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Autore: Demy77    10/07/2021    3 recensioni
Cornovaglia, 1783. Dopo aver combattuto per l’esercito inglese durante la guerra di indipendenza americana Ross Poldark ritorna in patria e convola a giuste nozze con il suo grande amore, la bellissima Elizabeth Chynoweth, che lo ha atteso trepidante per tre lunghi anni.
Due giovani innamorati, una vita da costruire insieme, un sogno che sembra realizzarsi: ma basterà per trovare la felicità?
In questa ff voglio provare ad immaginare come sarebbe stata la saga di Poldark se le cose fossero andate dall’inizio secondo i piani di Ross.
Avvertimento: alcuni personaggi saranno OOC rispetto alla serie tv e ai libri.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Si creò un varco tra il ricco tendaggio ed un piacevole tepore lo avvolse. Si trovava in quella che aveva tutta l’aria di essere una camera da letto; un camino acceso diffondeva i suoi bagliori e varie candele illuminavano l’ambiente.
Poco distante dalla finestra da cui era entrato notò una culla, al cui interno, visibilmente cresciuta da quando l’aveva vista l’ultima volta, dormiva la piccola Julia, la testa e le manine che spuntavano dall’orlo di una copertina di lana di pregiata fattura. Ross si sentì in colpa per aver rotto il vetro, ma per fortuna nessuno spiffero giungeva in direzione della piccola, che continuava a riposare indisturbata, protetta dal freddo dell’esterno sia dalle tende che dalla calotta che  circondava la culla. 
Ross si chiese dove potesse essere la madre della bambina; poi udì delle voci e delle risate provenienti da un locale attiguo, separato da quello in cui lui era entrato da uno spiraglio di porta aperta.
Decise di nascondersi dietro la tenda. Solo se Demelza fosse entrata sola avrebbe agito; altrimenti avrebbe dovuto desistere dai suoi propositi.
Dopo un po’, dalla porta semiaperta fece capolino la donna che aspettava; sbarrò la porta di intermezzo con un chiavistello, spense un paio di candele, così che la stanza rimase illuminata solo da un paio di luci soffuse; infine si avvicinò alla culla, si sincerò che la piccola fosse tranquilla e le rivolse un tenero sorriso, prima di andare, probabilmente, a sua volta a dormire.
Ross pensò che non aveva molto tempo per agire. Appena Demelza si voltò, dando le spalle al balcone da cui lui era entrato, con un balzo uscì allo scoperto, la afferrò da dietro e con la mano destra le serrò la bocca affinchè non gridasse.
Dopo un rapidissimo tentativo di divincolarsi Ross fece girare la ragazza verso di sé così che scoprisse l’identità del suo misterioso assalitore; a quel punto allo sgomento iniziale fece seguito semplicemente un grande stupore.
“Che cosa ci fai qui? Come sei entrato?”-  gli sussurrò Demelza non appena messa in condizione di poter parlare.
“Dalla finestra, come un ladro” – le rispose, indicando i frammenti di vetro sul pavimento.
“E ti sembra questo il modo? Che cosa sei venuto a fare qui? Vattene via, prima che ti scoprano!”
“Dovevo parlarti”.
“Non mi sembra il luogo né l’ora adatta. Ti prego, va’ via, torna domani dall’ingresso principale, come si conviene alle persone civili”.
“Sei diventata molto attenta alla forma, da quando sei la signora Armitage… - commentò Ross con sarcasmo -  Non avevo altra scelta. La mia non è una visita di cortesia, non potevo entrare dal portone di casa, farmi annunciare e fare salotto con tuo marito. E’ con te che devo parlare, e non ci saranno altre occasioni, visto che domani parto per il Portogallo” –disse, sventolandole sotto il naso la lettera del comando militare.
Demelza restò interdetta e cominciò a balbettare qualcosa in cerca di spiegazioni; ma Ross la freddò: “Le domande le faccio io. Perché lo hai sposato?” – le chiese senza mezzi termini.
“Non credo sia affar tuo, Ross.”
“Invece sì, o puoi negare che fra noi ci fosse… qualcosa?”
“Qualsiasi cosa ci fosse, sappiamo entrambi che non aveva futuro. Cerca di accettare che io abbia sposato Hugh, come io ho sempre accettato che tu fossi sposato con un’altra donna.”
“E’ una cosa molto diversa! – esclamò Ross, rischiando di svegliare Julia o che qualcuno lo sentisse. Poi abbassò il tono della voce e continuò – io ero già sposato con Elizabeth quando ci siamo conosciuti e so che quel vincolo è indissolubile, ma stavo cercando un compromesso con mia moglie, perché è evidente che non siamo felici insieme… e questo l’ho capito anche grazie a te! Sarebbe stato certamente complicato, ma se tu mi avessi aspettato, una soluzione per stare insieme l’avrei trovata! Invece, quattro mesi dopo la mia partenza, ecco che ti ritrovo sopra un altare con un abito da sposa!”
