una parte della sua anima come pagamento”.

“Mi hanno già fatto l’interrogatorio, e non è stato piacevole” mormorò amaramente. Proseguì con in modo più provocatorio: “Se lo sai allora Dorian ti ha già detto tutto, non capisco perché sei qui a chiederlo anche a me”.

“Visti i tuoi precedenti, non posso essere certo che tu abbia detto proprio tutto a Dorian”.

Quella domanda indispettì moltissimo la bambina. Avrebbe dovuto rispondere docilmente dopo una tale, scortese, insinuazione?

“Hai scrutato le anime dei mortali per trovare l’unico individuo su questa terra con un’anima parziale, tagliata da me.” fece una breve pausa, a riflettere su quanto le suonava strano parlare in prima persona di una cosa fatta da una divinità adulta, di una vita che non percepiva più come sua.  “E, non trovandolo, hai cominciato a rubare parte dell’anima delle persone che entravano ad Esqueleto. In questo modo, ti sei guadagnato energia spiccia senza versare sangue” l’accusa venne lanciata con leggerezza, a dimostrazione che, seppur confinata, seppur trattenuta, Alma poteva vedere, sentire ciò che accadeva alle anime di quella città, incluse quelle dei vivi. “Hai potenziato delle calacas animali legandole alle anime appena tagliate non solo per mantenere integre quelle persone, ma anche per nutrire, a tempo debito, quell’anima parziale che hai finalmente ritrovato, con la scusa delle sfide” concluse, in evidente riferimento alle calacas che, recuperate da Mordecai, erano puntualmente confluite non nel medaglione, ma dentro di lui, cambiandolo senza che lui se ne rendesse conto. Ciò lo aveva inevitabilmente reso più forte e pronto a risvegliarsi, al momento opportuno.

“Perché lo stai facendo?” concluse la bambina.

“Al termine della sfida, Mordecai avrebbe dovuto ricordare la sua vita passata. La coscienza di Quetzalcoatl risiede nella parte di anima che lui ti ha consegnato, è così? È per questo che non sa ancora nulla” il moro lanciò la sua accusa senza badare alle osservazioni appena esposte da Alma, così scontate da non necessitare una sua conferma.

“Se io rispondo alla tua domanda, tu risponderai alla mia?”

“Perché dovrei parlare ad una niña dei miei pensieri?”

“Perché sto iniziando a stancarmi di essere trattata come una niña da tutti voi” rispose con un tono molto amaro. Emanuel non tradì alcuna espressione ma si compiacque nuovamente nell’udire quelle parole. Dietro quel niña c’erano molti più riferimenti di quanti la parola stessa ne era portatrice.

“Potresti fare la fine di Jason, se non stai attenta a quello che dici” minacciandola di farle subire la stessa ritorsione che aveva inflitto al fratello del serpente piumato.

“Dorian te lo ha lasciato fare, e probabilmente te lo lascerebbe fare anche con me: suppongo che avere dei servitori muti non possa fargli altro che piacere. Ma in tal caso porterei le mie risposte... nella tomba. Ce ne sono parecchie qui”.

Emanuel non si era fermato davanti a nessuno pur di raggiungere i suoi scopi e non aveva alcun motivo per accettare il compromesso di una piccoletta. Invece, rispose, e non solo perché sapeva non essere il caso di andarci giù pesante al punto da infastidire Dorian.

“Ho cercato a lungo Quetzalcoatl. Non ho avuto altro scopo in questa vita, né in tutte le altre. Sì, ho rubato parte delle anime per accumulare potere da usare per questo scopo, e per alimentare la mia presa su Esqueleto e demotivare gli eventuali sabotatori del mio piano. Ho fatto tutto questo perché, se Quetzalcoatl non tornerà entro la fine dell’anno…” il moro non riuscì  di proseguire la frase, come se non esprimere a parole il suo timore più grande avesse potuto in qualche modo renderlo meno fattibile. La bambina non aveva bisogno di altre parole per comprendere. Sapeva bene cosa sarebbe successo all’anima di Quetzalcoatl se fosse rimasta nella sua temporanea forma mortale prima alla fine dell’Era del Quinto Sole. In fondo, era stata lei stessa metterlo in guardia da tale possibilità, cinquecento anni prima, quando gli aveva concesso di abbandonare la sua essenza divina.

