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Autore: Chiara PuroLuce    16/07/2021    4 recensioni
Patty è sempre stata gelosa del rapporto di amicizia che lega Holly ad Amy, ma ora ha deciso di cambiare rotta.
Amy ha sempre cercato di avvicinare Patty, ma lei le si era sempre negata e con che grinta, ma se un bel giorno...
Una storia che tratta di un legame di amicizia, tanto insolito quanto vero che riserverà non poche sorprese alle due ragazze e non solo a loro.
Tratto dal prologo:
Cosa ci azzeccavano loro due insieme? Niente, eppure…
«Amy, lasciamelo dire, ho l’impressione che da oggi si scriverà un nuovo inizio per noi due. Ma che non lo sappia nessuno, mi raccomando.»
«Come? E perché?»
«Perché io non ti sopporto, ufficialmente. Lo sanno tutti. E così dovrà continuare a essere.»
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Yayoi Aoba/Amy
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Ma cos…»

Holly si sentì strattonare per un braccio e trascinare dentro il magazzino, poi la porta venne chiusa con un tonfo e lui sbattuto contro una parete. Stava ancora cercando di capire cosa gli fosse successo quando delle morbide labbra avevano preso possesso delle sue e un corpo che ben conosceva si era incollato al suo. Patty.
D’istinto la prese tra le braccia e approfondì il bacio. Portò le mani sul sedere dell’amata e la fece aderire meglio a sé. Voleva che capisse quanto le era mancata in quel periodo e ci riuscì, visto che lei emise un lungo gemito di approvazione e poi si strusciò contro di lui mentre gli portava le mani nei capelli per attirarlo ancora di più nell’oblio.
Holly si prese del tempo per esplorare a fondo la bocca di Patty, Dio, poteva morire baciandola. Lasciò vagare le sue mani per la schiena di lei e poi le portò sotto la semplice t-shirt dello staff che portava, fino a raggiungere i suoi meravigliosi e pieni e morbidissimi seni.
Sentì Patty trattenere il respiro mentre – con suo sommo dispiacere – metteva fine al bacio e portava indietro la testa, gli occhi chiusi e le labbra semi aperte che lo imploravano di continuare tra un Ti Amo, un È così bello e un Di più, amore mio.
Lo stava facendo uscire di senno e così l’ascoltò. Invertì le posizioni e l’appoggiò alla porta, le sfilò quell’indumento fastidioso e…

 
«Pizzo nero. Quanto sei sexy» le disse facendola ridacchiare. «Chiudi la porta a chiave» le ordinò infine e lei lo fece.

E chi lo fermava più adesso, dannata astinenza. Aveva immaginato per tutto il giorno come avvicinare Patty da sola e lei l’aveva preceduto. Se fossero stati sorpresi da qualcuno... ne sarebbe uscito uno scandalo e lui non voleva. Non voleva danneggiare lei. Voleva solo amarla.
Con gesti frenetici si spogliò interamente, provocando un sussulto erotico nella sua partner che era come incantata, sembrava che non l’avesse mai visto prima.

 
«Stai tremando Patty, non dirmi che hai paura. O forse sei solo eccitata?»

«Sto… contemplando tanta perfezione» gli rispose senza esitazione facendolo arrossire vistosamente «e sto pensando che sono fortunata che tu sia solo mio.»

«Smettila di pensare e lasciati andare. Non puoi iniziare una cosa e poi limitarti a… “contemplare”, voglio che tu mi ami, Patty, senza riserve.»

E lei lo fece. Dopo essersi spogliata a sua volta – ma il reggiseno volle farlo sparire lui – e dopo che lui ebbe banchettato a lungo con il suo seno generoso e così eccitato da mandarlo fuori di testa. E per poco non accadde, quando Patty si inginocchiò davanti a lui e gli dimostrò che non era la sola a essere arrivata al limite. Il suo corpo rispose a ogni affondo, a ogni tocco, a ogni sospiro, come non credeva fosse possibile, fino a che si ritrovò con le gambe molli e il respiro affannoso, mentre cercava di tornare in sé senza cadere per terra lungo disteso.
 
«Credo che dovremmo litigare più spesso, se questo è il dopo» le disse con voce roca, facendola ridere mentre si stringeva a lui, a sua volta svuotata.

«Lo credo anch’io e… non abbiamo ancora finito, amore mio.»

