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Autore: _Zaelit_    05/07/2021    0 recensioni
È trascorso qualche mese dal termine della lotta per la libertà dei guerrieri originati dal Progetto Jenova e Progetto Yoshua.
Sephiroth è partito in cerca della sua redenzione, mentre Rainiel vive con Zack ed Aerith nel Settore 5. Un altro nemico, però, intende portare avanti la guerra che loro credevano terminata. Quando un vecchio amico porterà discordia nelle vite dei due ex-SOLDIER, quando un angelo dalle piume nere tornerà a cercare il dono della dea, Rainiel e Sephiroth, e tutti i loro compagni, dovranno ancora una volta confrontarsi con un male più pericoloso del precedente e che, come se non bastasse, sembra conoscerli molto bene.
Libertà, amore, pace: tutto rischia di essere spazzato via ancor prima di poter essere ottenuto... e il Dono degli Dèi è più vicino a loro di quanto pensino.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genesis Rhapsodos, Nuovo personaggio, Sephiroth, Zack Fair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Crisis Core, Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Heiress of Yoshua'
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Capitolo 6
RITORNO

Rainiel afferrò al volo un bambino che rischiò di inciampare mentre saltava sullo pneumatico un po' sgonfio di una vecchia auto, lasciato nello spiazzo davanti alla Casa Verde per diventare parte di un piccolo parco giochi improvvisato. Il piccolo non poteva avere più di quattro anni di età, e si era chiaramente lasciato prendere dall'entusiasmo del gioco appena inventato dai bambini più grandi. Lo prese in braccio, passandogli una mano sui capelli per controllare che stesse bene.
«Attento a dove metti questi piedini, Jared!» ridacchiò afferrando la punta della scarpetta del bimbo, che rise dimenticando la paura della caduta e corse via non appena fu messo a terra, per tornare dall'amichetta con cui stava giocando.
Rain si mise le mani sui fianchi e lo osservò con un piccolo sorriso, ferma davanti alla scalinata dell'orfanotrofio, nel cuore dei bassifondi del Settore 5. Era una bella giornata, e i bambini ne stavano approfittando per passare un po' di tempo all'aria aperta, ora che l'inverno era terminato e le temperature si erano alzate. Aveva pensato di dare una mano alle maestre della Casa Verde, prima di tutto portando dei fiori che Aerith voleva regalare ai bambini, dopodiché aveva riparato alcuni mobili un po' rovinati e dato una mano alle cuoche a preparare, per quanto le riuscisse, qualcosa per cena. Ora che aveva finito, non avendo di meglio da fare, stava trascorrendo il pomeriggio a tenere d'occhio i bambini che si divertivano spensierati. Quell'aria che si respirava tra loro... aveva un non so che di familiare. Sì... una grande famiglia.
Si strinse nelle braccia, pensando a quella parola. Famiglia... la sola pronuncia la faceva ancora tremare, ma cercava di non pensarci. Di non farsi la colpa per quello che era successo ai suoi genitori, e di non ripetersi che una famiglia vera, alla fine, non l'aveva mai avuta.
Prima che potesse sprofondare in pensieri più cupi, fu salvata da una giovane donna che le si avvicinò con un grande sorriso in volto. La riconobbe subito: era Miss Folia, una delle maestre. Aveva qualche anno in meno di lei, ma sembrava già un'adulta. Portava il grembiule verde attorno alla vita, i corti capelli neri tenuti alti da un cerchietto e un paio di occhiali colorati sul naso. La pelle scura brillava della luce dorata del sole in procinto di tramontare, che si rifletteva anche nelle sue iridi castane.
«Rainiel! Mi hanno detto che stavi giocando con i bambini, sono venuta a salutarti.» la accolse lei, piegando un po' la testa.
Rain rispose scuotendo una mano con gentilezza, per chiederle di non essere tanto formale. «Ho visto che le maestre erano occupate, così mi sono proposta di dar loro un'occhiata fino all'ora di cena. Sembra che si stiano divertendo un mondo.» le spiegò allegramente, guardando intanto una bambina che sfidava un'amica a un immaginario duello di spade di legno. Le ricordò un po' la se stessa di tanti anni prima, quando proclamò di essere "la grande e possente SOLDIER venuta a salvare la principessa", interpretata da una terza ragazzina.
«Sei stata molto gentile, e scusami se non sono arrivata prima.» continuò la maestra, per poi incrociare le braccia e guardarla. «Che ne dici di fermarti per cena? I bambini saranno al settimo cielo, so che ti chiedono sempre di raccontar loro delle storie.»