Alma abbandonò il suo atteggiamento sostenuto a fronte di quelle parole così cariche di sincerità e dolore.

“Non avevo bisogno di alcun pagamento, né tantomeno di energia per completare la mia opera. Avevo mentito solo per farmi consegnare parte dell’anima da Quetzalcoatl senza destare sospetti” ammise infine “Hai ragione quando dici che, in quella parte di anima, sono custoditi i ricordi del serpente piumato. Però non l’ho trattenuta, né ho reclamato alcun potere su di essa, questo te lo posso giurare”.

“Allora dov’è?” chiese Emanuel. Stavolta, la voce tradiva la sua preoccupazione. “L’ho vista assumere la forma di un barbagianni, che è una creatura a te consacrata, non appena Mordecai aveva messo piede ad Esqueleto” .

“Certo, sono stata io a dargli quella forma. Ma è sempre stata con Mordecai, in questi cinquecento anni, anche se nascosta alla sua vista. Quetzalcoatl… A ogni sua nuova vita, avrebbe mantenuto i suoi ricordi… forse non subito, ma sarebbero tornati. Succede a tutti. Riottenere pieni poteri e pieni ricordi è indispensabile per tornare alla propria forma originale, ed è necessario che accada prima della fine del Quinto Sole. Non era mia intenzione fare più di quanto mi avesse chiesto, ossia tramutarlo in una creatura mortale. Ma tu non l’hai visto, quel giorno… Sembrava davvero turbato. Disperato. Non mi era sembrato il caso di infierire lasciandogli anche i ricordi, per questo avevo scelto di isolare la sua memoria nella parte di anima a lui non accessibile”.

Certo che Itztlacoliuhqui Ixquimilli lo aveva visto. Rivedeva ogni notte, nei suoi incubi, il serpente piumato che lo accusava di aver tradito la sua fiducia. Una pugnalata al cuore avrebbe fatto meno male rispetto alla vista della sua espressione addolorata.

“Quindi non potrà più tornare indietro? Finirà nel Mictlan per questo!” esclamò iniziando ad arrabbiarsi sul serio. La Signora dei morti lo aveva forse fatto apposta? Era stata una vendetta di Mictlancihuatl, dopotutto?

“No!” Alma aveva risposto alla sua domanda fatta a voce ma, per Emanuel, sembrò la risposta a quella non espressa. “Quella parte di anima appartiene comunque a Mordecai! Tornerà a lui quando lui vorrà ricordare! Solo allora tornerà ad essere consapevolmente Quetzalcoatl! Nessuna divinità potrà più giocare con lui su cosa deve o non deve sapere: la scelta sarà solo sua!”. Era ciò che Quetzalcoatl aveva sempre voluto, e che Itztlacoliuhqui Ixquimilli  e i fratelli del serpente piumato non gli avevano mai concesso.

Questo, se possibile, era per Emanuel uno scenario quasi peggiore. Aveva passato secoli a perseguire un obiettivo, pensando di avere una possibilità, e l’ultima mossa l’aveva avuta, da sempre, Quetzalcoatl.

“Ma andrà tutto bene, indipendentemente dalla scelta che farà Mordecai” concluse Alma.

Erano parole di conforto, le sue? Emanuel ne dubitava fermamente.

“Cosa ti fa pensare che sarà così?”

“Tu non hai intenzione di far perire il Quinto Sole, no? Quindi Quetzalcoatl non potrà finire nel Mictlan” rispose come fosse stata la cosa più ovvia del mondo.

“Quello era il piano di Quetzalcoatl. Poni caso che io invece voglia che tutto torni ad essere come prima”.