Poi, prima che potesse chiederle cos’altro aveva in mente per lui, Patty aprì una cassapanca e ne estrasse un plaid ampio che distese per terra, seguito da due cuscini. Lo prese per mano e lo trascinò con sé.
 
«Mostrami quanto ti sono mancata» gli disse prima di sdraiarsi come una venere rinascimentale e picchiettare accanto a lei.

«Come desidera, mia dea» le rispose con voce strozzata da tale visione.

Holly non seppe quanto tempo passarono stesi sul pavimento del magazzino tra palloni da calcio e attrezzi vari. Seppe solo che tenne fede alla promessa fatta alla sua innamorata, più volte e in diversi modi che fecero implorare e impazzire Patty dal desiderio e dalla passione. I suoi urli furono soffocati dai suoi baci o dalla sua mano sulla bocca e ben presto si ritrovarono appagati e ansimanti. Dopo, si tennero stretti e si coccolarono a lungo. Il tempo sembrava sospeso attorno a loro.
 
«Non credo di avere la forza di alzarmi da qui per raggiungere le camere» le disse facendola ridere «e, a dirla tutta, non voglio.»

«Ma devi» gli ricordò lei abbracciandolo ancora più stretto e posandogli un lieve bacio sull’addome «e io anche. Non sai quanto mi piacerebbe essere a Tokyo chiusi nella mia stanza insonorizzata, ma per un po’ dovremmo scordarcela.»

«Vorrà dire che ci ingegneremo, come oggi» poi un pensiero lo colpì come un fulmine e lo fece sedere di scatto. «Oddio, Patty, nella furia della passione ci siamo dimenticati qualcosa di importante e visto che non ci siamo limitati a un solo… em, tempo…»

«Non capisco cosa…»

Holly vide il momento in cui Patty capì a cosa si riferiva e imprecò mentalmente. Era sbiancata, lo sguardo si era fatto perso e la sua mano si era raffreddata.
 
«Io… io non ho niente con me per… che stupida sono stata a non pensarci. Ma non avevo programmato di fare l’amore con te, solo di sedurti, per il momento. Oh, sì, ho portato i preservativi, ma sono in valigia. E domani non posso allontanarmi e passare in farmacia, proprio no. Sono la capo manager e mi stanno già marcando stretta i mister.»

«Amore mio, mi dispiace, io non…» ma fu bloccato da lei.

«Ti… ti dispiacerebbe così tanto se ci fossero… conseguenze?» Gli chiese a bruciapelo fissandolo negli occhi. «Voglio dire, se… se avessimo appena generato un piccolo Hutton, perché a me no» e poi arrossì come un peperone ed evitò di guardarlo, imbarazzata.

Gli sarebbe dispiaciuto? Cavoli, no. Era solo che non ci aveva mai pensato prima di quel momento. Un figlio o una figlia. Loro. Sua e di Patty.
 
«Sarebbe meraviglioso» le rispose sinceramente.

«Non… non lo stai dicendo per farmi stare meglio, vero?»

«Lo sto dicendo perché lo penso veramente. E se avesse i tuoi stupendi occhi, sarebbe perfetto» le disse prima di raggiungerla e baciarla con passione. «Ma, lo sai che sei proprio una spudorata biricchina, tu?»

«E perché?» Gli chiese con curiosità.

«Perché prima mi attiri in una trappola, ti approfitti di me, mi seduci, mi inviti a farti mia e poi pensi che io, uomo, me ne stia buono buono senza fare nulla. Era ovvio che sarebbe finita così e lo rifarei altre centomila volte, sappilo. Al massimo, alla nostra creatura – se arriverà dopo questo assalto – diremo che mamma e papà si sono divertiti un sacco a rotolarsi per terra.»

«Holly!» Le disse lei dandogli una forte manata sulla spalla, facendolo sdraiare dal contraccolpo e mettendosi a cavalcioni su di lui. «Ma ti sembrano cose da…»

E poi non ci fu più il tempo per parlare, perché lui con una spinta fu dentro di lei e la danza più antica del mondo ricominciò. Quando uscirono dal magazzino – dopo essersi rinfrescati alla fontanella e riassettati meglio che poterono – l’orologio segnava mezzanotte e tutto era in silenzio già da una mezz’ora. Prima di separarsi, si diedero un lungo bacio e – il più silenziosamente possibile – raggiunsero le loro camere.
 
 


 
«La notte è piccola per noooi, troppo piccolinaaa!» (Dadaumpa, Sorelle Kessler.)