Ed era così, infatti: Rainiel non aveva raccontato a nessuno del suo trascorso come SOLDIER, e non era certa che gli altri, in città, sapessero chi fosse o da dove arrivasse, ma nessuno le aveva mai fatto una domanda di troppo. A volte i bambini le chiedevano di raccontare delle sue avventure, perché sapevano che lavorava come tuttofare insieme a Zack, con cui spesso andava a scacciare dei mostri di poco conto dalla discarica o dal limitare del settore, ma lei non aveva mai fatto parola di nessuna delle missioni affidatele dalla Shinra, anche se si sarebbero rivelate di gran lunga più interessanti, così si limitava a inventare dei racconti di sana pianta, che comprendevano combattimenti e salvataggi, eroi, amori e amicizie. I bimbi la imploravano di raccontargli almeno un'altra storia, fino all'orario in cui venivano messi a letto. Questo capitava almeno una volta alla settimana, e a Rain non dispiaceva affatto. Sapeva quanto fosse importante tenere compagnia e rallegrare i piccoli, i cui genitori purtroppo non c'erano più. Lei stessa era un'orfana, e sentiva di essere una sorta di sorella maggiore per tutti loro.
«Oh, ti ringrazio per l'invito, ma credo che Elmyra ormai abbia già iniziato a cucinare.» si scusò, prima di vedere il viso triste di un bambino che passava di lì e aveva sentito la conversazione, per cui si sentì sciogliere. «Ma... posso comunque fare un salto a casa e avvisarla di non aspettarmi per cena, nessun prob-»
Qualcuno, fra i piccoli, lanciò uno strillo e corse di nuovo dentro la casa. Era terrorizzato, aveva appena visto un uomo con una brutta ferita in volto e il passo zoppicante dirigersi affannato proprio verso Rainiel.
La ragazza fu strattonata per le spalle mentre i piccoli si radunavano alle spalle di Miss Folia, e tentò di sorreggere il pover'uomo, che riconobbe essere un anziano che possedeva un negozietto, sulla via del mercato. L'uomo balbettava spaventato, dando vita a frasi incomprensibili.
«Calma, calma ora...» tentò di aiutarlo Rain, osservando attentamente la sua ferita. Sembrava essere un taglio, inferto da una lama o qualcosa di simile. Gli copriva l'intera guancia. «Cerca di respirare. Dimmi, cosa è successo? Chi ti ha ferito?»
«Il SOLDIER... il SOLDIER rosso...» continuava a ripetere il povero anziano, ancora sotto shock. Indicò freneticamente una strada dall'altro lato dello spiazzo sterrato d'appartenenza all'orfanotrofio. «Alla stazione, ha attaccato... hanno... sono tanti, e...»
Rainiel gli ripeté di nuovo di respirare, confusa dalle sue parole. SOLDIER? Lì? Era impossibile, o quantomeno improbabile, a meno che non si trattasse di una squadra di ricerca giunta sin lì per recuperare lei e Zack, che comunque erano dei disertori. Non credeva che, con la morte di Hojo, la divisione avrebbe continuato a cercarli nonostante tutto.
«La stazione.» ripeté l'anziano, la mano che tremava e continuava a indicare, «Ci sono... dei bambini lì.»
Gli occhi di Rain si spalancarono del tutto. Sentì il sangue ribollirle nel vene e un senso di istintiva protettività invaderla e sostenerla nelle sue seguenti mosse: affidò l'anziano a Folia e prese ad allontanarsi a grandi passi. Raccomandò alla maestra di prestare soccorso all'uomo e di rintanarsi all'interno della struttura con il resto dei bambini fino al suo ritorno.
«Cercate Aerith.» chiese alla fine, senza neanche sapere bene il perché. Aerith... lei avrebbe saputo come aiutarli. Lo sentiva.
Attraversò la piccola zona al coperto, simile a un'officina, che divideva la piazza della Casa Verde dalla strada dei negozi, dove un grande televisore adesso spento pendeva dall'alto insieme alle insegne delle attività. Notò qualche viso sconvolto, udì sussurri tra la gente che sfiorava e sorpassava. Sapeva che avevano visto qualcuno, qualcosa... di pericoloso.
Prese la strada che conduceva alla stazione senza guardarsi indietro e, incredibilmente, incrociò sul suo sentiero Zack. Arrivava da un'altra area del settore, ma sembrava diretto nello stesso luogo.
I due si fermarono per il tempo necessario a scambiarsi un'occhiata d'intesa.
Zack sfilò la grande spada Potens appesa alla schiena, Rain fece lo stesso con le sue lame corte Aikuchi, che aveva legato sotto la giacca sul dorso per non spaventare i bambini.
