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Autore: NyxTNeko    11/07/2021    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 115 - Solo l'amore impossibile è davvero romantico -

Marsiglia, 7 giugno

"Oh Napoleone" pensò sospirando, con aria trasognante, la piccola Desirée, stava aspettando l'ennesima lettera premurosa da parte del suo fidanzato, da Parigi - È così gentile... - le scappò involontariamente. Era innamorata persa di lui. Aveva sempre avuto timore dei militari, perché li considerava tendenzialmente dei tipi violenti e pericolosi.

Sua madre l'aveva sempre messa in guardia circa la loro pessima condotta, ogni qualvolta usciva per fare la spesa o anche una breve passeggiata in città. Perciò non si era mai permessa di disobbedirle e non aveva, in nessun caso o situazione, rivolto una parola, un'occhiata fugace ad un uomo in divisa. Seppur non poche volte aveva avuto l'occasione di intravederne alcuni veramente belli ed fascinosi, tutti luccicanti e aitanti nelle loro uniformi aderenti e con indosso ampi cappelli piumati.

Tuttavia Napoleone era diverso da qualsiasi militare conosciuto fino ad allora, non era robusto, anzi, era fin troppo gracile, spigoloso, dall'aspetto trasandato, l'uniforme consumata e di scarsa qualità. Non mostrava proprio le fattezze di un uomo votato alla guerra e alla difesa della Patria. Sembrava più incline il fratello Giuseppe, per quel ruolo. Ma aveva imparato ad andare oltre le apparenze, con quel giovane corso e ne era rimasta folgorata. Nonostante la magrezza mettesse in evidenza le sue guance scavate e il colorito giallognolo, pallido lo mostrasse malaticcio, dovette ammettere che il generale Buonaparte era un bell'uomo.

"Anzi, probabilmente è l'uomo più bello che abbia mai incontrato" si ritrovò a pensare, mentre il viso s'imporporava involontariamente, persa in quei grandi occhi grigi e talmente penetranti da riuscire a leggere l'anima di chiunque li incrociasse. Inoltre mai aveva creduto di poter trovare un uomo dalle lunghe ciglia. I lineamenti fini e delicati, nascosti in parte dai lunghi capelli, erano perfetti. "Ma forse è dovuto al fatto che ne sono innamorata" si accorse di essere accaldata e tentò di nascondere il suo sempre più evidente rossore. Non aveva mai provato un sentimento così profondo e coinvolgente prima d'ora.

- Madre ma siete sicura di ciò che volete fare con lei? - domandò Julie, osservando la sorella dalla finestra, che camminava allegramente tra i cespugli, canticchiando - Le impedirete di essere felice... - sospirò poi scostando la tenda delicatamente.

- Non ci sono alternative Julie - emise severamente la madre, accomodandosi sul divano, un servo stava versando il tè nella sua tazzina - Deve dimenticarsi di Napoleone, abbiamo già un Buonaparte in famiglia, non ce ne serve un altro - fermò il servo con la mano - Basta così grazie - aggiunse poi, mostrando un sorriso tirato. L'uomo sollevò la teiera e la rimise a posto, dopodiché rivolse un leggero inchino ed uscì - Inoltre quel militare è stato arrestato, anche se per pochi mesi, no?

- Sì, ma era innocente - ribadì Julie voltandosi verso la madre. Erano state settimane terribili, sua sorella e suo marito erano stati in ansia nei confronti di Napoleone. Aveva dovuto essere la spalla di entrambi, confortarli e rincuorarli. La ragazza era sempre stata convinta dell'innocenza del cognato, non poteva non credere alle parole del suo Giuseppe. I due avevano un legame speciale, erano molto uniti ed affiatati. Come lei lo era con Desirée, più che con gli altri fratelli, alcuni molto più grandi di entrambe.

Sua madre aveva imparato ad accettare suo marito, scoprendo quanto fosse affabile e gentile, ma non Napoleone. Non si fidava di lui, non capiva le sue reali intenzioni, né la portata della sua ambizione. Aveva intuito che quel giovane corso aveva in mente qualcosa di grande, possedeva un'intelligenza fuori dal comune, era indubbia. Aveva stregato tutti con la sua parlantina, ogni volta che era stato loro ospite. Era un uomo misterioso, indecifrabile e ciò la spaventava non poco.