Patty saltò per aria. Non tanto per la frase di Mister Wow, ma per la luce che venne accesa all’improvviso e le sue amiche in attesa che la fissavano curiose sedute sui letti.
Cos’era, un agguato in piena regola?

 
«Hai ragione come al solito Mister Wow. Presumo che lei e il… “capitano, oh mio capitano”, si siano divertiti parecchio in queste due ore» esordì Amy.

«E che, se avessero potuto, non si sarebbero staccati fino a domani mattina, dico bene, Patty?» Le chiese Eve.

«Due ore di fuoco e fiamme, ci scommetto» ridacchiò Maki.

«Oh, come vi invidio. Sarai bella rilassata, ora, immagino» la prese in giro Susie.

«Ah, l’amore e le sue pazzie» sentenziò Jenny.

Che amiche impiccione che aveva e si stavano anche divertendo un mondo. E lei non poteva dire niente per smentirle, avevano tutte ragione.
 
«Più che di pazzie, Jenny, io parlerei di lussuria» ci tenne a precisare Maki «e io ti capisco benissimo amica mia, perché sai, anche io con Mark quando…»

«Alt, ferma lì, non dire una parola di più. Brrr, non ho sentito niente, niente, niente» le disse coprendosi le orecchie.

E lì scoppiarono tutte a ridere e solo allora, Patty si rese conto di una cosa.
 
«Ma Ennosuke dov’è finito?»

«Ah, e dove vuoi che sia… con Cliff» le rispose Susie. «È incredibile come gli si sia affezionato in pochissimo tempo. Ha voluto a tutti i costi dormire con lui, Sandy e i due giocatori uruguaiani. Gli hanno preparato un futon ed è impazzito di gioia. È un piacere vederlo finalmente allegro. Ovviamente Kohana è andata con lui, figurati. Hai visto come riesce a calmarlo e come dorme abbracciato a lei, no?»

«Sì, sono adorabili» le disse con sincerità.

«Già, e la mia Kohana è riuscita a dissipare gli incubi notturni di Eno che ora, finalmente, può dormire sereno. Voi non lo potete sapere, ma il suo orribile passato lo tormentava quasi tutte le notti e urlava allo sfinimento, prima di scoppiare in lacrime. Era inconsolabile e stringeva il cuore, io l’ho visto in quello stato più di una volta. E poi è arrivata Kohana. Incubi finiti.»

«Quella cagnolona sembra avere un debole per chi è in difficoltà ed è molto protettiva» disse Amy.

«Certo, perché credete che Cliffy me l’abbia regalata?»

Ah, quei due. Patty avrebbe tanto voluto un lieto fine anche per loro.
 
«Ma non sviare il discorso adesso. E allora? Com’è andata?» La interrogò Maki senza ritegno.

«Ho l’impressione che fino a che non vi rispondo, non mollerete la presa, vero?»

«Vero!» Risposero quelle tutte in coro.

Di certo non avrebbe detto tutto, ma…
 
«Diciamo che ci siamo divertiti moltissimo e che abbiamo chiarito tutto a suon di baci e carezze. Di più, non saprete. Sono cose… intime e private.»

«Insomma avete fatto del sesso spettacolare per tutto il tempo» sintetizzò Maki. Quella ragazza non aveva peli sulla lingua, come Mark.

«Sì», rispose lei «sesso grandioso, memorabile. Avevo solo intenzione di rubargli qualche bacio e chiedergli scusa, ma… ho perso il controllo e lui mi è venuto dietro e… oddio, che ho detto» disse arrossendo e scatenando l’ilarità generale. «Intendevo dire che… mi ha assecondata, ecco, sì.»

«Dietro, davanti, dentro… vi siete dati alla pazza gioia insomma» disse Maki ridendo alle lacrime.

«Ma… ma che dici… ma io, noi… e…»

E niente, non era possibile che la conversazione fosse scivolata così in fretta e che non riuscisse a bloccarla.
 
«Bè, a… avevamo gli arretrati da recuperare» si giustificò «ed è stato fantastico a dir poco. Siamo stati lontani e arrabbiati per troppo tempo e dovevamo scaricare un po’ di tensione.»

«Un po’? Ma… mia cara amica, ti sei vista allo specchio?»

«Come? Cosa? Perché?»