“Mi rendo conto che la mia decisione improvvisa ti abbia lasciato di stucco, ma vorrei che fosse ben chiaro che non ho inteso fare un torto a te sposando Hugh. Sono successe varie cose di cui non sei informato in questi ultimi mesi. Mio padre era venuto a cercarmi a Killewarren, voleva portarmi via mia figlia, Hugh mi ha offerto aiuto e protezione. Sono dovuta venire a vivere qui a Londra a casa sua e poi…”
“Ti sei innamorata di lui?” – le domandò interrompendola.
“No” – rispose di getto lei.
“Allora lui di te! Ti sei lasciata convincere a sposare un uomo che non ami, perché? Per gratitudine? Per interesse? Ti ha forse costretto?” – la incalzò Ross.
“Non mi ha costretto nessuno, Ross… Per quello che hai di più caro, ti scongiuro, vattene! Hugh è nella stanza accanto, solo quella porta ci separa, potrebbe sentirci e non voglio che ti scopra qui. E poi non fa bene a nessuno di noi due continuare questa conversazione”.
Ross la fissò con occhi di bragia. “Forse perché fa male sentirsi dire la verità… la verità è che noi ci amiamo, ma tu hai fatto una scelta che ci ha ulteriormente separati per sempre… puoi forse negare di provare qualcosa per me?”.
“Ross, non ha alcun senso discuterne, ormai!”- esclamò Demelza spazientita.
“Per me ne ha! – sibilò lui, ad un palmo dal suo viso– se ami me, perché hai sposato lui? Se non ti ha costretto, quale è stata la dannata ragione per cui lo hai fatto?”
“Ho avuto i miei motivi, e questo deve bastarti! Ribadisco, se volessi darti delle spiegazioni non lo farei certo in questo momento, nella mia camera da letto, in cui ti sei furtivamente introdotto, con mio marito a due passi, mentre sei così alterato e carico di risentimento che non riusciresti neppure ad ascoltare il mio punto di vista!”
“Non sono in me, hai perfettamente ragione – rispose Ross, stringendole un avambraccio – ma come posso restare lucido pensando a te fra le braccia di un altro?”
Demelza volse lo sguardo , non riuscendo a sostenere il suo e gli disse: “Smettila di tormentarmi! Quello che Hugh mi ha offerto, tu  non avresti mai potuto darmelo! Pensi che avrei dovuto crescere mia figlia da sola, senza un padre, per tutta la vita, aspettando che tu nel frattempo decidessi che cosa fare con tua moglie e Valentine?”
“Posso darti anche io quello che ti ha dato Armitage, a meno che non sia un anello al dito l’unica cosa che ti interessa! Vieni via con me; in Portogallo nessuno ci conosce, potremo essere finalmente felici insieme!”
Demelza scosse la testa. “Distruggendo la vita di chi ci circonda? Io non posso. Hugh ha bisogno di me, gli ho fatto una promessa, intendo rispettarla!”
“Anche io ho bisogno di te!”
“Non fare il bambino, Ross. Sono sua moglie e continuerò ad esserlo, finché morte non ci separi!”
“Ma tu ami me! Perché mi resisti?” – continuò Ross imperterrito.
Demelza, spazientita come se avesse dovuto spiegare un concetto elementare ad un bambino, ribadì che la realtà non poteva essere cambiata ma solo accettata e lo pregò per l’ennesima volta di andarsene, minacciando altrimenti di far intervenire Hugh, informandolo della sua presenza lì.
“Brava, vallo a chiamare, fatti difendere dal tuo principe azzurro! – esclamò Ross in tono di scherno – ma sappi che né tu né lui potrete impedirmi di fare questo!”
Detto ciò, improvvisamente la afferrò e calamitò le sue labbra in un impetuoso bacio.
Demelza sentì le gambe vacillare come se stesse perdendo l’equilibrio, come se un’ondata la stesse trascinando in mare aperto senza poter resistere alla sua forza. Non era così che aveva immaginato il loro primo bacio, e non poteva dire che le piacesse. Era un bacio disperato, disordinato e prepotente, che sembrava le volesse succhiare via anche l’anima.
Con tutta la forza che aveva lo spinse via da sé, furiosa, ma lui le afferrò i polsi, la spinse contro la parete e premette nuovamente la bocca sulla sua, fino a farle perdere il fiato.  