- Innocente o meno, Desirée non deve più avere alcun rapporto con lui, ne va del buon nome della famiglia - si alzò e si avviò verso la cassetta delle lettere, prese la prima e gliela porse.

Julie la afferrò, era stata aperta, la ceralacca era staccata, la girò e la spiegò - Ma questa è una lettera del generale! - esclamò, avendo riconosciuta la singolare calligrafia di Buonaparte.

La madre annuì senza alcun tentennamento - Me l'ha consegnata Giuseppe qualche ora fa, quando è venuto tutto trafelato - riferì la donna, che intanto, si era seduta nuovamente come se niente fosse accaduto nel frattempo. Riprese a sorseggiare il tè.

- Ma se Desirée dovesse venirlo a sapere... - provò a dire la giovane, sentiva le mani tremare, era come se quella lettera fosse diventata pesante. Il peso della colpa.

- Dovrà saperlo - fece la madre, guardandola intensamente - Sarai tu a dirle di troncare la storia con lui, ti ascolterà e capirà che è la cosa giusta da fare - aggiunse poi. Lo sguardo era deciso, era intenzionata a percorrere questa strada - Ricordati che la nostra famiglia è una delle più ricche della città, abbiamo speso tanto per la tua dote, non ho intenzione di metterne altri per un ufficiale dal futuro incerto e squattrinato, più del fratello, dato che vive con mezzo stipendio...

- Madre... - sospirò la povera Julie - Il generale è pur sempre mio cognato! Ed è un membro della famiglia, come potete parlare così di lui? - Non aveva alcuna voglia di andare dalla sorella e riferirla ciò che doveva fare per dovere. Notò però che era irremovibile, decisa, anzi quasi ostinata per raggiungere il suo obiettivo - Anche Etienne e gli altri la pensano così, non è vero? - domandò retoricamente. Sapeva già che era così, purtroppo.

- Ovviamente - riferì la madre, non aveva alcuna esitazione per quella scelta che aveva preso, decisa ad andare fino in fondo - Etienne ha compreso che sia l'unica decisione possibile per il benessere della famiglia e la nostra economia - finì di bere e posò la tazzina sul tavolo in maniera aggraziata e delicata - Capisci che il nostro nome è già stato, in parte, compromesso dalle bravate del generale? Se continuiamo così non potremmo più godere del nostro benessere, la morte di François ha già portato non pochi problemi...

Julie sospirò profondamente, sua madre non pensava altro che agli affari. Era sempre stata amministrarice dei guadagni e delle spese, accanto al marito, che si occupava della produzione di materiali pregiati e del commercio florido che aveva in città e che stava diffondendo nelle vicinanze, ma adesso che era morto, sapendo che doveva sottosare alla volontà del figliastro Etienne, divenuto capofamiglia, era il maggiore, tentava di consigliarlo come poteva, aiutandolo con la sua esperienza. Solo così poteva sperare di mantenere il proprio status e la propria posizione.

La ragazza osservò la lettera e chiuse gli occhi per un istante, il cuore cominciò a batterle forte. Era sempre più spaventata, non voleva riferire alla sorella quel terribile messaggio, soprattutto perché non la vedeva così felice da tanto tempo. Desirée era seriamente innamorata di quel giovane uomo ed anche lei stessa ammetteva di trovarlo affascinante, era un individuo decisamente singolare. Doveva essere sicuramente un tratto distintivo dei corsi, se non addirittura degli oltrealpe in generale.

- Non dovreste parlare così ne di lui, ne di nostro padre - la rimproverò la ragazza - Specie se non possono difendersi o ribattere in alcun modo - continuava, tentava di fermarsi, ma non ci riusciva, era profondamente irritata dal comportamento di sua madre. Come poteva essere così cinica e fredda? Come poteva pensare solo ed esclusivamente agli interessi e al denaro? Non fece in tempo ad elaborare il resto del pensiero nella sua mente che sentì un sonoro ceffone colpirgli la guancia con violenza inaudita.