E fu allora che, tra l’ilarità generale, Jenny prese il suo beauty case e ne estrasse uno specchietto, la raggiunse e lo girò nella sua direzione. Co… come? Quella era lei? Occhi brillanti, labbra gonfie, rossore diffuso sulle gote… oddio, ma era davvero lei? Incredibile!
Si lasciò crollare sul letto in preda allo sconcerto più puro. Non l’avrebbe mai detto che avesse quell’aspetto dopo il sesso. No. Dopo avere fatto l’amore, era diverso.

 
«Si direbbe che tu non ti sia mai vista allo specchio in questo stato» le disse Maki. «In genere, questo è l’aspetto di una donna super appagata e il merito è tutto del tuo Oliver che, a quanto pare, ci sa fare.»

E così era. Non si era mai vista e Holly era meraviglioso a letto e non solo, visto quello che avevano appena combinato.
 
«Io… io devo farmi un bagno. Si sono già ritirati tutti, vero?»

«Sì, così sembra, non incontrerai nessuno in corridoio. Per fortuna abbiamo un bagno privato» le rispose Susie.

«Vai, Patty, magari incontri ancora il tuo bel fidanzato e ci scappa un secondo tempo» le disse Amy, per poi strizzarle l’occhio subito dopo.

Ma che cos’era preso a tutte? Così si preparò e si diresse alla porta. Prima di uscire si girò e fissò le sue amiche ancora in preda alla ridarola, così volle prendersi una piccola rivincita.
 
«Non per dire, ma al massimo potremmo puntare ai rigori, perché il resto l’abbiamo già disputato. A dopo amiche mie carissime» e uscì ridacchiando.

Oh, sì, le aveva spiazzate e il silenzio di tomba che aveva accompagnato la sua uscita ne era la prova. Si era presa la sua piccola rivincita.
 
 


 
«E così, il nostro caro capitano, finalmente è tornato!» Esordì Benji.

«Vivo e decisamente sorridente. Troppo, sorridente. Qui incontro infuocato con una certa capo manager ci è scappato» rincarò la dose Mark.

«Due ore! Sei sparito per due ore e per fortuna ce ne siamo accorti solo noi e sai perché? Perché dovevi essere qua e invece non c’eri quando siamo arrivati e te ne sei andato via dieci minuti prima di noi dicendo che eri… staaanco!» gli disse un Tom divertito, cercando di imitare lo sbadiglio seguito a quella parola.

Poi iniziarono a ridere senza ritegno. Ci mancava solo quella.
 
«Em… sì, è vero, ho incontrato Patty in magazzino. Avevamo da chiarire il nostro diverbio e la cosa è andata per le lunghe.»

«Ahhh, adesso si chiama “chiarire il nostro diverbio”. Io direi… avevamo del sesso da recuperare» specificò Mark.

«E, per chiarire meglio, l’abbiamo ripetuto varie volte» lo spalleggiò Tom.

«Eddai, a chi cerchi di darla a bere. Sono giorni che sei teso come una corda di violino e ora eccoti qui… con un sorriso da ebete soddisfatto stampato in faccia. Non siamo nati ieri e si sa cosa accade tra un uomo e una donna quando si desiderano disperatamente e sono costretti alla lontananza fisica per un po’ di tempo» rincarò la dose il sggk mentre si appoggiava alla testata del letto e incrociava le braccia dietro la testa.

Beccato. Dannazione. Quei tre erano peggio di un branco di squali che seguono l’odore del sangue.
 
«Ok, forse non abbiamo proprio parlato di scuse, ma abbiamo preferito… come dire, dimostrare quanto ci siamo mancati a vicenda ed è stato molto bello e intenso.»

«Era ora, cazzo. Giuro che se non si faceva viva lei, andavo io a Tokyo a prenderla e la trascinavo qua di forza. Ci stavi facendo impazzire tutti» gli disse Mark.

«E io penso che chiunque ti avrebbe dato una mano Mark, persino i mister. Era davvero al limite questa volta.»

«Grazie, Tom, che bell’amico che sei» gli rispose lui con sarcasmo «ma ora è tutto sistemato. Certo, averla qua e non poterla toccare per la maggior parte delle ore sarà dura, ma…»

«Ma non fare cazzate, Holly, o se ti sbattono fuori rosa, siamo fottuti. Ora, non credere che senza di te siamo delle schifezze in campo, solo che non vorrei perdere un elemento valido e un arma in più contro gli europei, perché ti hanno beccato a fare sesso con una delle manager. Mi sono spiegato?» Gli disse Benji guardandolo di sottecchi. 
 