“Niente torna come prima. Comunque Huitzilopotctli avrà pure il potere di lasciar perire il sole ma sei tu la divinità dei disastri. Come li provochi, li puoi anche prevedere e impedire, se vuoi. E la fine di un’Era è un disastro in piena regola, con la gentile collaborazione del mio Signore Mictlantechutli” assunse un tono sospettosamente sarcastico alle parole mio Signore, accompagnato dal gesto delle dita delle virgolette  “Insomma, un bel gioco di squadra, simile a quando altri dei hanno creato questo mondo, no?”.

“Io voglio Quetzalcoatl. Il resto non mi interessa” chiarì meglio la divinità.

“Oh, certo che ti interessa. Se acconsentissi a lasciar perire il Quinto Sole, non riusciresti più a guardare il tuo amato negli occhi, poiché gli avresti consapevolmente tolto l’unica cosa che lui ti ha chiesto. Ecco perché sono sicura che farai tutto ciò che è in tuo potere per impedirlo. Sei ai ferri corti con Alejandro per questo motivo, no?”.

Emanuel iniziò a dubitare che le Catrine di zucchero fossero solo i suoi occhi. Per essere isolata in un perimetro fin troppo circoscritto, la niña blanca indovinava un po’ troppe cose con una precisione inconsueta. Di certo non ne parlava con Dorian, né tantomeno coi suoi… ragni? Loro erano gli occhi di Mictlantechutli, non della sua Signora, men che meno da quando si trovava in quella forma umana. Emanuel lanciò un’occhiata diffidente alla tarantola che girava nervosa ai piedi della sua sorvegliata speciale.

“Da come parli, si direbbe che nemmeno tu voglia la fine del Quinto Sole”.

“E perché dovrei volerlo? Ora ho una famiglia, degli amici, un futuro. Dovrei rinunciarci? Col cavolo! Non c’è niente per me, nel Mictlan! I miei genitori non mi riconoscerebbero più, per loro non sarei più Alma, ma una servitrice del Mictlan”.  Servitrice? Emanuel inarcò il sopracciglio.  Singolare che la Signora ricordasse quasi tutto tranne un piccolo, seppur cruciale, dettaglio. La rabbia della bambina iniziò pian piano a montare.

“A Dorian non stava bene come lavoravo? Benissimo, che mi lasciasse fuori da Esqueleto ad aspettare la fine come una comune mortale! Tanto, non gli servirei più a nulla, men che meno per i ponti di cempasucil per le festività dei morti! Non ci sarebbe nessuno vivo per organizzarle, le feste! Invece no, a quanto pare deve continuare a farmi pesare il suo sdegno, il peggio è che non so perché è così arrabbiato! Io… non gli servirò più a nulla…” Sembrava dovesse esplodere da un momento all’altro e invece… iniziò a piangere “Ma che cosa ho sbagliato? È per aver aiutato quel cretino Quetzalcoatl? In effetti, perché l’ho fatto? Chi me l’ha fatto fare!?” e si lasciò andare in un fiume di lacrime.

“Questo, in effetti, me lo sono chiesto anch’io” tentennò il moro. Quello era un cambio di argomento inaspettato, nonché un terreno decisamente pericoloso, il che gli suggeriva di tagliare la corda il prima possibile. Senza contare il fatto che trovava il frignare dei bambini estremamente fastidioso.

Non sentì la necessità di salutare la bambina impegnata a riprendere il suo fazzoletto e a soffiarsi rumorosamente il naso mentre si allontanava.

“Ci mancava pure il moccio al naso, non era sufficiente questo odore di marcio dappertutto!” si lamentò ad alta voce, rivolto forse al ragno ai suoi piedi, mentre scendeva dalla lapide e riprendeva a cercare la fonte di quell’odore fastidioso.

Emanuel, a quelle parole, si bloccò e percepì un brivido lungo il collo, sperando di aver capito male. Tornò sui suoi passi con espressione terribile, prese per le spalle la bambina.

“Cos’hai detto?” chiese allarmato.

Alma, ancora con le lacrime lungo le guance, sussultò timorosa.

“Com’è questo odore? Lo senti ovunque? Descrivilo!” ordinò. Il ragnetto dovette scansarsi per evitare di finir pestato dai due fuori controllo.

