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Autore: Leonhard    17/07/2021    1 recensioni
Otto anni dopo la sconfitta di Artemisia il mondo ha subito cambiamenti tali che il Garden fatica a stare al passo. Sei giovani SeeD impegnati nella più grande battaglia della vita, quella che tutti saranno chiamati a combattere.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Una missione” fu il commento di Seifer alla notizia. “Ha fatto tutto questo putiferio per assegnarci una missione?”.

“Sì” fu la risposta di Quistis. “A detta sua, aveva bisogno di una garanzia che l’avremmo almeno ascoltato”.

“Animo nobile” commentò Zell, velenoso. “Se avessimo rifiutato?”.

“Non potevamo rifiutare” fece presente la professoressa. “La bomba era un falso, ma per me in quel momento era vera ed armata. E lo stesso per voi: non potevamo che obbedire”.

“E dobbiamo compierla” commentò Cid. “Una pubblicità negativa da Timber Maniacs sarebbe il colpo del boia per la SeeD, specialmente adesso che la Strega è sparita ed i poteri debellati”.

“Gli altri Garden sono competitivi sul mercato ed il nostro ormai è solo un titolo” assentì Quistis. “Non è sufficiente per continuare a proclamarci come unità elitaria superiore a qualsiasi altra forza militare al mondo. Se poi viene fuori che non rispettiamo nemmeno le missioni…”.

“Va bene, ok” sbottò Seifer. “Sentiamo che bisogna fare”. Cid porse il foglio a Quistis, che si alzò dalla poltrona della presidenza e cominciò ad illustrare.

“È una missione di ricognizione” disse. “Tra tre giorni dobbiamo andare a Dollet e rimanerci dalle sette alle ventitré. Abbiamo facoltà di fare quello che vogliamo dove vogliamo, ma non possiamo lasciare la città prima della scadenza della consegna”. I tre rimasero perplessi.

“Ci ha…” mormorò Zell infine. “Ci ha pagato una vacanza?”. Il commento attirò un’occhiata seria del preside, ma Quistis alzò le spalle.

“Più o meno…” replicò. “Ha detto che dobbiamo tenere gli occhi aperti”.

“A cosa?” sbuffò Seifer: aveva sempre avuto una naturale avversione per i noiosi briefing pre-missione e non vedeva genuinamente l’ora che finisse per passare a cose più serie, come pranzare o farsi una doccia. Quistis si prese un secondo per rispondere, forse per riordinare le idee o scacciare la miriade di dubbi e brutte sensazioni comparse quando Squall aveva risposto a quella stessa domanda.

“Ha detto…che quasi sicuramente saremmo entrati in contatto con qualcosa” disse. “Un qualcosa che non dovrebbe trovarsi a Dollet: dovremo occuparcene e continuare con la missione fino alla scadenza”. Zell e Seifer si guardarono.

“Ci sono delle condizioni” prese parola Cid. “È stato pagato l’intervento di tre unità ed ha specificato che potete essere solo e soltanto voi tre. L’altra condizione è la tempistica: dobbiamo rispettare la data e l’ora della missione, fra tre giorni a Dollet dalle sette alle ventitré senza ritardi o anticipi. La terza è che io sarò escluso completamente dall’operazione, compreso il rapporto: dovrete contattare lui a missione completa”. Lo sguardo di tutti cadde sul telefono trovato a Winhill: giaceva silenzioso e scuro sulla scrivania.

“La missione sarà considerata compiuta quando noi rientreremo al Garden, indipendentemente dagli eventi di Dollet” concluse Quistis. “Presentato il rapporto a Squall, nulla ci vieterà di mettere al corrente il preside”. Seifer era esterrefatto.

“Aspetta, fammi capire” disse. “Ha pagato l’intervento di tre SeeD per una missione che non possiamo fallire in uno dei paesi più tranquilli del mondo. E per di più noi tre, i suoi vecchi compagni: vi basta per capire che è pazzo o deve entrare da quella porta con un cinturone di pannocchie minacciando di farsi esplodere?”.

“Ha tutta l’aria di un agguato” rifletté Zell. “O di un’imboscata: e se ci aspettasse lì per ucciderci?”. Quistis scosse la testa.

“Improbabile” commentò. “Se avesse voluto ucciderci, perché piazzare una bomba falsa? Poteva metterne una vera e farci saltare in aria dovunque ed in qualunque momento: nessuno sarebbe risalito a lui”.