«Sei stato chiarissimo, sggk, grazie.»

E dire che aveva faticato a conquistare l’amicizia e il rispetto di Benji e Mark all’inizio e ora erano due dei suoi più cari amici e dei colleghi eccezionali.
 
«Visto che siamo tra noi e non ci sente nessuno» s’intromise Tom «com’è stato?»

«Meglio di come ricordavo. È stato esplosivo e non esagero.»

«Ti si legge in faccia» gli disse Tom facendolo arrossire.

«Il problema semmai ora è: riuscirete a non farvi scoprire e a comportarvi bene, con normalità, davanti a tutti? Della serie: Sì, scopiamo come criceti, ma non sembra» gli chiese Benji.

«Ci stai paragonando a dei roditori?»

«Sì, perché penso che la maggior parte delle due ore di assenza tu le abbia passate avvinghiato a Patty e non seduto a parlare di quanto ti sia mancata in questi giorni o del tempo» rispose lui candidamente.

«Ma cos’hai, la vista a raggi x a distanza?» Gli chiese facendolo ridere.

«Però mi sono spiegato, no? Ci si aspetta che tu sia professionale come al solito, non che ti trasformi in un assatanato.»

Ma parlava seriamente? A giudicare dallo sguardo serio del sggk e anche degli altri due amici, si sarebbe detto di sì.
 
«Messaggio recepito, forte e chiaro» sentenziò.

«Bene, e ora che hai capito l’antifona» gli disse Mark «vai a farti una doccia che non ti si può stare vicino. Ti sarai anche rinfrescato, dopo tutto quello che hai combinato, non ne dubito visto che in magazzino c’è una fontanella, ma non è abbastanza, credimi. Fuori!» Gli ordinò infine aprendogli la porta.

Questo lo sapeva da lui. Recuperò il pigiama e i prodotti da bagno e uscì. Non si era ancora allontanato che sentì Benji dire.
 
«Oh, grazie al cielo ora posso tornare a respirare. Non so voi, ma io spalanco la finestra. Concordo con lui, sarà anche stupendo il sesso, ma a tutto c’è un limite» e poi rise, seguito dagli amici.

Suo malgrado, rise anche lui.
 



 
«Non avevamo concordato di non vederci più fino a domani mattina?»

Susie saltò per aria. Ma che… ma chi… accese la luce della cucina e lui era lì, Clifford. Mezzo nudo, bellissimo. Con i capelli arruffati, bellissimo. Con lo sguardo addormentato, bellissimo.
 
«Prontooo? C’è nessuno in casa?» le disse bussandole sulla testa.

«Ti sembra che non ci sia? Sto solo riprendendomi dallo spavento che mi hai fatto prendere» gli disse cercando di apparire calma, mentre dentro era tutta agitata. «Che ci fai qui in cucina alle… alle 3.00?» Disse poi guardando l’orologio a parete.

«E tu?» Le rispose di rimando. «Io avevo una sete tremenda e mi sono dimenticato di riempire la borraccia d’acqua fresca.»

«Io pure» rispose senza staccare gli occhi dal suo torace.

Che incontro inaspettato e piacevole. Clifford in versione sportiva era bello. Clifford in versione casual era molto bello. Clifford in versione notturna era una visione.
 
«Non è che mi stai pedinando, per caso? Tu sei capace di tutto, ormai ti conosco bene, ragazzina.»

«Per tua informazione, non avevamo concordato nulla e ho di meglio da fare che pedinare te. Ti ricordo che tu ti sei limitato a farmi ciao ciao da lontano dopo cena, ti sei fiondato alla riunione extra della squadra e poi hai preso Eno per mano e sei sparito di sopra tallonato da Kohana. Non un saluto, un come va, niente. Dopo stamattina io non sono più esistita per te.»

«Ero occupato» si giustificò lui.

«Sì, a starmi alla larga e ha lanciare saette a Juan Diaz.»

«Non mi piace. E non mi piace che tu gli stia così attaccata. Quello è un donnaiolo e non voglio che tu venga presa in giro da lui. Ma, a quanto pare, ti ha già conquistata a giudicare da come tubavate felici, anche a cena.»

«Geloso… Cliffy?»

Possibile? Possibile che fosse bastato così poco come flirtare un attimo con Diaz per farlo ingelosire così tanto? Lei ci sperava.
 
«Per esserlo dovrei essere preso da te anche sentimentalmente e invece, mio malgrado, lo sono solo fisicamente.»

