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Autore: Asya_B    09/07/2021    0 recensioni
[Il cardellino]
[Il Cardellino, Donna Tartt]
- Leggera variazione canonica della fine del cap "La Mucca Viola"
Borix x Theo
Dal testo:
" «Sì sì» accennò lui quando riemerse dal getto, i capelli gettati all’indietro, forse la prima volta che vidi la sua faccia per intero. Rivoli d’acqua gli scorrevano lungo il viso, scendevano fino alle palpebre e rimanevano catturati nelle ciglia, la pelle che riluceva soffusamente sotto la luce sporca del bagno.
Gli occhi serrati, il suo profilo spigoloso bagnato da una patina d’acqua gelida, le labbra screpolate s’erano rinvigorite e schiudevano i bianchi denti perfetti che si era fatto rifare. Lo guardai rapito per qualche secondo, simile ad una venere rinata dal mare. Forse anche più bello. "
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un "ti amo" interrotto

«Forza» mi disse Boris «I tuoi occhiali»

Nella foga del momento non mi accorsi che mi fossero caduti, lui li raccolse da terra, ancora intatti, e dopo averli puliti con la manica me li porse

«Avanti» mi sollevò da terra e mi portò in piedi «Ora è tutto finito, ci hai salvati»

Ero ancora confuso per ciò che era accaduto prima, il ronzio dello sparo che mi martellava in testa, le giunture delle braccia ancora doloranti per il rinculo della pistola.

La voce di Boris interruppe quel casino nella mio cervello. Cercava di mantenere un tono calmo e caldo, ma era agitato e frettoloso: «Sei stato bravo. Ora… qui, svelto!»

Mi trascinò in un ufficio vetrato, sbrigandosi a togliermi di dosso il cappotto di cammello, ormai sgualcito e intriso di sangue, lo rovesciò e lo appoggiò nelle vicinanze

«Dovrai liberarti di questo affare» tremò violentemente, i nostri corpi vicini nello spazio angusto, tanto che il suo fremito si fuse col mio.

«Anche la camicia. Non ora, più tardi» mi ammonì mentre cercavo di togliermi la cravatta, poi aprì di fretta una porta, accese la luce e mi accompagnò dentro.

«Forza» Si chiuse alle spalle la porta e aprì l’unico rubinetto nella minuscola stanza, tanto che dovette sporgersi appoggiandosi a me. Il puzzo rancido del bagno dapprima m’indebolì i sensi, ma mi ripresi non appena vidi Boris buttare la testa sotto il getto e massaggiandosi energicamente i capelli e la faccia per lavarsi

«Non un lavoro di fino, solo… yeow!» mentre si puliva il volto il sangue continuava a scorrergli dal braccio, sebbene la giacca scura rendeva difficile vederlo. I movimenti dell’arto ferito erano fortemente rallentati rispetto all’altro e andavano con un ritmo opposto, come se facesse difficoltà a muoverli coordinati ma cercasse di non farlo notare vista la situazione.

«Il tuo braccio» mi ritrovai a dire, confuso e preoccupato.

«Sì sì» accennò lui quando riemerse dal getto, i capelli gettati all’indietro, forse la prima volta che vidi la sua faccia per intero. Rivoli d’acqua gli scorrevano lungo il viso, scendevano fino alle palpebre e rimanevano catturati nelle ciglia, la pelle che riluceva soffusamente sotto la luce sporca del bagno.

Gli occhi serrati, il suo profilo spigoloso bagnato da una patina d’acqua gelida, le labbra screpolate s’erano rinvigorite e schiudevano i bianchi denti perfetti che si era fatto rifare. Lo guardai rapito per qualche secondo, simile ad una venere rinata dal mare. Forse anche più bello.

«Mi ha preso, niente di grave, solo un graffio. Oddio, avrei dovuto ascoltarti!» le sue parole si confondevano col rumore dello scorrere dell’acqua e avevo ancora la mente offuscata dallo sparo, dal sangue, il sangue sotto la macchina, al braccio di Boris, quello che aveva lavato via dalla faccia e dalle narici.

Quando ebbe finito di parlare e detergersi il viso si girò verso di me, gli occhi ancora chiusi mentre si asciugava la pelle grondante: «Amico, ci hai salvati, Potter! Pensavo che saremmo morti!»

L’acqua si spandeva sugli indumenti che aveva usato per asciugarsi, mentre passava la manica della camicia ancora marroncina per il sangue rappreso sugli occhi di modo che catturasse le ultime goccioline che li imperlavano.

Credo fosse il mio turno di pulirmi, quando si voltò per farmi spazio nell’angusto bagno, ma ancora scosso e tremante per la paura lo presi contropiede, il cervello incapace di mettere un pensiero sensato dietro l’altro, preso completamente dall’ansia feci l’unica cosa che mi avrebbe fatto sentire al sicuro in quel momento, più di scappare verso la macchina per correre a casa, più che sognare mia madre e non mettere mai più piede in quella topaia.