“Emanuel, lasciami stare, sei impazzito?” alzava le mani come a proteggersi. Non che il moro la stesse fisicamente aggredendo, ma il gelo tutto attorno a lei l’aveva messa in serio allarme. Prima Allen, poi Alejandro, adesso ci si metteva pure Emanuel a dare di matto all’improvviso!

“Da quanto tempo lo senti?” proseguì il moro con urgenza, stringendo ulteriormente la presa.

Alma chiuse gli occhi, incapace di sostenere lo sguardo dell’altro, e strattonò le braccia per liberarsi. “Ho detto… lasciami… STARE”. La piccoletta non capì mai cosa fosse successo in quel momento, ma Emanuel aveva visto fin troppo bene e aveva avuto la prontezza di scansarsi in tempo. Quando la bambina aprì gli occhi, vide solo petali di cempasucil per terra e l’espressione imperscrutabile di Emanuel, che sembrava essere tornato ad azioni più ponderate. A quel punto, entrò davvero nella modalità coniglietto prevista da Emanuel all’ingresso al cimitero, e scappò tra i vialetti a gambe levate.

Emanuel non la trattenne, aveva visto anche troppo.

Un odore di marciume!

 

Era del Quinto Sole, 3 novembre 2006.

Emanuel sembrava non capacitarsi della presenza di una niña al Pavo. Gli abiti bianchi, in contrasto con la lunga treccia nera, esaltavano il pallore della bambina, che sembrava sfinita mentre si guardava intorno con aria spaventata, rifiutandosi di aprire bocca e ignorando totalmente i tentativi di Franklin e Thomas di metterla a suo agio. Nemmeno i gemelli, seduti placidamente al bancone, erano riusciti a rasserenarla, ma era naturale: se, da un lato, Moravich e Jason non sembravano sinceramente interessati a farlo, dall’altro non vi sarebbe stata alcuna argomentazione in grado di placare i timori di una piccola vittima di sequestro, sola, portata in un luogo a lei sconosciuto e circondata da estranei.

Nel mentre, Dorian ed Emanuel erano rimasti a parlare all’esterno, lontano da occhi e orecchie indiscrete.

“Ti sembrava il caso di portare qui un bambina così piccola? Questo posto non è una scuola dell’infanzia, Dorian!”

“Ha già iniziato la scuola primaria” replicò piattamente Dorian. Come se fosse stato quello il punto.

“Potevi aspettare ancora qualche anno”.

“Certo, potevo farlo. Avrei potuto ignorare il fatto che, a scuola, mia moglie costruisce certi oggetti durante l’ora di laboratorio artistico - musicale” Emanuel lasciò correre la stranezza di sentire un uomo adulto chiamare moglie una bambina di sei anni mentre si vide passare tra le mani un rozzo fischietto glitterato, con la vaga forma di un gufetto, lavoretto artigianale da scuola dell’infanzia.

“Provalo” suonava una minaccia ed Emanuel non se lo fece ripetere due volte, seppur sospirando. Il suono che giunse alle orecchie lo sorprese moltissimo, non assomigliando affatto al fischio stridulo che si sarebbe aspettato. I due deficienti e la niña dentro al Pavo sussultarono nell’udire quel… suono, ma, a seguito di una occhiata eloquente di Emanuel dall’altra parte della finestra, si guardarono bene dal mettere naso fuori dal locale. D’altro canto i gemelli, già a conoscenza dei lavoretti scolastici malriusciti di Alma, non avevano battuto ciglio.

“Alejandro sarebbe felicissimo di averne uno” commentò sorpreso. Per quanto gli mancasse la forma caratteristica di teschio, Alejandro avrebbe amato sicuramente il glitter rosso, ma ancor più l’effetto nostalgia di un death whistle che era stato in grado di generare terrore nei nemici dei Mexica, per lo meno fino all’invasione degli spagnoli. Per tutta risposta, Dorian se lo riprese.

“Terrorizzare involontariamente se stessa e un’intera classe di bambini non era certo un problema” proseguì Dorian “e nemmeno salutare nessuno e mettersi a parlare da sola durante i Dias de los muertos. Tanto meno dire a un giovane conoscente della sua famiglia che odorava di marcio, conoscente che sarebbe morto pochi giorni dopo”.