“In più, perché a Dollet?” continuò Cid. “Timber è preda dell’anarchia più violenta ed è controllata da gang e bande rivali: non esiste ancora un governo, quindi la polizia è proprietà di chi la paga di più. Se io dovessi assassinare qualcuno lo manderei in un posto così, non in una pittoresca città turistica in bassa stagione”. Seifer sospirò, riconoscendo la logica.

“Non avete tutti i torti…” commentò.

“Per questo non sono d’accordo con te, Seifer” aggiunse il preside. “Di Squall possiamo dire tutto quello che vogliamo e non ci sarà una persona qui dentro a dire il contrario, ma ragiona con me: ci ha presi in ostaggio tagliandoci ogni possibilità di fuga, ha costruito una missione che non riusciamo a capire ma che non possiamo non fare e ci ha dato la possibilità di contattarlo in ogni momento, ma non lo facciamo perché sappiamo di non poterlo affrontare in nessun campo. Il tutto, senza armi, senza vittime e prima dell’ora di pranzo: un pazzo non sarebbe capace di una lucidità del genere nemmeno in cent’anni”.

Negli occhi dei tre comparve l’inquietudine, la stessa che era nata in Quistis quando Squall le aveva illustrato la consegna di quella missione. Era una missione solo perché c’era una consegna, una paga ed un rapporto da fare alla fine, ma erano troppi i punti che non quadravano. Per la prima volta, condivise con Seifer quello che per anni era stato il suo pensiero guida in quel mestiere: una missione che non prevedeva il fallimento e che consisteva nel fare i turisti in un paese come Dollet, così bello da essere una piccola gemma nel panorama galbadiano.

Era troppo facile.



“Quindi fra tre giorni ci faremo una pedalata sul lungomare di Dollet” commentò Zell stiracchiandosi. “Chissà se la gelateria nel paese è già aperta: non è stagione, ma una crepe al mango me la farei volentieri…”. Seifer gli scoccò un’occhiataccia.
“La tua tensione è palpabile” rimbeccò. Il pugile fece una spalluccia.

“Che male c’è?” chiese. “L’hai sentita la consegna, no? È una missione che non prevede fallimento ed anche il rischio di essere uccisi è minimo: perché dovrei vivermi questi giorni in ansia da ‘Oh Hyne, fra tre giorni moriremo tutti’? E anche se fosse, voglio morire con una crepe al mango sulla lingua: vale la pena tuffarsi nel grande buio per quella leccornia”.

“Adesso so cosa rispondere al prossimo che mi chiede perché la SeeD è sull’orlo del fallimento…” borbottò il biondo.

“Immagino che nella tua testa era divertente, vero?” chiese Zell. Quistis sospirò e premette il freno dell’ascensore, che si fermò con uno scossone.

“Ragazzi, c’è ancora una cosa” disse. I due la guardarono smarriti, il battibecco ucciso sul nascere. “C’è un’altra condizione…se posso chiamarla così. È una cosa che Cid non poteva sapere e che deve rimanere tra di noi”.

“Te l’ha detto lui?” ringhiò Seifer. “Non garantisco su nulla che non sia siglata su un contratto d’ingaggio, spiacente”.

“Aspetta, Seifer” disse la donna: era palesemente scossa, in un modo che i due non avevano mai visto. Era pallida, gli occhi sbarrati e deglutiva in maniera convulsa, come sull’orlo di una crisi: nemmeno nel castello di Artemisia avevano visto Quistis in quello stato. “Ha detto…che lui sarebbe andato al Tear’s Point. E che ci avrebbe aspettato lì”.


 
Seifer non riferì a Cid quell’ultima informazione; l’ansia che aveva letto nel volto di Quistis poteva trasformarsi in paura, o peggio in panico, in ogni momento e con scarso preavviso. A quella notizia, Cid avrebbe mosso il Garden in rotta con Esthar o avrebbe allertato il Garden di Trabia se non addirittura Laguna: più probabilmente, avrebbe fatto tutto. Una caccia all’uomo avrebbe solo complicato un quadro che, sentiva, poteva benissimo peggiorare senza quest’altra gatta da pelare.

Si ritrovò a pensare che Squall l’aveva studiata bene e palesemente al solo scopo di fargli un dispetto: bloccato per le strade di Dollet in compagnia di una Quistis meditabonda, ma soprattutto di Zell. Si volse e lo mandò a quel paese, reo di starsi gustando la colazione con troppa foga.