Susie non sapeva se essere arrabbiata, delusa o sconvolta dalle ultime parole. Non sapeva come doveva sentirsi… insultata o al settimo cielo? Istintivamente allungò una mano per toccarlo e – non appena ci riuscì – lo sentì contrarsi e trattenere il respiro.
 
«Ragazzina, non iniziare qualcosa che non puoi finire» le disse con voce roca «o che io non posso portare avanti.»

«Allora mi desideri anche tu.»

«Non si può, non qui, non ora» le rispose agganciando lo sguardo al suo.

«Questo vuol dire che altrove… che tu e io…»

Per tutta risposta, Susie si sentì prendere il sedere, sollevare da terra e appoggiare al muro. Per non cadere, gli agganciò le gambe alle sue natiche, le braccia dietro il collo e lo fissò negli occhi, ora vicinissimi. Poi, Cliff, fece una mossa che le provocò un gemito spontaneo, mosse il bacino verso di lei e lo sentì.
Susie arrossì vistosamente. Indossava una camicia da notte semplice che, ora, le era risalita lungo le gambe e così poté sentire il membro premere contro di lei.

 
«Ti rendi conto di quanto tua sia eccitante in questo momento? Ma sappiamo benissimo che non possiamo. Io non faccio per te e tu per me. Noi…»

Ma lei gli impedì di concludere la frase. Non poteva farla sognare e poi distruggere tutto con una frase, non poteva, era crudele. Così lo baciò. E lui rispose con passione sempre crescente, come qualcos’altro più in basso. Oh, quanto avrebbe voluto che entrasse dentro di lei, gli bastava così poco. Ma forse poteva facilitargli il compito. Così iniziò a muoversi contro di lui e quando pensava che stesse per perdere il controllo e farla felice, Cliff… si bloccò. Staccò la bocca dalla sua e la rimise a terra.
 
«Che stai cercando di fare, ragazzina?» L’apostrofò. Il panico nella voce, si guardò in giro freneticamente. «Potrebbero vederci, dannazione. Non siamo a casa.»

«Sto cercando di farti capire che ti voglio per davvero e che ti amo. Perché ti ostini a tenermi a distanza? Perché non dovresti essere degno di me, se io penso il contrario? Spiegamelo una volta per tutte e forse lo accetterò, forse. Ma non te lo posso promettere.»

«Perché, Susie, tu sei così… bella, dolce, intelligente e divertente, che accanto a me sfigureresti e io non voglio che accada. Hai così tanto amore e così tanta passione da dare che dovresti cercare qualcuno di più degno di te.»

«Ah, e così mi reputi incapace di scegliere chi amare. Eppure, mi sembrava di essere sempre stata chiara con te, persino ora. A nessuno permetterei di farmi questo, a nessuno che non fossi tu, Cliffy.»

«Potresti avere chiunque vorresti, Susie, solo sorridendo e del resto l’hai già fatto, no? Ora non ti resta che saltargli addosso ed è fatta.»

«Stai ancora parlando di… Juan?» E quando lui annuì, lei decise di rendergli la vita difficile. «In effetti, ora che ci penso, hai ragione. Lui è sempre così simpatico e carino con me, non voglio illuderlo o ingannarlo. Non se lo merita, lui.»

«E allora fallo, no? Che aspetti. Ce l’avrai davanti agli occhi per tanto di quel tempo, che per quello che mi riguarda, potresti anche sposartelo.»

Ah, questa era davvero una cattiveria gratuita.
 
«E chi ti dice che non lo farò? Così me ne vado a vivere in Argentina, lontano da te e dalla tua…»

Ma questa volta fu lei a venire interrotta da un bacio infuocato che le fece cedere le ginocchia. Era sicura che se Cliff non l’avesse tenuta per la vita, si sarebbe ritrovata per terra.
Poi, inaspettato com’era iniziato, finì. Senza dire una parola di più e senza guardarla più, Cliff riempì la borraccia d’acqua e salì di sopra.
Susie rimase ferma a fissare il punto dov’era sparito Cliff per un po’ e poi sorrise. Si toccò le labbra e arrossì vistosamente. L’amava. Cliff l’amava, ora ne era sicura. Stava ancora sorridendo quando lo vide tornare sui suoi passi e fermarsi davanti a lei.

 
«Tu resti qua!» poi la baciò velocemente e la lasciò di nuovo sola e basita.
   
 
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