Tutte cose che potevano essere superficialmente classificate come stranezze. Nel peggiore dei casi, la bambina avrebbe rischiato solo qualche visita dallo psicologo. Per sua fortuna, il tempo dei roghi in piazza per stregoneria erano finiti da un pezzo.

“Ha mandato in coma la sua classe mentre cantavano una canzone di Halloween. A quanto sembra, la canzone parlava di una notte da vivere senza stelle per permettere ai mostri di uscire liberamente”.

“A sei anni?!” . Ecco, quello poteva essere un ottimo motivo per far sparire una bambina ma.. sei anni?!

“Nessuno manifesta i poteri così giovane, e nessuna delle sue precedenti incarnazioni ha ricordato o fatto nulla di… strano… prima dei quindici anni. Ma mancano solo altri sei anni, Emanuel. Sono un niente. Passeranno prima di quanto immagini”.

Se l’era del Quinto Sole era imminente, i protagonisti non potevano certo trovarsi impreparati, men che meno la Morte.

“Io non mi occupo di bambini. Quelli presenti hanno già i loro tutori”.

“Ci sono già abbastanza persone che possono occuparsi di lei” quali fossero queste persone, Emanuel poteva solo immaginarselo, sapendo con chi aveva a che fare.

“Allen è già arrivato a Esqueleto. E altre persone non saranno felici di rivederla. La ritengono responsabile della loro attuale vita mortale. Ad alcuni non interessa, si sono adattati vergognosamente bene, ma altri non vedrebbero l’ora di fargliela pagare”.

“Ti stai preoccupando per lei?” Preoccupazione? Era una parola grossa. Piuttosto, non considerava giusto che una bambina sola rischiasse di essere facilmente oggetto di… cose spiacevoli, solo perché vulnerabile.

“Faccio solo presente le possibili conseguenze della sua presenza qui. Per questo dicevo che sarebbe stato meglio che lasciarla dov’era per un altro paio d’anni”.

“Mi assicurerò che gli altri le stiano alla larga. Tu assicurati che lei ne sia informata” con questo, Dorian considerò chiuso l’argomento, lasciandolo senza dargli ulteriore possibilità di replica.

Emanuel aveva trascinata Alma di peso al cimitero, cosa non difficile visto quanto era minuta. La bambina aveva provato a scalciare e divincolarsi, ma sembrava davvero senza forze. Non un suono osava uscire dalle labbra serrate.

“Benvenuta a casa” esclamò con sarcasmo. Il buio rendeva il cimitero ben più tetro di quanto fosse normalmente e, giustamente, la niña guardava il moro con sorpresa mista a raccapriccio. Casa!? Aprì la bocca per dire qualcosa, forse protestare o lamentarsi, ma la richiuse immediatamente.

“Un alebrije ti ha mangiato la lingua?” non che fosse un problema, tutt’altro, ma la bambina intrecciava le dita delle mani in chiaro segno di nervosismo. Emanuel poteva intuire il suo bisogno di parlare e il suo timore di farlo. Al pensiero di quale fosse la preoccupazione della bambina, si irritò, e non ebbe tante remore a togliere la niña dall’impiccio.

“Guarda che puoi parlare liberamente. Qui, nessuno può essere ferito dalla tua voce, men che meno ucciso”.

Già riteneva oltraggiosa l’eventualità di essere giudicati strani da delle nullità come gli umani, ma che una divinità arrivasse a temere la propria forza perché non in linea con la normalità di un essere umano era semplicemente inammissibile. Poteva quasi comprendere l’urgenza di Dorian di allontanare la bambina dalla sua casa. Al di là delle possibili complicazioni pratiche, ci sarebbe mancato qualche blocco psicologico a fermare lo sviluppo del suo potenziale.

“Ma allora sono stata davvero io a far star male la mia maestra e i miei compagni? I dottori non hanno saputo dire come mai si sono sentiti male.” domandò con voce esitante.