«Avvistamento di un pericoloso nemico alla stazione.» ricapitolò il soldato dai capelli neri mentre correva al fianco dell'amica. Bastava svoltare un'ultima volta e sarebbero giunti a destinazione. Potevano già udire qualche persona chiamare aiuto e un paio di bambini piangere.
«A giudicare dalla confusione,» constatò Rainiel con massima attenzione, «direi anche più di uno.»
Non poteva fare a meno di pensare che SOLDIER fosse infine giunta a infliggere loro la punizione per aver disertato. Non era certa che la morte di Hojo fosse stata attribuita a loro, ma dai telegiornali dei mesi precedenti sapeva che, benché si fosse sollevato un gran polverone in merito, la dipartita dello scienziato era stata attribuita, almeno pubblicamente, a un incidente in laboratorio. Per quanto riguardava lei, Zack e Cloud, risultavano dispersi in missione, ma i notiziari avevano scoraggiato il pubblico che ancora sperava in un loro ritrovamento. E Sephiroth... be', lui era scomparso tempo prima, secondo i dati. Veniva ricordato come una sorta di leggenda, ma il mondo era già alla ricerca di un nuovo eroe. 
Rain cercò di non pensare a lui mentre correva verso la stazione, o il suo cuore si sarebbe stretto per la malinconia. Non poteva permettersi distrazioni, non in quei contesti soprattutto.
Svoltato l'angolo, si ritrovarono nel piazzale da cui partivano i treni. L'ultimo era probabilmente appena partito o ancora in arrivo, perché i binari erano vuoti. A rendere caotico il posto, però, ci pensava ben altro: una mezza dozzina di uomini in uniforme da battaglia e con il viso coperto da un elmo stavano seminando il panico tra le gente che si trovava lì per caso o per viaggiare. Erano tutti maschi, molto alti e all'apparenza giovani, ma Rain non li riconobbe. Non erano SOLDIER, né Turk, e sicuramente non fanti. Alcuni di loro si stavano accanendo contro anziani o addirittura bambini, ma qualche adulto residente nel settore 5 si era frapposto tra loro e ora cercava di difenderli. Grazie al cielo, a un primo sguardo non sembravano esserci vittime, e i feriti non erano gravi.
Rainiel e Zack non dovettero riflettere due volte per gettarsi nella mischia, le armi già in pugno.
Il ragazzo afferrò una bambina che strillava e piangeva un attimo prima che uno di quei misteriosi soldati la raggiungesse, la caricò su una delle braccia e la tenne stretta mentre cercava di mulinare la spada Potens con l'altra per attaccare il nemico.
Lei, invece, si lanciò tra un uomo che difendeva una coppia di anziani e il nemico che provava a ferirlo con le sue armi. Parò l'attacco di una spada con le proprie Aikuchi e puntò i piedi a terra per non perdere l'equilibrio. Urlò all'uomo alle sue spalle di portare gli altri in salvo, di avvisare chiunque potesse aiutarlo di fare lo stesso. Lui non se lo fece ripetere due volte.
Un altro soldato attaccò Rainiel, che ritrovatasi da sola fece una capriola all'indietro e atterrò davanti a un muretto, accanto a una rete metallica. Chinò la schiena per prepararsi all'attacco e strinse le palpebre.
Posiziona i piedi. Non distogliere lo sguardo dall'avversario. Studialo attentamente: quale lato lascia scoperto, la direzione in cui guarda, come tiene l'arma fra le mani...
Quelle parole, quegli insegnamenti, scorrevano come acqua di un fiume nella sua mente.
Sephiroth le aveva insegnato molto, in quei brevi mesi in cui era stato il suo mentore. Sapeva già combattere grazie al precedente maestro, Angeal, e a qualche dote naturale, ma Sephiroth l'aveva trasformata. Pur essendo il SOLDIER più potente ed esperto di sempre, le aveva insegnato il combattimento come se fosse un'arte.
Non riuscì a resistere e pensò ancora a lui mentre scattava al minimo segno di movimento di uno degli avversari. Lo sentì vicino, anche se forse era a mondi di distanza da lei.
Si avvicinò pericolosamente all'avversario che per primo aveva mosso un passo. Da quella distanza lei era avvantaggiata, le sue spade corte non avevano limiti e potevano colpire più facilmente, a differenza di quelle grandi che maneggiavano i nemici.
Ferì il primo a un fianco, poi lo calciò via con uno stivale mentre l'altro prendeva la rincorsa per attaccarla.
Le bastò piegarsi all'indietro, abbassando la schiena. La lama affilata tagliò l'aria sopra il suo viso, produsse una cupa melodia mentre una piccola corrente di vento investiva la ragazza.