Intrappolata contro il muro, con il petto di lui che schiacciava il suo, le braccia immobilizzate lungo i fianchi dalla sua stretta possente e quel bacio mozzafiato che non le lasciava respiro Demelza provò sensazioni simili a quelle di più di un anno prima, quando Francis l’aveva presa contro la sua volontà.
Le urla, i calci, i morsi, i pugni, gli sputi: era stato tutto inutile, quel mostro non si era fermato, l’aveva gettata in terra, l’aveva sovrastata col suo peso e l’aveva riempita di schiaffi, incurante delle sue lacrime; forse, nonostante tutto, Dio in quel momento aveva avuto pietà di lei, perché aveva perso i sensi e così le era stato risparmiato il ricordo della parte più umiliante della violenza. Ricordava solo di essersi risvegliata sul pavimento, coi vestiti laceri, le gambe sporche di sangue e quel porco, completamente ubriaco, che russava sul letto, incurante del dolore che le aveva provocato.
Benchè l’intenzione di Ross non fosse certo quella di usarle violenza, quei terribili ricordi che si erano improvvisamente riaffacciati nella sua memoria ebbero un effetto dirompente. Demelza, esclamando: “Non puoi farmi questo!” scoppiò a piangere e si rannicchiò per terra di fianco al suo letto, con le ginocchia piegate vicino al petto ed il volto nascosto verso il basso.
Ross per un attimo non capì. Demelza singhiozzava disperata e lui non comprendeva come avesse potuto essere in grado di scatenare una simile reazione. Non intendeva farle del male, solo porla di fronte alla irresistibile forza dei loro sentimenti reciproci. Temette davvero di vedere entrare Hugh nella stanza da un momento all’altro e già si vide duellare con lui nell’alba londinese. Perché diamine Demelza era così sconvolta?
Poi ripensò alla frase che gli aveva detto, ed ebbe un’illuminazione. Come aveva potuto essere così idiota da baciarla a forza, dopo quello che le aveva fatto suo cugino?
“Ti chiedo perdono, sono stato un perfetto imbecille. Non avrei mai dovuto farlo” – le sussurrò inginocchiandosi per terra accanto a lei, tentando maldestramente di rimediare.
Senza nemmeno alzare lo sguardo, Demelza gli chiese nuovamente di andare via e di lasciarla in pace.
“Non me ne vado lasciandoti in questo stato – disse lui– tanto più sapendo che potrebbe essere l’ultima volta che ci vediamo!”
Demelza alzò il viso e lo guardò, ricordando che Ross aveva parlato di un imminente viaggio in Portogallo senza aggiungere altro. “Vai da tua cugina Verity?” – gli domandò.
Ross scosse la testa. “No. Mi sono arruolato di nuovo. Il mio vecchio reggimento presta servizio nei pressi di Lisbona.”
Gli occhi della ragazza, già rossi e gonfi per il pianto, si rabbuiarono.
“Perché, Ross? Solo perché ho sposato Hugh? Ti sembra un motivo sufficiente per abbandonare la tua casa, la tua terra e rischiare la vita? Non farlo, ti prego, non ne vale la pena!”
“Non si può tornare indietro, Demelza. Su questo documento c’è la firma di Sua Maestà, se non andassi sarei un disertore e mi fucilerebbero. Poi lo hai visto anche tu, non posso restare qui, non sopporto l’idea di te e Hugh insieme, il solo pensiero mi fa perdere il lume della ragione! Rischio di commettere qualche sciocchezza e renderti infelice come poco fa, e ti assicuro che era l’ultima delle mie intenzioni.” – disse, asciugandole con i pollici le ultime due lacrime che le imperlavano le ciglia.
Demelza non respinse quel gesto affettuoso e gli spiegò che non era colpa sua, ma di quanto aveva dovuto subire in passato. Non ne avevano mai parlato apertamente e Ross  preferiva non sapere nulla dei particolari, essendo già abbastanza indignato per la condotta di suo cugino. In quel momento si preoccupò solo di assicurarle la sua vicinanza discreta e lasciò che Demelza si tranquillizzasse, discutendo finalmente in tono pacato.
Non vi era altro da aggiungere, era il momento dell’addio. Demelza non ne era affatto contenta; avrebbe voluto che ci fosse il tempo di aggiustare tutto, dimenticare quello che era successo poco prima e tornare a quel rapporto amicale in cui potevano contare l’uno sull’altra. Non voleva che Ross andasse via così, con tutto ancora irrisolto ed in sospeso tra loro. Si sentì in dovere di comunicargli qualcosa che potesse calmare il tumulto interiore che stava vivendo e che in fondo era la risposta che era venuto a cercare quella notte.  