Emanuel non replicò. Non era tenuto a dare alcuna spiegazione. All’interno di Esqueleto, la memoria le sarebbe comunque pian piano tornata, e con essa le risposte alle sue domande.

“Ma chi sono loro? Perché mi hanno portato via? Chi sei tu?”

Non era tenuto a dare alcuna spiegazione. Non era proprio esatto. Una c’era, e anche piuttosto urgente.

“Voglio tornare a casa!”

“Questo, niña blanca, non è proprio possibile. Anzi, ti consiglio caldamente di non uscire da questo cimitero perché, se lo farai…” si avvicinò alla bambina abbastanza da afferrarle la treccia che teneva a un lato della testa e gliela tagliò di netto, con una lama d’ossidiana uscita dal nulla. Se l’atto in sé aveva messo in allarme la bambina, vedere la treccia gettata oltre il cancello ridursi a un mucchietto di cenere l’aveva orripilata. Quella gente non solo era cattiva (solo i cattivi rapiscono i bambini!) ma era anche pericolosa e… strana! Si voltò e scappò in direzione opposta a Emanuel e al cancello, in cerca di un posto dove stare al sicuro, ma consapevole che non lo avrebbe trovato.

Solo con il tempo, Alma avrebbe compreso che il cimitero non era la sua prigione, ma la sua difesa. Non potendo spostarsi da lì, la bambina avrebbe potuto interagire solo con persone morte: questo le avrebbe imposto il continuo esercizio di un controllo ancora così acerbo – la sua voce avrebbe potuto ucciderle, quelle persone -  e, così facendo, avrebbe pian piano riacquistato e compreso appieno il suo potere.

Soprattutto, sarebbe stata al sicuro dalle altre divinità. Se già prima era malvista per le sue origini umane e per la sua presunta sfrontatezza nell’essersi elevata a divinità di rango elevato, la sua situazione era peggiorata ulteriormente quando si era venuto a sapere che quanto era successo a Quetzalcoatl fosse stato causato di una sua azione. Se Quetzalcoatl non se ne fosse andato, gli altri non sarebbero stati trascinati a vivere il medesimo destino e a sospendere i piani di fine dell’Era del Quinto Sole. Per quanto fosse stata una esplicita richiesta del serpente piumato, e sebbene la sorte che ha coinvolto gli altri fosse stata conseguenza diretta delle scelte di Mictlantechutli e di Itztlacoliuhqui Ixquimilli, era risultato più semplice, per gli altri, attribuire la colpa all’unica outsider del pantheon azteco. Va detto, a onor del vero, che non tutti l’avevano vista con ostilità e che c’era chi non le attribuiva alcuna responsabilità. Emanuel stesso, che più di tutti avrebbe avuto motivo di prendersela con lei, era stato segretamente grato a Mictlancihuatl per essere stata l’unica ad aver teso la mano a Quetzalcoatl quando lui credeva di essere solo contro tutti. Tenere la bambina distante dagli altri era stato, a giudizio di Emanuel e Dorian,  la cosa migliore da fare… fino al giorno in cui lei sarebbe stata pronta ad uscire dal cimitero con le sue stesse gambe.

 

Alma aveva ironicamente parlato di lavoro di squadra. Non era proprio esatto. Piuttosto, ognuno ci metteva del suo in totale indipendenza. Ad alcune divinità poteva capitare di incrociare spesso la stessa strada, al punto da arrivare a riconoscere certe caratteristiche gli uni degli altri.

Prevedere i disastri. Quella era senza alcun dubbio una delle prerogative di Itztlacoliuhqui Ixquimilli. Quando un disastro era imminente, l’aria cambiava. Non era un presentimento, o un sesto senso. Era  piuttosto una vera e propria percezione. Chiaramente, anche il Signore dei Morti aveva una simile abilità per le morti imminenti e la divinità dei disastri ne era ormai al corrente. Non era forse stato sempre presente, allo sterminio dell’umanità nelle precedenti Ere? Non era forse sempre pronto a pretendere il conto delle vite spezzate dai vari disastri? Itztlacoliuhqui Ixquimilli  sapeva che, per Mictlantechutli, il mondo assumeva un odore tutto suo quando il Sole era finalmente pronto ad andare in malora (o meglio, quando chi aveva il dominio su di esso aveva intenzione di mandare tutto in malora) per l’ennesima volta. Assumeva odore di marciume, di putrefazione.