Strinsi il braccio illeso di Boris per avvicinarlo a me quel poco che bastasse per baciarlo sulle labbra. Chiusi gli occhi per interminabili secondi, la sua pelle ancora fredda e umica contro la mia. Non osai guardarlo in faccia per paura di avergli fatto un torto o aver agito nel momento sbagliato, ma ero così preso dal timore di perderlo e così preso dall’agitazione di aver sparato che ormai non ero più in grado di pensare lucidamente. Era come se avessi sniffato e bevuto insieme, la mente svuotata che andava avanti seguendo un istinto più confuso e spaesato della mente stessa.

Mi separai da lui solo per dirgli quel che anni fa avrei voluto dirgli e che avrei voluto sentire da lui

«Ti amo»

Ebbi il coraggio di aprire gli occhi, e incatenai il mio sguardo col suo.

Aveva un’espressione leggermente sofferta per il dolore al braccio, ma al contempo rinvigorita dalla mia confessione.

Quanti anni prima eravamo stati così vicini, pieni di lividi per le nostre giornate assurde, ma mai prima d’ora avevo così chiaro in testa quello che volevo da lui, e speravo così tanto che fosse corrisposto. Era come poter scoprire una nuova intimità con la persona con la quale mi fossi sentito più in intimità nella mia vita, forse un livello successivo che non pensavo potesse esistere e invece era lì, a portata di mano, se solo fosse stato suggellato da due semplici parole.

«Ti amo, Potter» replicò.

Forse tre parole.

Mi baciò di nuovo, il sapore ferroso del sangue nella sua bocca mescolato all’acqua gelida e alla saliva.

Anche col braccio ferito mi strinse il volto, lo sfiorai piano con le dita per non fargli male fino a raggiungere la mano.

Quando ero pronto a sfiorare la sua lingua con la mia però mi fermò, si separò da me repentinamente.

«Non è il momento per queste cose» disse, ripresosi, e con grande velocità e sconvolgente maestria forse dovuta alla pratica, mi prese la testa e la mise sotto il getto del rubinetto, che intanto aveva continuato a scorrere e senza che me ne accorgessi aveva lasciato un dito d’acqua da terra e aveva bagnato le scarpe e i calzini.

L’acqua gelida mi entrò nelle narici, negli occhi, in bocca, tanto era forte il getto ed ebbi qualche difficoltà a respirare fino a che riemersi.

Per la camicia ormai non c’era tanto da fare, andava buttata. Mi strofinai energicamente il viso e una volta asciutto Boris mi aiutò a rialzarmi.

Prima di uscire da lì ripresi il cappotto e corremmo fuori. Boris preparò un diversivo per l’omicidio aprendo una bustina di coca e una volta in macchina ero troppo scosso per guidare, quindi nonostante Boris avesse una denuncia per guida in stato di ebbrezza prese comunque il volante e mi chiese di controllare le strade. Temevo che sarei stato veramente inutile e in effetti fu così, non mi resi molto d’aiuto.

L’unica cosa che feci fu legargli un cavetto attorno al braccio ferito per bloccare l’emorragia mentre Boris continuava a ripetermi che non era nulla di grave, i miei occhi fissi sul sangue incrostato che riuscivo a intravedere tra le fibre della giacca.

Forse non voleva che mi preoccupassi, eppure non c’era cosa che più mi mettesse in pensiero di non sapere come realmente stesse.

Volle che ci separassimo perché potessi essere al sicuro. Non volevo rischiare di perderlo di nuovo. Tornava dopo anni, poi spariva e lo reincontravo per caso e poi spariva di nuovo, ancora. Temevo così tanto che questa volta se ne sarebbe andato per sempre che sotto al mio hotel insistetti per non separarci ancora, ma alla fine era sempre stato così bravo a persuadermi che ce l’avrebbe fatta, forse perché in fondo ce l’aveva sempre fatta.

Aprii la portiera della macchina per scendere.

«Boris, quando tutto questo sarà finito, andiamo in Nuova Guinea insieme. La spiaggia, il sole… ti ricordi?» gli sorrisi, sperando che questo bastasse perché lasciasse perdere tutto questo casino e se ne andasse via con me, almeno questa volta

«Presto» mi rispose sorridendo. Quando chiusi la portiera corse via

Non sarebbe stato presto, forse mai, ma non potevo far altro che sperarci

 

 

NOTE

Simpatico che il 90% delle ff del cardellino siano in prima persona, vero? E’ che siamo ancora molto immers* nel libro credo

Sarò onesta, ho letto tutto il libro dopo il “timeskip” sperando che Boris e Theo si rincontrassero,e quando si sono rincontrati, che si baciassero e amassero e bla bla, bi rights insomma. Non è successo, ci sono rimasta male, infatti eccomi qui a scrivere questa cosa.
Diciamo che non mi aspettavo il bacio da ragazzi perché i queer, si sa, non esistono davvero.
Ma poi solo io mi chiedo se Boris sia mai tornato in Nuova Guinea come voleva tanto? Non glielo chiede mai nessuno!

Vabbè spero vi sia piaciuta, tanti bacini

Hasta la pasta!

Asya

   
 
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