Girò su se stessa, sfruttando la velocità dell'opponente per farlo inciampare con una spinta.
In quel preciso istante, arrivò un terzo avversario. D'altronde erano sei in totale e Zack, che aveva già messo al sicuro la bambina, ne stava affrontando la metà.
Rain si ritrovò tra loro, al centro di un pericoloso e figurativo triangolo.
Raddrizzò la schiena, socchiuse gli occhi e sospirò.
«Tre contro una...» soffiò dell'aria per spostare dal viso un ciuffo rossastro che aveva davanti agli occhi, «Non vi pare di essere pochi?»
I tre ringhiarono per la rabbia e le si gettarono contro. Lei non aspettava altro. Pose una spada davanti al petto e tese il braccio che reggeva l'altra dietro la schiena, spingendo sui talloni per girare su se stessa. Vorticò e respinse con quel tornado d'acciaio tutti e tre, poi attaccò quello che si era avvicinato troppo.
Lo sventurato si ritrovò messo al tappeto da due colpi delle sue nocche al petto, svariati graffi su braccia e gambe e, infine, da un calcio ben assestato dritto al mento.
Ne restavano due.
Uno di loro alzò le braccia e lasciò cadere la spada dall'alto proprio sulla testa della giovane ex-SOLDIER, che però aveva sentito il suo urlo - che brutta idea, urlare in battaglia se si voleva sorprendere l'avversario - e che si scostò girandosi di profilo al momento giusto.
Quel povero ciuffo che aveva sistemato solo un attimo prima fu tagliato via dalla lama, e questo le causò un leggero irritamento.
Colpì al ventre l'uomo con una gomitata, lo disarmò afferrando il suo braccio e torcendogli un polso. Quando la spada cadde a terra, lo colpì al naso con l'elsa di una Aikuchi. A giudicare dal rumore poco piacevole, non sarebbe guarito in fretta. Se non altro non era più in grado di combattere, ora che anche lui era al tappeto.
L'ultimo fu più attento, e girò attorno alla ragazza con movimenti cauti, cercando un punto cieco in cui fare breccia.
Rainiel lo capì all'istante, e lasciò di proposito un fianco scoperto. Un implicito invito a farsi avanti.
Il nemico cadde nella sua trappola, perché caricò come un forsennato in sua direzione, convinto di ciò che faceva, ma la ragazza rispose prontamente. Sollevò le Aikuchi, parò il colpo e lo costrinse ad abbassare la spada. In quel preciso istante spalancò un po' di più gli occhi, serrò le labbra e avvinghiò le gambe attorno alle sue caviglie. Le bastò porre un minimo di forza per gettarlo a terra. Quando furono entrambi al suolo, la ragazza continuò a tenerlo fermo come un serpente che stritola la preda, anche se lui si dimenava. Alla fine, riuscì a colpirlo a una tempia e a fargli perdere conoscenza.
Uccidere non era nel suo stile. Non lo avrebbe mai fatto, se non in caso di estrema necessità, era una promessa che si era fatta e a cui voleva tener fede. Diede un'occhiata a Zack, e notò che aveva finito di lottare in quel momento e ne era uscito vincitore a sua volta. Ora che i nemici erano stati resi innocui, ci avrebbero pensato le autorità locali ad assicurarli alla giustizia.
In quel momento però, proprio mentre si rialzava da terra e scuoteva la polvere dalla giacca color cuoio adesso un po' sgualcita, notò l'espressione di terrore sul volto di Zack. Il ragazzo stava rimuovendo l'elmetto dal viso di uno degli aggressori, ed era rimasto pietrificato nel vedere quel volto.
Era lontano, per cui Rain pensò di fare la stessa cosa con uno degli avversari sconfitti da lei. Con la punta dell'Aikuchi gli sfilò il copricapo in metallo... e rabbrividì.
Capelli rossicci, lunghe ciglia nere che, già sapeva, nascondevano occhi azzurri, di quell'intensità caratteristica della mako. Gli zigomi alti, e l'espressione perennemente sprezzante anche se elegante.
Lo aveva conosciuto per poco, ma non avrebbe mai dimenticato il suo volto.
«Genesis...?» quasi barcollò, indietreggiando e lasciando cadere l'elmo, che piombò sull'asfalto con un tonfo.
Da quel momento accadde tutto velocemente, Rain si sentì così confusa che non ebbe né il tempo né il modo di reagire con prontezza.
Una sfera calda e brillante attraversò il cielo, fatta di pura magia, e colpì Zack in pieno petto. Il ragazzo lanciò un urlo spezzato e fu sbalzato via di diversi metri. Batté la schiena contro una delle reti che circondavano la stazione, separandola dalle zone più pericolose della discarica meccanica, e cadde a terra con le mani strette al torso.