Emanuel sapeva che non c’era più molto tempo, ma sapeva anche che, finché non avesse avvertito il consueto odore persistente, poteva stare tranquillo. Tuttavia, Alma aveva appena rivelato che le cose non stavano esattamente come lui credeva, e che Dorian si era ben guardato dal fargliene menzione.

Emanuel non aveva dubbi sul fatto che Dorian avesse intenzionalmente manipolato la memoria di Alma al punto da rimuovere ogni ricordo della loro precedente vita coniugale, ma mai aveva sospettato che potesse  fare qualcosa di analogo a lui, in modo da non fargli percepire un mondo già condannato. Lo aveva creduto facilmente realizzabile su una bambina indifesa, non su un giovane adulto consapevole. Era stato dunque manipolato? Di nuovo?

Emanuel era entrato al cimitero per avere una risposta, ne era uscito con preoccupazioni ancora maggiori.

E se le parole di Alma non fossero state un sufficiente messaggio di allarme, la falce di pura energia che aveva tenuto tra le mani per pochi istanti era riuscita a farlo preoccupare definitivamente. Il Sole, i Disastri, la Morte: erano quasi tutti pronti per il gran finale.

Se l’imminente fine del Quinto Sole era ormai una certezza, risvegliare la coscienza di Quetzalcoatl era ormai diventato un imperativo urgente. La speranza era l’ultima a morire, dopotutto.

 

*****

 

 

NOTE

Ecco, il death whistle esiste davvero. Lascio i link (in italiano e in inglese) per un approfondimento. In breve si tratta di fischietti, quasi sempre a forma di teschio. Secondo alcune teorie, erano usati dai Mexica per “accompagnare” le anime delle persone vittime di riti sacrificali verso l’aldilà, oppure in battaglia per intimidire i nemici. Due strumenti di questo tipo sono stati trovati tra le mani di una vittima sacrificale al tempio di Tlatelolco tempio dedicato al dio del vento Ehecatl (una delle identità di Quetzalcoatl, se non ho capito male). La particolarità di questo strumento è il suo suono, molto simile a… grida umane di puro terrore. Quando ho visto il collanone di Alejandro, quello a forma di testa di colibrì, nel secondo volume, mi ero chiesta se fosse un gingillo fashion o un death whistle…

https://www.mexicolore.co.uk/aztecs/music/death-whistle (con tanto di immagine di Ehecatl con Mictlantechutli)

http://www.blueplanetheart.it/2018/03/terrificante-fischio-della-morte-lantica-arma-azteca/

Non che Alma l’avesse costruito apposta, ma volevo farle fare qualcosa di strano senza che se ne rendesse conto, qualcosa che facesse già intuire che non era una bambina normale.

 

Non so se è correttissimo associare Mictlantechutli alla Morte. Nel pantheon greco, morte e signore dei morti erano due figure ben distinte (rispettivamente Thanatos e Ade) ma non ho trovato la stessa netta distinzione tra le divinità del Mictlan. In ogni caso, il senso nel capitolo era “se si devono verificare eventi che si concretizzeranno in una mattanza generale, che il Signore del Mictlan sia pronto a ricevere taaanti nuovi sudditi”.

 

Niña blanca à è uno dei nomi con cui viene chiamata la Santissima Muerte. Essendo messicano, figuriamoci se Emanuel non lo sa. Questo è semplicemente un piccolo segnale per indicare che, nei confronti della ragazzina, Emanuel non ha alcuna ostilità, e che non condivide i pensieri delle altre divinità circa una sua eventuale indegnità ad essere considerata parte del pantheon azteco. Alma non lo sa minimamente, in quanto mezza greca e mezza statunitense di lingua inglese e ritiene sia legato al fatto che, il primo giorno, era vestita di bianco. Da californiana, sa che esiste il giorno dei morti, ma la sua famiglia non lo festeggia.

  
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