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Autore: Chiara_fangirl    11/07/2021    1 recensioni
Ciao, benvenuti🥰
Breaking down ci ha lasciato con una marea di domande aperte:
Charlie ha capito cosa sono in realtà i Cullen?
René e Bella si rivedranno mai?
Jacob e Renesmee incoroneranno il loro sogno d'amore?
Come si evolverà la storia dei Cullen?
I Volturi si sono veramente arresi?
Leggete questa Fanfiction e lo scoprirete!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie, Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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1. Incontri

Renesmee Carlie Cullen

L'aria che entrava dalle grosse vetrate dell'enorme villa Cullen era gelida. Non che io sentissi freddo: la mia temperatura corporea era molto calda, forse quaranta, quarantuno gradi e ciò significava che anche se mi trovassi nel bel mezzo di una bufera, non sentirei freddo.
In poche parole ero una stufa vivente.
"Renesmee, mi aiuti?" La voce di mia zia Rosalie risuonava melodiosa tra le mura della villa. Più che ad una voce somigliava al canto di un angelo.
"Certo, cosa facciamo?" Risposi a bassa voce, perché per parlare con la mia famiglia, bastava sussurrare. Ci saremmo sentiti anche bisbigliando e, per la maggior parte anche pensando.
Mio padre Edward, infatti, ha la "meravigliosa" dote di poter leggere nel pensiero. Fortunatamente, io sono immune a questa dote, grazie ad uno dei miei doni: uno scudo mentale, ereditato da mia madre.
"Mi aiuteresti a passare la piastra?"
"Si".
Mi rialzai energicamente dal bordo del mio letto, recandomi nella stanza di zia Rosalie. Era tappezzata di mie foto, una dietro l'altra che immortalavano ogni mio "anno" (in realtà giorni). La mia infanzia è stata velocissima, dopo solo sette anni ne dimostravo già diciotto.
La prima risaliva a ventotto anni prima, mi immortala ancora in fasce. C'era poi una dove ero vestita di rosa, di bianco, di rosso e così via fino ai cinque anni, dove ne dimostravo quindici.
La mia è stata un'infanzia...beh... Strana, anormale.
Diciamoci la verità, io sono anormale; tutto ciò che mi riguarda è anormale.
Come la spaventosa storia dei miei occhi che da un marrone cioccolato caldo, sono diventati azzurri, come il colore del ghiaccio dopo una forte emicrania. 
"Nessie, sono indecisa su cosa mettere stasera." Disse, mentre si sedeva alla sua specchiera, davanti alla vetrata con vista sulla foresta di Forks.
"Su qualcosa in particolare?"
" Ha detto Em che è una serata romantica e non so cosa indossare" mi spiegò guardandosi le unghie smaltate di rosso.
" Il vestito di seta che abbiamo comprato la settimana scorsa a Parigi, quello rosso."
"Si, ci stavo pensando. Metterò quel...Renesmee usa bene la piastra, non tollero l'imperfezione!"
"Si, zia. Lo so. Vivo con te da trent'anni, ormai."
Dicendo questo, alzammo gli occhi al cielo contemporaneamente e mi venne in mente una notizia.
"Ah, zia. Indovina, indovina! Ieri ho ricevuto due email per lavoro... Indovina da chi?"
Io ero un avvocato di grande successo, amministravo aziende grandi come Chanel, Gucci e Tiffany.
"Non so... è un'azienda?"
"Si e no"
"Dici" disse entusiasta
"La prima è di.... Suspanse.... Brad.."
Zia urlò, eccitata, forse più di me.
"Piiiiiiitt" continuò ad urlare e salterellare qui e lì.
"Un autografo? Grazieee" disse baciandomi la guancia e abbracciandomi (ovviamente, stritolandomi).
"La seconda è.... Sono diventata avvocato della squadra di baseball del New York Yankees"
" la mia nipotina è la migliore del mondo", disse risedendosi e passandomi la piastra.
"Così non mi dici nulla eh, mi vorreste sempre all'oscuro di tutto! Ma per mia fortuna vedo tutto." Zia Alice era sulla soglia della porta e ci fece una linguaccia.
"Okay, vieni qua e truccami "disse zia Rosalie con finta voce di indifferenza.
Zia Alice alzò gli occhi al cielo e, con il suo passo da ballerina, corse fino a me, poggiandomi una mano sulla spalla e poi la testa. Zia Alice era molto più bassa di me, nonostante indossasse i tacchi. Indossava un jeans stracciato che cadeva sulle caviglie con una piega, e una maglia brillantinata.

"Con questo outfit sei veramente bellissima! Mi presteresti la gonna?" Ecco. Se zia Alice si complimentava con me per il mio abbigliamento, significava che lo voleva.

 Se zia Alice si complimentava con me per il mio abbigliamento, significava che lo voleva

"No, è ovvio." risposi ridendo.

"E' inutile, contro di me! Me la presterai la settimana prossima!" ribatté, con tono superiore, di chi non voleva sentire ragioni

"Mi stai imbrogliando, vero?"