- Come ti permetti di parlare in questo modo irrispettoso a tua madre? - replicò severa. La guardava con sguardo implacabile, gelido - Sei ancora una ragazzina che crede nell'amore e nei sentimenti! - la rimproverò ancora più duramente - Non hai ancora compreso come gira il mondo! Così come tua sorella! Il primo compito di una famiglia illustre come la nostra è stabilire più legami possibili, specialmente con famiglie facoltose - sulle sue labbra si formò una smorfia di disgusto - E i Buonaparte non lo sono...ho accettato la tua unione con l'avvocato Giuseppe quando quei parvenu corsi sembravano avere un'economia stabile, ma non ripeterò lo stesso errore con Desirée

- Ho capito madre - si arrese Julie, con gli occhi gonfi di lacrime - Dato che anche Etienne è d'accordo con voi, non posso oppormi...al vostro volere - scoppiò a piangere incontrollabile. Si coprì il volto, tuttavia non servì a fermare le lacrime e i singhiozzi. La madre non fece nulla per rincuorarla, era adulta e sposata, doveva imparare a controllarsi da sola o presto anche il marito si sarebbe stancato di lei.

Subito la ragazza tornò in sé e, a malincuore, si diresse verso la sorella, che stava ancora attendendo notizie da parte del suo amato - Desirée - disse Julie alle sue spalle. La sorella, sussultando, si girò sorridendo - Julie che...è successo? - la voce scemò improvvisamente accorgendosi dell'espressione afflitta e tetra di sua sorella maggiore.

Gli occhi di Desirée si posarono sulla lettera che aveva aperta, nella mano destra. La guardò interrogativa e si avvicinò - Sorella...ma che cosa sta succedendo? - non aveva mai visto Julie tanto sconvolta. Era accaduto qualcosa di terribile e probabilmente era scritto in quella lettera.

- Dobbiamo parlare - riuscì a dire solamente prima di scoppiare di nuovo a piangere - Questa...questa è la lettera che stavi aspettando dal tuo fidanzato... - confessò porgendogliela. Desirée spalancò gli occhi e subito afferrò la lettera, la lesse, era di cinque giorni prima e le riferiva, con orgoglio, di essere riuscito a non subire il fascino di alcune donne che avevano avuto modo di conoscere e che gli erano sembrate molto piacevoli, 'ma non mi è sembrato nemmeno per un istante che qualcuna potesse misurarsi con te, mia cara, buona  Eugénie'.

- Perché ce l'hai tu? - domandò la minore, nella sua voce s'intravedeva una punta di gelosia - E perché me la consegni soltanto ora? - chiese ancora. Voleva e doveva sapere cosa le stavano nascondendo. Julie si fece forza e con grande coraggio le comunicò ogni cosa, non tralasciò nessun particolare, fino a quando vide la sorella alzarsi e urlare furente, rossa in volto, stavolta per la rabbia - No! Non lo farò mai! Non rinuncio al mio amore per il 'bene' della famiglia! Perché tu hai potuto unirti con Giuseppe ed io non posso farlo con Napoleone?

- Per nostra madre è stato un errore anche il mio matrimonio - ribadì ancora una volta Julie. Si augurava che alla fine ragionasse e obbedisse alla madre - Comprendo il tuo dolore e la tua delusione - sussurrò mentre stringeva teneramente la sorella minore - Neanche io vorrei che rinunciassi alla tua felicità, ma purtroppo sia nostra madre che nostro fratello sono stati chiari... - le asciugò le lacrime - Non devi rispondere a questa lettera, ne alle prossime che ti invierà, così capirà anche lui che è finita

- Non voglio! - gridò alla fine Desirée allontanandola da lei e corse nella sua stanza. Una volta sola, poté sfogarsi in un lungo pianto colmo di tristezza, era consapevole che, nonostante la sua opposizione, alla fine avrebbe dovuto sottostare al volere della famiglia - Non è giusto...quando vorrei che...che fossi qui a difendermi... Napoleone...

Parigi

- Eccolo che sta uscendo anche oggi! - avvertì una delle ragazze che si era appostata vicino l'Hotel de la Liberté, ad osservare i movimenti di quello strano generale che, tutte le mattine, alla solita ora, usciva per girovagare tra le vie di Parigi - Puntuale come un orologio svizzero! - emise sarcastica.

- C'è anche il suo aiutante? - chiese una delle sue giovani compagne con aria civettuola, ancheggiando senza ritegno - Ho messo l'abito più costoso e provocante che possiedo appositamente per lui... È così bello! - sventolò il ventaglio con un'espressione sognante. Era accaldata - Speriamo non venga a saperlo mio marito... altrimenti non mi farebbe più uscire di casa, perché gli uomini brutti devono essere sempre così gelosi...