“Hugh ha un male incurabile, gli resta poco da vivere. Alla sua morte il suo patrimonio passerà a Julia. Mi ha chiesto di sposarlo per dare un futuro a me e mia figlia. Non ha preteso nulla in cambio. Il nostro è un matrimonio bianco, Hugh non mi ha mai sfiorato; questa è la mia stanza da letto, lui dorme in quella di fianco. Siamo marito e moglie solo sulla carta.”
Ross la fissò sbalordito. Tutta quella rabbia, quella frustrazione, per nulla! Armitage aveva dimostrato di essere un uomo di onore, nobile e generoso, e lui lo aveva mal giudicato senza conoscere la sua storia. Comprese anche le ragioni di Demelza, la sua onestà ed il rispetto che portava al marito. Era stato uno sciocco impulsivo come al solito, ed aveva rovinato tutto.
Si scusò ancora, il capo abbassato per la mortificazione. Non c’era null’altro da dire, era giunto il momento di andare via davvero, e chissà per quanto tempo: forse per sempre. Avrebbe tanto voluto abbracciarla e baciarla ancora, ma non sapeva come lei avrebbe reagito.
Riprese il tricorno che aveva gettato in un angolo e le volse un ultimo triste sguardo, dirigendosi verso il balcone da cui era entrato.
Fu allora che accadde l’impensabile. “Aspetta”. Demelza si alzò e lo raggiunse. Gli prese una mano e lo attirò verso di sé, sfiorandogli il viso con la guancia. Chiuse gli occhi e lasciò che lui la baciasse, ma senza la foga di prima: teneramente, una serie di baci sulle labbra, sul viso, sul collo, sfiorando la sua pelle come se fosse stata di cristallo.
Si baciarono ancora, con maggiore urgenza, assaporando l’una il sapore dell’altro. Le loro dita scorrevano rapide fra i capelli, dietro la nuca, dietro le scapole, sui fianchi. Ben presto fu chiaro ad entrambi che non sarebbe stato possibile smettere.
“Lasciati amare”.
“Non possiamo, Ross.”
“Sì che possiamo….”
Le obiezioni della rossa ebbero vita breve. Si ritrovarono sul letto, gli abiti sparsi in terra, il loro ansimare come unico rumore di sottofondo, soffocato per non inquietare il sonno di quella creatura innocente. Il fuoco della passione divampò più ardente dei ciocchi nel camino, che era quasi spento del tutto.
“Non avrei mai creduto che potesse essere così bello”- bisbigliò poco dopo Demelza, stretta a lui fra le lenzuola.
“Nemmeno io”.
Poiché Demelza lo guardava come se avesse pronunciato un’eresia, Ross sentì il bisogno di spiegarsi.
“Non è mai stato così, con nessun’altra prima di te. Comincio a capire cosa intendeva dire mio padre a proposito del vero amore”.
“Siamo due adulteri, Ross. Mi sento terribilmente in colpa. Non credo che riuscirò a guardare Hugh in faccia, domattina”- dichiarò mestamente Demelza, staccandosi a malincuore dal suo caldo abbraccio.
“Abbiamo solo seguito il nostro cuore”- cercò di consolarla lui.
“Abbiamo lasciato ardere un fuoco che ha generato dietro di sè solo un mucchio di cenere. Il mio cuore è devastato: per Hugh che ho tradito in maniera ignobile nella sua stessa casa, per te che sei stato mio senza appartenermi davvero e che non so quando rivedrò…”
“Tornerò. Dopo stanotte, non ne ho il minimo dubbio, amore mio. Non appena Armitage sarà morto…”
“Giuda, Ross, come puoi essere così cinico?” – si lamentò lei.
“Scusami, non intendevo essere inopportuno! Quando sarai libera, puoi star certa che non rinuncerò a te, accada quel che accada!”
“E con Elizabeth, come farai?”
Ross si incupì. “Mi inventerò qualcosa. Dopo tutto anche lei dovrà arrendersi davanti alla forza del sentimento che mi unisce a te. Non è colpa sua né di nessuno di noi due”.
Omnia vincit amor et nos cedamus amori” – pensò Demelza: era  latino, aveva letto questa frase con Hugh qualche giorno prima e gliene aveva chiesto la traduzione. Era proprio vero che l’amore vince tutto e che bisogna arrendersi alla forza dell’amore? Tra le braccia di Ross tutto sembrava possibile, ma fra qualche ora la luce del giorno avrebbe riportato entrambi ad una realtà ben diversa dal sogno d’amore di cui quella notte avevano avuto un dolce assaggio.
 

 
  
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