“Ma finiscila e goditela” sbottò lui, sputando briciole di brioche dappertutto. “Dimmi onestamente quante missioni sono cominciate in questo modo”. Lo ferì nell’orgoglio non potergli rispondere a tono e si dichiarò sconfitto mollandogli un pugno alla spalla.

La giornata continuò tranquilla, il sole raggiunse lo zenit e poi cominciò la lenta discesa verso le montagne ad ovest; nel pomeriggio Quistis si riscosse e cominciò a godersi anche lei quella che poteva essere considerata una giornata di vacanza, probabilmente rinfrancata dal fatto che alle cinque del pomeriggio nessuno si era preso un colpo di fucile in mezzo agli occhi.

“Il gallinaccio davanti ad una libreria” commentò ad un certo punto Seifer. “Se questa non è una cosa che non dovrebbe trovarsi a Dollet io veramente non so dove sbattere la testa”. Quistis non poté non ridacchiare alla battuta, mentre l’interessato si volse verso di lui: aveva chiaramente pronta una risposta a tono, forse addirittura valida, ma l’occhio venne catturato dalla spiaggia.

“Oddio, ma fanno bungee jumping!” esclamò estatico, correndo a rotta di collo verso il lungomare. Quistis rise nuovamente davanti all’entusiasmo del compagno, mentre Seifer sospirò esasperato.

“Saremmo in missione…” borbottò, guardandosi attorno alla ricerca di qualcuno a cui dire che lui non conosceva assolutamente quell’imbecille che stava correndo a braccia sollevate per un lungomare semideserto. La donna si volse verso di lui, con un sorriso divertito stampato in faccia.

“Sai, Seifer” disse. “Raramente lo dico, ma forse ha ragione lui”.

“Ok, il mondo sta finendo” concluse il biondo.

“Siamo in missione, è vero, ma la consegna dice sostanzialmente di passare il tempo fino alle undici” puntualizzò lei. “Che male c’è a divertirsi un po’? Da quant’è che non passavamo una giornata così?”. Il silenzio di Seifer fu una risposta molto più soddisfacente di qualsiasi altra. Si avviarono verso il lungomare, raggiungendo uno Zell che in quel momento stava comprando il biglietto.
 


“È stato PAZZESCO!” esclamò eccitato il pugile seduto su una panchina del lungomare. “I trecento gil meglio spesi della mia vita”.

“Il che la dice lunga…” borbottò Seifer a mezza voce. Zell lo ignorò.

“Dovreste provare ragazzi” disse. “Fa paura solo finché non salti”. Quistis declinò l’offerta, affermando che stava troppo bene a terra per spendere trecento gil.

“Magari più tardi” concesse il biondo.

“Più tardi non verrà, lo sai” replicò il ragazzo. “Non tornerai qui per fare un salto nel vuoto e avrai una storia in meno da raccontare ai tuoi figli. Dovresti pensare di meno e fare di più”.

“Per carità!” esclamò lui. “Non mi sognerei mai di rubarti la filosofia di vita”.

“Nessun furto, compare. Ti apre le porte a…aspetta un secondo, mi stai prendendo in giro?”.

“Chi? Io?”.

“Ragazzi…” richiamò Quistis. “Non cominciate per favore. Facciamoci ancora un giro e poi andiamo a cenare: comincio ad essere un po’ affamata”. Zell si alzò, preda dell’adrenalina donatagli dal salto nel vuoto.

“Ok” esclamò voltandosi verso di loro. “Non siamo ancora stati nel borgo antico: ho letto che le strade rievocano…”. La voce gli morì in gola, il volto divenne cinereo ed il portachiavi omaggio dallo staff dell’attrazione appena pagata cadde a terra con un tintinnio; la mano cominciò a tremare, mentre guardava oltre le loro spalle. Quistis scattò in piedi, mentre Seifer si volse, seguendo il suo sguardo e appoggiando velocemente la mano al gunblade.

“Zell! Zell che hai?” chiese Quistis prendendolo per le spalle: i muscoli erano molli e scossi da brividi. “Seifer, mi serve una mano qui”. Si volse verso il compagno per vederlo paralizzato, anche lui pallido: la mano appoggiata al calcio del gunblade non avrebbe saputo impugnare nemmeno una forchetta. Quistis alzò lo sguardo e rimase di sasso.

Poco lontano da loro, dietro un passeggino blu e grigio, c’era Rinoa.
   
 
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