"Forse." disse ridacchiando.  "Comunque, Emmett insisterà fino allo sfinimento per un autografo su una palla di baseball; mentre Jasper userà la tattica del 'io non insisto'" disse facendo le virgolette in aria con le dita. 
"Bello questo smalto bianco gesso, sta bene con i tuoi anelli" continuò, mentre proseguivo con la piastra e pettinando la folta chioma dorata di zia Rosalie.  Quando finii, controllai l'orario sul mio i phone, per non farmi sfuggire il tempo dalle mani. Mancavano solo venti minuti all'appuntamento con Jacob ed io dovevo ancora darmi una sistemata.
"Ok, io vado." Annunciai mentre zia Rosalie si rialzava dalla poltrona del suo angolo bellezza.
Uscii dalla stanza in tutta fretta.
Tornai nella mia cabina armadio, enorme ma sempre ordinata con criterio e in modo estetico. Mi sistemai i capelli, il trucco e uscii. La villa Cullen, vista da fuori, sembrava ancora più enorme; solitamente era sempre animata dalle risate, dalle sfide della mia famiglia, ma ora, che gli altri non c'erano, sembrava così vuota.
Mi allontanai velocemente, mancavano cinque minuti e io dovevo raggiungere la metà della strada tra La Push (la riserva indiana di Forks) e casa mia.
Lì, avrei visto il ragazzo dei miei sogni, il sole della mia eterna esistenza: Jacob, il mio ragazzo.
Jacob Black era un licantropo e questo mi metteva a rischio tante volte. È successo che in alcuni momenti si surriscaldasse così tanto da tremare e diventare quasi un lupo. Non poteva farmi una ferita permanente, perché ero un ibrido (mezzo vampiro, quasi del tutto), ma poteva mettermi k.o. per qualche giorno (in casi più gravi, naturalmente).
Chissà cosa voleva farmi vedere? Mi aveva detto che era una cosa bellissima e importante... Non c'era nessun visitatore che percorresse i sentieri del bosco, decisi dunque di sgranchirmi un pochetto le gambe. Iniziai a correre. Gli alberi sfrecciavano di fianco, l'odore del muschio mi inondava i polmoni; sentivo i miei capelli mossi che svolazzavano al vento, liberi.
Mi fermai solo quando quando riconobbi la sua moto nuova, ancora non uscita sul mercato (Jacob lavorava per importanti case di auto e moto). Mi intendevo di meccanica, sapevo aggiustarle, mi tenevo sempre aggiornata e acquistavo sempre le nuove uscite.
Tentai di prenderlo di sprovvista, mettendogli le mani davanti agli occhi, ma lui fu più scaltro di me e mi sollevò da terra, facendomi volteggiare.
"Inutile, sono più scaltro" disse, baciandomi il collo.
Non ne avrò mai abbastanza del mio lupo, perché neanche l'eternità mi soddisferà.
"Abbiamo tutta l'eternità da ventenni, prima o poi, te la farò" dissi sorridendo, con espressione soddisfatta.
"Più poi che prima"
"Convinto tu..." dissi con aria da indifferente, girandomi e baciandolo.
"Convinto io, si" replicò ancora con le labbra tra le mie.
"Comunque? Cosa dovevi farmi vedere?"
"Non farti consumare dalla curiosità, mi raccomando. "
"Un indizio, piccolino"
"Nah" disse con aria divertita. Indossava una camicia bianca che metteva in risalto i pettorali, un jeans e un chiodo, che gli dava un'aria più grande.
"Drin Drin Drin" il suo telefono iniziò a squillare; Jake lo prese dalla tasca e rispose. Aveva un'aria di chi prova un mix di emozioni: stupore, gioia, nostalgia, entusiasmo.
"Non ci credo, da quanto tempo... Si... Si... Veniamo subito! Te la presento... Si... Ok ciao" riattaccò.
Non potei trattenere la curiosità che mi si leggeva in volto.
"Embry è in città, dopo ventotto anni"
"Chi è Embry?"
"Un membro della tribù. Non vi conoscete perché partì per l'Europa. Voleva cambiare aria ed è andato via. Cosa alquanto strana, visto che il consiglio ha deciso di lasciarlo andare. Ci deve essere qualcosa di grande sotto." Si fermò, e capii che dovesse aver sofferto per questo.
"Allora? Andiamo?" Dissi per far cadere il discorso.
"Andiamo" disse, avvicinandomi al suo petto, e baciandomi la fronte.

La sua moto era velocissima, arrivammo solo in una manciata di minuti.
Ad aspettarci sulla spiaggia, vicino ad un tronco, c'era un ragazzo simile a Jacob; indossava una maglietta bianca della Puma, un jeans stracciato e un paio di scarpette della stessa marca della maglia, uguali a quelle di Jake.
"Embry" esclamò Jacob al suo vecchio amico.
"Jacob, non sai quanto tu mi sia mancato" continuò il ragazzo dalla pelle bronzea, abbracciando il mio lupacchiotto .
Jacob ricambiò l'abbraccio, per poi scioglierlo, prendermi per mano e facendomi avanzare.
"Embry, Renesmee"
"Ciao" dissi allungando la mano.
Ma Embry non me la diede. Era strano, gli occhi erano diventati lucidi, come se stesse pensando a qualcosa di commovente isolandosi: era come bloccato.
Sentivo i tendini della mano di Jacob tesi e, guardandolo, mi accorsi che aveva anche il mento teso, le labbra contratte e sulla fronte c'era una piccola piega, conseguenza della preoccupazione.
"Ciao" ripetei, muovendo leggermente la mano.
Ma lui reagì inaspettatamente, abbracciandomi. Mi sentivo un po' a disagio, non sapevo che fare.
"Ok, levati" disse Jacob irritato, ma no so se lo disse a me oppure a Embry.
"Non ci puoi fare nulla" disse quest'ultimo, con tono di sfida, sciogliendo l'abbraccio.
"Per questo hai scelto di andartene."
"Non volevo causarle problemi"
Embry iniziò a tremare brutalmente: cattivo segno.
"Renesmee, andiamo?" Disse Jacob con il suo solito tono dolce; quindi, capii subito che quel tono irritato e scortese si riferisse a Embry.
"Ok, ciao" rivolsi un cenno al ragazzo tremante, mentre Jacob voltò subito le spalle.
Ci fu un tonfo dietro di noi e un pezzo di scarpa ci arrivò davanti.

   
 
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