Rain ebbe appena il tempo di pronunciare la prima sillaba del suo nome, perché tutto ciò che notò fu un'ombra che si sovrapponeva alla sua, oscurando il sole che tramontava, e un brivido le attraversò la schiena.
Si ritrovò senza fiato, dolorante e ferita. Era a terra, ed era sicura di aver ricevuto un colpo dall'alto. Si portò una mano alla spalla e quando la ritrasse non vide altro che sangue. Nella caduta aveva allentato la presa su una delle sue spade, e ora non sapeva più dove si trovasse. Si rimise in piedi, ma un altro colpo le strappò un grido e la fece indietreggiare. Cadde sulle ginocchia, perché una lama le aveva appena ferito un polpaccio.
Contro le sfumature sanguigne del cielo, tinto dal sole morente, si stagliava un'alta sagoma in controluce, una lunga giacca dondolava ai suoi fianchi, e delle piume piovevano dal cielo, anche se non v'era l'ombra di ali alle sue spalle.
Per un momento, e forse anche stupidamente, pensò che si trattasse di Sephiroth. Quelle piume... le ricordava bene. Ma non poteva essere così. Sephiroth non le avrebbe fatto del male, non di nuovo. Era pronta a scommetterci.
E poi... percepì una rabbia più calda di quella che l'ex-Generale tendeva a contenere, a sfogare tramite il combattimento. La sua era una gelida ira, a differenza di quella che impregnava l'aria adesso. Questa aveva l'odore di odio e invidia, e anche una sottile nota di puro divertimento.
«Ti trovo bene, Rainiel.» pronunciò la figura avvicinandosi a lei.
Rain si sforzò di rimettersi in piedi. Stava sanguinando, ma aveva subito di peggio.
Mulinò la spada rimanente davanti a sé quando fu sicura che il nemico si trovasse alla sua portata, ma l'ombra scattò e in avanti, piombò su di lei. Le bloccò il braccio. Ora, il suo viso risaltava nonostante i raggi tiepidi del sole alle sue spalle facessero capolino tra i suoi capelli, lunghi fino al mento e ispidi.
«Pare che tu sia migliorata parecchio, dal giorno in cui Sephiroth ti raccomandò alla terza classe.» continuò a dire, mentre lei provava a liberarsi, i denti stretti e un sibilo tra le labbra. L'uomo era più grande, alto e forte di lei. O, per meglio dire, più esperto in combattimento. Non si mosse di un centimetro. «E dire che non avrei scommesso un soldo su di te. Complimenti al nostro Generale, ha proprio trovato il cavallo vincente.»
Rain odiò le sue parole, soprattutto perché erano intrise di un pungente sarcasmo che non le andò affatto a genio, ma non ebbe modo di fargliela pagare.
Una spada rossa brillò nella mano destra del SOLDIER vestito di rosso, e in un attimo Rainiel sentì una fitta attraversarle il corpo intero.
La lama scavò nella sua pelle all'altezza delle costole, sul fianco sinistro del corpo. Avrebbe potuto affondare, perforare degli organi vitali, ma sembrava che il suo intento non fosse quello di ucciderla, non per il momento. Era più... una tortura.
La sua maglia candida fu macchiata di nuovo di rosso, una chiazza che si espanse sempre di più e si riversò fuori dagli strappi nel tessuto, gocciolando a terra.
Sentì il braccio libero dalla presa, e zoppicò via per allontanarsi dal pericolo.
Zack, a terra, allungò un braccio in sua direzione.
«No...» tossì, il petto che gli bruciava, «Genesis... no...!» chiamò il nome del nemico dal volto familiare. Ma, a differenza di Angeal e Sephiroth, Genesis non era mai stato un suo amico. Non aveva motivo di ascoltare le sue preghiere.
Rainiel si sentì come in un déjà-vù. Le ferite aperte, il suo migliore amico che implorava clemenza per lei... un mentore di cui si era fidata, che ora voleva farle del male.
Perciò sollevò lo sguardo ed ebbe paura.
Genesis, il vero Genesis, le sorrideva guardandola dall'alto, piazzato in mezzo ai corpi dei suoi cloni che, notò Rain, parvero iniziare a consumarsi, degradarsi. Stavano... morendo.
E lui era lì, altezzoso e sicuro, un fantasma del passato venuto a prenderla. L'aveva trovata. Catturarla era la sua unica speranza di salvezza... e l'unico modo di vendicarsi adeguatamente di Sephiroth.
 
 
   
 
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