Il ricordo più bello che aveva dell’Irlanda, quello che la faceva sorridere teneramente ogni volta che le tornava alla mente, era legato al collegio di St. Catherine.
Perché era magico, e romantico, e confortante.
Era stato poco prima delle vacanze di Natale, quando nel collegio erano rimaste in poche, circa una decina, visto che la maggior parte erano già tornate a casa propria.
Un sabato sera tre ragazze avevano deciso di cucinare la cena per tutte.
Stufato, pane con burro salato, torta alle mele, e Guinness.
Dopo aver preparato tutto, le tre erano salite a chiamare le altre.
Era una buia serata irlandese e, lungo i corridoi, le luci erano ancora spente. C’erano però le decorazioni di Natale, tiepide lucine colorate o di un caldo bianco.
Runa, seduta alla sua scrivania, aveva sentito le voci delle ragazze lungo il corridoio. Flebili sussurri, risatine soffocate.
Fatine combinaguai che cercavano di nascondersi; le figlie del re degli elfi che danzavano nella notte.
Avevano chiamato il suo nome in un sussurro, e lei era uscita.
Nell’oscurità rischiarata dal tepore delle luci natalizie, aveva scorto le loro figure muoversi nel buio, lungo il corridoio: bussavano alle porte chiamando nomi, e ridacchiando eccitate.
Non era passato nemmeno un mese dal suo arrivo a Dublino e, in quel momento si era resa conto che non avrebbe mai più voluto lasciare quella città e la sua magia.
Quell’affetto incondizionato che continuava a ricevere, che per lei era quasi troppo, la sensazione di appartenere a un luogo.