- Sembrerebbe di no - le rispose quella con aria delusa. Dal portone usciva altra gente che a loro interessavano poco o nulla. Pure lei sperava di poter rivedere quel bellissimo militare che spesso accompagnava il suo superiore. Quella mattina, invece, pareva che il generale avesse intenzione di passaggiare in solitaria - Che peccato! - sbuffò - Dobbiamo sorbirci soltanto il gatto con gli stivali quest'oggi!

- No il gatto con gli stivali no! - si lamentarono le altre sue colleghe, tranne una che le aveva volute seguire, quel giorno, incuriosita da questo giovane e bellissimo ufficiale di cui le avevano parlato. Le guardava disperarsi, non comprendeva a chi si stessero riferendo con quel soprannome, a suo dire, niente affatto gratificante - Almeno non si è accorto di noi, altrimenti ci rivolgeva un'occhiataccia... - rabbrividì ripensando a quello sguardo terribile, tenebroso, che le aveva lanciato l'ultima volta che le aveva viste, mentre si buttavano addosso al suo aiutante, che ricambiava con piacere le loro avances.

- È proprio un orso, altro che gatto! - borbottò una di quelle - Non è per nulla aggraziato e presentabile...mai visto una persona così in vita mia...

- È l'essere più magro e più bizzarro che io  abbia mai conosciuto - s'intromise una di quelle che lo aveva visto più delle altre -  Così magro da ispirare pietà...

- Un provinciale di bassa lega! Da dove proviene non ci capiscono niente di moda e di vita mondana e soprattutto di Parigi - si sovrappose un'altra - E comunque per quei capelli che porta lo paragonerei più ad un cane, ma non di quelli belli, che si usano per la caccia o nei salotti, no no, intendo quelli magrissimi, bagnati, che si nutrono di scarti, nascosti agli angoli della strada...

Una di quelle simulò uno svenimento per il paragone e le altre le fecero aria, per farla riprendere. A quel punto, la ragazza che aveva espresso perplessità intervenne - Scusate ma non ho ancora capito di chi state parlando...chi sarebbe questo fantomatico gatto con gli stivali?

- Ma come?! - sbottò la ragazzina riprendendosi immediatamente dallo svenimento - Te ne ho parlato l'altro giorno, quel generale di origine corsa che è giunto a Parigi da poche settimane...ha quel cognome impronunciabile...Bon e qualcos'altro... - cercava di ricordare, ma non ci riusciva.

- Ah Bonnapate! - esclamò quella, era la prima volta che lo vedeva - Il generale che era stato messo agli arresti dopo la caduta del regime del Terrore... - con un simile aspetto effettivamente non si può pretendere altro - Invece l'altro che aspettate con trepidazione chi è? Non ricordo il nome...

"Quelle maledette ochette si sono piazzate fuori l'hotel pure oggi" pensò a denti stretti il povero Buonaparte, allontanandosi, stringeva la sua divisa per non farla sembrare troppo grossa, al pari degli stivali. Odiava quel soprannome che gli avevano appioppato da quel maledetto giorno in cui Junot era stato assalito da quel orda di ragazze, infatuate di lui. "Se solo quello stupido non avesse dato loro corda, adesso potrebbe venire con me, anziché recarmi dal barbiere da solo" Ovviamente nessuna lo chiamava apertamente così, ma lo aveva sentito sussurrare e ciò lo irritava molto.

Non aveva mai sopportato i damerini come Junot, che perdevano ore preziose nel sistemarsi ogni volta che uscivano. Lo criticava persino per la foggia pregiata dei suoi abiti e la parlantina artificiosa che usava in compagnia di donzelle e lo rendevano ridicolo. Eppure alle donne piaceva, impazzivano per tali insulsaggini. Non si sarebbe mai abbassato a quel livello pur di conquistare una donna, aveva una dignità da tutelare. Preferiva, a questo punto, che lo ignorassero o lo disprezzassero, piuttosto che essere adulato e desiderato forzatamente. "Per fortuna ho la mia Eugènie" si faceva forza rimembrando lei, la sua dolcezza, la sua pudicizia lo rincuoravano "Perché non mi scrivi? Ho bisogno di sapere come stai, cosa fai e se senti la mia mancanza". Adocchiò il suo barbiere di fiducia ed entrò, pronto a farsi fare una bella rasatura, ignaro di ciò che stava accadendo alla sua amata Desirée.




 

 

   
 
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